Cass. Sez. III n. 55296 del 30 dicembre 2016 (Ud 22 set 2016)
Presidente: Ramacci Estensore: Liberati Imputato: Calderaro
Urbanistica.Violazioni alle disposizioni antisismiche e normativa regionale

Quanto alle violazioni alle disposizioni antisismiche, le norme regionali (nella specie L.R. Sicilia n. 4\2003) si applicano limitatamente alla materia dell'urbanistica e non possono quindi essere estese alla diversa disciplina edilizia antisismica e a quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, come tale rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, Cost., sicché tali opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale



RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 3 giugno 2015 la Corte d'appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo del 25 settembre 2013, con cui Enrica Calderaro era stata condannata alla pena di mesi due di arresto ed euro 10.000 di ammenda, in relazione ai reati di cui agli artt. 44, lett. b), 94 e 95 d.P.R. 380/2001 (per avere realizzato, in zona sismica, senza permesso di costruire e senza denuncia di inizio lavori al Genio Civile, la chiusura di una porzione del terrazzo posto al primo piano di un fabbricato, realizzando un vano autonomo, in muratura ed alluminio anodizzato, con copertura in struttura lignea, della superficie di circa 30 mq.), con ordine di demolizione delle opere abusivamente realizzate, in accoglimento dell'impugnazione proposta dal Pubblico Ministero, ha subordinato la concessione della sospensione condizionale della pena a tale demolizione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la Calderaro, mediante il suo difensore di fiducia, che lo ha affidato a tre motivi.

2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione di legge penale, in relazione agli artt. 3, lett. e), 10, 29, 31, 44, lett. b), 93, 94 e 95 d.P.R. 380/2001 e 20 I.r. Sicilia 16 aprile 2003 n. 4, in quanto tale legge regionale aveva liberalizzato la chiusura di verande e balconi con strutture precarie, non richiedendo concessioni per tale attività, e qualificando come strutture precarie quelle di facile rimozione, con la conseguente legittimità dell'intervento edilizio realizzato dalla ricorrente, di natura precaria e non incidente sulla tenuta statica dell'edificio.

2.2. Con il secondo motivo ha denunciato violazione dell'art. 165 cod. pen. e vizio di motivazione, non essendo consentito alla autorità giudiziaria subordinare la sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva, spettando ogni determinazione in ordine alla demolizione alla autorità amministrativa.

2.3. Con il terzo motivo ha lamentato vizio di motivazione in ordine alla propria richiesta di esclusione della punibilità del fatto a cagione della sua particolare tenuità ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen., avendo formulato tale richiesta nel corso dell'udienza del 3 giugno 2015 e non avendo la Corte d'appello motivato in alcun modo al riguardo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Il primo motivo, mediante il quale è stata prospettata l'applicabilità dell'art. 20, comma 1, della legge della Regione Sicilia n. 4 del 16 aprile 2003 n. 4 (recante disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2004), secondo cui "In deroga ad ogni altra disposizione di legge, non sono soggette a concessioni e/o autorizzazioni né sono considerate aumento di superficie utile o di volume né modifica della sagoma della costruzione la chiusura di terrazze di collegamento e/o la copertura di spazi interni con strutture precarie, ferma restando l'acquisizione preventiva del nulla osta da parte della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali nel caso di immobili soggetti a vincolo", con la conseguente insussistenza degli obblighi di comunicazione al Genio Civile e senza la necessità di permesso di costruire, è infondato.
Giova, anzitutto, ricordare, quanto alle violazioni alle disposizioni antisismiche, che le suddette norme regionali disposizioni si applicano limitatamente alla materia dell'urbanistica e non possono quindi essere estese alla diversa disciplina edilizia antisismica e a quella per le costruzioni in conglomerato cementizio armato, attenendo tali materie alla sicurezza statica degli edifici, come tale rientrante nella competenza esclusiva dello Stato ex art. 117, comma secondo, Cost., sicché tali opere continuano ad essere soggette ai controlli preventivi previsti dalla legislazione nazionale (Sez. 3, n. 38405 del 09/07/2008, Di Benedetto, Rv. 241287; conf. Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli, Rv. 255254; Sez. 3, n. 37375 del 20/06/2013, Serpicelli, Rv. 257594).
L'insussistenza del presupposto di applicabilità della disposizione invocata dalla ricorrente, e cioè la precarietà della struttura realizzata, emerge, in ogni caso, e senza necessità di indagini, tantomeno in fatto, da demandare ai giudici del merito, dalla descrizione della struttura realizzata dalla imputata, che all'evidenza risulta priva del necessario (ai fini della disposizione richiamata) carattere delle precarietà.
La ricorrente, infatti, ha realizzato, in assenza del permesso di costruire, la chiusura di una porzione di terrazzo con un manufatto, costituente volume, realizzato in muratura ed alluminio, con copertura in struttura lignea, della superficie di circa 30 mq., dunque un'opera che per caratteristiche costruttive risulta legata in modo duraturo all'edificio cui accede, ed è destinata ad un uso tendenzialmente stabile, non precario né temporaneo, elemento, quest'ultimo, che, secondo il consolidato orientamento interpretativo di questa Corte, consente di escludere la precarietà dell'opera, in quanto per poter essere qualificata precaria occorre che l'opera sia intrinsecamente destinata a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, e ad essere immediatamente rimossa al venir meno di tale funzione (cfr., ex plurimis, Sez. 3, n. 36107 del 30/06/2016, Arrigoni, Rv. 267759; Sez. 3, n. 966 del 26/11/2014, Manfredini, Rv. 261636; Sez. 3, n. 37572 del 14/05/2013, Doppiu, Rv. 256511; Sez. 3, n. 22054 del 25/02/2009, Frank, Rv. 243710).
Ne consegue, in definitiva, l'infondatezza della censura.

3. Infondata risulta anche la doglianza relativa alla disposta subordinazione della sospensione condizionale della pena all'ottemperanza all'ordine di demolizione delle opere abusive, posto che in tema di reati edilizi, il giudice, nella sentenza di condanna, può legittimamente subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva, in quanto tale ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato, dovendo tuttavia spiegare perché, nel formulare il giudizio prognostico di cui all'art. 164, comma primo, cod. pen., ritenga necessario porre l'esecuzione di tale ordine come condizione per la fruizione del beneficio (così Sez. 3, Sentenza n. 17729 del 10/03/2016, Abbate, Rv. 267027; conf. Sez. 3, n. 3685 del 11/12/2013, Russo, Rv. 258517; Sez. 3, n. 28356 del 21/05/2013, Farina, Rv. 255466).
Nella specie la Corte territoriale ha assolto a tale onere di motivazione, spiegando come, in considerazione della gravità del caso, avuto riguardo alla vastità dell'abuso perpetrato ed alla totale assenza di qualunque titolo abilitativo, apparisse necessario apporre tale condizione al beneficio accordato alla imputata, onde rendere più efficace la sanzione della demolizione: tale motivazione risulta adeguata, avendo dato conto in modo logico e sulla base della gravità dei fatti delle ragioni prognostiche per le quali ha ritenuto necessario disporre tale subordinazione, e non è sindacabile sul piano del merito, con la conseguente infondatezza anche di tale censura.

4. Infondata risulta anche, infine, la richiesta di applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. per la particolare tenuità del fatto, in considerazione della pluralità di violazioni commesse dalla ricorrente, che determinano l'esclusione della non occasionalità della condotta, e della gravità delle stesse, posto che realizzando l'opera in questione, ritenuta di non minima entità dalla Corte d'appello, la ricorrente ha compromesso l'assetto urbanistico del territorio e posto in essere, attraverso la violazione alle disposizioni in materia antisismica, una condotta potenzialmente pericolosa per l'incolumità pubblica, con la conseguenza che devono essere esclusi sia la non abitualità della condotta, sia la tenuità del danno e del pericolo, e con essi anche la non punibilità delle condotte ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen.

5. In conclusione il ricorso deve essere respinto, stante l'infondatezza di tutti i motivi cui è stato affidato, e la ricorrente condannata alla rifusione delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 22/9/2016