Consiglio
di Stato Sez. V sent. 3975 del 3 luglio 2003
Urbanistica. Modifica
di destinazione d'uso
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
Sul
ricorso in appello n. 6400/1997 proposto da Bruno Coletti
rappresentato e difeso dagli avv.ti
Salvatore Alberto Romano e Rodolfo Ludovici ed
elettivamente domiciliato in Roma
presso lo studio del primo in Piazza
Borghese n. 3;
CONTRO
Il
condominio “Palazzo Martella” in persona dell’amministratore pro tempore
Valerio Valeri nonché dei condomini Nando Marini, in proprio e quale esercente
la potestà genitoriale sulla figlia minorenne, Luigi Fidecicchi, Carlo Brutti,
Ennio Elia, Luigi Bignardi, Giuseppina di Marco, Giancarlo de Bernardinis,
Lucilla Del Giudice, Novella Giampellegrini, Adele Melchiorre, Arnaldo Foresti e
Maria Grazia Baliva
rappresentati e difesi dagli avv.ti
Paolo Quadruccio e Franco Gaetano Scoca
ed
elettivamente domiciliati in Roma
presso
lo studio del secondo in via Paisiello
n. 55;
e
nei confronti
del
Comune di L’Aquila in persona del Sindaco in carica rappresentato e difeso
dall’avv. Egidio D’Angelo ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. M.A. Lorizio in Roma Via Dora, 1;
sul
ricorso in appello n. 6823/1997
proposto dal Comune di L’Aquila in persona del Sindaco in carica rappresentato
e difeso dall’avv. Egidio D’Angelo
e con domicilio eletto presso lo studio
dell’avv. M.A. Lorizio in Roma via Dora n. 1;
CONTRO
Il
condominio “Palazzo Martella “in persona dell’amministratore Valerio
Tiberi ed i condomini come sopra indicati rappresentati e difesi dagli avv. ti
Paolo Quadruccio e Franco Gaetano Scoca ed elettivamente domiciliati presso lo
studio del secondo in Roma via Paisiello n. 55;
e
nei confronti
di
Bruno Coletti non costituitosi in giudizio;
per
l’annullamento
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale
per
l’Abruzzo n. 225/1997;
Visti
i ricorsi con i relativi allegati;
Visti
gli atti di costituzione in giudizio
del condominio “ Palazzo Martella”;
Visto
l’atto di appello incidentale proposto dalla TO.MA. s.a.s. con rappresentanza
e difesa dell’avv. Sergio Panunzio e domicilio eletto presso il suo studio in
Roma Corso Vittorio Emanuele n. 284;
Viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti
gli atti tutti della causa;
data
per letta alla pubblica udienza dell’otto aprile 2003
la
relazione del Consigliere dottor Goffredo Zaccardi e uditi, altresì,
gli avvocati Romano, Scoca e D’Angelo
Ritenuto
in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La
sentenza appellata ha accolto il ricorso proposto in primo grado dal condominio
“Palazzo Martella “per l’annullamento della concessione edilizia
rilasciata in sanatoria, a tenore dell’art. 13 della legge 47/1985, al sig.
Bruno Coletti per la realizzazione di un intervento edilizio diretto a
trasformare un edificio preesistente in discoteca in zona destinata ad uso
residenziale.
La
decisione in esame, dopo aver respinto varie eccezioni di inammissibilità
avanzate dalle parti resistenti, ha in definitiva ritenuto che l’intervento
assentito non fosse realizzabile in zona residenziale in forza delle
disposizioni delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore Generale
del Comune di L’Aquila (NTA) che escludono la realizzazione in detta zona di
locali destinati a spettacoli e di tutte le attività in contrasto con tale
destinazione fatta eccezione per le attività preesistenti ed inoltre per le
attività commerciali al dettaglio.
Negli
appelli indicati in epigrafe si eccepisce la mancata integrazione del
contraddittorio e si confuta nel merito la tesi accolta dal primo giudice.
La
TO.MA. s.a.s. ha proposto appello, qualificato incidentale, aderendo in sostanza
alle tesi difensive esposte dal Coletti e dal Comune di L’Aquila.
La
difesa del condominio appellato ha eccepito la tardività dell’appello
proposto dal Comune appellante ed ha, inoltre, ribadito le tesi difensive
accolte dal primo giudice.
DIRITTO
1).
Deve essere preliminarmente disposta la riunione degli appelli indicati in
epigrafe, non solo per ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva, ma perché
diretti contro una unica sentenza.
2).
L’appello proposto dal Comune di L’Aquila (n. 6823/1997) è irricevibile
come ha eccepito la difesa del condominio appellato con nota, depositata in
atti, del 26 marzo 2003. La notificazione della sentenza appellata è stata
infatti effettuata in data 8 maggio 1997 mentre l’appello del Comune di
L’Aquila è stato notificato in data 17 luglio 1997 quando il termine di
sessanta giorni, previsto a pena di decadenza per l’impugnazione delle
sentenze di primo grado nei giudizi amministrativi, era scaduto.
3).
Si può ora procedere all’esame dell’appello proposto dal sig. Bruno Coletti
(n. 6400/1997) che si manifesta, a giudizio del Collegio, infondato.
A).
Con il primo motivo la difesa dell’appellante deduce la violazione delle norme
in materia di integrazione del contraddittorio nel processo amministrativo. Si
sostiene con tale censura che il sig. Livio Del Guzzo, comproprietario
unitamente all’attuale appellante dell’immobile oggetto dell’intervento
edilizio assentito con la concessione edilizia n. 108 del 17 giugno 1996
annullata in primo grado, nonché la TO.MA. s.a.s. e gli affittuari fratelli Di
Sabbato che stavano realizzando lavori nell’immobile in questione per la
gestione della discoteca, dovevano essere parti del giudizio.Ciò in quanto la
concessione edilizia aveva riportato i nomi del Del Guzzo e del Di Sabbato quali
dichiaranti negli atti di notorietà sulle utilizzazioni pregresse
dell’immobile, i ricorrenti in primo grado con numerosi esposti avevano
dimostrato di conoscere le suddette circostanze di fatto, la stessa sentenza,
infine, aveva qualificato il Del Guzzo come comproprietario ed i fratelli Di
Sabbato come gestori della discoteca. Sulla base di tali elementi il giudice di
primo grado, secondo la tesi difensiva dell’appellante, avrebbe dovuto
disporre la integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti qui
indicati e, pertanto, in questa sede dovrebbe essere disposto l’annullamento
della decisione con rinvio al primo giudice.
Correttamente
la decisione appellata ha, invece, ritenuto che controinteressati al ricorso
fossero solo i soggetti contemplati nell’atto ed agevolmente individuabili
sulla base del tenore dell’atto stesso e quindi, nel caso di specie, il solo
Coletti. La statuizione si pone in linea con indirizzi giurisprudenziali
assolutamente pacifici dai quali non sussistono motivi per discostarsi con
riguardo al caso di specie. La stessa difesa dell’appellante dichiara di
condividerli in via di principio salvo poi sostenere che nella specie non vi
sarebbero i presupposti per la loro applicazione. Senonchè nessun valore assume
infatti la circostanza che la concessione edilizia di cui trattasi abbia
nominato il Del Guzzo ed il Di Sabbato quali soggetti che avevano reso
dichiarazioni di notorietà circa le utilizzazioni dell’immobile. Si tratta,
con evidenza, della mera indicazione di elementi istruttori ritenuti
dall’Amministrazione significativi per documentare uno dei presupposti di
fatto essenziali per il rilascio della concessione – il pregresso uso
commerciale dell’immobile- unitamente alla nota del Corpo dei vigili urbani
del 23 novembre 1995 n. 1468/PM, ma che in alcun modo possono significare che
l’atto autorizzatorio coinvolgesse i loro interessi. Né al ricorrente in
primo grado si poteva imporre l’onere di verificare i contenuti delle
dichiarazioni rese dai due soggetti per individuare altri possibili
controinteressati all’annullamento della concessione edilizia. Accettando tale
impostazione si verrebbero ad imporre una serie di accertamenti, spesso
complessi e di difficile attuazione per i ricorrenti, certamente incompatibili
con la ristrettezza del termine per l’impugnazione dei provvedimenti
amministrativi. E’ poi irrilevante la eventuale conoscenza personale delle
circostanze di cui trattasi da parte dei ricorrenti che non sia confermata dalle
risultanze formali dell’atto da impugnare. Parimenti priva di rilievo è,
ancora, la indicazione contenuta nella sentenza appellata della qualità di
comproprietario del Del Guzzo e di gestori della discoteca dei fratelli Di
Sabbato, circostanze conosciute nel corso giudizio ma , lo si ribadisce,
ininfluenti perché non desumibili agevolmente dall’atto impugnato al momento
della proposizione del ricorso. La posizione del Del Guzzo e dei fratelli Di
Sabbato avrebbe potuto giustificare solo un intervento adesivo essendosi il
contraddittorio instaurato ritualmente.
Ciò
posto anche la analoga eccezione posta con il ricorso incidentale proposto dalla
TO.MA. s.a.s., ricorso di cui per la sua infondatezza non vengono esaminati i
profili di irritualità segnalati dalla difesa del condominio appellato, va
respinta.
B).
Nel merito si deve precisare che non è dubbio ad avviso del Collegio che con la
concessione in sanatoria di cui trattasi il Comune abbia autorizzato una
modifica della destinazione d’uso dell’immobile situato in località San
Sisto (mapp. 886 e 159, foglio n 80 all. 19 del catasto di L’Aquila). Ciò
risulta dalla natura industriale dell’attività svolta documentata negli atti
riportati puntualmente nella sentenza appellata dai quali emerge con sufficiente
certezza che fino al 1972 l’immobile di cui trattasi è stato utilizzato per
la fabbricazione di mobili e sedie di legno curvato e che da tale data fino al
1987 è stato destinato dall’ENEL a deposito di mezzi, attrezzi e materiali.
Anche ammettendo che prima del 1972 si sia svolta nel locale in questione anche
una attività di vendita dei mobili e sedie ivi prodotti ciò non sarebbe
sufficiente per la qualificazione commerciale dell’attività complessivamente
effettuata nell’immobile medesimo in considerazione della prevalenza assunta
dall’attività produttiva dei beni indicati. Sono sul punto convincenti e,
quindi, qui condivise le osservazioni del primo giudice. In ogni caso è certo
che la destinazione dell’immobile almeno dal 1972 non era commerciale ed al
momento dell’acquisto da parte del ricorrente, intervenuto nel 1987, era in
atto una utilizzazione che commerciale non era. Su tali presupposti la
concessione non poteva essere rilasciata.
In
proposito si deve, inoltre, tenere presente che in base all’art. 44 delle NTA
del Comune di L’Aquila le sole attività commerciali consentite nelle zone
residenziali sono quelle di vendita al dettaglio e l’esercizio di una
discoteca non rientra tra queste con la conseguenza che anche se dovesse
ammettersi la pregressa utilizzazione commerciale dell’immobile in questione
una discoteca non potrebbe comunque essere localizzata nel medesimo.
La
stessa norma prevede, altresì, che dalle zone residenziali sono esclusi “i
locali per spettacolo” (secondo comma) ribadendo con chiarezza anche per tale
via che una discoteca non può trovare sede nelle zone residenziali del Comune
in parola.
Secondo
un disegno che appare coerente una diversa disposizione delle NTA (art. 40)
riserva, poi, alle zone per attrezzature ricettive la possibilità di insediare
“attrezzature ricreative… sale di ritrovo .. sale da ballo ecc.” con il
che appare confermata la volontà di escludere insediamenti di questa tipologia
dalle aree residenziali. In questo contesto rimangono salve due distinte
possibilità: la permanenza di attività già in atto garantita dall’art. 5
delle NTA e la facoltà di autorizzare attività commerciali di vendita al
dettaglio.
Infine,
e l’argomento potrebbe da solo essere sufficiente per il rigetto
dell’appello, l’art. 5 delle NTA ora richiamato stabilisce che gli
“edifici esistenti all’atto di adozione del PRG ed in contrasto con le
destinazioni di zona e/o con parametri urbanistici del Piano, possono subire
trasformazioni e modificazioni soltanto per essere adeguati alle norme del PRG”
con il che risulta evidente, per converso, che qualunque fosse la natura
dell’attività svolta nell’immobile di cui trattasi posto che di certo non
si trattava di un uso residenziale non poteva subire variazioni che per mutare
la sua destinazione in modo conforme alle previsioni del Piano stesso e divenire
residenziale.
L’argomento
vale anche per confutare la tesi difensiva ulteriormente proposta dalla difesa
dell’appellante secondo cui essendo stato realizzato l’immobile prima
dell’approvazione del Piano Regolatore Generale del Comune di L’Aquila,
doveva essere considerato “immobile a destinazione libera” suscettibile,
quindi, di una qualsiasi utilizzazione a scelta del proprietario. La tesi
confligge in primo luogo con le risultanze degli atti di causa dai quali emerge
che l’immobile è stato utilizzato per usi industriali e poi come deposito e
magazzino. Peraltro la ricordata norma tecnica impone invece, per gli edifici
esistenti al momento di entrata in vigore del Piano, di conservare la
destinazione originaria, se attuale, ovvero di trasformarla in quella propria
delle aree di insistenza dell’immobile e per quel che concerne il caso di
specie, quindi, in una utilizzazione a fini residenziali. Non vi è alcuno
spazio per una libertà di scelta dell’uso dell’immobile in difformità
dalle previsioni urbanistiche e dalla stessa effettiva utilizzazione attuata nel
tempo.
C).
Rimane ancora da confutare il diverso ordine di considerazioni con cui parte
appellante sostiene che la concessione edilizia di cui trattasi non avrebbe
autorizzato una modifica di destinazione d’uso ma avrebbe avuto il solo
effetto di assentire l’esecuzione delle modeste opere edilizie di cui era
stata chiesta la realizzazione. Senonchè è proprio l’atto di concessione
sulla base della istruttoria effettuata che qualifica correttamente
l’intervento edilizio come modifica di destinazione d’uso e altrimenti non
avrebbe potuto fare tenendo conto delle disposizioni delle NTA qui sopra
richiamate nelle quali la destinazione degli immobili assume un valore decisivo
al fine della possibilità della loro realizzazione e condiziona pertanto il
rilascio dei singoli titoli abilitativi alla costruzione. Nel Comune di
L’Aquila in forza delle disposizioni che disciplinano la edificazione nelle
aree residenziali di immobili con diversa destinazione d’uso non appare in
alcun modo possibile scindere la realizzazione di opere edilizie dalla
destinazione dell’immobile.
Del
resto la principale tesi difensiva dell’appello si incentra nella
qualificazione dell’attività precedentemente svolta nell’immobile come
attività commerciale per poi dedurne la possibilità di esercizio di una
discoteca con il che è evidente che una volta accertata la natura industriale
dell’attività svolta nell’immobile di cui trattasi il Comune di L’Aquila
solo con la modifica della destinazione d’uso poteva assentire l’esercizio di una discoteca.
4).
Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello n. 6823/1997 è
dichiarato irricevibile mentre l’appello n. 6440/1997 è respinto con
l’unica ulteriore precisazione che anche il ricorso incidentale proposto dalla
TO.MA. s.a.s., più correttamente qualificabile come atto di intervento adesivo
in appello, appare infondato per le stesse ragioni sin qui esposte.
Le
spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente
pronunciando sui ricorsi in appello di cui in epigrafe, previa loro riunione,
cosi statuisce:
1).
il ricorso contraddistinto dal numero n. 6823/1997 è irricevibile;
2)
il ricorso n. 6400/1997 è respinto con conferma della sentenza appellata.
Condanna
ciascuna delle parti appellanti al pagamento delle spese processuali a favore
del Condominio appellato nella misura di 2.000 Euro.
Ordina
che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa
Così
deciso in camera di consiglio, addì 8 aprile 2003, con l’intervento di:
Emidio
Frascione
Presidente
Corrado
Allegretta
consigliere,
Goffredo
Zaccardi
consigliere est.,
Aldo
Fera
consigliere,
Claudio
Marchitiello
consigliere.
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
f.to Goffredo Zaccardi f.to Emidio Frascione