Cons. Stato Sez.  VI n.5064 del 24 settembre 2012
Urbanistica. Distanza minima dal confine di zona

Le distanze prescritte (art. 873, c.c.) nell'interesse privato fra gli edifici, nonché fra questi ed i confini, sono derogabili con il consenso fra vicini, ma non lo sono le distanze prescritte nella disciplina (a valenza eminentemente pubblicistica e, quindi, inderogabile) urbanistica e nel piano urbanistico (nella fattispecie in esame: art. 13, regolamento di attuazione), a tutela dell'interesse pubblico ad una progettazione urbanistica sistematicamente ordinata, a meno che la deroga non sia esplicitamente prevista dalla legge, ai sensi dell’art. 38, comma 1, legge urbanistica provinciale, applicabile solamente alle zone di espansione e come tale (norma che sancisce un'eccezione) non estensibile per analogia alle zone di riempimento.

N. 05064/2012REG.PROV.COLL.
N. 05887/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso r.g.n. 5887/2008, proposto dal signor Schenk Arturo, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maurizio Calò e Manfred Schullian, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Antonio Gramsci, 36;
contro
- il Comune di Ortisei Val Gardena, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. Baur Christoph, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Manzi, in Roma, via Federico Confalonieri, 5;
per la riforma
della sentenza del T.r.g.a. Trentino-Alto Adige, Bolzano, n. 165/2008, resa tra le parti e concernente il diniego di rilascio di licenza edilizia ed il connesso risarcimento dei danni.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati.
Visti tutti gli atti e documenti di causa.
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2012, il Consigliere di Stato Aldo SCOLA ed uditi, per le parti, gli avvocati Maurizio Calò e Reggio D'Aci, per delega degli avv.ti Baur e Manzi.
Ritenuto e considerato, in fatto e diritto, quanto segue.


FATTO
A) Con il ricorso introduttivo Arturo Schenk impugnava il provvedimento del 18 settembre 2006, comprensivo del parere della commissione edilizia 13 settembre 2006, con cui era stata respinta la domanda di concessione edilizia per la realizzazione di un'opera nella zona residenziale di riempimento "Capela", sulle particelle fondiarie 658, 660/1 e 660/31, CC Ortisei, con tutti i provvedimenti prodromici, successivi o comunque collegati, anche se non espressamente indicati, con richiesta di condanna al risarcimento dei danni (per euro 50.000,00, poi quantificati in 100.000,00 e quindi in 120.000,00), per eccesso di potere per travisamento di fatti rilevanti ai fini della decisione ovvero per considerazione di fatti non sostanziali o non sussistenti, sviamento di potere per contraddittorietà con il piano urbanistico del comune, motivazione insufficiente nonché illogicità manifesta, violazione degli artt. 27, 38 e 66, legge urbanistica provinciale, nonché dell'art. 7, legge provinciale n. 17/1993, e dell'art. 23, regolamento d'esecuzione per la legge urbanistica provinciale.
Anche un successivo progetto era stato respinto con provvedimento 18 dicembre 2006, impugnato con motivi aggiuntidd. 16 febbraio 2007, pedissequamente reiteranti quelli indicati nel ricorso principale.
Il secondo progetto era stato accolto con provvedimento 18 ottobre 2007, a condizione che il committente s'impegnasse, prima del rilascio della concessione edilizia, a rinunciare al ricorso pendente dinanzi al T.r.g.a. Trentino-Alto Adige, Bolzano.
Detto provvedimento era stato impugnato, limitatamente alla suddetta condizione, con motivi aggiunti 10 dicembre 2007, sotto i profili di eccesso di potere per sviamento e violazione del principio del giusto procedimento (art. 97, Cost.), nonché per violazione dei princìpi del buon andamento dell'amministrazione pubblica e della tutela dei diritti e degli interessi legittimi (art. 24, Cost.).
Il Comune di Ortisei si era costituito in giudizio eccependo l’inammissibilità dei ricorsi, concernenti atti in parte confermanti altri provvedimenti non impugnati, nonché la loro infondatezza.
L'amministrazione aveva revocato la condizione integrativa dopo la presentazione dei motivi aggiunti del 10 dicembre 2007.
B) In via preliminare i primi giudici prendevano atto della cessata materia del contendere riferita ai motivi aggiunti del 10 dicembre 2007, relativi al provvedimento datato 18 ottobre 2007 in parte qua.
Quanto al ricorso principale ed ai motivi aggiunti 16 febbraio 2007 il gravame risultava in parte improcedibile ed in parte infondato.
L’originario ricorrente, insieme alla coniuge Kelder Judith, aveva già presentato domanda il 28 giugno 2006 vòlta ad ottenere una concessione edilizia per la realizzazione di un edificio abitativo sulle pp.ff. 658,660/1 e 660/31 CC Ortisei.
Il progetto era stato respinto, in base al parere della commissione edilizia, con nota del sindaco 18 luglio 2006, che indicava una serie di ragioni (fra cui anche la violazione della distanza minima dal confine di zona) e non era stata impugnata.
Con domanda 30 agosto 2006 era stato presentato un ulteriore progetto, respinto anche questo (con nota 18 settembre 2006) per otto ragioni.
Quest'ultima nota era stata gravata con il ricorso principale.
Un’ulteriore domanda (del 29 novembre 2006) era stata respinta adducendo 3 motivi (violazione della distanza dal confine di zona di 5 metri; adattamento del progetto alla conformazione naturale del terreno; necessità della previa approvazione del piano di esecuzione per la vicina zona di espansione), con provvedimento di diniego formante l'oggetto dei motivi aggiunti.
Seguiva un nuovo progetto (v. domanda del 27 settembre 2007), osservante la prescritta distanza dal confine di zona e meritante l'approvazione condizionata alla rinuncia al ricorso avverso i precedenti provvedimenti di diniego, nonostante l'ultima domanda di concessione edilizia fosse stata presentata con riserva di mantenere in essere il gravame avverso i precedenti provvedimenti di diniego.
Questo provvedimento era stato impugnato, limitatamente alla predetta condizione, con i ulteriori motivi aggiunti.
Con la revoca della clausola era cessata la materia del contendere.
C) Rimanevano, pertanto, da esaminare il ricorso principale ed i primi motivi aggiunti.
Secondo l’originario ricorrente, con il consenso del proprietario del terreno confinante l'obbligo di mantenere la distanza minima prescritta avrebbe potuto essere disatteso anche ex art. 38, comma 1, legge urbanistica provinciale: orientamento ritenuto non condivisibile dai primi giudici, che prescindevano anche dall'esame dell'eccezione d’inammissibilità sollevata dal Comune di Ortisei avverso il relativo motivo d'impugnazione, che avrebbe dovuto essere dedotto nell'impugnazione della nota (non impugnata) del 18 luglio 2006, in tal modo respingendo nel merito le domande del signor Arturo Shenk.
D) Per quanto esposto il ricorso veniva respinto siccome infondato per questa parte ed anche per le non provate istanze risarcitorie; si prendeva atto della cessata materia del contendere di cui sopra, mentre il ricorso principale ed imotivi aggiunti del 16 febbraio 2007 risultavano parzialmente improcedibili per quanto dedotto in diritto e parzialmente infondati, con spese compensate e contributo unificato a carico dell’originario ricorrente, che impugnava detta sentenzasfavorevole, riprospettando sostanzialmente le stesse censure già dedotte in prime cure.
Egli deduceva, infatti, la violazione dell’art. 360 nn. 3 e 5, c.p.c., degli artt. 38 e 66, legge prov. n. 13/1997, e dell’art. 7, legge prov. n. 17/1993, nonché eccesso di potere per travisamento, sviamento, contraddittorietà con il p.u.c. del Comune di Ortisei, vizio di motivazione ed illogicità manifesta, oltre all’omessa pronuncia su due dei tre argomenti prospettati in prime cure (mancato rispetto delle distanze; adeguamento della costruzione all’andamento del terreno; approvazione del progetto solo dopo quella del piano di attuazione della zona di espansione al confine: eccezione successivamente abbandonata con l’approvazione del terzo progetto, in relazione alla poi dimostrata disponibilità dell’accesso al lotto), con reiterata richiesta risarcitoria (per euro 100.000,00).
E) Si costituiva in giudizio il Comune appellato che, con apposita memoria, eccepiva preliminarmente l’inammissibilità dell’appello, meramente ripetitivo del ricorso di prima istanza; l’ulteriore inammissibilità (per essersi impugnato il diniego 18 settembre 2006 del secondo progetto, solo confermativo del non gravato diniego 18 luglio 2006 del primo progetto, il che valeva pure per i motivi aggiunti dedotti avverso il diniego opposto il 18 dicembre 2006 al terzo progetto) e l’improcedibilità del gravame per l’acquiescenza prestata al parere della commissione edilizia immanente nei primi due progetti depositati; l’inderogabilità delle distanze tra edifici di rilievo pubblicistico (come quelle dal confine: cfr. Cass. Civ., sent. n. 12966/2006 e sent. n. 2117/2004), con facoltà di deroga all’epoca prevista dal cit. art. 38, legge provinciale urbanistica, solo per le zone di espansione e non di completamento (escludendo dalla cubatura urbanistica i volumi completamente interrati, in rapporto all’andamento del terreno esistente).
L’appellante Arturo Schenk depositava nota-spese e replicava circa la natura non meramente reiterativa del suo appello e non solo confermativa degli ultimi due dinieghi, preceduti da autonome istruttorie, esclusa ogniacquiescenza, con ribadita richiesta risarcitoria, anche in rapporto all’art. 79, legge urbanistica provinciale, novellato con legge prov. n. 3/2007, trasformante in perenne l’obbligatorio convenzionamento prima ventennale ex art. 27, l.u.p..
All’esito della pubblica udienza di discussione la vertenza passava in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato e va respinto per le ragioni correttamente esposte dal Tribunale amministrativo territoriale, pienamente condivise da questo collegio e come di seguito riassunte.
I) Il ricorso principale, per la presentazione successiva ed incondizionata di un progetto adattato seguendo le indicazioni della commissione edilizia (domanda del 29 novembre 2006) non avrebbe potuto che risultareparzialmente improcedibile, dovendosi desumere che il committente avesse riconosciuto la legittimità delle prescrizioni inizialmente oggetto di azione impugnatoria e non insistesse, quindi, più per la tutela dei propri interessi.
Risultavano da vagliare nel merito solamente i primi motivi aggiunti, onde stabilire se si potesse derogare con norme di diritto privato alle disposizioni urbanistiche disciplinanti la distanza minima fra edificio e confine di zona (nella specie, 5 metri).
Il diniego era stato motivato con la violazione del piano urbanistico e, precisamente, delle disposizioni sul confine del terreno: "non viene mantenuta una distanza minima di 5 m. dal confine di zona."
II) Per giurisprudenza consolidata della Cassazione civile (cfr. sent. n. 12966/2006), le distanze prescritte (art. 873, c.c.) nell'interesse privato fra gli edifici, nonché fra questi ed i confini, sono derogabili con il consenso fra vicini, ma non lo sono le distanze prescritte nella disciplina (a valenza eminentemente pubblicistica e, quindi, inderogabile) urbanistica e nel piano urbanistico (nella fattispecie in esame: art. 13, regolamento di attuazione), a tutela dell'interesse pubblico ad una progettazione urbanistica sistematicamente ordinata, a meno che la deroga non sia esplicitamente prevista dalla legge, ai sensi dell’art. 38, comma 1, legge urbanistica provinciale, applicabile solamente alle zone di espansione e come tale (norma che sancisce un'eccezione) non estensibile per analogia alle zone di riempimento.
La nota di diniego impugnata si fondava principalmente, e ciò è sufficiente per la sua legittimità, su tale motivazione, per cui correttamente e condivisibilmente si prescindeva dall'esame della legittimità delle altre deduzioni in rapporto alla motivazione.
III) Tralasciando la questione attinente alla dedotta reiteratività del presente gravame, meramente ripetitivo del ricorso di prima istanza, si osserva che in numerosi punti il secondo progetto presentato dal signor Arturo Schenk riproponeva il primo esemplare del medesimo e le correlative motivazioni rese dalla commissione edilizia avevano testualmente confermato le risultanze dell’esame dell’originario progetto, esame mai censurato dall’interessato: donde la riscontrabile natura meramente confermativa quanto al ravvisato contrasto con la disciplina delle distanze di cui al piano urbanistico comunale; alla richiamata esigenza di rispettare l’andamento naturale dell’esistente suolo; alla sottolineata necessità di provare la disponibilità per il transito sulla strada privata; infine, alla prodromicità dell’approvazione del piano di attuazione della zona di espansione (contemplante l’accesso alla progettata costruzione) rispetto al parere esprimibile circa il discusso progetto.
Di qui l’inammissibilità delle relative doglianze e dei connessi motivi aggiunti (concernenti il terzo atto di rigetto), con la correlativa inammissibilità dell’intero appello e dei motivi aggiunti per difetto d’interesse, pure in relazione ai nuovi motivi di rigetto con il medesimo impugnati.
IV) I due ultimi progetti depositati dai coniugi interessati non avrebbero potuto che implicare una loro acquiescenzaalle argomentazioni prospettate dalla competente commissione edilizia, donde la palese improcedibilità del ricorso originario e dei connessi motivi aggiunti, quanto meno per le doglianze concernenti i considerati punti della motivazione posta a sostegno dell’atto di rigetto, mentre l’ipotizzata distinzione tra distanze fra fabbricati e distanza dal confine di proprietà o di zona (onde considerare quest’ultima derogabile per volontà dei privati) semplicemente non trova alcun riscontro nella legge né alcun supporto nella giurisprudenza, ferma restando l’esigenza di rispettare l’andamento naturale del suolo.
V) Infine, le richieste risarcitorie riproposte nel presente appello, oltre a non essere state provate in alcun modo, risultano semplicemente improponibili, in presenza di atti impugnati ma risultati pienamente legittimi.
Conclusivamente, l’appello va respinto, con conferma dell’impugnata sentenza, mentre le spese e gli onorari del secondo grado di giudizio si liquidano come in dispositivo, secondo il consueto criterio della soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione VI, respinge l’appello (r.g.n. 5887/2008) e condanna l’appellante soccombente, signor Schenk Arturo, a rifondere al Comune di Ortisei, appellato vittorioso, le spese e gli onorari del giudizio di secondo grado, liquidati in complessivi euro quattromila/00 (di cui euro quattrocento/00 per esborsi), oltre alle spese generali ed ai dovuti accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2012, con l'intervento dei giudici:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola, Consigliere, Estensore
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere



L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/09/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)