 Cass. Sez. III n. 6639 del 18 febbraio 2010 (Ud. 17 nov. 2009)
Cass. Sez. III n. 6639 del 18 febbraio 2010 (Ud. 17 nov. 2009) 
Pres. Lupo Est. Marmo Ric. Borgese
Urbanistica. Sanatoria e sospensione del procedimento penale 
La presentazione della domanda di accertamento di conformità dell'opera (art. 36, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380) non determina l'effetto sospensivo del termine di prescrizione del reato edilizio durante la fase delle indagini preliminari, prevedendo l'art. 45 del citato decreto la sospensione dell'azione penale, non ancora esercitata in tale fase.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Udienza pubblica
 Dott. LUPO      Ernesto          - Presidente  - del 17/11/2009
 Dott. GENTILE   Mario            - Consigliere - SENTENZA
 Dott. FIALE     Aldo             - Consigliere - N. 2021
 Dott. MARMO     Margherita  - rel. Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. MULLIRI   Guicla I.        - Consigliere - N. 21985/2009
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 BORGESE DOMENICO, N. il 20/01/1956;
 avverso la SENTENZA N. 9775 CORTE APPELLO di ROMA del 10/04/09;
 Visti gli atti, la sentenza denunziata e il ricorso;
 Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dott.  			MARMO MARGHERITA;
 Udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore  			Generale Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso chiedendo  			l'annullamento senza rinvio per essere il reato prescritto;
 Udito, per l'imputato l'Avv. MURANO MARIO che ha chiesto  			l'accoglimento del ricorso.
 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Con sentenza pronunciata il 10 aprile 2009 la Corte di Appello di  			Roma confermava la sentenza pronunciata il 9 gennaio 2007 con la  			quale il Tribunale di Latina aveva dichiarato BORGESE Domenico  			colpevole del reato di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 20, lett. B)  			per aver realizzato, in qualità di proprietario-committente, in  			totale difformità dalla concessione edilizia n. 60 del 5 aprile  			2001, il mutamento della destinazione d'uso da magazzino agricolo in  			civile abitazione di un organismo edilizio, sito in Aprilia alla via  			Colli San Paolo 7, sul lotto di terreno censito in catasto al foglio  			3, particelle 23, 28, 39, 41, 48 e 62, mediante la partizione dei  			vani interni, modifiche prospettiche, esecuzioni di opere di finitura   			e dotazione di impianti tecnologici di riscaldamento idroelettrico,  			per una superficie utile residenziale pari a mq 142 circa (in  			Aprilia successivamente al 5 aprile 2001 fino al 21 febbraio  			2003) e, concesse le attenuanti generiche, aveva condannato  			l'imputato alla pena di un mese di arresto ed Euro 4.000,00 di  			ammenda, con pena condonata.
 Ha proposto ricorso per Cassazione il Borgese chiedendo P  			annullamento della sentenza impugnata per i motivi che saranno nel  			prosieguo esaminati.
 MOTIVI DELLA DECISIONE
 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge con  			riferimento al mancato accoglimento dell'eccezione di prescrizione da   			lui sollevata con riferimento ai termini che si sarebbero maturati  			prima della sentenza.
 Deduce il ricorrente che la Corte Territoriale aveva ritenuto che  			alla data di pronuncia della sentenza di appello non fossero decorsi  			i termini massimi di prescrizione di cui al combinato disposto degli  			artt. 157 e 160 c.p. in quanto, oltre a considerare le sospensioni  			dovute a legittimo impedimento dei difensori, aveva applicato la  			sospensione ex lege (di cui alla L. n. 47 del 1985, art. 44) con un  			generico richiamo al D.L. 30 settembre 2002, n. 269, art. 32,  			convertito in L. n. 263 del 2003. La Corte Territoriale non aveva  			però verificato se si trattasse di opere condonabili e quindi se  			fosse applicabile la sospensione.
 A ciò doveva aggiungersi che la Corte Costituzionale, con la  			sentenza 24-28 giugno 2004, n. 196, aveva dichiarato l'illegittimità  			costituzionale del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, comma 25,  			convertito in L. n. 326 del 2003, nella parte in cui non prevede che  			la legge regionale di cui al comma 26 possa determinare limiti  			volumetrici inferiori a quelli indicati nella legge statale.  			Era quindi mancata ogni valutazione in ordine alla condonabilità  			dell'opera anche sotto il profilo della legislazione regionale.  			Deduce inoltre il ricorrente che la ritenuta causa sospensiva della  			prescrizione non poteva applicasi durante la fase delle indagini  			preliminari, atteso che la norma ricettizia di cui alla L. n. 47 del  			1985, art. 44, cui rinviano le disposizioni di cui al D.L. 30  			settembre 2003, n. 269 convertito con L. 24 novembre 2003, n. 326,  			contempla unicamente la sospensione dei procedimenti giurisdizionali  			e quindi limita l'efficacia alla fase successiva dell'azione penale,  			sicché l'effetto sospensivo non poteva operare nella fase delle  			indagini preliminari in cui l'azione penale non era stata ancora  			esercitata.
 Rileva il Collegio che il motivo non è manifestamente infondato per  			quel che attiene al regime delle sospensioni, oggetto di dibattito  			giurisprudenziale.
 In proposito questa Corte si è espressa conformemente alla tesi del  			ricorrente in ordine all'inapplicabilità della sospensione nella  			fase delle indagini preliminari, (v. per tutte Cass. pen. sez. 3,  			sent. 28 giugno 2007, n. 32201), precisando che "in tema di reati  			edilizi ed urbanistici, la domanda di accertamento di conformità  			dell'opera presentata a norma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art.  			36 determina esclusivamente la sospensione dell'azione penale e non  			del procedimento penale; ne consegue che l'effetto sospensivo non  			opera nella fase delle indagini preliminari in cui l'azione penale  			non è stata ancora esercitata".
 Pertanto, considerato che i fatti risalgono al 21 febbraio 2003,  			tenuto conto del termine massimo di prescrizione di quattro anni e  			sei mesi di cui al combinato disposto degli artt. 157 e 160 c.p.  			(ante novellam) più favorevole al reo, scadente il 21 agosto 2007, e  			della sospensione di mesi dieci e giorni otto in conseguenza  			dell'astensione del difensore all'udienza del 2 novembre 2004, in  			adesione al deliberato del Consiglio dell'Ordine degli avvocati di  			Latina con rinvio all'udienza del 18 ottobre 2005, nonché della  			sospensione di un anno, un mese e giorni ventotto in applicazione del   			D.L. 30 settembre 2002, n. 269, art. 32, convertito nella L. n. 326  			del 2003, il termine massimo di prescrizione risulta comunque  			definitivamente decorso il 27 agosto 2009 anche con riferimento al  			calcolo eseguito dalla Corte di Appello che ha tenuto conto di tutte  			le sospensioni.
 Va quindi annullata la sentenza impugnata per essere il reato  			ascritto all'imputato estinto per prescrizione.
 P.Q.M.
 Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato  			estinto per prescrizione.
 Così deciso in Roma, il 17 novembre 2009.
 Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2010
 
                    




