Cass. Sez. III n. 38004 del 17 settembre 2013 (Ud. 16 mag 2013)
Pres. Squassoni Est. Fiale Ric. Carreca
Urbanistica. Nozione di veranda

Una veranda è da considerarsi, in senso tecnico-giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando cosi il godimento dell'immobile.

RITENUTO IN FATTO

La Corte di appello di Palermo, con sentenza del 22.6.2012, ha confermato la sentenza 13.10.2010 del Tribunale di Agrigento, che aveva affermato la responsabilità penale di C.G. in ordine ai reati di cui:

al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), (per avere realizzato in zona assoggettata a vincolo archeologico e paesaggistico, in assenza del prescritto permesso di costruire: una tettoia in legno di circa 10 mq., l'ampliamento di una veranda con chiusura in vetrate, la copertura in legno di un pergolato e la chiusura parziale di esso con vetrate - acc. in Agrigento il (OMISSIS)); - al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 184 (per avere realizzato le opere anzidette in assenza del preventivo nulla osta dell'autorità preposta alla tutela del vincolo) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, ritenuto il concorso formale, lo aveva condannato alla pena complessiva di mesi due di arresto ed Euro 25.000,00 di ammenda, ordinando il ripristino dello stato dei luoghi mediante demolizione delle opere abusive e concedendo il beneficio della sospensione condizionale.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore del C., il quale - sotto il profilo della violazione di legge - ha eccepito:

la illegittimità del mancato riconoscimento della natura pertinenziale delle opere realizzate;

l'erronea disapplicazione della L.R. n. 4 del 2003, art. 20;

l'intervenuta estinzione dei reati per l'intervenuto successivo rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi del T.U. n. 380 del 2001, art. 36 e del provvedimento di accertata compatibilità paesaggistica ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1 ter.

Il difensore dell'imputato, in data 7.5.2013, ha depositato "autorizzazione edilizia in sanatoria" rilasciata a M. S., D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 36 dal Comune di Agrigento in data 26.9.2012, nella quale si fa riferimento ad un "accertamento di compatibilità paesaggistica" rilasciato dalla competente Soprintendenza in data 12.6.2012.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I primi due motivi di ricorso sono infondati.

1.1 La nozione di "pertinenza urbanistica" vedi, ad esempio, Cass., Sez. 3^: 16.10.2008, n. 42738, Fusco; 20.3.2008, n. 25113, Castriciano; 9.12.2004, Bufano; 27.11.1997, Spanò ha peculiarità sue proprie, che la distinguono da quella civilistica: deve trattarsi, invero, di un'opera preordinata ad un'oggettiva esigenza di un edificio principale, sfornita di un autonomo valore di mercato, non valutabile in termini di cubatura o comunque dotata di un volume minimo tale da non consentire, in relazione anche alle caratteristiche dell'edificio principale, una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede.

Il durevole rapporto di subordinazione deve instaurarsi con una costruzione preesistente e la relazione con detta costruzione deve essere, in ogni caso, non di integrazione ma "di servizio", allo scopo di renderne più agevole e funzionale l'uso (carattere di strumentante funzionale), sicchè non può ricondursi alla nozione in esame l'ampliamento di un edificio che - come nella vicenda che ci occupa - costituisce parte di esso quale elemento che attiene all'essenza dell'immobile e lo completa affinchè soddisfi ai bisogni cui è destinato (vedi Cass., Sez. 3^: 16.3.2010, n. 20349, Catania; 11.5.2005, Grida; 17.1.2003, Chiappalone).

1.2 La giurisprudenza di questa Corte Suprema è costantemente orientata nel senso che la realizzazione di una veranda, anche mediante chiusura a mezzo di installazione di pannelli di vetro su intelaiatura metallica od altri elementi costruttivi, non costituisce intervento di manutenzione straordinaria e di restauro, ma è opera soggetta a permesso di costruire (vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^: 18.9.2007, n. 35011, Camarda; 28.10.2004, D'Amelio; 27.3.2000, n. 3879, Spaventi).

Il medesimo orientamento si rinviene nelle decisioni dei giudici amministrativi (vedi Cons. Stato, Sez. 5^: 8.4.1999, n. 394 e 22.7.1992, n. 675, nonchè Cons. giust. amm. sic, Sez. riunite, 15.10.1991, n. 345).

In particolare, una veranda è da considerarsi, in senso tecnico- giuridico, un nuovo locale autonomamente utilizzabile e difetta normalmente del carattere di precarietà, trattandosi di opera destinata non a sopperire ad esigenze temporanee e contingenti con la sua successiva rimozione, ma a durare nel tempo, ampliando così il godimento dell'immobile.

La L. 16 aprile 2003, n. 4 della Regione Siciliana, art. 20 assoggetta ad un particolare regime di asseveramento:

a) "la chiusura di terrazze di collegamento e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie";

b) la realizzazione di verande, definite come "chiusure o strutture precarie relative a qualunque superficie esistente su balconi, terrazze e anche tra fabbricati";

c) la realizzazione di altre strutture, comunque denominate (a titolo esemplificativo si fa riferimento a tettoie, pensiline e gazebo), che vengono assimilate alle verande, a condizione che ricadano su aree private, siano realizzate con strutture precarie e siano aperte almeno da un lato.

La norma in esame dispone altresì che:

aa) gli interventi dianzi descritti non sono considerati aumento di superficie utile o di volume nè modifica della sagoma della costruzione;

bb) "sono da considerare strutture precarie tutte quelle realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione".

Le disposizioni regionali anzidette, procedendo alla identificazione in via di eccezione di determinate opere precarie non soggette a permesso di costruire, privilegiano il "criterio strutturale" (la circostanza che le parti di cui la costruzione si compone siano facilmente rimovibili) a discapito di quello "funzionale" (l'uso realmente precario e temporaneo cui la costruzione è destinata).

Tali disposizioni, pertanto, non possono essere applicate al di fuori dei casi espressamente previsti vedi Cass., Sez. 3^: 25.10.2007, Giangrasso; 18.9.2007, n. 35011, Camarda; 4.10.2006, n. 33039, P.M. in proc. Moltisanti ed in relazione alle stesse, anche nella accentuazione del riferimento alle modalità costruttive ed alla stabilità materiale dei manufatti, deve rilevarsi che non possono comunque considerarsi "realizzate in modo tale da essere suscettibili di facile rimozione" le opere di ampliamento poste in essere dall'imputato nella fattispecie in esame, stabilmente incorporate ai manufatti già esistenti sì da non potersi procedere alla separazione degli elementi successivamente inseriti se non incidendo sull'integrità degli stessi.

Esattamente i giudici del merito hanno affermato, pertanto, che i manufatti in esame restano al di fuori dell'area di applicazione della L.R. n. 4 del 2003, art. 20.

Detti manufatti, comunque, risultano totalmente difformi da quelli autorizzati dal Comune di Agrigento in data 2.1.2007 e della competente Soprintendenza in data 18.12.2006.

2. Il terzo motivo di ricorso, invece, è fondato.

2.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema, del T.U. n. 380 del 2001, gli artt. 36 e 45 vanno interpretati in stretta connessione ai fini della declaratoria di estinzione dei "reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" e il giudice penale, pertanto, ha il potere-dovere di verificare la legittimità del titolo edilizio rilasciato "in sanatoria" e di accertare che l'opera realizzata sia conforme alla normativa urbanistica.

In mancanza di tale conformità, infatti, non si produce l'estinzione dei reati ed il mancato effetto estintivo non si ricollega ad una valutazione di illegittimità del provvedimento della P.A. cui consegua la disapplicazione dello stesso ex art. 5, L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. E), bensì alla effettuata verifica della inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto dell'estinzione del reato in sede di esercizio del doveroso sindacato della legittimità del fatto estintivo incidente sulla fattispecie tipica penale (vedi Cass., Sez. 3^: 30.5.2000, Marinaro; 7.3.1997, n. 2256, Tessali e altro; 24.5.1996, Buratti e altro).

Ai fini del corretto esercizio di tale controllo deve ricordarsi che si pone quale presupposto indispensabile, per il rilascio del permesso di costruire in sanatoria T.U. n. 380 del 2001, ex art. 36 la necessità che l'intervento sia "conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda".

Il rilascio del provvedimento sanante, inoltre, consegue ad un'attività vincolata della P.A., consistente nell'applicazione alla fattispecie concreta di previsioni legislative ed urbanistiche a formulazione compiuta e non elastica, che non lasciano all'Amministrazione medesima spazi per valutazioni di ordine discrezionale.

2.2 La L. n. 308 del 2004, art. unico, comma 36 con previsioni trasfuse nel D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, commi 1 ter e quater e, successivamente, nell'art. 167, commi 4 e 5 - contrastando con il principio (enunciato dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146 fino dalla sua formulazione originaria) dell'impossibilità di rilascio di una autorizzazione paesaggistica successiva alla realizzazione dei lavori - ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all'esito della quale - pur restando ferma l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167 - non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dallo stesso D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1.

Si tratta, in particolare:

dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;

dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi del T.U. n. 380 del 2001, art.

3.Nei casi anzidetti la non applicabilità delle sanzioni penali è subordinata all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento, secondo le procedure di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, "comma 1 quater" introdotto dalla L. 15 dicembre, 2004, n. 308: deve essere presentata, in particolare, apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90 giorni.

2.3 Nella fattispecie in esame - tenuto conto delle disposizioni normative dianzi ricordate - si impone l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, affinchè altra Sezione della Corte di merito valuti la legittimità: sia del provvedimento edilizio rilasciato - sotto il profilo della conformità alle previsioni legislative e pianificatorie vigenti anche con riferimento al rapporto piano-volumetrico di zona fissato dallo strumento urbanistico ed all'indice di edificabilità consentito - sia dell'effettuato accertamento di compatibilità paesaggistica con riferimento al puntuale rispetto delle previsioni di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, commi 1 ter e quater.


P.Q.M.

annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Palermo.
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2013.