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Consiglio di Stato Sez. IV sent. 4977del 5 settembre 2003
Urbanistica. Piano regolatore

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R  E  P  U  B  B  L  I  C  A     I  T  A  L  I  A  N  A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

D E C I S I O N E

Sui ricorsi riuniti:

NRG 2741 1997, proposto dalla Regione Liguria in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gigliola Benghi e Carlo A. Pedemonte ed elettivamente domiciliato presso l’Ufficio della Regione in Roma, piazza Madama n. 9 ;

contro

Baldassarri Armando, non costituito ;

e nei confronti di

Comune di Lerici, in persona del Sindaco pro tempore non costituito ;

NRG 35221997 , proposto dal Comune di Lerici in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Roberto Giromini e Roberto Nania ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, via Carlo Poma n. 2 ;

contro

Baldassarri Armando, non costituito ;


e nei confronti di

Regione Liguria in persona del Presidente pro tempore, non costituito;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, sezione prima, n.41 del 1996 ;

visti i ricorsi in appello;

data per letta alla pubblica udienza del 3 giugno 2003  la relazione del consigliere Vito Poli, udito l’ avvocato R. Nania per il Comune di Lerici .

F A T T O

1. Con deliberazione consiliare del 7 aprile 1987, n. 48 (e successive modificazioni), il Comune di Lerici adottava una variante integrale al piano regolatore generale.

2. Esaurita la fase della pubblicazione e della acquisizione delle osservazioni dei privati, il comitato tecnico urbanistico regionale - con voto del 30 marzo 1990, n. 433 - propose una serie di modificazioni a tutela dell’ambiente e del paesaggio ponendosi dichiaratamente all’interno del quadro programmatorio delineato dai criteri ispiratori della variante adottata.

3. Il comune controdeduceva con due distinte deliberazioni – n. 14 del 12 febbraio 1991 e n. 16 del 15 febbraio 1991 – recanti una serie di innovazioni ulteriori rispetto alla primigenia deliberazione di adozione.

4. La variante veniva definitivamente approvata – decreto del Presidente della giunta regionale n. 335 del 6 marzo 1992 – senza che si fosse provveduto da parte del Comune (o sollecitato da parte della Regione), alla ripubblicazione del differente progetto di variante onde acquisire le ulteriori osservazioni dei privati interessati.

5. L’impugnata sentenza ha annullato la variante in esame, ravvisando la violazione degli articoli 9 e 10 della legge urbanistica nella parte in cui impongono, prima dell’approvazione definitiva, una nuova pubblicazione dello strumento urbanistico generale ove profondamente modificato, nel corso del procedimento perfezionativo, rispetto al testo base originario.

6. Con ricorsi ritualmente notificati interponevano autonomi gravami sia la Regione Liguria, che il Comune di Lerici.

Non si costituiva la parte intimata.

La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 3 giugno 2003 .

D I R I T T O

1. Preliminarmente i due ricorsi in epigrafe, in quanto proposti avverso la medesima sentenza, devono essere riuniti ex art. 335 c.p.c.

Entrambi gli appelli sono infondati e devono essere respinti.

2. In ordine logico è pregiudiziale l’esame del primo motivo articolato dalla Regione Liguria con cui si deduce il vizio di ultra petizione in cui sarebbe incorso il primo giudice.

L’argomento non ha pregio, come si ricava dalla piana lettura del pertinente motivo dell’originario ricorso di primo grado esaminato dal T.a.r., e posto a base dell’annullamento dello strumento urbanistico per cui è causa.

3. Il secondo motivo dell’appello della Regione, nonché il primo e secondo motivo di quello del Comune di Lerici, vertendo sull’esatta portata applicativa degli artt. 9 e 10, l. n. 1150 del 1942 e sulla consistenza delle modificazioni alla variante originaria, possono essere esaminati e disattesi congiuntamente.

3.1. Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio – da cui la sezione non ha motivo per discostarsi – nel procedimento di formazione dei piani regolatori generali, la pubblicazione prevista dall'art. 9 L. 17 agosto 1942, n. 1150, è finalizzata alla presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati al progetto di piano adottato dal comune, ma non è richiesta, di regola, per le successive fasi del procedimento, anche se il piano originario risulti modificato a seguito dell'accoglimento di alcune osservazioni o di modifiche introdotte in sede di approvazione regionale (cfr. sez. IV, 4 marzo 2003, n. 1197; sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178; 20 febbraio 1998, n. 301 cit.; 11 giugno 1996, n. 777).

Si registrano, però, talune eccezioni.

In una prima ipotesi, dall'accoglimento delle osservazioni formulate dai privati, comportanti una profonda deviazione dai criteri posti a base del piano adottato, si fa discendere una modifica immediata del testo del piano stesso; nel qual caso si dovrà fare luogo a nuova pubblicazione ed alla conseguente raccolta delle ulteriori osservazioni (cfr. ex plurimis, sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178).

In tal caso, la delibera comunale di controdeduzioni non implica volontà di modifica immediata del piano regolatore, ma solo accettazione delle richieste e proposta di modifiche d'ufficio rivolta alla regione; per cui non occorrerà nuova pubblicazione, con la conseguenza che il testo del piano agli effetti di salvaguardia, sarà quello adottato con la prima deliberazione, ancorchè destinato ad essere modificato (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 febbraio 1998, n. 301).

Viceversa, se il comune, controdeducendo alle proposte di modifica regionali, introduce variazioni rilevanti al piano adottato, la delibera si presenta come una sostanziale nuova adozione che necessita di pubblicazione (cfr. sez. IV, 20 novembre 2000, n. 6178; sez. IV, 20 febbraio 1998, n. 301 cit.; 27 marzo 1995, n. 206; nonché, in senso sostanzialmente conforme, sez. IV, 14 novembre 1994, n. 901; sez. II, 30 maggio 1990, n. 672).

Quanto alle conseguenze sull’obbligo di ripubblicazione del piano derivanti dalle modificazioni che possono essere introdotte dalla Regione al momento dell’approvazione a mente dell’art. 10, comma 2, l. n. 1150 del 1942, occorre distinguere. Quelle obbligatorie – in quanto riconosciute indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni del piano territoriale di coordinamento, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l’adozione di standards urbanistici minimi –  non danno luogo a ripubblicazione; mentre quelle facoltative – che consistono in innovazioni non sostanziali – e le concordate – ossia conseguenti all’accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal comune – se superano il limite del rispetto dei canoni guida del piano adottato obbligano il comune alla ripubblicazione (cfr. in termini sez. IV, n. 1197 del 2033 cit.).

Tale affermazione è coerente con il carattere obbligatorio dell’intervento regionale a tutela dell’ambiente, che rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso dalla scelta pianificatoria operata dal comune e modificata in sede di approvazione dalla Regione (cfr. sez. IV, n. 1197 del 2003 cit.).

3.2. Il primo giudice, con dovizia di argomenti, ha accertato che le due delibere di controdeduzioni presentate dal Comune, in risposta alla richiesta regionale di modificazioni d’ufficio, alteravano sostanzialmente le linee portanti della prima variante adottata, andando ben oltre il pedissequo adeguamento ai rilievi formulati dalla Regione a tutela dell’ambiente e del paesaggio.

E’ sufficiente evidenziare, sul punto e conclusivamente, che sia la zonizzazione sia le norme tecniche di attuazione subirono innovazioni consistenti, inoltre: a) furono introdotti, su tutto il territorio comunale, un divieto generalizzato di costruzione di piscine e serre nonché un divieto di tagli del bosco; b) furono ridefiniti gli indici edilizi di tutti gli immobili già edificati con riduzione generalizzata della edificabilità residua.

Nel caso di specie è accaduto che la Regione abbia introdotto modificazioni a tutela dell’ambiente e del paesaggio senza però dare corso ad una alterazione profonda delle originarie linee guida, che comunque (come osservato in precedenza), non avrebbero comportato l’obbligo di ripubblicazione.

Il Comune, viceversa, in sede di controdeduzioni alle proposte di modifica regionale, ha mutato in profondità le linee programmatiche originarie.

Entrambe le amministrazioni hanno pertanto errato a non procedere ad una nuova pubblicazione delle delibere di controdeduzioni del comune di Lerici.

4. Venendo allo scrutinio del terzo mezzo sollevato dalla difesa del Comune di Lerici – che contesta l’annullamento in toto della variante impugnata invece che limitatamente alle porzioni di aree nella disponibilità del privato ricorrente – la sezione, nel respingerlo, osserva quanto segue.

4.1. La caducazione di un provvedimento a carattere generale (tale essendo la natura giuridica di una variante al P.R.G.) o normativo, per una causa indivisibile, in conseguenza di una sentenza passata in giudicato opera non solo nei confronti delle parti che sono state in giudizio, ma anche di coloro che, sebbene rimasti estranei al processo, si trovino nelle stesse condizioni dei ricorrenti (cfr. sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; sez. VI, 25 marzo 1996, n. 371).

Tale regola generale deriva dall'esatta individuazione della sfera di efficacia soggettiva della sentenza amministrativa di annullamento a seconda che si abbia riguardo alla sua parte dispositiva (cassatoria dell'atto), ovvero a quella ordinatoria (prescrittiva); in ordine alla prima la pronuncia non può che fare stato erga omnes, mentre in ordine alla seconda la pronuncia fa stato unicamente inter partes (cfr. sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561).

A tale impianto teorico deroga la giurisprudenza più recente in materia di impugnativa degli strumenti urbanistici (cfr. sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; sez. IV, 20 maggio 1996, n. 664; sez. V, 2 luglio 1993, n. 774), allorquando riconosce che l'annullamento giurisdizionale di questi ultimi possa essere espressamente limitato alle parti del giudizio, ovvero, sotto il profilo oggettivo, ai lotti interessati dalla disciplina urbanistica contestata.

Siffatto indirizzo è un corollario del principio giurisprudenziale secondo cui sono inammissibili per carenza di interesse le censure concernenti la disciplina urbanistica di aree estranee a quelle di proprietà del ricorrente giacchè le prescrizioni dello strumento urbanistico vanno considerate scindibili, ai fini del loro eventuale annullamento in sede giurisdizionale (cfr. sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253;  sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2934; 8 maggio 2000, n. 2639; 15 ottobre 1999, n. 1586; 18 marzo 1980, n. 270); rimanendo salva la possibilità di proporre impugnativa allorquando la nuova destinazione urbanistica, pur concernendo un'area non appartenente al ricorrente, incida direttamente sul godimento o sul valore di mercato dell'area stessa, o comunque su interessi propri e specifici del medesimo esponente (cfr. sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; sez. IV, 15 ottobre 1999, n. 1581; 31 gennaio 1995, n. 38; 21 novembre 1990, n. 912).

Tale affermazione, però, non è valida laddove, come nel caso di specie, l'annullamento giurisdizionale sia stato disposto per vizi del procedimento di formazione del piano, ovvero afferisca ad un vincolo di zona o di area a fini pubblici, avendo, in tal caso, effetti oggettivi più ampi della proprietà dei soli originari ricorrenti (cfr. sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253).

5. In conclusione, gli appelli riuniti devono essere respinti.

Nulla sulle spese del presente giudizio, non essendosi costituita la parte intimata.

P. Q. M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunziando sugli appelli riuniti meglio specificati in epigrafe, li respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza.

Nulla sulle spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 giugno  2003 , con la partecipazione dei signori:

Stenio                  RICCIO                – Presidente

Dedi Marinella     RULLI                  – Consigliere

Aldo                     SCOLA                – Consigliere

Giuseppe             CARINCI              – Consigliere

Vito                      POLI           – Consigliere, Rel. Estensore