Cass. Sez. III n. 20271 del 21 maggio 2008 (Ud. 29 feb. 2008)
Pres. Petti Est. Fiale Ric. De Agostini ed altri
Urbanistica. Ristrutturazione con demolizione

L\'art. 3, I comma, lett. d), del T.U. n. 380/2001, come modificato dal D.Lgs. n. 301/2002, ha esteso, inoltre, la nozione di "ristrutturazione edilizia" ricomprendendovi pure gli interventi ricostruttivi "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l\'adeguamento alla normativa antisismica". Volumetria e sagoma, dunque, debbono rimanere identiche nei casi di ristrutturazione attuata attraverso demolizione e ricostruzione, mentre non si pongono come limiti per gli interventi di ristrutturazione che non comportino la previa demolizione. Se, al contrario, il risultato finale dell\'attività demolitorio – ricostruttiva non coincide, nella volumetria e nella sagoma, con il manufatto precedente, l\'intervento eseguito va qualificato come "nuova costruzione", assoggettata esclusivamente al permesso di costruire

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 15.5.2007, in riforma della sentenza assolutoria 19.5.2005 del Tribunale di Sondrio - Sezione distaccata di Morbegno, appellata dal P.G., affermava la responsabilità penale di D.A.R., DE.AG.Ro. e A.R. o in ordine ai reati di cui:

- Al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. c), e D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, per avere - il primo quale proprietario nonchè esecutore materiale dei lavori, il secondo quale esecutore ed il terzo quale direttore dei lavori - realizzato, in variazione essenziale della DIA presentata l'1,8.2003 e in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del paesaggio - in zona sottoposta a vincolo ambientale posta a quota superiore a mt. 1.600 di altitudine e sita a distanza inferiore a mt.

300 dal lago di Montespluga e a distanza inferiore a mt. 150 dal torrente (OMISSIS), dichiarata altresì di notevole interesse pubblico con D.M. 22 giugno 1964 - opere consistenti nella totale demolizione di un fabbricato e nella ricostruzione dello stesso con diversa impostazione del tetto, ampliamento di un balcone sul lato est ed utilizzazione di materiali diversi - acc. in territorio del Comune di (OMISSIS), il 3.9.2003, con lavori abusivamente proseguiti fino al novembre 2003); e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, condannava ciascuno alla pena di mesi due di arresto ed euro 20.000,00 di ammenda, concedendo a tutti i doppi benefici di legge ed ordinando la rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore degli imputati, il quale - sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione - ha eccepito che:

- nella specie non vi sarebbe stato alcun aumento volumetrico del fabbricato ricostruito rispetto alla sua originaria consistenza, nè sarebbe stata modificata la superficie lorda di pavimento;

- sarebbe stato violato il principio di correlazione tra sentenza e accusa, poichè, a fronte di una contestazione riguardante "la realizzazione ex uovo di un balcone sul lato est", gli imputati erano stati ritenuti responsabili di avere realizzato "un ampliamento del balcone preesistente sul lato est ed averlo ricostruito con materiali diversi da quelli originari;

- l'attività edificatoria posta in essere non integrerebbe alcuna violazione paesaggistico - ambientale: essa, invero, avrebbe avuto luogo in area delineata nello strumento urbanistico generale come zona omogenea B) alla data del 6 settembre 1985, ove non erano applicabili le limitazioni introdotte con vincoli di tutela generali dalla L. n. 431 del 1985.

Quanto poi al vincolo imposto su tutta la zona comunale dal D.M. 22 giugno 1964, esso tutelerebbe una "bellezza di insieme o panoramica" e non il piccolo fabbricato oggetto di intervento, che non ha connotazione di "bellezza individua", sicchè le opere in concreto realizzate nessun pregiudizio potevano cagionare ed avrebbero arrecato "all'insieme della bellezza protetta";

- mancherebbe qualsiasi dimostrazione del coinvolgimento degli imputati DE.AG.Ro. ed A.R., rispettivamente quale esecutore materiale e direttore dei lavori;

- nei comportamenti tenuti da tutti gli imputati non sarebbe ravvisatale alcun profilo di colpa, stante la mancata adozione, da parte della P.A., di qualsiasi provvedimento sanzionatorio successivo all'ordine di sospensione dei lavori.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato. 1. Nella fattispecie in esame la Corte territoriale da atto dell'esistenza di:

- una autorizzazione edilizia, rilasciata dal Comune di Maderno in data 19.6.2003, per lavori di restauro e risanamento di un fabbricato, con la specificazione che non era ammesso aumento di volume o di superficie lorda di pavimento e che gli eventuali materiali sostitutivi diparti lesionate dovevano avere le medesime caratteristiche di quelle esistenti;

- una DIA presentata in data 7.8.2003, che prevedeva esclusivamente interventi di "manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo".

A fronte di tali procedure abilitanti risulta riscontrata, invece, la totale demolizione del fabbricato e la ricostruzione dello stesso con:

- diversa impostazione del tetto, per una importante sopraelevazione sia della parte posta a sud sia di quella posta a nord, ove è stato anche eliminato un abbaino preesistente;

- vistoso ampliamento di un balcone preesistente sulla facciata est della costruzione, reso possibile dalla sopraelevazione della porzione di tetto posta a sud;

- sostituzione delle originarie strutture di legno con muri di calcestruzzo spessi 20 centimetri poi rivestiti in legno.

E' stata così accertata, in punto di fatto - attraverso le risultanze testimoniali e documentali acquisite - la esecuzione di lavori non di "restauro e risanamento conservativo", bensì di ristrutturazione edilizia in seguito a demolizione integrale del fabbricato preesistente, nonchè la non-coincidenza nella volumetria e nella sagoma del manufatto di nuova costruzione rispetto a quello demolito.

Il D.P.R. 380 del 2001, art. 10, comma 1, lett. c), (T.U.) come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici", ovvero si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A).

L'art. 22, 3 comma - lett. a), dello stesso (T.U.), come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato - tali interventi possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività. Se ne deduce che:

a) sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore: quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte dall'art. 10, comma 1, lett. c), che comportano invece una variazione del carico urbanistico).

b) sono realizzabili in seguito a permesso di costruire ovvero (a scelta dell'interessato) previa mera denunzia di inizio attività interventi di ristrutturazione edilizia che comportino integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati ^i superficie e di volume.

Le "modifiche del volume" previste dall'art. 10 possono consistere, però, in diminuzioni o trasformazioni dei volumi preesistenti ed in incrementi volumetrici modesti (tali da non configurare apprezzabili aumenti di volumetria) poichè, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'edificio, verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione".

Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 3, comma 1, lett. d), (T.U.) come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, ha esteso, inoltre, la nozione di "ristrutturazione edilizia" ricomprendendovi pure gli interventi ricostruttivi "consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica".

Volumetria e sagoma, dunque, debbono rimanere identiche nei casi di ristrutturazione attuata attraverso demolizione e ricostruzione, mentre non si pongono come limiti per gli interventi di ristrutturazione che non comportino la previa demolizione.

Nella vicenda in esame, al contrario, il risultato finale dell'attività demolitorio - ricostruttiva non coincide, nella volumetria e nella sagoma, con il manufatto precedente, sicchè l'intervento eseguito è stato esattamente qualificato come "nuova costruzione", assoggettata esclusivamente al permesso di costruire (vedi Cass. Sez. 3^, 18 marzo, 2004, Calzoni. Vedi pure, in tal senso, C. Stato: Sez. 5^, 29 maggio 2006, n. 3229; Sez. 4^, 22 maggio 2006, n. 3006; Sez. 2^, 1 marzo 2006, n. 2687/04).

2. Non risulta esperito, inoltre, un procedimento di DIA puntualmente correlato all'esecuzione dei lavori in oggetto e, nei casi previsti del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3 (T.U.), - in cui la DIA si pone come alternativa al permesso di costruire - la totale difformità delle opere eseguite rispetto alla DIA effettivamente presentata integra il reato di cui al successivo art. 44 (vedi Cass. Sez. 3^, 9 marzo 2006, n. 8303; Sez. 3^, 26 gennaio 2004, n. 2579, Tollon; Sez. 5^, 26 aprile 2005, Giordano).

Tale principio è stato espressamente dichiarato dal D.Lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, attraverso l'introduzione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1 bis (T.U.), secondo il quale "Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa".

Va affermato, conseguentemente, che - in materia edilizia - la disciplina sanzionatoria penale non è correlata alla tipologia del titolo abilitativo, bensì alla consistenza concreta dell'intervento.

3. Le Sezioni Unite di questa Corte Suprema - con la sentenza n. 16 del 22.10.1996, ric. DI Francesco - hanno affermato che "con riferimento al principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, si da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione" e "... vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione".

Nella specie, la Corte territoriale non ha valutato illeciti ulteriori rispetto a quelli contestati e non è configurabile, pertanto, alcuna immutazione dell'addebito originario.

Gli imputati, inoltre, hanno avuto piena possibilità di difendersi, in una situazione 41 oggettiva certezza sull'oggetto dell'imputazione.

4. Sussiste pure il reato paesaggistico contestato, poichè - a prescindere da ogni considerazione circa l'applicabilità, nel caso concreto, del regime derogatorio posto dalla L. n. 431 del 1985, art. 1, comma 2, che avrebbe richiesto, da parte della Corte di merito, una disamina approfondita delle previsioni del piano regolatore generale nel caso di scadenza del termine quinquennale di efficacia di un vincolo urbanistico preordinato all'esproprio (in quanto l'immobile in oggetto ricadeva originariamente in zona FI) - già l'esistenza del vincolo specifico introdotto dal D.M. 22 giugno 1964, imponeva la richiesta di autorizzazione per l'esecuzione di opere incidenti comunque sul territorio oggetto di protezione.

Va ribadito, al riguardo, l'orientamento costante di questa Corte Suprema vedi, tra le pronunzie più recenti, Cass. Sez. 3^:
29.11.2001, Zecca ed altro; 15.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.5.2002, Migliore; 4.10.2002, Debertò; 7.3.2003, Spinosa; 6.5.2003, Cassisa; 23.5.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.5.2003, Sargentini; 5.8.2003, Mori; 7.10.2003, Fierro secondo il quale il reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163, (già della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies, ed attualmente del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1) è reato di pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici.

Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione già prevista dalla L. n. 1497 del 1939, art. 7, le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla L. n. 431 del 1985, art. 7, e sono attualmente disciplinate dalla D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, - ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso lavori di qualsiasì genere, non soltanto edilizi (con le deroghe eventualmente individuate dal piano paesaggistico, del D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 143, comma 2, lett. b, nonchè ad eccezione degli interventi previsti dal successivo art. 149 e consistenti: nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purchè non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici, nell'esercizio dell'attività agro - silvo - pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico; nel taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purchè previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia).

La fattispecie in esame è caratterizzata ad evidenza dall'esecuzione di opere non di manutenzione, nè di consolidamento statico o restauro conservativo oggettivamente non irrilevanti ed astrattamente idonee a compromettere l'ambiente: sussiste, pertanto, un'effettiva messa in pericolo del paesaggio, oggettivamente insita nella minaccia ad esso portata e valutabile come tale ex ante, nonchè una violazione dell'interesse dalla P.A. ad una corretta informazione preventiva ed all'esercizio di un efficace e sollecito controllo.

5. Il coinvolgimento di DE.AG.Ro. e dell' A., rispettivamente quali esecutore materiale e direttore dei lavori, risulta dedotto dalla deposizione del verbalizzante A.V.;

nè lo stesso A. ha mai prospettato che altro professionista abbia diretto l'esecuzione di opere da lui soltanto progettate.

6. Tutta la vicenda potrebbe ritenersi connotata finanche da profili di dolo (tenuto pure conto della rappresentazione non veritiera alla P.A. dell'intervento che effettivamente si intendeva eseguire). In ogni caso, comunque, non possono disconoscersi comportamenti di imprudenza e negligenza degli imputati per la omessa doverosa verifica delle condizioni legittimanti l'esecuzione delle opere progettate.

Nè l'esenzione di colpa può ricollegarsi ad un momento successivo alla illecita condotta edificatrice, sicchè nessuna significazione può dedursi in tal senso dalla mancata adozione di sanzioni amministrative dopo la notifica dell'ordinanza di sospensione dei lavori, comunque mai revocata.

7. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere solidale delle spese del procedimento.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2008.