Cass. Sez. III Sent. 19483 del 7/6/2006 (Ud. 23/05/2006)
Presidente: De Maio G. Estensore: Grassi A.Imputato: Gadaleta.
(Annulla senza rinvio, Trib. Molfetta, 4 ottobre 2005)
EDILIZIA - IN GENERE - Ordine di demolizione ex art. 7 legge n. 47 del 1985 - Ambito di riferibilità.

In materia edilizia, l'ordine di demolizione di cui all'art. 7 della legge 28 febbraio 1985 n. 47 non può essere disposto per le violazioni della lett. a) dell'art. 20 della citata legge, atteso che il predetto art. 7 richiama i casi disciplinati dall'art. 17 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, trasfusi, con modificazioni, nelle lett. b) e c) dell'art. 20 della legge n. 47; nè per fondare la legittimità dell'ordine di demolizione, può farsi ricorso al disposto dell'art. 165 cod. pen. circa la eliminazione delle conseguenze pericolose del reato, stante la esistenza di una disposizione specifica regolante la materia.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 23/05/2006
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. ONORATO Pierluigi - Consigliere - N. 923
Dott. TERESI Alfredo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere - N. 47891/2005
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
GADALETA PIETRO, nato a Molfetta il 2 Gennaio 1954;
avverso la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Trani - sez. dist. di Molfetta - datata 4/10/'05;
Visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
Udita la relazione fatta dal Cons. Dott. Grassi;
Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale Dott. Di Popolo A., il quale ha chiesto il rigetto del ricorso, perché infondato. La Corte Suprema di Cassazione:
OSSERVA
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Trani - sez. dist. di Molfetta - datata 4/10/'05, Gadaleta Pietro veniva condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 6.000,00 di ammenda, con i benefici della sospensione condizionale della relativa esecuzione, subordinato alla ordinata demolizione dell'opera abusiva, nonché della non menzione della condanna nel certificato penale rilasciato a richiesta di privati e non per ragioni di diritto elettorale, in quanto colpevole del reato previsto dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a) (L. 28 febbraio 1985, n. 47, ex art. 20, lett. a)), così giuridicamente qualificato il fatto contestatogli come integrante gli estremi del reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), del quale era chiamato a rispondere per avere, quale amministratore unico della "Omat di Gadaleta & Uva s.n.c." corrente in Molfetta, realizzato, in prossimità del proprio capannone industriale, in violazione dell'art. 10 delle norme tecniche del Piano particolareggiato della zona artigianale del Comune sulla distanza dai confini, una struttura metallica, ancorata al suolo e destinata a sostenere un carroponte, a pochi centimetri dai confini con altre proprietà, come accertato l'11/07/203. Con la stessa sentenza l'imputato veniva assolto dalle contravvenzioni, pure contestategli, previste dalla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. b), per non essere il fatto ascrittogli previsto dalla legge come reato e L. 2 febbraio 1974, n. 64, artt. 17 e 20, per insussistenza del fatto.
Affermava, fra l'altro, il Giudice di merito:
- che la distanza minima di cinque metri dal confine, sancita dall'art. 10 delle norme tecniche sopra richiamate, doveva ritenersi applicabile a qualsiasi opera, dunque anche a quella posta in essere dall'imputato, stante che essa, pur costituita da una struttura metallica destinata a sostenere un carroponte, era ancorata stabilmente al suolo;
- che il mancato rispetto della distanza dal confine con proprietà altrui, avendo comportato la violazione di una norma della disciplina urbanistica locale, doveva ritenersi punibile a mente del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a).
Avverso tale decisione il Gadaleta ha proposto ricorso per Cassazione e ne chiede lo annullamento, per violazione di legge. Deduce, in particolare, il ricorrente:
a) che il Tribunale, avendo qualificato il fatto a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. a), avrebbe dovuto rimetterlo in termini per chiedere di essere ammesso all'oblazione e, non avendo fatto ciò, avrebbe violato la norma di cui all'art. 141 disp. att. c.p.p., comma 4 bis;
b) che la demolizione dell'opera sarebbe stata disposta illegittimamente, nell'esercizio di una potestà riservata dalla legge all'Autorità amministrativa, potendo essere ordinata dal Giudice penale solo a seguito di condanna dell'imputato per i reati di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) e c) - non anche a) -;
c) che la sua responsabilità penale, in ordine al reato ritenuto in sentenza, sarebbe stata affermata illegittimamente in quanto la distanza dai confini, che si assume violata, sarebbe prevista, dall'art. 10 del Piano particolareggiato della zona artigianale del Comune di Molfetta, solo per i fabbricati e tale non potrebbe essere definita l'opera da lui realizzata, priva di copertura e pareti laterali, la quale non ha comportato cubatura alcuna, ne' volumi;
d) che, in ogni caso, sviluppandosi la struttura metallica di che trattasi lungo due lati del capannone industriale e prevedendo, l'art. 10, comma 2 del detto Piano, che la costruzione di un manufatto su uno dei confini laterali fa sorgere, in capo all'assegnatario o acquirente del lotto attiguo, il diritto di costruire in aderenza, il Giudice avrebbe potuto disporre la demolizione della struttura esistente solo lungo il lato in cui non insiste sul confine con il lotto di terreno del vicino. MOTIVI DELLA DECISIONE
La prima delle censure mosse alla sentenza impugnata è destituita di fondamento.
Questa Corte ha già statuito, a Sezioni Unite (v. sent. 28/02/'06, ric. Autolitano) che lo imputato po' accedere all'oblazione solo quando, nel corso del giudizio, abbia presentato la relativa richiesta insieme con quella di eventuale riqualificazione giuridica del fatto, su cui il Giudice di merito ha l'obbligo di pronunciarsi, non anche dopo la pronuncia della sentenza di condanna con la quale il Giudice abbia "ex officio" qualificato diversamente il fatto. Fondata è, invece, la seconda doglianza in quanto, in materia edilizia, l'ordine di demolizione di cui alla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 7 non può essere disposto per le violazioni previste dall'art. 20, lett. a) della stessa legge, atteso che il citato art. 7 richiama i casi disciplinati dalla L. 28 gennaio 1977, n. 10, art. 17, trasfusi - con modificazioni - nelle lettere b) e c) della norma in questione; ne', per fondare la legittimità dell'ordine di demolizione, può farsi ricorso al disposto dell'art. 165 c.p. circa la eliminazione delle conseguenze pericolose del reato, stante l'esistenza di una disposizione specifica regolante la materia (v. conf. Cass. sez. 3^ pen., 8/3/'02, n. 16068).
Il terzo motivo di ricorso è infondato in quanto in quanto il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. a), punisce la "inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruzione". Il Gadaleta è stato dichiarato colpevole di tale reato per avere realizzato - come si evince dalla decisione impugnata - una struttura metallica, ancorata al suolo a mezzo di un basamento fuori terra in conglomerato cementizio, costituita da piastre in ferro e travi in ferro zincato dell'altezza variabile di mt. 5,80/6,00, montate non solo in verticale, ma anche in orizzontale, così da costituire una enorme gabbia destinata a sostenere un carroponte, senza rispettare la distanza minima di cinque metri dai confini con i lotti di terreno limitrofi, prevista dall'art. 10 del Piano particolareggiato della zona artigianale del Comune di Molfetta.
La norma da ultimo richiamata stabiliva "ogni fabbricato deve sorgere isolato ed avere distanze dai confini, minimo pari a m, 5.00". L'art. 4 dello stesso Piano recitava "in dette aree quelle costituite dai lotti assegnati a ciascuna impresa sono consentite solo quelle costruzioni che siano attinenti alla destinazione della zona, nei limiti degli indici e delle distanze, dalle strade e dai confini, previsti negli articoli successivi".
La struttura sopra descritta, la quale occupava tutto lo spazio esistente tra il capannone industriale ed il muro di confine, per le dimensioni ed i materiali impiegati è stata legittimamente considerata quale costruzione che, anche se mobile, avrebbe dovuto rispettare la distanza di cui sopra.
L'ultimo motivo d'impugnazione è inammissibile, perché in fatto. Dalle esposte considerazioni discende che la sentenza impugnata deve essere annullata, senza rinvio, nei punti relativi all'ordine di demolizione ed alla subordinazione a questa del beneficio di cui all'art. 163 c.p., con rigetto del ricorso, nel resto. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
annulla senza rinvio la sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Trani - sez. dist. di Molfetta - datata 4/10/'05, nei punti relativi all'ordine di demolizione ed alla subordinazione a questa del beneficio di cui all'art. 163 c.p., ordine e subordinazione che elimina;
rigetta, nel restò, il ricorso avverso detta sentenza proposto da Pietro Gadaleta.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2006.
Depositato in Cancelleria il 7 giugno 2006