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Cass. Sez. III sent. 26162 del 15 luglio 2005 (c.c. 28 giugno 2005)
Pres. Savignano Est. De Maio Ric.Assisi

Urbanistica - Ristrutturazione edilizia.
In tema di ristrutturazione edilizia l'art. 3 T.U. deve essere letto in relazione al successivo articolo 10 lettera C) con la conseguenza che costituisce "organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente" il manufatto in cemento armato costruito con la stessa volumetria e sagoma di un preesistente manufatto in legno demolito. Ciò in quanto il fabbricato in cemento armato è strutturalmente diverso da un fabbricato in legno, ancorché identico per volume e sagoma, per le strutture portanti, le fondamenta ed altre caratteristiche

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MOTIVAZIONE

Con decreto in data 3.11.2004 il GIP del Tribunale di Napoli dispose il sequestro preventivo del manufatto, sito in Giugliano in Campania alla via Scipione l'Africano n. 12, di proprietà di Assisi Carmela, indagata per il reato di cui all'art. 44 DPR 490/99.

Avverso tale decreto venne proposta istanza di riesame, che il Tribunale di Napoli, sez. per il Riesame, ha rigettato con ordinanza del 18.11.2004, a sua volta impugnata con ricorso per Cassazione dal difensore dell'indagata. Il ricorrente censura, sotto i profili dell'erronea applicazione degli artt. 3 ss. DPR 380/2001 e della illogicità della motivazione, l'argomento essenziale che il Tribunale, "pur ammettendo la preesistenza dell'immobile e convenendo sulla sua identità quanto a volume e sagoma rispetto al preesistente", ha posto a base della conferma del provvedimento di sequestro: il rilievo, cioè, che "i materiali adoperati per la ricostruzione del preesistente sarebbero diversi da quelli originari, trattandosi della costruzione di un edificio in cemento armato, laddove quello originario sarebbe stato di legno". Il ricorrente sostiene che l'ordinanza impugnata non avrebbe tenuto conto delle modifiche introdotte al T.U. dell'edilizia dal D.L.vo 301/2001, che ha ridisegnato la fattispecie della ristrutturazione edilizia eliminando... due dei quattro presupposti originariamente prescritti:

sono spariti, infatti, i riferimenti alla identità di tipologia dei materiali e di area di sedime".

Il ricorso è infondato, essendo, sotto un profilo giuridico, esatto solo in parte l'assunto del ricorrente. E', infatti, vero, da un lato, che il Tribunale ha citato la disposizione dell'art. 3 DPR380/2001 nella formulazione previgente, che faceva riferimento anche all'identità delle caratteristiche dei materiali (riferimento soppresso dall'art. 1 co. 1 lett. a) D.L.vo 27.12.2002 n. 301); e, dall'altro, che l'art. 3 del DPR 380/2001 dopo avere, alla lett. d), definito gli interventi di ristrutturazione edilizia ("gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente"), all'ultima alinea precisa che "nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente". La decisione impugnata non può, tuttavia, essere ritenuta inesatta, perchè la disposizione da ultimo citata va coordinata con quella del successivo art. 10 che, nel prevedere gli interventi subordinati a permessi di costruire, alla lett. c) ricomprende tra questi "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino a un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente" (oltre a quelli "che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici..."). E va ritenuto che si è in presenza di un organismo edilizio, quanto meno in parte, diverso da quello preesistente nel caso in esame in cui "l'edificio preesistente, costituito da un villino prefabbricato in legno,è stato demolito e ricostruito fedelmente quanto a volume e sagoma, ma adoperando materiali completamente diversi, essendo in costruzione un edificio in cemento armato". E', infatti, di palmare evidenza che una costruzione in c.a. è strutturalmente diversa da un villino prefabbricato in legno, pur se lo riproduca fedelmente; potrebbe parlarsi di alterità sostanziale o ontologica, in quanto concernente gli interna corporis, le strutture portanti, le fondamenta ecc, in una parola l'essenza stessa dell'opera. Di mero fatto, e quindi nonconsentite in sede di legittimità, sono le ulteriori deduzioni del ricorrente secondo cui "almeno i solai del villino dovevano essere sin da principio in cemento armato così come le strutture portanti" e che sarebbe "una mera congettura dell'estensore dell'ordinanza impugnata la circostanza che l'immobile preesistente fosse completamente di legno".

Rilevante e decisivo è anche l'altro profilo di illegittimità sottolineato dal Tribunale relativamente all'immobile sequestrato, in quanto realizzato in prosecuzione di un precedente abuso commesso al piano terra e attualmente oggetto di pratica di condono edilizio. In relazione a tale situazione, infatti, esattamente il Tribunale ha richiamato il principio (affermato da questa Corte nella sent. Sez. 3^, 8.11.2000 n. 3530) in base al quale la costruzione può essere proseguita solo nel rispetto della procedura stabilita dall'art. 35co. 15 l. 47/85, in difetto di che la prosecuzione dei lavori configura un nuovo ed autonomo reato urbanistico. Anche sotto questo profilo di mero fatto, e perciò non valutabile in sede di legittimità, è l'assunto del ricorrente circa la "assoluta inconferenza" del precedente abuso commesso al piano terra rispetto alle opere già sottoposte a sequestro.

Dovendo, in definitiva, ritenersi che l'ordinanza impugnata ha esattamente ravvisato nel fatto, così come accertato, il fumus del reato ipotizzato, il ricorso va rigettato. Le spese conseguono.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 28 giugno 2005.

Depositato in Cancelleria il 15 luglio 2005