Cass. Sez. III n. 35207 del 11 settembre 2009 (Ud. 9 lug 2009)
Pres. Onorato Est. Teresi Ric. Cutrona
Urbanistica. Interventi precari

In materia edilizia, il requisito della precarietà non può essere collegato al carattere di stabilità temporanea, soggettivamente attribuito alla costruzione, ma va individuato in relazione all’oggettiva e intrinseca destinazione dell’opera stessa, sicché non può operare la normativa regionale sugli insediamenti stagionali precari né l’autorizzazione comunale postuma rilasciata in violazione delle norme giuridiche di riferimento.

OSSERVA

Con sentenza 19.11.2008 la Corte di Appello di Palermo confermava la condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a C.F.S. quale colpevole di avere eseguito senza permesso di costruire e in zona sismica e vincolata, tre prefabbricati estesi, ciascuno, metri 6.36 X 6.36 con pareti di legno e copertura in onduline di cemento posti su piattaforme in calcestruzzo aventi, ciascuna, dimensioni, in pianta, di metri quadrati 87.70 e una veranda di circa 12 mq. in (OMISSIS).

Proponeva ricorso per cassazione l'imputato denunciando violazione di legge:

- sulla ritenuta configurabilità del reato urbanistico perchè i manufatti erano cabine balneari istallate per la sola stagione estiva, non adibite ad abitazione e facilmente rimovibili, sicchè non incidevano sull'assetto urbanistico del territorio. Lo strumento urbanistico e la L.R. siciliana n. 37 del 1985 consentivano di realizzare opere precarie per insediamenti stagionali tanto che egli aveva ottenuto l'autorizzazione in sanatoria n. 130/07;

- sulla ritenuta illegittimità di tale autorizzazione che era stata rilasciata senza il preventivo nulla osta dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, che, invece, doveva intendersi conseguito per silenzio/assenso essendo decorso il termine perentorio entro il quale la suddetta autorità era tenuta a emetterlo;

- sull'omessa declaratoria d'estinzione del reato, ai sensi della L. n. 308 del 2004, art. 1, comma 37 e della circolare n. 16/2005 dell'assessorato regionale dei beni culturali e ambientali, avendo egli proposto domanda di accertamento di conformità entro il (OMISSIS) per lavori compiuti entro il (OMISSIS) ed essendo infruttuosamente decorso il termine di 270 giorni senza che l'autorità competente si pronunciasse sull'istanza;

- per avere i giudici di merito, nel valutare la legittimità dell'autorizzazione edilizia in sanatoria, esercitato poteri estranei alla giurisdizione penale;

- per l'omessa declaratoria di estinzione dei reati per prescrizione;

- per l'omessa concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Chiedeva l'annullamento della sentenza.

Il primo motivo non è puntuale perchè censura con argomentazioni giuridiche palesemente erronee e in punto di fatto la decisione fondata, invece, su congrue argomentazioni esenti da vizi logico - giuridici, essendo stati esaminati gli elementi probatori emersi a carico dell'imputato e confutata ogni obiezione difensiva.

La prescrizione dell'obbligo di munirsi della concessione edilizia a costruire persegue le finalità di controllo del territorio e di corretto uso dello stesso ai fini urbanistici e edilizi, sicchè sono assoggettati al regime del permesso di costruire tutti gli interventi che incidono sull'assetto del territorio, comportando una trasformazione urbanistica e edilizia del territorio comunale, donde l'infondatezza dei rilievi dell'appellante secondo cui l'esecuzione del manufatto era penalmente irrilevante, rientrando, invece, lo stesso nella figura giuridica di costruzione per la quale occorre, D.P.R. n. 389 del 2001, ex art. 10, comma 1, lett. a), il premesso di costruire, come per "le opere di ogni genere con le quali s'intervenga sul suolo o nel suolo, senza che abbia rilevanza giuridica il mezzo tecnico con cui sia stata assicurata la stabilità dal manufatto, che può essere infisso o anche appoggiato al suolo, in quanto la stabilità non va confusa con l'irremovibilità della struttura o con la perpetuità della funzione a essa assegnata, ma si estrinseca nell'oggettiva destinazione dell'opera a soddisfare bisogni non provvisori, ossia nell'attitudine a un'utilizzazione che non abbia il carattere della precarietà, cioè non sia temporanea e contingente" Cassazione Sezione 3^ n. 12022/1997, Fulgoni, RV. 209199.

E', quindi, irrilevante che i manufatti non siano costruiti in muratura oppure che abbiano modesta consistenza e ancora che non comportino incremento del carico insediativo, se idonei a modificare lo stato dei luoghi.

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno assolto l'obbligo della motivazione spiegando esaurientemente le ragioni del proprio convincimento e ritenendo infondati i rilievi dell'imputato secondo cui, per l'esecuzione delle opere, non occorreva il permesso di costruire, che invece, era necessario trattandosi, non già di cabine balneari, ma di tre fabbricati, collocati su basamenti in Calcestruzzo e suddivisi in vani due destinati a camere da letto, uno a bagno e l'altro a cucina-soggiorno, rifiniti con rivestimenti in piastrelle nei pavimenti e con pittura alle pareti provvisti di verande ed eseguiti ex novo, che avevano comportato creazione di volumi determinando immutazione dell'assetto urbanistico del territorio, donde l'irrilevanza, ai fini dell'estinzione del reato, dell'autorizzazione postuma correttamente qualificata illegittima perchè emessa senza il rispetto dei presupposti che regolano la materia urbanistica.

Non è corretta, quindi, la censura difensiva circa la precarietà delle opere perchè, in materia edilizia, il requisito della precarietà non può essere collegato al carattere di stabilità temporanea, soggettivamente attribuito alla costruzione, ma va individuato in relazione all'oggettiva e intrinseca destinazione dell'opera stessa, sicchè non può, nella specie, operare la normativa regionale sugli insediamenti stagionali precari nè quella della L. n. 4 del 2003 "operante soltanto per le istanze di concessione in sanatoria e di autorizzazione edilizia in sanatoria presentate entro i termini di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, come recepita dalla L.R. 10 agosto 1985, n. 37 nonchè alla L. 23 dicembre 1994, n. 724, alla L.R. 29 febbraio 1980, n. 7 e alla L.R. 18 aprile 1981, n. 70, che alla data di entrata in vigore della presente legge non sono state ancora definite con l'emissione del relativo provvedimento", mentre l'abuso de quo è stato commesso nel (OMISSIS), nè l'autorizzazione comunale postuma rilasciata in violazione delle norme giuridiche di riferimento, come esattamente puntualizzato nella sentenza impugnata.

Nessun effetto può farsi concretamente discendere dall'intervenuta presentazione della richiesta di accertamento di compatibilità paesaggistica formulata ai sensi della L. 15 dicembre 2004, n. 308, art. unico, comma 37, applicabile ai reati paesaggistici compiuti entro e non oltre il (OMISSIS).

Tale comma si riferisce genericamente ai lavori compiuti su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa purchè "le tipologie edilizie realizzate e i materiali utilizzati anche se diversi da quelli indicati nell'eventuale autorizzazione, rientrino fra quelli previsti e assentiti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica, ove vigenti, o, altrimenti, siano giudicati compatibili con il contesto paesaggistico".

Inoltre, occorre "che i trasgressori abbiano previamente pagato" la sanzione pecuniaria di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167, maggiorata da un terzo alla metà e una sanzione pecuniaria aggiuntiva, determinata, dall'autorità amministrativa competente, tra un minimo di Euro 3.000,00 e un massimo di Euro 50.000,00.

Non è prevista la sospensione del procedimento penale per il tempo correlato all'esaurimento della procedura.

Conseguentemente è erroneo l'assunto che la domanda di accertamento della compatibilità ambientale sia stata accolta per silenzio/assenso considerato, altresì, che il ricorrente neppure ha addotto di avere effettuato il pagamento integrale delle sanzioni pecuniarie nè ha provato la sussistenza del requisito temporale, sicchè non è intervento il dedotto effetto estintivo del reato paesaggistico.

Il motivo sul diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena è manifestamente infondato avendo la Corte territoriale diffusamente motivato sulle ragioni ostative alla concessione.

L'inammissibilità del ricorso, che preclude l'operatività di cause sopravvenute di estinzione del reato Cassazione SU n. 32/2000, De Luca, comporta condanna al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle Ammende di una somma equitativamente fissata in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella Udienza pubblica, il 9 luglio 2009.