Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 361, del 22 gennaio 2013
Urbanistica. Illegittimità variante PRGC modifica destinazione urbanistica vasta area

Se è vero che le scelte pianificatorie afferiscono al merito amministrativo e quindi tipicamente alla discrezionalità, ciò non toglie che tale discrezionalità non è assoluta ed arbitraria, ma deve essere esercitata nell’ambito delle norme di disciplina ambientale e paesaggistica e delle regole fondamentali della pianificazione, nonché nel rispetto dei limiti di legge e dei principi generali dell’azione amministrativa. I rapporti tra profili demaniali marittimi e urbanistica, concernenti l’esame del progetto relativo a un porto turistico, o al suo ampliamento, non possono non considerare tutto il complesso delle opere occorrenti, siano esse a mare ovvero a terra, perché l'art. 2, comma 1, d.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509 ricomprende nella nozione di "porto turistico” sia le opere a mare che quelle realizzate a complemento. In linea generale, alla stregua dei principi comunitari e nazionali, la valutazione di impatto ambientale non concerne una mera e generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma deve implicare la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull’ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto, alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. “opzione-zero”, il sacrificio imposto all’ambiente rispetto all'utilità socio-economica preseguita.
La V.I.A. quindi non può che concernere la progettazione definitiva vera e propria, dovendo individuare in concreto tutte le problematiche ambientali dell’intervento, inclusi gli effetti "cumulativi" dei diversi profili ambientali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00361/2013REG.PROV.COLL.

N. 05283/2008 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5283 del 2008, proposto da: 
-- Condominio Le Margherite, rappresentato e difeso dagli avv. Franco Rusca, Orlando Sivieri, Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso Orlando Sivieri in Roma, via Cosseria, 5; 
-- Croce Maria Antonietta, Cesarani Antonio, Tinelli Carera Sergio, Fangaresi Dante, Bellagarda Silvia, Valinotti Elio; Possio Elena avente causa di Possio Mario, Quaglia Matteo, Giacosa Maddalena Elisabetta, Napoli Clara, Ss Frabo di Alberto Boghi, rappresentati e difesi dagli avv. Franco Rusca, Giovanni Gerbi, con domicilio eletto presso Orlando Sivieri in Roma, via Cosseria , 5;

contro

Comune di Ospedaletti, rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Mauceri, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14a/4; Regione Liguria, rappresentata e difesa dagli avv. Michela Sommariva, Gabriele Pafundi, con domicilio eletto presso Gabriele Pafundi in Roma, V. Giulio Cesare, 14 Sc A/4; Provincia di Imperia, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero della Difesa, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare, Ministero dell'Interno, Azienda Unita' Sanitaria Locale n. 1 Imperiese, Area 24 Spa, Amaie Spa, Societa' Italiana per il Gas s.p.a., Agenzia delle Dogane, Agenzia del Demanio, Enel Distribuzione s.p.a., Ministero Economia e Finanze; Finim s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. M. Alberto Quaglia, con domicilio eletto presso M. Alberto Quaglia in Roma, via G. Carducci, 4;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LIGURIA - GENOVA: SEZIONE I n. 00306/2008, resa tra le parti, concernente adozione variante prgc - modifica destinazione urbanistica vasta area.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ospedaletti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2012 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Gerbi, Gabriele Pafundi (anche su delega di Corrado Mauceri) e Alberto M. Quaglia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il presente appello il Condominio “Le Margherite” e gli altri soggetti di cui in epigrafe impugnano la sentenza del TAR Liguria con cui:

-- è stato dichiarato in parte improcedibile ed in parte respinto il ricorso iscritto al R.G. n. 188/1997 diretto avverso il decreto del Presidente della Giunta regionale n. 493 del 5 agosto 1996, avente ad oggetto l’approvazione della variante integrale al Piano regolatore del Comune di Ospedaletti;

-- è stato dichiarato improcedibile il ricorso n. 349/2005 diretto avverso la delibera di Giunta regionale n. 1643 del 23 dicembre 2004, inerente la procedura di V.I.A. relativa al progetto di riqualificazione ambientale dell’area “ex Cogefar”, presentato dalla controinteressata FIN.IM. s.r.l.

-- è stato dichiarato improcedibile il ricorso n. 1021 R.G. 2006 diretto all’annullamento di tutti gli atti del procedimento avente ad oggetto l’approvazione dello Strumento Urbanistico Attuativo di iniziativa pubblica per la riqualificazione urbana, paesistica e ambientale non solo dell’area ma anche di altre zone limitrofe funzionalmente connesse, comprendente il progetto definitivo del porto turistico “Parco e Marina di Baia Verde”, presentato dalla FIN.IM. s.r.l.;

-- è stato dichiarato in parte irricevibile ed in parte respinto il ricorso n. 333 R.G. 2007 ed i relativi motivi aggiunti diretti all’annullamento dell’intera procedura per la realizzazione di un porto turistico “Parco e Marina di Baia Verde”, ed in particolare della determinazione del 22 dicembre 2006, di definitiva conclusione del procedimento di conferenza di servizi finalizzato al rilascio alla FIN.IM. s.r.l. di concessione demaniale marittima e di approvazione del progetto definitivo contenuto nello Strumento Urbanistico Attuativo denominato “Parco e Marina di Baia Verde”.

Il presente appello, anche in relazione alla complessità dell’opera e della relativa vicenda procedimentale, è affidato alla denuncia di ventuno rubriche sviluppate su 113 pagine di gravame con cui l’appellante contesta analiticamente i passi della sentenza ed altresì ripropone tutti i motivi dei ricorsi di primo grado non esaminati dal Tar.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ospedaletti, il quale, con memoria per la discussione ed un’ulteriore nota di replica, ha eccepito in linea preliminare l’inammissibilità dell’appello e l’improcedibilità dell’impugnativa verso la variante al piano regolatore del 1997 in relazione alle variazioni successivamente apportate dal SUA. Nel merito ha poi contestato le tesi dell’appellante concludendo per il rigetto dell’appello.

La Regione Liguria, costituitasi in giudizio,con un primo scritto difensivo ha riproposto le difese espletate in primo grado a sostegno della legittimità dell’intero procedimento di VIA, e con un’ulteriore memoria ha replicato alle tesi degli appellanti.

La società controinteressata FIN.IM, ritualmente costituitasi in giudizio, ha riproposto le eccezioni preliminari dichiarate assorbite dal Tar sui predetti ricorsi di primo grado; e nel merito ha confutato analiticamente le tesi dei ricorrenti, concludendo infine per il rigetto dell’appello.

A loro volta i ricorrenti con una prima memoria per l’udienza pubblica di discussione , previa dichiarazione di rinuncia alla riproposizione di alcuni motivi di gravame di primo grado, hanno sottolineato le argomentazioni a fondamento di alcuni motivi d’appello.

Con memoria conclusiva gli appellanti hanno poi ulteriormente replicato alle eccezioni delle controparti ed insistito per l’accoglimento dell’appello.

Chiamata all'udienza pubblica, uditi i patrocinatori delle parti, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

___1.§. Deve in primo luogo prendersi atto della rinuncia dell’appellante alla riproposizione.

-- del quinto del ricorso e sesto motivo di cui al ricorso n. 188/1997;

-- del quinto e del ventitreesimo motivo dei ricorsi introdotto con il n. 333/07.

In relazione alla complessità e rilevanza, anche economica della questione, è comunque necessario esaminare tutte le censure e le eccezioni introdotte nel presente giudizio in mero ordine cronologico, ancorchè gli stessi spunti siano invero spesso ripetuti sotto diverse angolazioni, ed altresì distribuiti a fastello dagli appellanti tra parte in fatto ed in diritto.

___ 2.§. Devono in primis essere respinte le eccezioni preliminari della società controinteressata e delle amministrazioni resistenti, che sono state assorbite dal giudice di primo grado e qui riproposte.

___ 2.§.1. In primo luogo le resistenti eccepiscono che vi sarebbe la carenza dell’interesse al presente gravame in quanto gli appellanti non si sarebbero fatti carico di dimostrare la sussistenza di un qualche, anche minima, lesione. Essi al contrario avrebbero invece tratto un innegabile vantaggio dalla bonifica dell’area prevista.

Per gli appellati, davanti al condominio si sarebbe realizzata una nuova passeggiata, un nuovo parco botanico, alcune urbanizzazioni “senza ulteriori edifici”, fatte salve le opere per la nautica da diporto o comunque poste in una posizione collaterale non confinante e neanche limitrofa con la proprietà dei ricorrenti.

L’assunto va disatteso.

Come la giurisprudenza della Sezione ha sottolineato più volte, il possesso del titolo di legittimazione alla proposizione del ricorso per l'annullamento di una concessione edilizia, che discende dalla c.d. “vicinitas” -- cioè da una situazione di stabile collegamento giuridico con il terreno oggetto dell'intervento costruttivo autorizzato -- esime di norma da qualsiasi indagine al fine di accertare, in concreto, se i lavori assentiti dall'atto impugnato comportino o non un effettivo pregiudizio per il soggetto che propone l'impugnazione.

E’ in ogni modo evidente che la realizzazione di consistenti interventi (comportanti una rilevante e notevole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio) deve ritenersi pregiudizievole “in re ipsa”, in quanto il nocumento è conseguente alla minore qualità panoramica, ambientale, paesaggistica; ovvero alla possibile diminuzione di valore dell’immobile (cfr. Consiglio di Stato Sez. IV 17 settembre 2012 n. 4926; Consiglio di Stato sez. IV 29 agosto 2012 . 4643; Consiglio di Stato sez. IV 10 luglio 2012 n. 4088).

Nel caso di specie la sottrazione di oltre 2.000 mt di spiaggia, con la perdita di un specifico accesso diretto all’arenile spiaggioso è un pregiudizio evidente e denunciato che non richiedeva alcuna ulteriore specificazione.

___ 2.§.2. Con una seconda eccezione si assume che, con riferimento al gravame n. 333/2007 ed anche al 349/2005, il condominio avrebbe originariamente difettato delle necessarie deliberazioni assembleari, non potendo a tal fine essere sufficiente il verbale dell’assemblea del 23 agosto 1996 con il quale sarebbe stato conferito all’amministratore solamente un generico mandato. Pertanto, dato che la deliberazione di un ente o di un condominio in materia devono essere caratterizzate dall’oggetto, che deve specificare gli atti ed i procedimenti cui si fa riferimento dopo il primo ricorso, l’amministratore non poteva ritenersi legittimato.

L’eccezione è priva di pregio.

A parte il risolvente rilievo per cui, tra i ricorrenti vi sono anche i singoli condomini i quali da soli hanno la legittimazione sufficiente all’ammissibilità del gravame, si deve in ogni caso ricordare che, come è noto, in un condominio edilizio, mentre la proprietà delle cose comuni va riferita "pro quota" ai singoli partecipanti, la loro gestione è riferibile al condominio stesso in qualità di “centro d'imputazione di interessi”, ossia come figura organizzativa che si colloca nel vasto spazio che separa le persone fisiche dalle persone giuridiche.

Pertanto, il condominio, nella persona dell'amministratore nell'esercizio dei poteri conferitigli dall'assemblea, è legittimato, al pari di ciascun condomino ad impugnare le previsioni urbanistiche lesive della proprietà comune (cfr. Consiglio Stato, Sez. V 14 luglio 1995 n. 1076).

L’amministratore quindi non solo può agire attivamente in giudizio, a prescindere da una previa delibera dell'assemblea, ma a seguito del rigetto della domanda da parte del primo giudice, può proporre impugnazione innanzi al giudice di appello (arg. ex Cassazione civile sez. III 22 aprile 2008 n. 10369).

Inoltre, salvo una diversa disposizione del regolamento condominale o di una delibera dell’assemblea, la legittimazione dal lato attivo dell'amministratore del condominio comprende la facoltà del medesimo di proporre tutti i gravami che, successivamente alla prima deliberazione dell’assemblea, si rendano necessari per l’effettiva affermazione finale dei diritti del condominio risultati soccombenti in primo grado.

Per giunta, nel caso di specie, non ci sono dubbi che la delibera del condominio “Le Margherite” recava una formulazione che comprendeva tutti i gradi di giudizio in quanto demandava all’amministratore “… l’istruzione di tutti i ricorsi necessari per impedire la realizzazione di opere previsti gravante prospicienti il condominio…”.

___ 2.§.3. Con un’ulteriore eccezione relativa al ricorso n. 333/2007, gli appellanti avrebbero operato un rinvio extratestuale a motivi dei ricorsi precedenti che, per questo sarebbero di per sé inammissibili ed impropri, in quanto le parti sui vari ricorsi non coinciderebbero. Inoltre alcuni motivi non risulterebbero riportati nei ricorsi precedenti, neppure nelle rubriche.

L’eccezione va respinta.

Deve rilevarsi come il presente appello è stato introdotto antecedentemente all’entrata in vigore dell’art. 40 del c.p.a., il quale, nella sua attuale versione di cui al d.lgs. n.160/2012, richiede oggi al ricorrente non solo la redazione di atti in maniera chiara e,soprattutto, sintetica ex art. 3 c.p.a., ma impone a pena di inammissibilità (art. 40, II co. c.p.a.) la separata esposizione sommaria del fatto (lett. c) e, a pena di decadenza (lett. d), l’indicazione specifica e l‘enunciazione dei motivi.

Ciò premesso, anche sotto la precedente normativa di norma non era, tuttavia, ammissibile l'integrazione extratestuale del gravame, in quanto ciò poteva cagionare un'erronea o arbitraria ricostruzione ex post della materia del contendere ad opera delle parti o del giudice.

Nel caso di specie, però, la riunione di tutti i ricorsi da parte del TAR ha di fatto impedito ogni possibile rischio a tal proposito, per cui, anche in caso di rinvio ai motivi di gravami precedenti (nella specie lo dimostrano gli stessi scritti, non meno estesi, delle parti resistenti di replica a tutte le argomentazioni degli appellanti), il nuovo ricorso è comunque ammissibile quando, a presidio della completezza dell’oggetto del contraddittorio e della par condicio processuale e come nella specie, i vari ricorsi vengano inviati unitariamente dal giudice in decisione.

___ 3.§.I. Nel merito, secondo l’ordine cronologico, devono essere affrontate le censure della parte della sentenza del TAR che concerne il primo ricorso n.188/1997 diretto all’annullamento del decreto del Presidente della G.R. di approvazione della variante integrale al Piano regolatore del Comune di Ospedaletti.

___ 3.§.I.1. Con una prima rubrica il condominio ed i condomini appellanti contestano la declaratoria della improcedibilità – con esclusione dei motivi 4° e 9°del primo ricorso n. 188/1997 -- dell’impugnativa della variante generale alle PRG del Comune di Ospedaletti.

Per il TAR la variante del 1996 sarebbe stata superata dall’Accordo di Pianificazione stipulato di 19.10.2004, che avrebbe modificato in modo ulteriore e radicale la situazione.

In altre parole con l’approvazione di uno strumento urbanistico attuativo (SUA) per la riqualificazione dell’area, comprensivo dell’approvazione del progetto definitivo del porto turistico “Parco e marina di baia verde”, sarebbe stata approvata una variante ad ogni altra pianificazione vigente,che avrebbe comunque determinato il superamento della variante del 1996.

Tale declaratoria, per gli appellanti, sarebbe, invece, del tutto erronea in quanto: a) con l’accordo di programma in realtà non era stata introdotta nessuna variante urbanistica, atteso che il Comune aveva preteso e ottenuto lo stralcio di ogni determinazione attinente all’ambito “Sp Ab Ni Mo”, per cui l’incremento previsto di 10.000 m³ non sarebbe mai stato approvato sul piano urbanistico. Avrebbe, dunque, avuto valore il precedente PRG , così come del resto ricordato nella delibera del consiglio comunale n. 36/2004, con cui si riteneva opportuno modificare la bozza di Accordo di Programma sottoposta, attraverso una riformulazione dello stesso, in modo tale che la definizione della disciplina dell’intervento della discarica ex Cogefar risultasse demandata ad un “futuro” Accordo di programma ex d.p.r. n. 509/1997 conseguente alla modifica degli elaborati grafici dell‘ambito n. 8-32-37. L’accordo di programma del 19 ottobre 2004 non avrebbe previsto, perciò, nessun incremento di volume, né avrebbe approvato alcuna variante al PRG per la zona; b) il S.U.A. successivamente approvato non prevedeva alcun incremento volumetrico di 10.000 m³ in variante del PRG, perché l’avrebbe dato erroneamente per acquisito. Nella conferenza di servizi del 22 giugno 2006 non sarebbe stato introdotta alcuna variante, a parte quella minima ex art. 8 della L.R. Liguria n. 24/1987, come sarebbe dimostrato dal voto del C.T.R. per il territorio n. 8 (pagine 13-18-21) e dalla delibera della G.R 21 giugno 2006 n. 620 pagine 6 e 7; c) inoltre sarebbe stato impugnato anche lo strumento urbanistico attuativo.

L’assunto è fondato.

In linea di principio il difetto sopravvenuto di interesse si ha quando viene concretamente meno un qualsiasi interesse alla decisione, per cui in caso di impugnativa separata di atti presupposti, il sopravvenire del provvedimento definitivo determina l’improcedibilità solo quando l’assetto degli interessi venga oggettivamente mutato e non quando la situazione giuridica definitiva si sia sviluppata in diretta coerenza con gli atti già impugnati in precedenza per motivi propri di illegittimità, i quali atti, quindi, mantengono la lesività delle loro proposizioni.

Nel caso particolare, poi, contrariamente a quanto afferma la difesa del Comune, della Fin.Imm e della Regione, ed a prescindere dalle vicende successive, l’ “Accordo di Pianificazione del PRTSST del Ponente ligure” -- sotto il profilo pianificatorio ed urbanistico -- era valido per tutti gli altri Comuni presenti, ma non per quello di Ospedaletti.

Per quest’ultimo, in quella sede era stato invece stabilito che “gli effetti urbanistici …relativi alla disciplina dell’intervento 8.32-37 sono quelli compatibili con la succitata deliberazione del Consiglio Comunale” ..

Nella riunione del 19 ottobre 2004, convocata per la stipula dell’ “Accordo di Pianificazione del PRTSST del Ponente ligure”, tale concetto era stato comunicato a tutti con dichiarazioni a verbale dell’Assessore Regionale. Inoltre, nella pg. 9 lett. a) punto 4. del medesimo Accordo, relativamente all’ex discarica Cogefar, fu apposta l’annotazione” La presente disciplina normativa vale per quanto compatibile con la delibera C.C. n.36 del 18.10.2004 del Comune di Ospedaletti”.

Ma tale compatibilità -- allo stato dei relativi atti -- era evidentemente nulla!

Pertanto, ancorché al verbale restassero acquisite le cartografie della bozza precedente, la predetta postilla comportava, sotto l’aspetto sostanziale, che nessuna variazione alla disciplina urbanistica comunale poteva scaturire dall’Accordo del 19.10.2004, nel quale si dà espressamente atto delle contrarie indicazioni e delle riserve espresse dal Comune alle variazioni al P.R.G. del 1996 concernenti l’ambito urbanistico.

Si deve ricordare, in punto di fatto, che nel 2004 l’orientamento dell’amministrazione comunale quanto alla variante approvata nel 1996 era temporaneamente mutato, in conseguenza di un’indagine penale che aveva visto, con l’arresto del Sindaco, l’interruzione traumatica della precedente consigliatura comunale, la nomina del Commissario straordinario e le elezioni.

A seguito di tali vicende, con delibera del C.C. 18 ottobre 2004 n. 36, la nuova Amministrazione nelle more subentrata aveva, infatti, manifestato la necessità di modifica alla precedente situazione urbanistica fondata sulla variante al PRG del 1997, sulla cui base, con la delibera del C.C. n. 37/02, era stata approvata la bozza di Accordo.

La predetta delibera C.C. n. 36/2002 in particolare:

-- aveva ritenuto che si dovessero riconsiderare i precedenti provvedimenti consiliari relativi alla zona del rilevato ex discarica Cogefar interessata dall’intervento di bonifica, per cui l’impianto nautico avrebbe dovuto essere riformulato in maniera più ecosostenibile e rispettosa del contesto ambientale complessivo, e comunque più rispondente all’indirizzo programmatorio della nuova Amministrazione comunale (lett. b delle premesse pag. 13/16);

-- aveva dato mandato al Sindaco di voler procedere ad una modificazione dell’intervento, che lo rendesse più rispondente alle esigenze di interesse pubblico al corretto assetto urbanistico del territorio comunale;

-- aveva affermato di subordinare la sottoscrizione dell’Accordo di Pianificazione alla modifica dei relativi elaborati grafici e normativi dell’ambito denominato “Bonifica e trasformazione del rilevato ex discarica Cogefar”, in vista di una sua successiva riformulazione volta a demandare la definizione della disciplina di intervento all’Accordo di Programma da stipularsi ex D.P.R. n. 509/97;

-- aveva manifestato l’intento di concordare con la Regione e con la Soc. FIN.IM la riformulazione, in modo da addivenire, ai sensi degli artt. 6 D.P.R. n. 509/97 e 58 L.R. n. 36/97, alla stipula di un nuovo Accordo di Programma, dando atto che le deliberazioni consiliari n. 29/03 e n. 49/03, per effetto del provvedimento, erano da considerarsi superate.

Di qui l’erroneità della declaratoria di improcedibilità dell’impugnativa della variante del 1997 con riferimento ad un atto del 2004, con cui non si era affatto modificata la disciplina urbanistica, ma si era stabilita, anzi, una riserva espressa per il rinvio di ogni determinazione, finalizzato alla rimodulazione in diminuzione dell’intervento ed alla conseguente predisposizione di un nuovo accordo di programma.

Né, come sarà meglio evidente in seguito, può comunque avere alcun rilievo processuale il fatto che successivamente, con la delibera C.C. n. 47 del 13.6.2006, il Comune di Ospedaletti avrebbe poi ritenuto di superare le precedenti riserve e di modificare la delibera C.C. n. 36/2004.

Infatti, una volta stipulato l’accordo ai sensi dell’art. 15 della L. n.241/1990, il suo contenuto non può essere implicitamente modificato ex post con atti successivi di uno solo dei suoi sottoscrittori, questo potendo invece essere innovato solo con la stipula di un nuovo accordo di programma recante le predette modifiche. Le successive determinazioni, in vero, non potevano incidere ex post sul PRG in conseguenza del SUA approvato il 22 dicembre 2006. Tale circostanza, d’altronde, non sarebbe comunque risolvente sul piano processuale in quanto tale atto è stato comunque ritualmente impugnato (ma sul tema vedi amplius in altro passo della presente sentenza).

In definitiva sul punto persisteva comunque l’interesse processuale all’annullamento della variante al PRG del 1997.

Di qui l’erroneità della sentenza impugnata sull’argomento.

___ 3.§.I.2. In conseguenza dell’accoglimento del punto che precede, devono essere esaminati:

-- i profili di doglianza dedotti con la II rubrica d’appello, con cui, sotto il profilo sostanziale, gli appellanti ripropongono i motivi del ricorso n. 188/1997 (trascritti peraltro solo nella parte in “fatto” del presente appello) e non esaminate dal TAR;

-- alcune doglianze dei ricorsi successivi con cui si riprendono le medesime argomentazioni sostanziali relativamente agli atti sopravvenuti.

___ 3.§.I.2.1. Sicuramente gli appellanti difettano di interesse alla deduzione dell’illegittimità della variante al PRG per violazione di principi generali in materia di “previa intesa”, dato che l’area -- ricavata dal mare territoriale a seguito del deposito di materiali di risulta -- della discarica ex-COGEFAR faceva parte del demanio statale marittimo, (con le connesse conseguenze in ordine alla modifica della destinazione urbanistico - paesaggistica iniziale di cui alla delibera n. 17/1992; primo motivo originario).

In generale, la deduzione di tale censura faceva capo alla sfera di competenza dell’Amministrazione statale, la quale sola avrebbe avuto interesse a dedurre la necessità di una nuova intesa con le amministrazioni locali.

Nello specifico poi la Capitaneria di porto, che aveva espresso un parere favorevole in data 16 febbraio 2001, successivamente aveva sempre partecipato alle diverse riunioni ed a tutte le conferenze di servizi con i propri rappresentanti, senza presentare osservazioni che non attenessero strettamente alla sicurezza della navigazione e dei porti.

Il motivo va dunque respinto.

___ 3.§.I.2.2. Del tutto inconferente è l’affermazione per cui la variante integrale al Piano regolatore del Comune di Ospedaletti di cui al decreto concernente il P.R.G. n.493 del 5 agosto 1996, avrebbe ecceduto rispetto alle prescrizioni dell’articolo 7, n.2. della legge n. 1150/1942 (in quanto avrebbe individuato specificamente - cfr. lettera B. - i manufatti inserendo dati dimensionali precisi e specifiche caratteristiche costruttive di destinazione; così il secondo motivo originario).

Al contrario,si osserva che il primo comma, n.2, del citato art. 7, nel disporre che il PRG debba contenere “…la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all'espansione dell'aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona”, non implica affatto che, in relazione a particolari esigenze del territorio, sia un necessario, a pena d’illegittimità, un determinato livello di approfondimento della pianificazione delle singole zone.

___ 3.§.I.2.3. Con il terzo motivo originario, si deduceva che l’ambito in questione si configurava come una zona urbanistica a destinazione mista -- cioè in parte a servizi pubblici; in parte all’edificazione d’uso privato turistico-ricettivo e ad esercizi pubblici commerciali; in parte ad attività ricreative, stabilimenti balneari con vari accessori, attrezzature portuali, eccetera --, senza, però, specificare i dati dimensionali dell’una e dell’altra destinazione. Ciò si evincerebbe dalla loro rappresentazione grafica, che avrebbe violato l’articolo 7 e l’art. 41-quinquies della legge n. 1150/1942, i quali impongono la disciplina separata, dal punto di vista normativo e grafico, delle zone territoriali omogenee destinate all’utilizzazione privata e alle lottizzazioni, da un lato, e delle aree ad uso pubblico, dall’altro.

Una zona mista, cioè, sarebbe illegittima ex se, perché non consentirebbe la quantificazione delle utilizzazioni specifiche e non consentirebbe di stabilire il rapporto massimo tra spazi destinati ad insediamenti privati e spazi destinati ad uso pubblico.

La censura va disattesa.

In sede di prescrizioni generali di pianificazione urbanistica, la definizione dell'assetto definitivo di zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata ben può lasciare l’attuazione completa delle previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione e la stipula di uno strumento attuativo per le nuove realizzazioni. Quando il piano regolatore contiene previsioni di larga massima su una zonizzazione, il suddetto piano attuativo, infatti, è, normalmente, necessario per la definizione degli standard.

Nel caso in esame poi lo strumento attuativo è stato comunque adottato, per cui la censura appare in ogni caso inconferente.

___ 3.§.I.2.4. Con il quarto motivo originario –ripreso dalla III rubrica dell’appello a pag. 70 e segg. -- il condominio “Le Margherite” e gli altri appellanti contestano il rigetto del quarto motivo del ricorso n. 188/1997 , fondato sull’asserzione per cui l’area ex-Cogefar era già disciplinata dal PTCP. Erroneamente il TAR avrebbe affermato che nelle “… modifiche alle indicazioni di livello locale” di cui all’articolo 4 della L.R. n. 6/1991 dovrebbe farsi rientrare qualsiasi variazione delle previsioni di piano, ivi comprese quelle dovute a mutamento fisico dello stato dei luoghi e che non sussisterebbe la lamentata violazione dell’articolo 8 della stessa legge, in quanto la variante conterrebbe le dovute specificazioni paesistiche sotto forma di norme di attuazione”. Invece l’area -- essendo di formazione pressoché contestuale alla predisposizione ed approvazione del piano paesistico-- non sarebbe affatto rappresenta nella planimetria del livello locale. Il che avrebbe escluso la possibilità di invocare l’articolo 4, co. 5 lett. c) della L.R. Liguria n. 6/1991, che concerne sono le modifiche a livello locale di una regolazione già esistente del PTCP.

L’assunto merita di essere in parte condiviso.

In primo luogo si deve annotare che l’art.4 della (oggi abrogata) L.R. 2 maggio 1991 n. 6 “Norme per l'aggiornamento e l'applicazione del piano territoriale di coordinamento paesistico”, al primo comma, prevedeva che “In sede di adozione degli strumenti urbanistici generali e delle relative varianti i Comuni sono tenuti a giustificare puntualmente e ad indicare esplicitamente le modifiche alle indicazioni di livello locale del P.T.C.P. che, nel rispetto delle corrispondenti indicazioni di livello territoriale, siano necessarie in rapporto alle esigenze generali della pianificazione territoriale e, comunque, in coerenza con le finalità proprie di tutela paesistica - ambientale del P.T.C.P.”.

Pertanto sul piano giuridico, ma anche su quello strettamente logico, la possibilità di mutare le precedenti pianificazioni implica che comunque l’area preesista ed altresì sussista una precedente zonizzazione della stessa del PTCP.

Ciò è confermato direttamente dal quinto comma, secondo cui le disposizioni dell’articolo in questione “… qualora gli stessi comportino modifica delle indicazioni di livello locale del P.T.C.P … ” si applicano anche nei confronti degli “… c) strumenti urbanistici generali e loro varianti adottate e trasmesse alla Regione per l'approvazione alla data di entrata in vigore della presente legge, escluso quanto previsto dai commi 1, 2 e 3 del presente articolo”.

Dall’impianto sistematico della normativa è evidente che non può modificarsi ciò che non era per nulla esistente, e quindi disciplinato, nel precedente PTCP.

La nuova formulazione della zonizzazione urbanistica di un sito di nuova realizzazione avrebbe richiesto una rinnovata e compiuta analisi sotto tale profilo.

E’ dunque evidente a tal proposito, che il TAR erroneamente ha osservato che l’ampio riferimento alla nozione di “modifica delle indicazioni” prescindesse dalla causa naturale o umana dello stato fisico dei luoghi e quindi potesse autorizzare qualunque innovazione del PTCP. Hanno dunque ragione gli appellanti quando – a sostegno delle conclusioni per cui la variante allo strumento urbanistico generale difettasse totalmente della disciplina paesistica -- ricordano che lo stesso D.P.G.R. n.423/1996 qui impugnato, sottolineava:

-- come la classificazione ai fini del PTCP dovesse esser considerata di fatto un’integrazione delle indicazioni di livello locale proprio perché si riferiva ad un’area ricavata successivamente, e che quindi in esso non era contemplata;

-- che il voto del C.T.U. n. 664/1996 aveva sottolineato tale circostanza, ricordando altresì che “l’approvazione del presente PRG, in quanto privo della disciplina paesistica, non consente l’eventuale sub-delega alcomune delle funzioni di rilascio delle autorizzazioni di cui all’articolo 7 della legge n. 1497/1939, prevista dalla L.R. Liguria n. 20/1991”.

In conseguenza, il decreto del Presidente della Giunta regionale n. 493 del 5 agosto 1996, avente ad oggetto l’approvazione della variante al Piano regolatore del Comune di Ospedaletti del 1996 è illegittimo perché, in violazione dell’art. 8 della L.R. n.6/1991, difetta del previo adeguamento della corrispondente disciplina paesaggistica.

___ 3.§.I.5. Come ricordato sopra, il Condominio ha rinunciato al quinto e sesto motivo di cui al ricorso n. 188/1997.

___ 3.§.I.5.1. Con il settimo motivo originario si lamenta la mancanza degli studi e delle cartografie geologiche necessarie per l’accertamento della compatibilità delle previsioni urbanistiche con le caratteristiche geo-morfologiche e geologico-tecniche e le indagini prospettiva sismica. Le generiche considerazioni contenute nella relazione allegata alla delibera n. 17/1992 del C.C. non avrebbe integrato tale mancanza: di qui la violazione dell’art. 31 della L.R. Liguria n. 24/1987 e dell’art. 2 della L.R. Liguria n. 29/1983.

L’assunto è fondato.

Si deve ricordare che l’art. 31 della L.R. Liguria 8-7-1987 n. 24 (abrogata con la L.R. 4 settembre 1997, n. 36), ratione temporis in vigore, espressamente imponeva che, al fine di accertare la compatibilità delle previsioni urbanistiche con le caratteristiche geologiche, geomorfologiche e geologico-tecniche del proprio territorio, gli strumenti urbanistici fossero corredati da studi e cartografie geologiche attinenti alla geologia, alla geomorfologia, all'idrogeologia del suolo nonché le indicazioni geologico-tecniche con peculiare riferimento alle formazioni geologiche, alle polarità degli strati, alle condizioni strutturali con riguardo alla presenza di eventuali disturbi tettonici; coltri e fenomeni di instabilità in atto e potenziali; equilibri dei versanti e suscettibilità d'uso del territorio stesso.

L'acquisizione della relazione geologica non è infatti soggetta a valutazioni discrezionali, in quanto è obbligatoriamente prevista in ciascuna fase della progettazione in zona sismica (cfr. Consiglio di Stato sez. VI 24 novembre 2011 n. 6207; Cons. Stato, VI, 23 settembre 2009, n. 5666).

Al riguardo deve pertanto denegarsi che, come assume la difesa del Comune, sarebbe bastata la valutazione della sufficienza delle informazioni geologiche, che sarebbe stata originariamente effettuata dal CTR in sede di voto consultivo n.593/1993.

Al contrario, la relazione geologica costituiva un tipico elemento costitutivo del PRG, per cui la questione di un’eventuale equipollenza di un altro atto, non può essere posta affatto sul piano delle valutazioni del merito amministrativo dei documenti prodotti in sua surroga, tenendo conto del fatto che il Comune di Ospedaletti è stato dichiarato sismico con D.M. 27 luglio 1982 (G.U. 16 agosto 1982 n. 224).

E’ così evidente che, in assenza di un pregresso specifico studio geologico concernente l’intervento, la generica relazione allegata alla C.C. n.17/1992 non poteva esser considerata sufficiente, proprio in considerazione della peculiarità di un sito – per di più asseritamente affetto da erosione e degrado - che era stato costituito per la sua quasi totalità da detriti provenienti dallo scavo della galleria della nuova linea ferroviaria, realizzata nel decennio 1975/1985. Il rilascio in mare di materiale terroso affermato dal Comune a fondamento dell’intervento avrebbe, infatti, imposto un approfondimento sullo stato e sull’assestamento dei riporti e delle marne.

Di qui l’illegittimità del provvedimento sotto tale profilo.

___ 3.§.I.5.2. Per evidenti ragioni di connessione oggettiva devono essere affrontati unitariamente l’ottavo motivo del ricorso n. 188/1997 e la 18^ rubrica del ricorso n. 333/2007 (pag. 99 atto di appello)

___ 3.§.I.5.2.a.) Con l’ottavo motivo originario del ricorso n. 188/1997 si lamenta che la tabella E allegata al PRG non avrebbe soddisfatto le prescrizioni di analisi, di documentazione e di ripartizione tra le differenti tipologie di strutture richieste per la compilazione dall’articolo 18-bis della L.R. Liguria n.11/1982 e dell’articolo 15 della L.R. Liguria n. 7/1993, relativi alla capacità ricettiva complessiva, alla luce sia delle esistenti dotazioni che i fabbisogni futuri.

___ 3.§.I.5.2.b.) Come lamentato poi dalla 18^ rubrica, il Tar avrebbe inoltre ritenuto infondato in punto di fatto il ventiduesimo motivo del ricorso n. 333/2007, affermando che, con l’approvazione del SUA, sarebbe stato adeguato anche il Piano turistico, con l’aggiornamento della ripartizione percentuale della capacità ricettiva. Per contro i ricorrenti non avrebbero allegato elementi atti a far comprendere perché il rilevante aumento delle superfici alberghiere non tradizionali sarebbe stato irrazionale ed ingiustificato, non apparendo incongruità delle scelte amministrative e non avendo rilievo la possibilità di abusivi passaggi dalla destinazione turistica a quella residenziale.

Al contrario gli appellanti oppongono che: a) è stato ignorato il disposto dell’articolo 18 bis della L.R. 18/82, che richiede non un formale piano di ripartizione delle percentuali, ma una preventiva istruttoria ed un’accurata analisi sui fabbisogni, distinti per categorie, della capacità ricettiva complessiva del comune alla luce dell’esistente dotazione e dei prevedibili fabbisogni futuri; b) essi ricorrenti avevano prodotto tutti gli elementi utili, in termini di cubatura e posti letto; c) l’argomentazione del Tar per cui i predetti dati non sarebbero significativi sarebbe irrazionale, in quanto, al contrario, sarebbe evidente l’enorme sproporzione e l’incongruità di una previsione urbanistica per cui in un comune piccolo si sarebbero dovuti creare 2400 posti letto in gran parte concentrati su RTA (800 posti letto) e Case per le vacanze (1100 posti letto), con una volumetria complessiva a vario titolo di 102.499 m³. ; d) il Tar non poteva ignorare il fatto notorio che nella realtà concreta la realizzazione di mini alloggi ben si presta alla loro futura abusiva destinazione a residenza.

___ 3.§.I.5.2.c.) L’assunto è fondato.

Esattamente gli appellanti lamentano, con la riproposizione dell’ottavo motivo originario, la mancanza di esaustività della Tabella E, che non specifica realmente le ragioni fondamentali dell’aumento dei posti letto in una misura così rilevante, come invece prescriveva l'articolo 18-bis della legge regionale 4 marzo 1982, n. 11 e s.m.i. (abrogata solo a decorrere dalla data di entrata in vigore della L.R. 7-2-2008 n. 1, la quale, però,, all’art. 4, disciplina in maniera del tutto corrispondente, ed anzi più rigorosa, le strutture ricettive).

Pertanto, se, come afferma il TAR, la previsione di cui all’art. 18-bis l.r. n. 11/82 (in apparenza: nota di questo Collegio) è rispettata perché il Piano turistico è stato adeguato con l’approvazione dello strumento urbanistico attuativo e con la nuova Tabella E2-OTP, è evidente tuttavia che si tratta di un rispetto solo sul piano formale.

Per comune esperienza, infatti, i porti per imbarcazioni da diporto medio-grandi in piccole località, di per sé non comportano affatto la necessità di un gran numero di posti-letto, perché di norma l’utilizzatore della barca preferisce restare a dormire nelle cabine delle imbarcazioni non solo per ragioni economiche, ma soprattutto per la familiarità che ha con gli ambienti del proprio natante.

L’incongruità della scelta di far luogo ad una dotazione insediativa fatta in sostanza sole di seconde case appare contrastare, peraltro, proprio con lo sbandierato obiettivo di valorizzazione turistica della zona, dichiaratamente perseguito attraverso il S.U.A censurato con la 18^ rubrica. Infatti la previsione appariva alquanto singolare tenendo che la scomparsa di oltre due km di spiaggia e l’inevitabile degrado delle acque connesse con i “layout” delle stesse barche, era tale da scoraggiare probabilmente le ordinarie presenze degli altri turisti, bagnanti “non nautici”.

Inoltre solo l’offerta di strutture ricettive tradizionali (pensioni ed alberghi) ha un minimo di ritorno per la comunità sul piano sociale ed economico per l’aumento dell’occupazione, e su quello territoriale, perché i residence e le seconde case :

-- o danno luogo ad agglomerati che sono delle vere e proprie “città-fantasma” per quasi nove mesi, ma con costi complessivi di gestione (illuminazione pubblica, pulizia, vigilanza,ecc. ) che gravano invece sulla collettività locale per dodici mesi l’anno;

-- ovvero creano le premesse per dar luogo a quel fenomeno tutt’altro che infrequente degli abusivi passaggi di strutture dalla destinazione turistica a quella residenziale (al riguardo basta compulsare la giurisprudenza, anche di questa Sezione).

L’assoluta mancanza di motivazioni sostanziali e l’irragionevolezza e la sproporzione delle volumetrie turistico-ricettive programmate danno la netta sensazione che la ragione di tali scelte sia dipesa dall’intento di natura immobiliare dell’intera operazione.

In questo quadro, depongono nel senso di tale presunzione le carenze sul piano documentale degli atti impugnati, l’assenza di dati sui flussi turistici attuali ed attesi, la mancanza di una seria riflessione sui “. prevedibili fabbisogni futuri.”, la mancata dimostrazione delle ragioni per cui si è fatto luogo ad una singolare ripartizione percentuale della suddetta capacità ricettiva fra le diverse categorie di strutture ricettive .. “che sono richieste dall’articolo 18-bis della L.R. Liguria n.11/1982 (come modificato dell’articolo 15 della L.R. Liguria n. 7/1993).

Tali elementi vanno a comporre un quadro sintomaticamente rivelatore dal fatto che, probabilmente non vi erano ragioni, realmente ostensibili, sufficienti a giustificare l’indiscriminato incremento di posti letto del 66,6 ca. del numero totale dei residenti del Comune.

Per queste ragioni deve concludersi per l’illegittimità del PRG e del successivo SUA per violazione dell’articolo l'articolo 18-bis della legge regionale 4 marzo 1982, n. 11 e successive modificazioni.

___ 3.§.I.6. Con la quarta rubrica (pag. 71 dell’appello) si contesta il rigetto del 9° motivo del ricorso n.188/1997, con cui il TAR ha ritenuto che la classificazione del PTCP come TRZ sarebbe stata coerente con le reali condizioni di degrado paesistico dell’area per la dispersione in mare dei materiali provenienti dai lavori per la realizzazione della linea ferroviaria, e che necessitava di un recupero ambientale di cui all’articolo 61 del n.d.a. del PTCP attraverso interventi anche consistenti, purché funzionali.

Al contrario per gli appellanti: a) la classificazione dell’area come ambito TRZ, costituiva il prodotto di un’apodittica affermazione priva delle connotazioni nell’ambito ed era stata apposta solamente per rendere più agevole la realizzazione del progetto; b) non poteva farsi applicazione dell’articolo 61, primo comma delle norme di attuazione del PTCP, perché non vi era assolutamente alcuna “situazione di grave compromissione sotto il profilo paesaggistico ed ambientale” in relazione al tipo di attività insediata o allo stato di abbandono di degrado di immobili. La Cogefar al termine dei lavori aveva provveduto alla sistemazione finale dell’area con piante, percorsi pedonali e panchine, area usata dalla collettività (come comprovato in primo grado, da una relazione tecnica fotografica asseverata, ignorata dal Tribunale, che mostra una zona territoriale ordinata e ben tenuta); c) nell’area non vi sarebbero stati né immobili, né alcuna attività in stato di degrado o di abbandono; d) la situazione ambientale della Baia Marina sarebbe stata irrilevante, in quanto l’articolo 61 della n.d.a. si poteva applicare solo al territorio comunale, mentre le eventuali particolari condizioni della Baia si dovevano risolvere in base alla normativa specifica nel settore della difesa del mare; e) la qualificazione assunta in sede di PRG aveva una natura sviata, in quanto diretta a mutare il pregevole stato dei luoghi per consentire e legittimare un’operazione di massiccia edificazione per finalità puramente commerciali e speculative; f) si sarebbe invertito l’ordine naturale della pianificazione, subordinandosi la tutela del valore ambientale, ad esigenze edificatorie, ed affermandosi che la tutela ambientale poteva essere assicurata solo attraverso una nuova edificazione; g) il Tar avrebbe citato la sua sentenza n. 855/2002, ma, in realtà, in quel caso, esso aveva accolto il ricorso per violazione dell’art. 61 delle NTA del PTCP affermando che rispetto all’aspetto paesistico, in quel caso, erano stati privilegiati, in modo non consentito, interessi insediativi di tipo commerciale con deroga alla pianificazione paesistico-territoriale. Nel caso si sarebbe dovuto del tutto escludere che un intervento così massiccio, comportante la totale edificazione dell’area, potesse avere una qualche finalità di equilibrio ambientale.

L’assunto è fondato.

Se è vero, come esattamente ricorda il Comune, che la Sezione ha sempre affermato l’afferenza, in linea di principio, delle scelte pianificatorie al merito amministrativo e quindi tipicamente alla discrezionalità, ciò non toglie che tale discrezionalità non è assoluta ed arbitraria, ma deve essere esercitata nell’ambito delle norme di disciplina ambientale e paesaggistica e delle regole fondamentali della pianificazione, nonché nel rispetto dei limiti di legge e dei principi generali dell’azione amministrativa.

In tale direzione la classificazione del sito come zona degradata per il presunto pericolo di dispersione in mare delle marne e dei residui dello scavo -- affermato per di più senza alcuna indagine geologica e geognostica sottomarina preliminare -- appare manifestamente diretta ad ottenere strumentalmente l’applicazione dell’art. 61 delle NTA e, dunque, sia effettivamente affetta da una prospettiva sviata.

Infatti appare strano che, in quei giorni, un tratto di costa asseritamente così degradato facesse parte di un ambito poi riconosciuto (il 19 luglio 2006) tra i “Siti di Importanza Comunitaria” (S.I.C. n. IT1316274: Fondali San Remo - Arziglia) per le importanti praterie di Posidonia (ma al riguardo vedi amplius infra) ai sensi della Dir.Comunitaria n. 92/43.

In secondo luogo, la Cogefar, in precedenza titolare della discarica, aveva sistemato l’area per l’uso collettivo e provveduto alla formazione di un parco sul mare con alberi di eucalipto e di pini marittimi, prati e sentieri pedonali.

Ciò è confermato in primo luogo dalla nota della Soprintendenza (prot. 15115 del 20/12/2000) per cui “… il rilevato, così come realizzato nel suo assetto morfologico, pur avendo modificato il profilo del litorale, ne ha mantenuto l’andamento naturale; inoltre …. sistemato a verde con alberature d’alto e medio fusto, con percorsi pedonali e zone a prato erboso, ha consentito la formazione di una vasta area di primo piano sul mare. Si è trattato in definitiva di un’operazione che, contemperando le diverse esigenze di pubblico interesse, ha consentito la difesa dell’abitato e la tutela del paesaggio… ”. In conseguenza di tali considerazioni per la Soprintendenza “… sotto il profilo ambientale l’area non necessita di un riassetto, intravedendo il rischio di perdere i risultati conseguiti in precedenza”.

In secondo luogo anche dalle fotocopie delle foto asseverate del sito prima dell’intervento, risulta effettivamente che la sede dell’ex-discarica non appariva affatto in stato di grave e totale deterioramento.

Come esattamente ricordato dagli appellanti, nel luogo non vi erano né degrado, né edifici abbandonati e nemmeno vi era alcuna evidente urgenza di interventi riqualificativi.

Ciò posto, è del tutto inconferente il richiamo alla delibera della G.R. del 19.12.2000, relativa al progetto preliminare inerente: ad un impianto nautico per 295 posti barca; ad una passeggiata; a cinque stabilimenti balneari; ad un parco acquatico con orto botanico; ad infrastrutture per sport e tempo libero; ad un cantiere nautico con arsenale al coperto; ad un complesso turistico-ricettivo per migliaia di mc.. In quella sede, da un lato, si sottolineava l’inadeguatezza delle opere di difesa del mare e la necessità di contenimento del terrapieno e, dall’altro, ci si esprimeva comunque in termini positivi sulla compatibilità ambientale. Orbene, sul piano della logica e della razionalità delle scelte, è evidente che, anche sotto tale angolazione critica, l’intervento appariva del tutto incoerente rispetto alla dichiarata finalità perché, a tutto voler concedere, per le asserite necessità di tutela del mare sarebbero forse bastate delle semplici opere di incapsulamento e di ancoramento dei terrapieni (di cui le nostre coste sono ormai disseminate).

L’asserita necessità di porre rimedio alla carente limpidità delle acque del bacino è insufficiente a giustificare la realizzazione di un mega-impianto nautico e di tutti i suoi consistenti annessi e connessi (residenziali e non), e comunque appare sviatoriamente operato al solo fine di poter invocare l’applicazione dell’art. 61 del NTA del PTCP concernente i progetti di riqualificazione urbana (ma sul punto vedi anche infra).

In tale direzione il motivo è pienamente fondato e va accolto.

___ 3.§.II. Per le considerazioni che precedono il ricorso di primo grado n. 188/1997 deve essere accolto e, per l’effetto, deve essere annullato il decreto del Presidente della Giunta regionale n. 493 del 5 agosto 1996, avente ad oggetto l’approvazione della variante integrale al Piano regolatore del Comune di Ospedaletti.

___ 4.§.II°. Con il secondo titolo si contesta la dichiarazione di improcedibilità dichiarata dal Tar per sopravvenuto difetto di interesse relativamente: al ricorso n. 349/2005 diretto l’annullamento della pronuncia positiva di compatibilità ambientale, in quanto questa sarebbe stata integralmente rinnovata in conseguenza del nuovo procedimento di cui alla deliberazione G.R. 24 novembre 2006 n. 1327, adottata a seguito delle modifiche apportate al progetto seguito per effetto della delibera del CC 13 giugno 2006 n. 46.

Al contrario, per gli appellanti la delibera di GR 1327 cit. non si sarebbe sostituita ai precedenti provvedimenti, dato che il nuovo procedimento di VIA sarebbe stato relativo alle sole opere a mare -- prima non esaminate come risulta dalle sue premesse – ed interessava solo le modifiche progettuali prodotte da ultimo dal Comune, e non esaminate dalla conferenza dei servizi.

L’assunto è fondato.

Contrariamente a quanto ritenuto dal Tar, nelle premesse e del dispositivo della delibera n. 1327 si afferma esplicitamente che(il che attesta la persistente efficacia e, quindi, il mantenimento della lesività della precedente delibera) resta “… confermata la pronuncia positiva di compatibilità ambientale…”, costituita dall’originaria deliberazione del 23 dicembre 2004 n. 1643, alla quale si affiancavano le ulteriori prescrizioni conseguenti alle modifiche apportate al progetto a seguito della delibera del CC n. 46/2006.

E’ pertanto evidente che il nuovo provvedimento fiancheggiava, ma non sostituiva integralmente il parere positivo di VIA di cui alla delibera n. 1643/2004 (ma sul punto vedi anche infra).

Di qui la persistente attualità dell’interesse dei ricorrenti alla relativa decisione.

___ 4.§.II.2. In conseguenza gli appellanti ripropongono formalmente i sei motivi del ricorso introduttivo ed i due motivi aggiunti che sono stati poi integralmente ripresi sul ricorso n. 333/2007 alla cui successiva trattazione in questa sede può rinviarsi.

___ 5.§.III°. Con la terza rubrica si censura la dichiarazione di improcedibilità del terzo ricorso, il n. 1021/2006, diretto all’annullamento della determinazione comunale 4 agosto 2006, conclusiva del procedimento in conferenza di servizi di approvazione dello S.U.A. (Strumento Urbanistico Attuativo) di iniziativa pubblica per la riqualificazione urbana, paesistica e ambientale dell’area “ex Cogefar” e delle aree funzionalmente connesse, comprendente il progetto definitivo del porto turistico “Parco e Marina di Baia Verde”, presentato dalla FIN.IM. S.r.l.;in quanto la stessa sarebbe stata superata dalla successiva determinazione del 22 dicembre 2006.

Per gli appellanti, viceversa , il successivo provvedimento avrebbe comunque lasciato immutati tutti gli atti antecedentemente impugnati fino alla deliberazione della conferenza dei servizi del 15-22 giugno 2006, per cui non sarebbe affatto venuto meno l’interesse alla loro caducazione.

Anche tale censura coglie almeno in parte nel segno.

Al riguardo si osserva che gli appellanti – anche se non ripropongono formalmente in questa sede i relativi motivi – hanno comunque gravato la menzionata determinazione in data 22 dicembre 2006, con la quale il Segretario comunale ha concluso positivamente il procedimento di approvazione dello S.U.A. comprendente il progetto definitivo del porto turistico “Parco e Marina di Baia Verde”.

In tale determina, al secondo periodo del dispositivo, si afferma espressamente che tale provvedimento “…annulla e sostituisce a tutti gli effetti l’atto di determina del 4 agosto 2006”, ma la deliberazione del giugno 2006 rimane un presupposto del tutto valido ed efficace e per questo lesivo.

Di qui l’erroneità della declaratoria dell’improcedibilità della decisione sul punto.

___ 6.§.IV° Deve a questo punto essere esaminato l’appello contro la decisione sul ricorso n. 333/2007.

___ 6.§.IV°.1. Per gli appellanti, il Tribunale Amministrativo – nonostante la loro opposizione formale -- avrebbe erroneamente dichiarato l’irricevibilità in parte del ricorso n. 333/2007, relativamente all’impugnazione della delibera di G.R. 24 novembre 2006 n. 1327, afferente alla VIA, sul rilievo che il gravame sarebbe stato notificato il 23 aprile 2007, e quindi ben oltre il termine di 60 giorni decorrente dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria (avvenuta il 20 dicembre 2006).

In proposito gli stessi appellanti sostengono quanto di seguito riassunto.

a) L’espressione dell’articolo 15, comma due, L.R. Liguria n. 38/1998 per cui “la VIA delle opere di cui agli allegati 2 e 3,è pubblicata sul bollettino ufficiale della Regione Liguria” avrebbe dovuto essere intesa nel senso della necessità di pubblicazione della delibera di G.R. nella sua interezza, con il relativo voto consultivo che ne è parte integrante e sostanziale. La pubblicazione del solo dispositivo – da cui non si poteva comprendere alcunché -- non poteva integrare la piena conoscenza dell’atto, di cui era stata resa nota la sola esistenza.

b) La giurisprudenza ha sempre affermato che, ai fini del decorso del termine, occorre la pubblicazione anche della motivazione per cui un estratto sarebbe inidoneo.

c) La pubblicazione dell’estratto del dispositivo non faceva sorgere alcun onere impugnatorio. Non essendo la VIA valida ed efficace, questa non era immediatamente lesiva, in quanto era sottoposta alla condizione sospensiva di cui al punto 2.e), secondo cui “il presente provvedimento acquisterà efficacia soltanto dopo il ricevimento dell’atto di accettazione delle prescrizioni da parte del soggetto proponente”.

d) L’onere dell’impugnazione del provvedimento di VIA nasce con il provvedimento finale conclusivo del procedimento dalla conferenza dei servizi. Gli interessati avrebbero la facoltà, ma non l’obbligo, di proporre un’impugnazione prima di tale momento. Infatti se il progetto non venisse definitivamente approvato nessuna sfera giuridica potrebbe essere lesa da una VIA inefficace. L’obbligo, nel caso sarebbe sorto solamente a seguito della pubblicazione, sul Bollettino Ufficiale della Regione del 7 febbraio 2007, del provvedimento conclusivo del procedimento.

L’assunto è fondato nei sensi che seguono.

In linea generale si deve ricordare che, nel sistema precedente l’art. 41, II co. del c.p.a. la pubblicazione di un atto amministrativo nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino Ufficiale della Regione non poteva, ai fini dell’impugnativa giurisdizionale, integrare comunque una “piena conoscenza” (cfr. Consiglio Stato sez. III 20 ottobre 2010 n. 1043).

Ciò premesso, si deve ancora annotare che, se dall’articolo 15, comma due, L.R. Liguria n. 38/1998 non può ricavarsi l’obbligo dell’integrale pubblicazione della delibera e dei suoi allegati sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria, nondimeno si deve rilevare che la pubblicazione è prevista alla legge sul presupposto che all’adempimento possa conseguire realmente quell’effetto di pubblica notorietà, che costituisce la ragione stessa per cui la stessa è prevista; sicché, al fine di individuare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, la verifica della piena conoscenza dell'atto lesivo deve essere effettuata in maniera estremamente cauta e rigorosa (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 22 maggio 2012 n. 2974).

Nel caso concreto in esame la pubblicazione non poteva esser ritenuta sufficiente, perché non conteneva le informazioni necessarie in grado di dare effettiva generale contezza dell’oggetto dell’intervento.

Infatti, né dalla motivazione, né dal dispositivo della delibera di G.R. 24 novembre 2006 n. 1327 potevano attingersi in concreto gli elementi essenziali del progetto (numero posti barca, ml. di arenile e mq. oggetto dell’intervento a terra ed in mare; volumetrie da realizzare, ecc. ecc. ) e neppure i fattori fondamentali posti a base della valutazione positiva di compatibilità ambientale.

Sul piano sostanziale, quindi, nella fattispecie in esame, la pubblicazione della VIA non poteva integrare affatto alcuna pubblicità opponibile, per l’assoluta carenza degli elementi oggettivi del deliberato in questione.

Inoltre la VIA, ancorché positiva, non è effettivamente idonea ad esprimere un giudizio definitivo sul progetto stesso, la cui realizzabilità è resa possibile solo dal rilascio della successiva autorizzazione finale; è questa che costituisce il provvedimento lesivo di qualsivoglia posizione di interesse contraria all'evento (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI, 14 luglio 2011 n. 4290).

In conseguenza hanno ragione gli appellanti allorché sostengono che l’onere dell’impugnazione della VIA sorgeva indefettibilmente con la pubblicazione nel BURL del provvedimento conclusivo del procedimento di concessione demaniale. La delibera n. 1327/2006 non era il provvedimento definitivo (identificabile solo nella successiva concessione demaniale del 1.2.2007), per cui la relativa pubblicazione non implicava l'onere dell'immediata impugnazione nel termine di decadenza dalla data della relativa pubblicazione, essendo al riguardo carenti i requisiti dell'attualità e della concretezza della lesione.

In definitiva, la sentenza sul punto deve essere riformata nel senso che il ricorso di primo grado era pienamente ammissibile.

___ 6.§.IV°.2. In conseguenza dell’accoglimento di cui sopra, devono essere esaminati i motivi dal ventiseiesimo al trentaquattresimo ed il trentaseiesimo assorbiti al TAR, e le altre censure ad essi sostanzialmente connesse.

___ 6.§.IV°.2.1. Per ragioni di economia espositiva possono essere affrontati unitariamente:

-- i motivi che attengono al nucleo unitario relativo alla lamentata illegittimità dei provvedimenti di VIA;

-- la XVI rubrica d’appello (con cui si lamenta l’erroneità della declaratoria di inammissibilità per genericità del ventesimo motivo);

-- la XXI rubrica d’appello (con cui si contesta il rigetto del trentacinquesimo motivo).

___ 6.§.IV.2.1.a.) Con il ventiseiesimo motivo gli appellanti avevano chiesto l’annullamento della VIA per violazione degli artt. 1 e 2 e dei relativi allegati della L.R. Liguria n. 38/1998, la quale prevedeva l’obbligo della VIA per la realizzazione o l’ampliamento: di porti turistici con specchio superiore a 10 ha.; di moli di lunghezza superiore ai 500 m (lett. h. dell’allegato 2); di complessi alberghieri di volumetria superiore ai 40.000 m³ o superficie trasformata superiore a 3 ha; di impianti portuali; di opere costiere per combattere l’erosione; di lavori marittimi volti a modificare la costa mediante la costruzione di dighe e moli ( allegato 3).

Pertanto nell’intervento de quo la VIA avrebbe dovuto comprendere tutte le opere dell’intervento in questione. Invece , come risulta dalle delibere dall’Amministrazione regionale nn. 1643/2004 e 1327/2006, la Regione non aveva valutato l’intervento trasformativo nel suo complesso ma si era limitata di volta in volta ad esaminare solo alcune tematiche settoriali senza una visione di insieme, (il che era dimostrato dall’assoluta mancanza di ogni considerazione circa l’impatto ambientale di un’edificazione massiccia a terra prevista per più di 100.000 m³) .

___ 6.§.IV.2.1.b. Con il ventisettesimo motivo gli appellanti avevano dedotto la violazione dell’articolo 13 della L.R. Liguria 38/1998, in quanto la Regione non avrebbe potuto esprimere un parere favorevole in presenza di un gran numero di elementi negativi nella VIA.

___ 6.§.IV°.2.1.c.) Con il ventottesimo motivo si era dedotto che in prossimità della zona di mare interessata agli interventi sarebbe esistita una prateria di Posidonia oceanica (IT 1316274, sub sito C) inserito negli elenchi delle zone a protezione speciale ai sensi delle direttive comunitarie 92/43/CEE e il 74/409/CEE. Per tale ragione, nella delibera della G. R. del 19 dicembre 2000 n. 1407 emessa nell’ambito del procedimento ex d.p.r. n. 509/1997 sul procedimento preliminare, era stato imposto che tutte le relative problematiche avrebbero dovuto essere affrontate in sede di VIA sul progetto definitivo, nel contesto del quale andava effettuata anche la verifica di incidenza prevista dall’art.5, IV comma del d.p.r. n. 357/1997. Ma nelle successive delibere regionali nulla risulta al riguardo; ed, in ogni caso, qualunque determinazione avrebbe dovuto essere effettuata con una congrua motivazione sul punto e non con generiche prescrizioni, peraltro dal contenuto oggettivamente indeterminato.

___ 6.§.IV°.2.1.d.) Con il ventinovesimo motivo le parti appellanti avevano contestato che le delibere della giunta regionale n. 1643/04 e 1327/06 si erano pronunciate positivamente su di un progetto definitivo, che lo stesso comune di Ospedaletti con la delibera del consiglio comunale n.36/04 aveva ritenuto non più coerene con i suoi indirizzi programmatici.

___ 6.§.IV. 2.1.e.) Con il trentesimo motivo si rileva che il progetto definitivo, ai sensi dell’articolo 1-5 e 6 del d.p.r. n. 509/1997 che richiama l’articolo 16 della legge n. 109/1994, deve consistere nello sviluppo del progetto preliminare al quale è correlato. Pertanto la Regione, in luogo di provvedere sulla VIA, avrebbe dovuto prendere atto della necessità di rivedere il progetto definitivo in modo da renderlo congruo con il preliminare

___ 6.§.IV. 2.1.f.) Con il trentunesimo motivo si era denunciata la violazione dell’articolo 1 della legge n. 38/1998, il quale impone che, in sede di VIA, si debbano considerare “… preventivamente gli effetti diretti, indiretti e dovuti all’azione cumulativa di progetti, opere, impianti pubblici o privati” su tutto l’ambiente, la flora, la fauna, l’acqua, l’aria. Ne consegue l’illegittimità della VIA rilasciata, sia perché settoriale e riferita partitamente a singoli profili, senza valutazione finale che consideri unitariamente tutti profili rilevati; e sia perché in contrasto con il piano territoriale comunale della costa, che prevedeva l’impianto nautico minore (IN1) e non un porto turistico(PT). La tutela ambientale avrebbe dovuto essere considerata come una tutela “d’insieme”, e non concernere solamente i singoli elementi che la compongono, in quanto attraverso l’imposizione dei vincoli paesistici si salvaguarda la tutela del paesaggio ed al contempo anche l’ambiente (cfr. Cons. Stato VI, 22 marzo 2005, n. 1186).

___ 6.§.IV. 2.1.g.) Con il trentaduesimo motivo si lamenta la contraddittorietà del voto n. 71/151 reso dalla sezione per la VIA del Comitato Tecnico Regionale per il territorio, allegato quale parte integrante alla delibera di giunta regionale n. 289/2004, in quanto: si conferma la presenza di prateria di posidonia oceanica; si ammette che il progetto interessa una superficie di 4236 m² di prateria; si rileva che l’impatto diretto dell’opera è costituito dalla sovrapposizione del molo di sopraflutto al limite superiore della prateria stessa dall’isobata di 8 m fino ai metri 9,5; e che l’adiacenza dell’opera con la prateria in buone condizioni riveste particolare importanza ai fini del procedimento di verifica dell’incidenza dell’impatto potenziale della costruzione.

Del tutto contraddittoriamente invece la successiva delibera G. R. n. 1643/04 ed il presupposto parere del C.T.R. non fanno più alcuna reale considerazione alla valutazione dell’incidenza e dall’esigenza di salvaguardare le alghe.

___ 6.§.IV.2.1.h. Con il trentatreesimo motivo si lamenta la violazione del piano territoriale della costa, che prevedeva un impianto portuale minore (sigla 2 “IN 1”) e non un porto turistico (sigla PT), mentre l’intervento finale concerneva un porto turistico con uno specchio d’acqua di 49.300 m², una diga foranea di 600/700 m lineari, sei pontili galleggianti per una capacità complessiva di 330 posti barca suddivisi per classi da 12 a 30 m; ed altresì un’altra struttura denominata “Base nautica delle Porrine” dotata di infrastruttura della cantieristica, 1 diga di metri 200, altri 110 posti-barca da 8 m a 12 m, n. 1 pontile galleggiante, un cantiere nautico. In sostanza la struttura finale avrebbe previsto ben 438 posti barca.

___ 6.§.IV.2.1.i.) Con il trentaquattresimo motivo si lamenta l’illegittimità derivata della delibera di G. R. n. 1327/2006 per illegittimità della delibera n.1643/2004.

___ 6.§.IV.2.1.l.) Con il trentacinquesimo motivo gli appellanti hanno poi lamentato l’illegittimità del decreto dirigenziale della Regione Liguria n. 3988/2006 con cui è stata rilasciata l’autorizzazione ambientale definitiva del Porto Turistico Parco Marina di Baiaverde e delle aree connesse deducendo:

A. l’incompetenza del Comune in quanto l’autorizzazione ambientale avrebbe dovuto essere rilasciato alla Provincia;

B. la violazione dell’art. 56 delle NTA, che consente solo interventi di modificazione delle strutture esistenti dirette all’ampliamento che ne consolidino la presenza, il miglioramento funzionale, paesistico ed ambientale. La predetta autorizzazione afferma che l’area portuale sarebbe inserita in zona AI-Co del PTCP. ma in quel sito non preesisteva nessuna struttura portuale;

C. il numero di prescrizioni era tale che avrebbe dovuto portare al rigetto della richiesta;

D. in relazione ai valori costituzionali, anche il provvedimento favorevole deve contenere un’idonea motivazione, mentre il provvedimento fa riferimento a precedenti valutazioni senza tener conto dell’insussistente apprezzamento di parti rilevanti dell’intervento. E. un reale giudizio di compatibilità ambientale non avrebbe potuto essere assentito in relazione alle dimensioni quantitative dell’intervento stesso.

___ 6.§.IV.2.1.m.) Con la XVI rubrica si lamenta che il Tar avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile per genericità il ventesimo motivo con cui si contestava l’attendibilità dei dati tecnici del progetto di un porto turistico con riferimento alle erroneità dei posti barca del Porto Turistico Marina di Baia Verde. Infatti, mentre nelle NTA-OTP del luglio (2006 pagine 6-9) ne sono riportati 331, oltre ai 40 del transito, cui aggiungere altri 56 più 11 per il transito presso la Base Nautica delle Porrine, nella tabella riepilogativa si sarebbero riportate solamente n. 336 posti barca oltre i 51 del transito. La differenza tra 438 e 387 sarebbe una differenza sostanziale.

___ 6.§.IV.2.1.n.) Come denunciato con la XXI rubrica, il Tar avrebbe pure erroneamente respinto il trentacinquesimo motivo, sul rilievo che, in sede di assenso paesistico, sarebbe ammissibile l’apposizione di prescrizioni e che la classificazione AI-CO, seppure frutto di un chiarissimo errore materiale, non avrebbe comunque concretato carenze istruttorie e motivazionali in quanto sarebbe stata la fase conclusiva di un lungo procedimento con due VIA, che avrebbe recepito e confermato tutte le precedenti valutazioni. L’apposizione di ulteriori prescrizioni avrebbe dimostrato che la Regione aveva inteso ulteriormente approfondire la valutazione relativa all’impatto paesistico dell’intervento.

Tale impianto motivazionale sarebbe, per gli appellanti, destituito di fondamento in quanto:

a) nella fattispecie l’esame ai fini ambientali come zona AI-CO dimostrerebbe la superficialità ed il vizio della volontà di una motivazione effettuata con riferimento a tale parametro;

b) se pure qualche prescrizione certamente può essere imposta, nel caso si sarebbe dovuto negare l’assenso ambientale in considerazione del numero delle prescrizioni contenute nelle pagine 3-7 del decreto n. 3988/2006, e dell’essenzialità degli elementi considerati, quali sistemazioni orografiche, modellazione del suolo, sistemazioni vegetazionali, aree libere, singoli fabbricati e strutture edilizie complesse;

c) la valutazione deve consentire il coerente inserimento dell’intervento, considerato nella sua globalità, al fine di non arrecare un vulnus al vincolo di tutela. Né è rilevante che tale profilo si inserisca nella fase conclusiva del procedimento, in quanto, anche in fase decisoria, non è preclusa la valutazione di tutti gli aspetti, quando tali valutazioni siano del tutto mancate in precedenza, in quante effettuate su un progetto diverso.

In ogni caso la massiccia edificazione prevista e l’integrale stravolgimento dello stato antecedente dei luoghi, avrebbe comportato, se non il diniego, quanto meno ulteriori accertamenti istruttori e motivazionali. L’imposizione stessa di ulteriori prescrizioni dimostrerebbe indirettamente l’incompatibilità del progetto.

___ 6.§.IV.2.1.o.) Con la riproposizione del trentaseiesimo motivo si deduce l’illegittimità del parere della VIA di cui alla delibera di Giunta Regionale n. 1327/2006, in quanto l’imposizione di ben 12 prescrizioni avrebbe dovuto determinare l’ente regionale al rigetto del parere; ovvero avrebbe dovuto concludersi con la richiesta di accertamenti istruttori e di una congrua motivazione idonea ad escludere tutti gli inconvenienti.

___ 6.§.IV.2.2. I predetti motivi, alcuni dei quali ripetitivi, meritano di essere positivamente apprezzati nei profili, nei sensi e nei limiti che seguono.

In linea generale, si ricorda che, alla stregua dei principi comunitari e nazionali, la valutazione di impatto ambientale non concerne una mera e generica verifica di natura tecnica circa l'astratta compatibilità ambientale dell'opera, ma deve implicare la complessiva e approfondita analisi comparativa di tutti gli elementi incidenti sull’ambiente del progetto unitariamente considerato, al fine di valutare in concreto -- alla luce delle alternative possibili e dei riflessi della stessa c.d. “opzione-zero” -- il sacrificio imposto all’ambiente rispetto all'utilità socio-economica preseguita (arg. ex Consiglio di Stato, Sez. V 31 maggio 2012 n. 3254).

La V.I.A. quindi non può che concernere la progettazione definitiva vera e propria, dovendo individuare in concreto tutte le problematiche ambientali dell’intervento, inclusi gli effetti "cumulativi" dei diversi profili ambientali (arg. ex Consiglio di Stato sez. VI 19 marzo 2012 n. 1541).

Nel caso in esame, al di là della profusa citazione dei numerosi atti in premessa, dal contenuto dei relativi provvedimenti non si ricavano elementi utili in tal senso. Molti passi sono il frutto di un “taglia ed incolla” e del riporto delle indicazioni e delle proposte del SIA e, non a caso, si ritrova spesso l’espressione per cui le previsioni esaminate “dovranno essere oggetto di successiva modifica”; inoltre alcuni passi sembrano intimamente contraddittori.

Ad esempio, nel parere interlocutorio preliminare della G.R. n. 289/2004, dopo aver riscontrato che si tratta di “un’area particolarmente sensibile”, la Giunta Regionale -- malgrado la riscontrata mancanza di analisi e di dati presupposti, nonché malgrado le carenze e le incongruità progettuali riscontrate (es. analisi fondali, geo-contaniers, dimensione imboccature, ecc.) -- aveva prefigurato comunque un futuro parere favorevole, sia pure condizionato a nove prescrizioni (peraltro concernenti tutti aspetti di mero dettaglio del progetto).

Con la successiva deliberazione n.1643/2004, ancorché il Comune avesse nelle more espresso, con la delibera n.36/2004, il proprio intendimento di ridefinire in diminuzione l’intervento, si era del tutto contraddittoriamente ritenuto che sussistessero “i presupposti per la conclusione positiva della procedura di VIA; e ciò nonostante che:

-- come risulta dalle stesse premesse (cfr.pag. 3), il parere positivo di VIA lasciava “… impregiudicata ogni valutazione sotto il profilo formale nonché sotto il merito urbanistico e paesaggistico… “ anche al fine di non pregiudicare “… la volontà comunale di ridefinizione del progetto…”;

-- si fosse appalesata nuovamente necessaria l’apposizione di ulteriori prescrizioni di carattere progettuale indispensabili per cercare di rimediare comunque alle manifeste insufficienze del progetto esaminato. Inoltre del tutto sviatoriamente – di fronte all’atto di arresto del Comune -- si era ricorso all’escamotage procedimentale per cui, nel caso, il parere VIA dovesse essere considerato “…esclusivamente come condizione di procedibilità” per l’Accordo di Programma, la quale comunque sarebbe stata “.. produttiva di effetti approvativi per il progetto in parola…”.

Né è dato rinvenire una seria riflessione sui nuovi aspetti ambientali (conseguenti: all’accorpamento dei tre porti in uno solo; alla modifica dell’orientamento a ponente invece che a levante; ai differenti posizionamenti delle opere a terra, ecc. ecc.) conseguenti al nuovo revirement del Comune di Ospedaletti, il quale – una volta venuto probabilmente meno l’impatto emotivo delle vicende penali che avevano portato all’intendimento di rivedere in diminuzione l’intervento ex C.C. n. 36/2004 -- era nuovamente tornato sulle precedenti decisioni, introducendo modifiche radicali sul progetto (con la delibera del C.C. n.n.46 e 47 2006).

In tale quadro ricostruttivo, anche la successiva deliberazione n. 620/2006 ed il presupposto voto n. 8 del CTR, recano la dichiarazione di una “conformità” ambientale dell’intervento solo apparente, perché, dando per scontato la presenza della precedente valutazione “favorevole” dell’impatto, in quelle sedi ci si è limitati ad attestare una generica “conformità” del progetto agli altri atti di programmazione.

Ma tale “conformità” :

- o è affermata spesso del tutto apoditticamente;

- oppure è conseguita attraverso varianti contestuali a tutti gli atti di programmazione urbanistica, ricettiva, del rumore, ecc. ecc. in vigore (sull’evidente presupposto della non conformità);

- ovvero rinvia a successive valutazione sulla base della configurazione finale delle opere (cfr. ad es. interventi a mare: pag.21 dodicesimo alinea del voto n.8 del CTR).

Nella predetta delibera n. 620 cit. (cfr. pag.1.), nonostante che il medesimo Comitato tecnico - VIA avesse comunque indicato in premessa le carenze della progettazione delle strutture, degli impianti a terra ed in mare, e delle altre manchevolezze (es. la carenza di calcoli), comunque si è confermato il precedente parere favorevole rinviando al prosieguo l’accertamento del rispetto delle prescrizioni.

Né una valutazione finale complessiva è stata effettuata con la successiva deliberazione di G.R. n. 1327/2006, la quale ancora una volta si limita al meccanicistico riscontro dell’asserito superamento delle precedenti criticità o dell’adempimento delle condizioni apposte, e rinvia ad un ulteriore richiesta di approfondimenti e di verifiche successive.

Tale deliberato costituisce un’ulteriore testimonianza di un comportamento dell’Amministrazione regionale, per cosi dire, costantemente molto “benevolo” nei confronti dell’iniziativa.

Né, a tale logica, sfugge il decreto n.3988/2006 del Dirigente del Servizio del Dipartimento Pianificazione Territoriale-Tutela del Paesaggio, con cui si approva l’intervento, a seguito della “verifica del rispetto delle prescrizioni”, considerata come avvenuta.

Le diverse Giunte regionali alternatesi nel tempo -- a dispetto dell’inchiesta penale, delle perplessità iniziali della Soprintendenza e di quelle (sia pure temporaneamente) mostrate dalla stessa Amministrazione comunale nel 2004 -- non si sono mai fatte realmente carico di valutare la compatibilità ambientale dell’intervento in relazione all’incremento “progressivo” dalla struttura rispetto al progetto preliminare esaminato nel 2000 dalla G.R. .

La c.d. ”opzione zero”, cioè la non approvabilità dell’intervento sul piano ambientale del progetto è stato un dato problematico che, nonostante le numerose questioni aperte, non viene mai, nemmeno latamente e teoricamente, preso in considerazione (fosse anche solo per escluderlo).

La valutazione dell’impatto delle opere relative alle altre “nuove funzioni turistico-ricettive e per la nautica”, accessorie alla realizzazione del porto, non solo è del tutto sostanzialmente assente, ma tali opere non vengono nemmeno esattamente indicate (cfr. CTR voto n.8 allegato alla D.G.R. n. 620/2006 pag. 12).

Nella medesima angolazione, si deve osservare che manca poi ogni reale considerazione dell’impatto della struttura sulle praterie di posidonie (così come denunciato esattamente sub 6.§.IV.2.1.o.). Al riguardo è notorio che, mentre nel caso di spiaggia sottomarina progressivamente declinante, l’energia del moto ondoso, è dissipata su una grande superficie lineare, l’apposizione di una barriera fisica comporta invece che l’assetto del moto ondoso, specie in caso di mare grosso, si concentri dove avviene l’incontro con la parte sommersa del molo generando riflussi e mulinelli in grado di mettere a rischio tutto ciò che si trova sul fondo prospiciente.

In tale direzione,va considerato che la posidonia (contrariamente a quanto affermano gli appellanti), in realtà non è una semplice alga, ma un’Angiosperma, cioè una vera e propria pianta subacquea con radici, un fusto rizomatoso e foglie nastriformi lunghe; pianta, per giunta, particolarmente delicata, come dimostra il fatto che i relativi arbusti si rinvengono normalmente sugli arenili dopo le mareggiate.

Al riguardo, in questo come esattamente denunciato dagli appellanti (con il 32° motivo), è evidente la contraddittorietà dei predetti provvedimenti relativamente ai rischi di alterare le prospicienti prateria di posidonia.

Da un lato se ne individua correttamente l’importanza e la presenza nell’area interessata ai lavori; e dall’altro, ci si limita in sostanza alla generica prescrizione circa una conduzione dei lavori che sia attenta ad evitare dispersioni di materiali o ancora alla tipologia degli ancoraggi di natanti (cfr. lett. 1 e a pag. 3 della D.G.R. n. 1327).

Anche successivamente non si fa luogo ad alcuna valutazione (e neppure qualche dubbio) circa il fatto che nel frattempo la Commissione Europea aveva individuato l’area come “sito di interesse comunitario” proprio per la presenza di una “prateria di posidonia”.

Nell’approcciare di volta in volta i nuovi contenuti, si è sempre dato per scontato il primo giudizio positivo, senza riconsiderare che nel frattempo le opere erano del tutto differenti dall’iniziale previsione di un piccolo “porticciolo” turistico con passeggiata a mare, cinque stabilimenti balneari, complesso alberghiero (per una volumetria complessiva di soli 26.000 mc. circa.), ed un cantiere nautico con darsena (iniziale progetto della Fin.im approvato con la prima deliberazione di G.R. n. 1407 del 19.12.2000).

L’irragionevole frazionamento delle valutazioni in diversi provvedimenti e pareri istruttori ha in sostanza implicato, sul piano sostanziale, che – al di là della profusa e rituale citazione dei numerosi atti e precedenti - in nessuno di questi deliberati, (e tanto meno nei presupposti voti del Comitato Tecnico VIA) si fossero introdotte né riflessioni generali sul complessivo intervento, né specifiche considerazioni dei relativi effetti sull’ambiente e sul paesaggio.

Hanno dunque pienamente ragione i ricorrenti quando affermano (con il 26° motivo) che il procedimento di valutazione dell’impatto ambientale è stato parcellizzato in un processo di segmentazione della valutazione su atti di contenuto via via differente, che ha finito per vanificare di fatto il portato sostanziale dell’adempimento.

In sede di parere VIA non ci si è nemmeno preoccupati di appuntare una sintesi riepilogativa che, al di là delle diverse cartografie, desse certezza giuridica degli elementi specificamente costitutivi dell’intervento, come del resto esattamente denunciato con la XVI rubrica d’appello.

Il che, se non è indicativo di un tentativo di camuffare l’essenza reale delle cose, è comunque un indizio di un’istruttoria comunque affrettata, carente e lacunosa.

Certamente il Collegio non ignora che in materia ambientale sovente (dato il numero e la complessità delle questioni) si fa luogo ad un parere favorevole condizionato a prescrizioni. In tal senso depone anche l’art. 15, comma 6. della L.R. n.38/1998 cit., per cui “I progetti devono essere adeguati agli esiti del giudizio di compatibilità ambientale, prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione dell'opera o dell'impianto” .

Tale possibilità di adeguamento, però, non solo presuppone comunque, e sempre, un’analisi puntuale delle criticità, che qui invece è mancata, ma comunque non può essere spinta oltre i limiti della ragionevolezza.

Nel caso in esame, infatti, le prescrizioni concernevano, tra l’altro, le opere di difesa della spiaggia, la caratterizzazione dei sedimenti utilizzati per il rinascimento, le modalità di manutenzione della spiaggia, una riconfigurazione della Base nautica delle Perrine adeguata alle Raccomandazioni Tecniche dell’A.I.P.C.N., le dimensioni della viabilità, le caratteristiche dei pontili galleggianti,ecc..

Nel caso, non poteva essere ritenuto conforme alla disciplina comunitaria un parere “di conformità” condizionato ad un tal numero di importanti prescrizioni.

La grande rilevanza dei rilievi di cui sopra avrebbe dovuto portare ad un parere negativo dell’impatto ambientale della mega-struttura così come risultante dal SUA.

In proposito hanno dunque ancora ragione (27° e 29° mezzo) gli appellanti quando rimarcano che le condizioni apposte al parere dimostrano come il progetto fosse assolutamente carente dei requisiti di approvabilità sul piano ambientale, perché:

-- era radicalmente differente dal preliminare iniziale;

-- era tecnicamente incompleto ed inadeguato sul piano tecnico-progettuale;

-- era stato oggetto di contrasti anche in seno allo stesso Comune di Ospedaletti.

La carenza delle valutazioni degli effetti complessivi del progetto è conseguenza diretta (come esattamente denunciato con il 30° motivo) del fatto che l’intervento finale del 2006 era, per giunta molto differente anche dal ”progetto definitivo” del luglio 2003 con cui si era incrementato il numero dei posti barca fino a 330 per il porto turistico, oltre ai 110 p.b. per la darsena delle Porrine; aumentato le volumetrie fino a 37.965 mc. (in applicazione della deliberazione c.c. n. 37/2002, che aveva inizialmente approvato le proposte di modifica a P.R.U.S.T. ).

Al contrario un intervento pubblico già approvato con progetto preliminare deve essere nuovamente sottoposto a valutazione ambientale, ove vi sia stata una sensibile variazione del progetto definitivo, rispetto alla VIA effettuata sul progetto preliminare che abbia implicato una significativa modificazione dell' impatto globale del progetto sull'ambiente (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 07 luglio 2011 n. 4072).

In sede di approvazione di progetti per la realizzazione di opere portuali ai sensi dell'art. 6 d.P.R. n. 509 del 1997, qualora il definitivo risulti redatto sulla scorta di linee-guida non coerenti con il preliminare, esso non può essere approvato e, quindi, deve essere respinto (cfr. Consiglio Stato Sez. VI 26 aprile 2005 n. 1890).

Sul piano dell’eccesso di potere si deve ribadire che la natura di merito della decisione finale, sul versante della discrezionalità tecnico ed amministrativa, non toglie sotto i profili della logica e della ragionevolezza che, quando l'intervento proposto si fonda su di un progetto definitivo non adeguato alle reali necessità e oggetto di osservazioni e prescrizioni che compongono un quadro complessivo di elementi concordemente negativi su tutti gli aspetti fondamentali dell’impatto ambientale, la soluzione comunque positiva della VIA appare viziata sotto il profilo funzionale.

In definitiva, nel caso in esame, il parere favorevole di conformità ambientale “de quo” è risultato nella sostanza quasi del tutto sfornito delle complessive valutazioni sulla sostanza della compatibilità ambientale dell’intervento nell’ambito territoriale di riferimento.

La valutazione dell’impatto complessivo dell’opera si risolve in una diretta violazione del principio di cui all’art. 1, II co. della L.R. 30 dicembre 1998 n. 38, per cui “A tal fine la VIA considera preventivamente gli effetti diretti, indiretti e dovuti all'azione cumulativa di progetti, opere, impianti pubblici o privati.”(come esattamente denunciato al 31° motivo).

In conclusione, l’apoditticità e le carenze sostanziali delle motivazioni rendono sintomaticamente manifesta l’illegittimità dei provvedimenti di VIA che davano via libera ad un intervento che, ingombrando irrimediabilmente il golfo di Ospedaletti, avrebbe finito per sottrarre all’uso pubblico ben 2.200 m. della costa prospicienti il centro abitato. Le delibere (ed i relativi voti istruttori) per approvazione di Via relativi al “progetto definitivo” sono insufficientemente affidate:

-- a generiche affermazione di apprezzabilità e di compatibilità dell’ “intervento particolarmente curato” ovvero della “ innegabile organicità di un intervento”;

-- all’affermazione della “compatibilità” delle opere con il PRG e con il PRUSST ed agli altri atti di programmazione, affermazione enunciata solo in virtù delle varianti che le stesse amministrazioni hanno dovuto approvare per armonizzare le opere in questione alla precedente programmazione urbanistica ed ambientale, che per tal via si riduce ad un mero ludo cartaceo privo di un qualsiasi reale significato pianificatorio: ad es. il Comune di Ospedaletti, con delibera C.C. n. 38 del 26.9.2003, aveva dovuto perfino modificare in variante i limiti acustici previsti nel Piano di Zonizzazione Acustica del 1999, innalzando l’area dell’intervento a Zona IV “Area ad intensa attività umana”(per rendere compatibile la zonizzazione all’attività da realizzare).

In definitiva, i motivi esaminati sono dunque fondati e per l’effetto deve essere pronuncialo l’annullamento di tutti gli atti relativi alla VIA per l’intervento in questione.

___ 6.§.IV.3. La terza e la settima rubrica d’appello, possono essere esaminati congiuntamente.

___ 6.§.IV.3.a.) Con la III rubrica si contesta il rigetto del primo motivo, rigetto affidato al rilievo per cui l’ambito del d.p.r. n. 509/1997 e quello disciplinato dall’articolo 59 della legge regionale n. 36/1997 costituirebbero un medesimo modulo procedimentale, in quanto le due discipline sarebbero pienamente sovrapponibili ed avrebbero natura ambivalente.

Al contrario per gli appellanti valgono le seguenti riflessioni.

a) Il principio di tipicità degli atti amministrativi renderebbe i due procedimenti tra di loro non fungibili o sovrapponibili;

b) In ogni caso, l’argomento sarebbe infondato in fatto, perché per tutta la fase della discussione del progetto preliminare la procedura era stata espletata esclusivamente ai sensi del d.p.r. n. 509/1997;

c) Gli articoli 1 e 2 del d.p.r. n. 509 cit. delineano la specialità del procedimento, il quale non sarebbe sovrapponibile né identico ad una comune conferenza dei servizi, anche in relazione alla legge 59/1997, che, sotto il profilo sostanziale, delinea il procedimento di rilascio delle concessioni demaniali marittime per il soddisfacimento della nautica da diporto e l’assenso delle strutture ad essa correlate, ma solo se sono esclusivamente dirette alle esigenze della nautica da diporto e dei diportisti nautici. La L.R. Liguria n. 36/1997 concerne un contesto esclusivamente urbanistico estraneo alle concessioni demaniali marittime.

d) Di qui l’esattezza della denuncia del mancato rispetto dei limiti imposti dalle previsioni normative in relazione ad un oggetto riferito non solo ai nuovi ambiti di intervento organico, ma anche allo stesso A.I.O. 1.

___ 6.§.IV.3.b.) Con la settima rubrica d’appello, si riprende la sesta censura già esaminata in precedenza, relativa alla natura bivalente del procedimento avente ad oggetto il contestuale esame dello SUA e della valutazione del progetto di porto turistico.

___ 6.§.IV.3.c.) Gli assunti degli appellanti con le due rubriche su enunciate non possono essere condivisi in linea di principio.

Le conferenze di servizi finalizzate al rilascio di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, come disciplinate dal d.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509, hanno la funzione di sostituire sia l'ordinario procedimento concessorio, e sia i procedimenti con esso connessi, ivi compreso quello di rilascio dei necessari titoli abilitativi in materia edilizia (Consiglio Stato sez. VI 15 giugno 2004 n. 4163).

Se è vero che infatti il d.P.R. n. 509/1997 fissa una disciplina speciale ed esclusiva per la procedura di valutazione di progetti per la concessione delle aree demaniali marittime ai fini della realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, ciò non esclude l’applicazione, per quanto in via sussidiaria e di completamento, delle regole generali dell'art. 14 ter l. 241 del 1990.

Quanto poi ai rapporti tra profili demaniali marittimi e urbanistica, si ricorda che nell’esame del progetto relativo a un porto turistico, o al suo ampliamento, non si può prescindere dal considerare tutto il complesso delle opere occorrenti, siano esse a mare ovvero a terra, perché l'art. 2, comma 1, d.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509 ricomprende nella nozione di "porto turistico” sia le opere a mare che quelle realizzate a complemento.

___ 6.§.IV.4. Con la IV rubrica si censura il rigetto del secondo motivo, rigetto con cui il TAR ha affermato che:

-- le prescrizioni di cui al d.p.r. n. 509/1997 sarebbero venute in considerazione limitatamente all’approvazione del progetto definitivo del porto turistico, e non del SUA;

-- il passaggio dalla progettazione preliminare a quella definitiva non avrebbe determinato uno stravolgimento sostanziale delle opere portuali, ma un semplice adeguamento all’indicazione della conferenza di servizi;

-- l’ipotesi di modifica anche sostanziale nel corso del procedimento senza una sua integrale riedizione sarebbe una necessità fisiologica in base all’articolo 59, comma 2 lettera e) della L. R. Liguria n. 36/1997.

Oppongono gli appellanti quanto segue:

a) la progettazione preliminare riguardava solo l’area ex Cogefar, mentre quella definitiva interessa ben nove AIO, poste nelle posizioni più disparate e su una superficie molto più estesa;

b) il progetto preliminare evidenziava un piccolo porto con ampie spiagge, una contenuta base nautica con altri due edifici allocati all’estremo ponente, mentre quello definitivo individua un ampio porto interessante tutto il litorale, con tre edifici ed una sistemazione superficiale del tutto differente, per nulla attribuibile alla conferenza di servizi, tenutasi successivamente;

c) a fronte di una volumetria iniziale di 26.000 m³ del progetto preliminare,quello definitivo indica una volumetria ben maggiore fino ad oltre 100.000 m³;

d) i dati dimostrano come si sia abbandonato il progetto originario, con modifiche radicali su elementi essenziali quali le cubature e la struttura portuale;

e) sarebbe irrilevante richiamo all’articolo 59 L.R. n. 36/1997, perché in caso di modifiche bisognava richiedere l’assenso della competente conferenza dei servizi;

f) in base al d.p.r. n. 509/1997 la disamina del preliminare, che è funzionale alla comparazione tra le diverse proposte, implica un vincolo stringente, per cui, una volta ammesso un certo progetto con determinate caratteristiche, questo deve essere esaminato della fase successiva del livello definitivo, perché in caso di sostanziale diversità bisogna ripetere il procedimento;

g) il che varrebbe analogamente a quanto riguarda la correlazione tra preliminare e definitivo sulla base delle norme tecniche del DM 14 aprile 1998 allegato II punti 1 e 2,a).

La doglianza, sulla scia si quanto si diceva in precedenza, merita di essere accolta.

Se, infatti, è vero che, in sede di definizione dei diversi aspetti progettuali, è fisiologica una certa serie di modificazioni al preliminare, nel caso in esame, vi è stato un progressivo e totale stravolgimento dell’intero progetto sia nella sua componente strettamente nautica, sia nella parte complementare, con una superfetazione di volumetrie ad uso residenziale, commerciale, parcheggi, servizi ecc. ecc. .

In tale direzione, invano la Fin.Im in memoria ricorda che il TAR avrebbe affermato che la doglianza degli appellanti verrebbe in rilievo solo relativamente all’approvazione del progetto definitivo e non del SUA. L’affermazione è erronea, perché, proprio in relazione alla ricordata inscindibilità dei profili nautici rispetto a quelli delle altre opere a terra, anche nel caso in esame vi era un’intima connessione tra l’incremento dei posti barca e l’incremento delle opere connesse a terra.

Ciò del resto è indirettamente confermato dalla stessa relazione del Tecnico comunale, allegata alla delibera n. 49/2003, per il quale: “L’estensione, anche ad aree diverse da quella portuale …è conseguenza… c) della scelta operata dalla Civica Amministrazione di non concentrare solo all’interno della zona portuale e turistico-ricettivo dell’AIO n.1 (area ex-Cogefar)…” e di estenderla ad altri n. 8 AIO.

In sostanza, come dimostrano anche le relative complesse vicende, l’approvazione del progetto definitivo appare illegittima in quanto l’intervento finale non era assolutamente uno sviluppo del preliminare, ma un intervento radicalmente nuovo assolutamente differente rispetto alla versione precedente.

Esattamente dunque gli appellanti lamentano che il piccolo porto e le relative infrastrutture allocate all’estremo ponente, lasciando intatte le ampie spiagge, incrementava ragionevolmente l’offerta diportistica senza intaccare le altre attrattive turistiche. Al contrario, il progetto finale appariva in assoluta contraddizione rispetto agli sbandierati intenti di riequilibrio ambientale e paesaggistico dell’area ex-Cogefar più volte affermati nei vari provvedimenti relativi all’intervento in questione; lo dimostrano l’aumento del numero delle barche, la modifica della struttura stessa dello scalo, l’incremento a dismisura dei volumi a carattere residenziale e commerciale e l’estensione dell’intervento a comparti urbanistici che nulla avevano a che vedere con l’ambito del progetto preliminare approvato nel 2002. Questo, al contrario, appariva, sul piano della comune esperienza, molto più coerente con la realtà di un centro di meno di 3.700 ab., tradizionale meta di turismo balneare d’elite (dalla fine dell’ottocento ma sopratutto a partire dagli anni venti e trenta del secolo scorso).

Di qui l’illegittimità dell’essenziale modificazione, in corso di procedimento, sia del progetto definitivamente approvato del porto, sia del relativo S.U.A. trattandosi di una fattispecie, non lo si ripete mai a sufficienza, assolutamente differente rispetto al disegno iniziale.

___ 6.§.IV.5. Con la V rubrica si lamenta il rigetto del terzo e del quarto motivo del ricorso di primo grado “de quo agitur”, avendo il TAR ritenuto che:

-- l’autorizzazione paesistica poteva essere adottata solo sul definitivo, dato che nella fase del progetto preliminare l’amministrazione si potrebbe limitare alla pronuncia di atti interlocutori riservandosi l’assenso definitivo alla fase seguente;

-- che il parere negativo del Sovrintendente espresso con la nota del 20 dicembre 2000 dovrebbe ritenersi superato da quello favorevole pronunciato dallo stesso organo il 15 giugno 2006;

-- che la contrarietà della Sovrintendenza all’approvazione progetto preliminare non poteva essere ritenuta una sorta di anticipazione delle ragioni che avrebbero potuto determinare l’annullamento alla futura autorizzazione regionalené avrebbe determinato alcun elemento ostativo alla prosecuzione del procedimento.

Al contrario per la parte appellante:

a) non è corretta l’interpretazione degli articoli 5 e 6 del d.p.r. n. 509 per cui la valutazione fondamentale dell’interesse paesistico ambientale potrebbe essere posposta al momento del progetto definitivo in quanto l’autorizzazione ambientale, ai sensi dell’articolo 7 della L. n. 1497/1939, dovrebbe essere resa fino a quando si rivaluta il progetto preliminare (quale momento essenziale di ammissibilità della successiva fase progettuale). Si richiama la pronuncia della IV Sezione di questo Consiglio n. 1768/2005 sulla funzione e sul funzionamento della conferenza dei servizi rispetto ai progetti ricadenti sul demanio;

b) il Comune non avrebbe potuto disapplicare, nella specie, l’articolo 5 del d.p.r. n. 509/97, che demanda alla regione l’adozione dell’autorizzazione di cui all’articolo 7 della legge n. 1497/1939, né il comma 9, che impone la comunicazione dei provvedimenti al Ministero dei beni culturali e ambientali;

c) l’interpretazione seguita dal TAR vanificavano la tutela dell’ambiente, dal momento che il progetto preliminare non avrebbe potuto essere dichiarato ammissibile senza una valutazione profilo ambientale;

d) non risultano comunque provvedimenti interlocutori che rinviino a determinazione definitiva;

e) non si poteva escludere la Sovrintendenza dall’esprimersi in materia, per cui l’intervento della stessa Sovrintendenza tramite la citata nota 20.12.2000 sarebbe stato adottato nell’esercizio di poteri surrogatori, di fronte all’inerzia regionale, ai sensi dell’articolo 5, comma 9 del d.p.r. n. 509, così come ritenuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 341 del 18 ottobre 1996;

f) l’arresto procedimentale della sovrintendenza del 20.12.2000 era compiutamente motivato e non poteva ritenersi sostituito dall’apodittico parere favorevole del 15 giugno 2006.

L’assunto convince solo in parte.

In primo luogo, come visto l’autorizzazione paesistica può e deve essere adottata solo sul progetto definitivo, che, per l’appunto, ai sensi dell’art. 16 della L. n.104/1994 (poi trasfuso nell’art. 93 del d.lgs. n.163/2006) ha proprio tale precipua finalità.

La valutazione fondamentale dell’interesse paesistico ambientale non può che essere effettuata al momento del progetto definitivo.

Diverso avviso deve esprimersi per quanto poi concerne la rilevanza del parere negativo della sovrintendenza del 20.12.2000, ma al riguardo per evitare ripetizioni si rinvia al punto sub 6.§.IV.9.c.).

___ 6.§.IV.4. Come specificato nella memoria del 18 settembre 2012 gli appellanti hanno rinunciato al quinto motivo originario.

___ 6.§.IV.5. Deve poi respingersi la VI rubrica d’appello, con cui si contesta la declaratoria dell’inammissibilità del quinto motivo, relativa alla violazione di termini procedimentali, assumendosi che i novanta giorni -- entro cui il Comune di Ospedaletti avrebbe dovuto convocare la conferenza di servizi per l’esame del progetto preliminare, ponendo a disposizione degli intervenienti gli atti da approvare, con il medesimo anticipo rispetto alla convocazione della successiva conferenza deliberante -- sarebbero stati posti nell’interesse esclusivo dei soli soggetti coinvolti.

Deve infatti condividersi la tesi delle parti resistenti per cui, contrariamente a quanto vorrebbero gli appellanti, tali termini hanno un rilievo meramente procedimentale ed ordinatorio.

___ 6.§.IV.6. Con l’VIII rubrica d’appello si lamenta che il Tar avrebbe erroneamente respinto il nono motivo, asserendo che la controinteressata FIN.IM sarebbe stata legittimata a predisporre il SUA relativo all’area ex-Cogefar sulla base della convenzione del 14 settembre 1991.

Al contrario per gli appellanti:

-- l’amministrazione ha approvato come strumento urbanistico attuativo di iniziativa pubblica, un progetto elaborato da un soggetto privato, il quale inoltre non sarebbe nemmeno stato legittimato in quanto la società non aveva la disponibilità né delle aree pubbliche, né di quelle private, interessate dai 9 AIO;

-- la convenzione del 1991 sarebbe divenuta inefficace per decorrenza longe et ultra del termine di tre mesi stabilito per la redazione dello strumento urbanistico attuativo, mentre la FIN.IM si sarebbe attivata solo nel 2000;

-- la convenzione originaria aveva un oggetto diverso, che non legittimava alla redazione di un SUA esteso a ben nove AIO ubicati al di fuori del demanio marittimo, comunque concernenti un tipo di progettazione diversa del tutto avulsa, appunto, da quella convenzione.

L’assunto è fondato.

Sul piano processuale, è, in primo luogo, inconsistente l’eccezione della Fin.Im in merito al carattere innovativo della censura siccome introdotta solo in appello, perché, al contrario, la stessa è diretta a contestare proprio l’inammissibilità del relativo motivo affermata dal parte del TAR.

Inoltre, contrariamente a quanto affermano il Comune e la società, non vi sono dubbi che, in realtà, nessuna particolare posizione differenziata poteva essere riconosciuta alla società appellata.

Come già accennato, la convenzioni urbanistica, quale era indubbiamente quella stipulata il 14 settembre 1991, doveva essere ricondotta sistematicamente alla categoria dell’ “accordo sostitutivo del provvedimento” di cui all'art. 11 L. 7 agosto 1990 n. 241, per cui:

-- un termine di scadenza dell’efficacia contenuto in un accordo sostitutivo non può mai essere considerato di natura “ordinatoria” : ciò perchè tale nozione -- essendo esclusivamente collegabile all’attività di una pubblica amministrazione contemplata in una “norma di azione” -- ontologicamente non può essere riferita a termini liberamente accettati per iscritto dal privato in atto di natura tipicamente para-negoziale con la P.A.;

-- il soggetto privato onerato - una volta decorso il termine, per sua natura perentorio - perde automaticamente ogni facoltà al riguardo, senza che sia necessaria la previsione di un tale sanzione;

-- l’originaria convenzione - e questo è l’aspetto risolvente - aveva un oggetto limitato al demanio marittimo, che non legittimava la redazione di un SUA esteso ad altri otto AIO ubicati al di fuori dell’area demaniale originaria, come esattamente ricordato dai ricorrenti.

La convenzione urbanistica, per poter essere valida avrebbe dovuto essere sottoscritta con la partecipazione di tutti i soggetti, pubblici e privati, proprietari degli immobili coinvolti i quali devono necessariamente partecipare tutti alla costituzione ed alle eventuali modifiche dell’accordo (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 12 aprile 2007, n. 1714).

Per la legittimità dell’intervento, secondo le regole generali, costituiva dunque un requisito giuridico sostanziale di legittimazione del progetto il possesso dei titoli reali di tutte le aree direttamente interessate dall’intervento al momento della stipula.

In conseguenza, l’intervento ai sensi dell’art. 5 del d.p.r. n.509/1997, avrebbe dovuto essere limitato all’area demaniale di cui all’AIO 1.

Il Tar, al riguardo, non sembra cogliere, pertanto, la realtà delle cose quando afferma che “… oggetto dell’accordo sia anche la predisposizione del progetto di piano, che il privato si è pur sempre obbligato ad eseguire non per conto proprio, ma del Comune”. Appare al contrario evidente che la progressiva superfetazione dell’intervento, in spregio alle stesse dichiarate esigenze di compatibilità ambientale e paesaggistica (lo si ripete ancora), appariva collegata, più che altro, ad assicurare ulteriori profitti finanziari.

Di qui la carenza di legittimazione della Fin.im ad attuare la c.d. “iniziativa pubblica” del SUA per le parti estranee ai terreni demaniali.

___ 6.§.IV.7. Appare invece inconferente la IX rubrica, con cui si lamenta che il Tribunale avrebbe apoditticamente ritenuto inammissibile per carenza di interesse il decimo motivo introduttivo del ricorso, affermando che alle locuzioni della delibera n. 29/2003 non potuto poteva essere attribuito, rispetto alle modifiche allo strumento urbanistico, un significato ulteriore rispetto a quello autorizzato dalla legge.

Per gli appellanti, all’opposto, sarebbe inequivoca la portata letterale della delibera consiliare, nella parte in cui assegna al Sindaco potere di modificare gli atti elaborati senza porre alcun limite ed alcun criterio.

Al riguardo certamente le modifiche in questione non potevano affatto essere ricondotte a quelle di cui all’art. 59, lett. g. cit. L. reg. ligure n. 36/1997, per il quale, ove il progetto, nel corso della concertazione, venga sostanzialmente modificato, rispetto a quello presentato nella conferenza referente, per esigenze di tutela della salute, dell'incolumità pubblica, del paesaggio e dell'ambiente, l'Amministrazione indicente non è tenuta a riacquisire, prima della conferenza deliberante, l'assenso dell'organo competente.

Tuttavia deve rilevarsi che la questione è in concreto irrilevante, perché comunque sulle predette modifiche era poi sopravvenuto il nuovo revirement dell’Amministrazione, di cui alle delibere nn. 46 e 47 del 2006.

___ 6.§.IV.8. Con la X rubrica si contesta il rigetto da parte del Tar dell’undicesimo e del dodicesimo motivo, rigetto adottato sul rilievo per cui l’obbligo di ricorrere all’accordo di programma per apportare variazioni agli strumenti urbanistici sarebbe stato implicitamente abrogato per effetto della sopravvenuta L. R. Liguria n. 19/2002, per cui legittimamente il comune avrebbe convertito la procedura per l’approvazione dell’accordo di programma in un’equipollente conferenza di servizi.

Per gli appellanti invece:

a) il d.p.r. n. 509/1997 ha delineato un procedimento speciale in materia di demanio marittimo, per cui non poteva essere abrogato da una legislazione regionale urbanistica;

b) la previsione non derogabile dell’accordo di programma, di cui all’articolo 6, secondo comma del d.p.r. n. 509/1997, non avrebbe ragioni di carattere urbanistico, ma sarebbe diretto a formalizzare un maggior controllo pubblico quando su un bene demaniale si agisca in variante, come dimostrerebbe la doppia previsione, nell’articolo 6, della conclusione del procedimento tramite una conferenza di servizi ovvero mediante un accordo di programma;

c) conferenza di servizi e accordo di programma non potrebbero essere considerati equipollenti, perché il primo è un contratto di diritto pubblico ed il secondo è un modello procedimentale;

d) non potrebbe ragionarsi in termini di maggiore celerità, efficacia, economicità e semplificazione, perché entrambi gli istituti hanno tali finalità;

e) sarebbe inaccettabile che la pubblica amministrazione possa iniziare un determinato procedimento e poi proseguire ricorrendo ad istituti diversi solo per la fase finale.

L’assunto, alla luce anche delle precedenti considerazioni, deve essere respinto.

Basti al riguardo ricordare sia la compatibilità e la legittima concorrenza dei profili demaniali marittimi e di quelli urbanistici nell’ambito della stessa iniziativa procedimentale e sia richiamare il regime speciale della legge urbanistica regionale (L.R. Liguria 4-9-1997 n. 36, come modificata dalla L.R. 3 maggio 2002, n. 19), la quale, con i novellati artt. 59 e 84, estende alla conferenza di servizi la capacità di innovare gli strumenti urbanistici generali anche mediante l’approvazione di S.U.A. in variante.

___ 6.§.IV.9. Per ragioni di economia espositiva devono essere esaminate congiuntamente l’XI e la XII rubrica d’appello.

___ 6.§.IV.9.a.) Con l’ XI rubrica si lamenta che scorrettamente il Tribunale avrebbe rigettato il quattordicesimo motivo.

Il TAR ha in vero sostenuto che la delibera della Giunta regionale n. 620/2006, concernente l’autorizzazione paesistica di massima, sarebbe stata adeguatamente motivata:

- con l’invocazione del voto del CTR n. 8/2006;

- inoltre alla stregua della valutazione positiva compiuta ex novo dalla Soprintendenza con la nota del 15 giugno 2006 prot. 7102; il richiamo a detta nota non costituirebbe un rinvio per relationem, ma l’evocazione di un elemento estrinseco di sostegno alla compatibilità ambientale autonomamente compiuta dalla Regione, senza che nel secondo parere sovrintendenti zio possa cogliersi alcuna contraddittorietà.

Al contrario per gli appellanti:

a.- la delibera della G.R. n. 620/2006 avrebbe dovuto valutare anche il profilo ambientale in modo autonomo mentre si sarebbe limitata alla “valutazione del corretto inserimento paesistico ambientale delle opere in progetto”, senza alcuna motivazione non diversa dal rinvio alla nota della Sovrintendenza. Del tutto inconferenti sarebbero al riguardo le asserzioni del Tribunale sulle valutazioni del PRG, del PRUSST, del PTCP, del Piano della Costa, che non atterrebbero in alcun modo all’esame del progetto sotto il profilo paesistico ambientale;

b.- la nota della Sovrintendenza del 2006 sarebbe del tutto immotivata ed in eclatante contraddizione con quella del 2000 invece dettagliata esaustivamente precisa;

c.- il Tar, nell’interpretare in modo erroneo la nota negativa cassatoria del progetto del 2000, non si era preoccupato dell’esigenza di ridurre la portata dell’intervento, come previsto in quella sede, perché anzi le modifiche apportate sono state peggiorative.

___ 6.§.IV.9.b.) Quanto alla XII rubrica di appello, ci si riferisce alla reiezione del quindicesimo motivo originario ad opera del Tar in quanto la delibera dellaGiunta regionale n. 1327 del 24 novembre 2006 avrebbe legittimamente operato una favorevole valutazione dell’impatto ambientale con prescrizioni e consentito il rilascio dell’autorizzazione paesistica e l’adozione della determinazione conclusione della conferenza dei servizi. Per il Tar, anche volendo ritenere sussistente un’eventuale inversione procedimentale, ciò comunque renderebbe semplicemente inefficaci gli atti assunti in precedenza.

Per gli appellanti invece:

a) per la VI Sezione del Consiglio di Stato, in caso di opera pubblica, come è un porto turistico, la conferenza dei servizi è legittimata ad esprimersi solo dopo aver acquisito la valutazione di impatto ambientale;

b) l’articolo 15 della L.R. Liguria n. 38/28 espressamente afferma che “per le opere da sottoporre alla procedura di VIA, non possono essere rilasciate dalla regione, dagli enti locali e da pubblici ufficiali, autorizzazioni, concessioni, anche parziali, prima della positiva conclusione della procedura”. Per cui l’atto presupposto inefficace implicherebbe l’illegittimità di tutti gli atti assunti successivamente in sua assenza. La competente conferenza di servizi richiedeva quindi che la VIA fosse stata in precedenza acquisita.

___ 6.§.IV.9.c.) Le doglianze, facendo riferimento anche alle considerazioni che precedono, sono complessivamente fondate nei sensi che seguono.

In primo luogo, tuttavia, sul piano formale, il parere di VIA della Giunta Regionale in astratto ben potrebbe ritenersi motivato “per relationem,” con riferimento al voto del CTR.

Nondimeno deve ritenersi che, sulla scia delle notazioni di cui al punto 6.§.IV.2.2., nel caso di specie, la motivazione della VIA era carente in ragione del frazionamento dei giudizi e della parzialità delle valutazioni.

Come visto, infatti, nelle valutazioni del CTR non erano nemmeno compendiati gli elementi costitutivi dell’intervento (lunghezza complessiva degli arenili utilizzati, area di mare occupata, rapporti tra volumetrie e finalità, ecc, ecc,) e soprattutto mancava ogni prefigurazione dell’impatto futuro dell’opera sull’ambiente marino e terrestre, anche tenendo conto del fatto che in Liguria, su circa 359 km di costa, solo 94 km sono costituiti da litorale spiaggioso.

Appare, a tale riguardo ed inoltre, singolare che, nei suoi apprezzamenti sui profili paesaggistici, la Regione si sarebbe in tale sede limitata all’acquisizione meramente burocratica dell’avviso immotivatamente favorevole del 2006 della Soprintendenza, che superava, proprio apoditticamente (come lamentato dagli appellanti), il precedente contrario avviso del 2000, in totale spregio del fatto che il nuovo progetto aveva un impatto ben maggiore sulla costa e dava luogo ad un intervento massiccio con un’indiscutibile e non chiaramente convincente ricaduta di effetti sull'ambiente e sul paesaggio..

Si aggiunge che il superamento nel 2006, da parte della Soprintendenza, delle precedenti perplessità paesaggistiche ambientali (cfr. ripetuta nota prot. 15115 del 20/12/2000) non potrebbe fondare su presunto “miglioramento” apportato al progetto (con un incremento di posti barca, di volumetrie di viabilità, ecc. ecc.) si cui parla il Comune in memoria.

Al contrario, l’Autorità sovrintendentizia, che avrebbe dovuto esercitare le funzioni di tutela degli interessi generali in materia ambientale, non si è fatta alcun carico delle problematiche reali toccate invece dal precedente parere negativo circa la realizzazione del Porto e villaggio turistico, che nel 2000 era stato progettato con ben minori dimensioni.

Si vuole avere riguardo in particolare:

-- al fatto che l’ “… operazione in questione ‘trasforma totalmente lo spazio verde sul mare, sostituendolo con un porto e un villaggio ... con la formazione di una vistosa escrescenza nel profilo del litorale e l’introduzione di insediamenti edilizi, peraltro tipologicamente anomali, di rilevante impatto in primo piano sul mare’ ”;.

-- al fatto che il litorale marino, per una lunghezza di circa 900 metri (più che raddoppiato) sarebbe stato“mutato totalmente nelle sue connotazioni naturali”;

-- al rapporto “fuori scala” rispetto “… all’abitato di Ospedaletti” “ ed alla modifica degli equilibri ambientali e paesaggistici esistenti”;

-- all’inconfigurabilità di “una valorizzazione dello spazio sul mare”, risultando “al contrario una pregiudizievole alterazione dei valori ambientali e panoramici di Ospedaletti”.

-- ai dubbi sulla tutela dei fondali, in cui, come sopra più volte notato, è presente una prateria a poseidonia, e sulla effettiva necessità di una struttura portuale a Ospedaletti, essendo il tratto di mare corrispondente compreso tra il Porto di Bordighera, di cui si prevede un rilevante ampliamento, e i due porti di Sanremo.

Di tali tematiche,nel nel parere della Soprintendenza del 2006 e negli atti regionali sulla VIA, non si rinviene alcuna valutazione sostanziale al riguardo.

Con ampia e patente illogicità il C.T.R–VIA ha affermato la compatibilità ambientale dell’intervento, trascurando sia il peso insediativo di un porto medio-grande su un piccolo centro abitato sul mare e sia i problemi ecologico-naturalistici del suolo e della costa preesistente: il tutto senza tener alcun conto dei peculiari e straordinari valori paesistici di quella linea che, in Liguria, separa la terra dal mare.

Essendo inadeguatamente motivate le posizioni del CTR, ne risultano in conseguenza viziate le motivazioni per relationem dei provvedimenti regionali, che non suppliscono alle carenze dei presupposti pareri.

___ 6.§.IV.10. Con la XIII rubrica si contesta il rigetto del sedicesimo e del diciassettesimo motivo del ricorso originario con cui si affermava la violazione del piano territoriale della costa, con gli stessi motivi dedotta.

Le censure furono respinte dal Tar sul rilievo per cui, come ammesso dagli stessi ricorrenti, il predetto piano avrebbe carattere non vincolante e riconoscerebbe agli enti locali la possibilità di segnalare nuovi e diversi impianti nautici.

Per gli odierni appellanti invece:

a) i precetti del piano territoriale della costa avrebbero ammesso solo in via subordinata e ipotetica la possibilità che le previsioni di piano non siano vincolanti;

b) le previsioni dell’ambito progetto (AP3) per Ospedaletti sarebbero vincolanti ai sensi dell’articolo 4, comma 3delle norme di attuazione del piano territoriale della costa, a parte il dimensionamento in termini di numero di posti di barche equivalenti, ferma restando la categoria della struttura e la caratteristica di impianto nautico minore della medesima;

c) in subordine, anche ritenendo il carattere semplicemente orientativo del piano della costa, sarebbe stato necessaria una precisa istruttoria ed un’accurata motivazione delle ragioni, per cui, con una pretesa riqualificazione, si trasformava un impianto nautico minore in un vero e proprio porto turistico, laddove la P.A. ha sempre opinato la conformità della struttura al piano territoriale della costa;

d) non vi sarebbe stata nessuna giustificazione urbanistica e paesistico-ambientale di un’edificazione così intensa come quella prevista dagli atti impugnati.

La censura può essere condivisa, ma solo in parte.

Non vi sono dubbi, infatti, che (antecedentemente all'art.41 della legge regionale n.20/2006), il piano della costa non avesse carattere normativo, ma dovesse essere ricondotto alla categoria degli strumenti urbanistici . Lo si desume dalla L.R. urbanistica 4 settembre 1997 n. 36, la quale:

-- all’art. 8, specifica che “Il P.T…. definisce gli indirizzi da perseguire in relazione all'assetto del territorio regionale, esprimendoli in termini di tutela, di funzioni, di livelli di prestazione e di priorità di intervento da assegnare alle sue diverse parti ed ai singoli sistemi;

-- all’art. 11 (Quadro strutturale) afferma che il piano “… indica i valori, le criticità e le compatibilità paesistico-ambientali ed ecologiche e definisce le strategie complessive, gli indirizzi e le prescrizioni finalizzati a guidare le azioni di qualificazione, di riassetto e di nuova organizzazione territoriale”(primo co.); ed a “ questi fini stabilisce i requisiti, le prestazioni e le priorità di intervento da attribuire ai diversi sistemi territoriali di cui all'articolo 9, in un'ottica di evoluzione processuale del piano”.

In linea teorica, quindi, il modello di programmazione che emerge non ha natura normativa, ma è costituito dall’esigenza di coordinamento fra piani di diversa natura ai rispettivi livelli (nazionale, regionale e locale), per cui la relativa pianificazione può in linea generale essere oggetto di successive modificazioni.

Ma le previsioni dell’ambito del progetto (AP3 Ospedaletti) sono vincolanti ai sensi dell’articolo 4, comma 3 delle norme di attuazione del piano territoriale della costa, finche tali precetti non siano mutati.

Al riguardo il “Quadro degli interventi del sistema dei porti” (pag. 102), ricordato anche dalla difesa del Comune, riguardo alla struttura in questione certamente lasciava “… aperto il campo delle diverse configurazioni che il progetto potrà assumere… non essendovi preclusioni di tipo ambientale alla localizzazione di un porticciolo (sic!) nella zona della discarica”.

L’utilizzo del diminutivo appare risolvente al riguardo.

Al seguito delle precedenti considerazioni, hanno ragione gli appellanti quando evidenziano che, nel progetto definitivo, si era finito per convertire sostanzialmente la tipologia della struttura da “impianto nautico minore” a vero e proprio “porto turistico”, per cui non poteva ritenersi la conformità della struttura al piano territoriale della costa.

Contrariamente poi a quanto afferma la Fin.Im, nell’ “Accordo di Pianificazione per la Specificazione d’Ambito del Piano Territoriale della Costa” relativa al PRUST dei comuni del Ponente ligure, stipulato il 19.10.2004, ai sensi dell’art.16 della L.R. n.36 cit., non vi è alcun riferimento alla tipologia dell’impianto nautico e neppure alcuna prescrizione di testuale modificazione in tal senso per ciò che concerne specificamente il Comune di Ospedaletti.

Il predetto accordo disponeva, tra l’altro:

- la modifica della zonizzazione delle aree dell’ex-Casinò “Villa Sultana”;

- la riclassificazione dell’area dismessa dalle F.S. , sia pure nei limiti delle condizioni di riduzione dell’intervento deliberato dal C.C. n. 36 il 18.10.2004;

- la modifica della normativa dell’area ex-Cogefar, con l’incremento del perimetro complessivo dell’intervento al fine di consentire la realizzazione di una “nuova struttura turistico-ricettiva”e di nuovi parcheggi e viabilità.

Nella cartografia allegata all’Accordo si parla genericamente di realizzare “scogliere a mare “ e di un “approdo turistico” (cfr. n.1/5 -8.32-37) e quindi comunque non di un “porto turistico”.

Il tentativo delle parti resistenti di giocare con le parole (porticciolo/approdo/porto) non può trovare alcun ingresso, in quanto le specificazioni, nel predetto accordo, delle varianti al Prg. (n.3/5-8.32-37), al di là del generico richiamo all’applicabilità delle relative previsioni “nei limiti di compatibilità con la delibera del C.C. n. 36 il 18.10.2004”, non contenevano alcun riferimento alla tipologia nautica dell’approdo.

Di qui l’illegittimità del progetto definitivo del quale non poteva affermarsi la conformità al piano territoriale della costa.

___ 6.§.IV.11. Per le medesime considerazioni di cui sopra, deve pure essere accolta la XIV rubrica, con cui si contesta il rigetto da parte del Tar del diciottesimo motivo di primo grado.

Hanno ragione i ricorrenti che con le varie modifiche erano stati modificati l’orientamento stesso del porto, le volumetrie residenziali e commerciali, il numero dei posti barca, l’ambito complessivo dell’intervento, la viabilità, i parcheggi, ecc. ecc. . Non può dunque concordarsi con il primo giudice laddove ha assunto che le allegazioni delle odierne appellate non avrebbero consentito di apprezzare i profili della manifesta contraddittorietà dell’atteggiamento del Comune, in quanto l’incoerenza dell’Amministrazione comunale emergeva ictu oculi anche solo dalla mera visione delle perimetrazioni dei diversi progetti del 2000, del 2004 e del 2006.

Non può condividersi l’assunto del TAR per cui proprio “… la divaricazione fra la proposta originaria e quella approvata all’esito della conferenza di servizi deliberante a maggior ragione…” avrebbe legittimato il mutato avviso dell’amministrazione, in quanto il cambiamento di “indirizzo politico” del 2006 appare del tutto inspiegabile se confrontato con la sostanza del progetto.

Le delibere nn. 46 e 47 del 2006, anche alla luce degli interventi in consiglio dei medesimi amministratori all’inizio della consiliatura del 2004, appaiono illegittime proprio in quanto esprimono “una chiara manifestazione di indirizzo politico” (come annota il TAR), certo insindacabili in sé e, per così dire, in astratto, ma risultanti, tuttavia, in contrasto sia con gli interessi pubblici dichiarati in precedenza e sia con la pianificazione territoriale, paesaggistica, urbanistica e nautica.

___ 6.§.IV.11. Con la XV rubrica si contesta il rigetto del diciannovesimo motivo.

Il TAR ha affermato che lo stralcio del progetto dal contesto dell’accordo di pianificazione del 19 ottobre 2004 sarebbe venuto meno per effetto della delibera C.C. n.47/2006 e che, considerando che il voto del CT regionale sarebbe stato successivo a tale delibera del Comune, le modifiche apportate in quella sede al regime urbanistico sarebbero state, nella sostanza, corrette.

Gli appellanti osservano per contro che:

-- l’accordo di pianificazione in questione era stato sottoscritto da una pluralità di enti senza variante incrementative della volumetria al PRG comunale, per l’ambito n.8-32-37;

-- il suo contenuto pianificatorio urbanistico era stato fissato in un contesto contrattuale incontrovertibile definitivo cioè senza alcun incremento volumetrico;

-- sarebbe scorretto sostenere che ogni singolo ente con una delibera di due anni dopo possa motu proprio modificare retroattivamente il contenuto sostanziale dell’accordo per vanificare la pianificazione urbanistica;

-- che l’effetto giuridico della delibera del CC n. 47/2006 poteva avere solo l’effetto di attivare un nuovo accordo di pianificazione.

L’assunto è fondato.

Come più volte ricordato, l’Accordo di Pianificazione per la Specificazione d’Ambito del Piano Territoriale della Costa relativa al PRUST dei comuni del Ponente ligure, stipulato il 19.10.2004, ai sensi dell’art.16 della L.R. n.36, doveva essere ricondotto alla categoria degli accordi fra pubbliche amministrazioni di cui all’art 15 della L. n.241/1990. In conseguenza, la natura negoziale implicava che, una volta stipulato l'accordo, sul presupposto della determinazione dell'organo competente per l'adozione del provvedimento ai sensi del comma 4-bis, l’accordo firmato - a garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa - non poteva che restare cristallizzato sulle conclusioni di cui alla delibera del C.C. n. 36 il 18.10.2004.

Per cui il sopravvenire delle delibere del CC nn. 46-47/2006 avrebbe potuto solo implicare l’esigenza di un nuovo accordo di pianificazione, ma non certo sovvertire ex post la realtà procedimentale consacrata nell’accordo precedente a prescindere dal momento dell’intervento della Regione.

Di qui l’illegittimità degli atti successivi alle predette deliberazioni.

___ 6.§.IV.12. Deve invece essere respinta la XVII rubrica di appello, con cui si lamenta che erroneamente il Tar avrebbe respinto il 21° motivo ritenendo che i ricorrenti avrebbero riconosciuto che la manifestazione di posizioni interlocutorie sarebbero state limitate alla prima riunione del 15 giugno 2006 e che i rappresentanti delle varie amministrazioni, nella seconda riunione del 22 giugno 2006, avevano espresso – sia pure illegittimamente -- la loro volontà in modo chiaro e preciso.

Ma questa è stata la realtà delle cose per cui la censura, oltre che infondata, è soprattutto inconferente.

___ 6.§.IV.19. Il ventitreesimo motivo come ricordato in precedenza è stato rinunciato dai ricorrenti.

___ 6.§.IV.20. Con il ventiquattresimo motivo gli appellanti hanno lamentato l’illegittimità del SUA nella parte in cui, pur prevedendo l’esecuzione da parte di FIN.IM di opere pubbliche a scomputo degli oneri di urbanizzazione sopra la soglia comunitaria, non prevedeva l’obbligo a carico della concessionaria di individuare il soggetto esecutore delle opere ai sensi degli articoli 32, 122 e 235 del D. Lgs. n. 163/2006.

L’assunto è fondato.

Come è noto, l'art. 2, comma 5, della legge n. 109/1994, introducendo l'obbligo, per i privati che si fossero impegnati a realizzare opere a scomputo, di affidare le stesse nel rispetto delle procedure di gara previste dalla direttiva 93/37/CEE, recepì l’indirizzo della Corte di giustizia (cfr. sent. 12 luglio 2001 C399/1998 relativa alla c.d. «Scala 2001»), per cui la realizzazione diretta di un'opera di urbanizzazione secondo le condizioni e le modalità previste dalla normativa italiana in materia urbanistica costituisce un ''appalto pubblico di lavori'' ai sensi della direttiva» (punto 97), anche se eseguite su proprietà privata e se formalmente di proprietà privata prima del passaggio al patrimonio pubblico).

Anche dopo la l. n. 166 del 2002, modificativa della l. n. 109 del 1994, (con cui si era stabilita l'esclusione dell' esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione solo allorquando il loro valore fosse almeno pari o inferiore alla soglia di riferimento) sussisteva il conseguente obbligo di espletare una procedura ad evidenza pubblica al fine di provvedere all' esecuzione delle predette opere, di valore superiore alla soglia (arg. ex Consiglio Stato sez. V 15 ottobre 2003 n. 6331). Inoltre il precetto è rimasto fermo anche successivamente, in quanto il Codice dei contratti di cui al d.lgs. 12/04/2006, n. 163, confermando la regola dell’evidenza pubblica, ha previsto la soggezione alle proprie norme di: “…g) lavori pubblici da realizzarsi da parte dei soggetti privati, titolari di permesso di costruire, che assumono in via diretta l'esecuzione delle opere di urbanizzazione a scomputo totale o parziale del contributo previsto per il rilascio del permesso, ai sensi dell'articolo 16, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e dell'articolo 28, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150; …” ; e tale orientamento è stato nuovamente confermato dalla Corte di giustizia (cfr. sentenza 21 febbraio 2008 C-412/2004).

Il privato titolare di uno strumento urbanistico attuativo contemplante l'esecuzione di opere di urbanizzazione, in quanto «altro soggetto aggiudicatore», è dunque sempre tenuto ad appaltare tali opere a terzi, nel rispetto del codice.

In definitiva l’obbligo della previsione dell’affidamento con procedura ad evidenza pubblica è sempre stato sussistente per tutta la durata del procedimento.

Nel caso in esame, considerando cumulativamente il valore globale di tutti i diversi ambiti, l’esecuzione dei lavori di urbanizzazione primaria e secondaria doveva essere comunque ricondotta alla disciplina del Codice dei contratti, a cagione del loro importo superiore alla soglia comunitaria.

In conseguenza il SUA approvato è illegittimo anche nella parte in cui consentiva l’esecuzione diretta di opere rilevanti in spregio alla disciplina comunitaria ed a quella nazionale in materia di esecuzione diretta delle opere di urbanizzazione.

___ 6.§.IV.21. Il venticinquesimo motivo è stato respinto dal Tar sul rilievo che sarebbe stato rispettato l’articolo 5 del d.p.r. n. 509/1997, essendo stato scelto il progetto FIN.IM.

Anche questa affermazione non è condivisa dagli appellanti, in quanto il procedimento di cui all’art. 5 del d.p.r. 905/1997 non è idoneo a soddisfare le esigenze di pubblicità previste dalla normativa interna a base comunitaria, in quanto si risolve in una pubblicazione presso la sola capitaneria di porto (Cons. stato Sezione VI 24 febbraio 2007 n. 914).

Inoltre nemmeno nell’anno 2000 vi era stata alcuna comparazione tra domande, perché si era proceduto all’affidamento a trattativa privata - senza pubblicità e senza possibilità di presentare domande concorrenti - dell’estesissimo compendio immobiliare di proprietà pubblica. Inoltre il Tar sbaglia quando afferma che l’altra società COGEP a r.l. aveva presentato la domanda nel 2000, in quanto l’aveva invece presentata nel lontano 1992. Sarebbe stata dunque necessaria una procedura di evidenza pubblica

La pubblicità ed il confronto concorrenziale sarebbero del tutto mancati, come risulterebbe anche dalla circostanza per cui la concessione demaniale marittima assentita con atto formale il 1 febbraio 2007 prot. n. 1095/2007 ha un contenuto ben diverso da quello che era stato delineato nel programma dell’anno 2000.

Nel 2000, in effetti, era stata chiesta una concessione demaniale marittima per sessant’anni e per 174.730 m² mentre del 2007 ne è stata rilasciata una per 104 anni per una superficie di 217.327,37 per opere ben più consistenti. La pubblicità e la gara si sarebbero dovut rispettare comunque con riguardo al contenuto della concessione demaniale del 2007.

L’assunto merita di essere integralmente condiviso con le ulteriori precisazioni che seguono.

Pregiudizialmente si deve negare che la Fin.imm potesse ab origine opporre un qualche precedente titolo giuridico all’affidamento diretto della concessione.

A tal fine era irrilevante il rapporto discendente dalla convenzione dell’8.5.1990 in base alla quale la Fin.Imm era titolata solamente alla gestione dell'ex- discarica Co.Ge.Far. Né poteva esser ritenuto sussistente un diritto di prelazione o di preferenza dipendente della presentazione e dall’approvazione da parte del C.C. di Ospedaletti (con la delibera n. 202/1988) dell’originario progetto per un’area verde “Parco Baia Verde”, in quanto tale piano concerneva un’opera minore e del tutto differente.

Neppure la successiva convenzione del 14.9.1991, con cui si era modificato l’oggetto ed era stata aggiunta la facoltà di richiedere alle autorità la concessione demaniale marittima, poteva essere considerata preclusiva della necessità di una pubblica evidenza.

Sotto l’aspetto sostanziale deve ricordarsi che l'art. 1, D.P.R. n. 509 del 1997 fa riferimento alla necessità del rispetto dei principi dell'art. 20, legge n. 59 del 1997, che, al comma 3, lett. c), richiama i princìpi generali di informazione, partecipazione, contraddittorio, trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e s.m.i.

Pertanto la specialità della disciplina non esclude la vigenza dei principi posti da una norma di principio quale è l’art. 12 della L. n. 241/1990 in ordine all’imparzialità ed alla trasparenza: a detta normativa sono soggetti“…non solo la concessione di sovvenzioni e sussidi, ecc., ..” ma anche “… l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati”, in quanto sono espressione concreta dei cardini costituzionali di cui all’art. 97 della Costituzione (cfr. Consiglio Stato sez. V 10 maggio 2005 n. 2345).

Di norma, cioè, la concessione di un bene demaniale marittimo deve essere senz’altro “… subordinata alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle Amministrazioni procedenti dei criteri e delle modalità cui le Amministrazioni devono attenersi”, come recita il cit. art. 12 .

In definitiva l’applicazione dell’art. 5 D.P.R. n. 509 del 1997 doveva, in ogni caso, conformarsi agli obblighi di evidenza pubblica e non avrebbe potuto prescindere, nel caso, dal previo esperimento della pubblicità e dalla predeterminazione dei criteri di assegnazione (che devono essere resi previamente noti a garanzia della trasparenza e dell’imparzialità dell'azione amministrativa).

E ciò a prescindere dal fatto che il procedimento di cui all’art. 5 del d.p.r. n. 509/1997 fosse stato iniziato ad istanza di parte. Infatti anche nell’ipotesi in cui il procedimento inizi non già per volontà dell'amministrazione bensì sulla base di una specifica richiesta di uno dei soggetti interessati all'utilizzo del bene, le concessioni di beni pubblici, essendo assimilate ad atti negoziali, non sfuggono, come si è più volte enunciato, ai principi che impongono l'espletamento di un confronto concorrenziale tra i soggetti potenzialmente interessati. Il che vale se non altro perché il risultato del procedimento consiste nel consentire ad un imprenditore di operare sul mercato in vista di una possibilità di lucro (sulla necessità di assicurare, in materia di utilizzo di un area demaniale marittima per finalità imprenditoriali, una procedura competitiva ispirata ai principi comunitari di trasparenza e non discriminazione, cfr. anche Corte Conti 13 maggio 2005 n. 5).

Nella fattispecie concreta la pubblicazione del progetto il 2 luglio 1992, fatta dalla Capitaneria di Porto relativamente alla richiesta di concessione demaniale marittima, si poneva in violazione del ricordato art. 12 della L. n.241/1990 e s.m.i. siccome priva di criteri di valutazione e preferenza.

D’altro canto, per la legittimità sostanziale del procedimento non può essere sufficiente l’avvenuto pregresso esperimento della previa pubblicizzazione della richiesta di concessione quando l’intervento sia stato, come nel caso, via via interessato da una progressiva radicale modificazione del progetto, che, comportando l’alterazione della situazione iniziale -- e quindi la par condicio dei potenziali aspiranti -- implica la necessità della rinnovazione della procedura ad evidenza pubblica.

Anche per questa ragione l’affidamento avrebbe dovuto essere in ogni caso oggetto di una rinnovata procedura di pubblica evidenza.

Quello di cui si doveva dare pubblicità era il progetto finale dell’intervento, così come previsto nella concessione demaniale marittima rilasciata il 1/02/07 prot. 1095 con durata di 99 anni (esclusi i 5 anni per i lavori).

Per giunta, essendo tali vicende temporalmente collocate successivamente all'art. 31 della L. 24 novembre 2000 n. 340, di abolizione della pubblicità integrativa dell’inserzione degli atti sul Foglio degli annunci legali agli albi pretori delle amministrazioni (di cui alla L. 30 giugno 1876 n. 3195), la sola pubblicazione della domanda di concessione demaniale sull'albo pretorio del comune, come previsto dall'art. 4 d.P.R. 2 dicembre 1997 n. 509 sul regime di pubblicità delle domande di concessione demaniale, essendo misura del tutto insufficiente a garantire una concreta possibilità di conoscenza alle imprese che operano nel settore, avrebbe dovuto essere integrata, con le forme di pubblicazione degli atti previste nell'art. 24 commi 1 e 2 l. 24 novembre 2000 n. 340 (abrogato dall'art. 256 d.lg. 12 aprile 2006 n. 163, ma applicabile alla fattispecie "ratione temporis"). Tali forme prevedevano la pubblicazione della domanda di concessione avanzata dal soggetto interessato almeno su uno o più siti informatici individuati con d.m. 6 aprile 2001 al fine di dare adeguata pubblicità alla (ri-avviata) procedura di affidamento della concessione demaniale.

Come ultima notazione si può pure osservare che la fattispecie in esame concerne un intervento che, alla fine, aveva assunto una complessità strutturale tale da superare di gran lunga l’ambito della mera concessione demaniale assentibile con una procedura ex art. 12 della L. n.241/1990 .

Il progetto aveva finito per inglobare contenuti estranei alla semplice concessione demaniale, ed anche alla convenzione urbanistica, che travalicava l’ambito ontologico del procedimento dell’ art. 12 della L. n.241/1990, ma implicava la necessità del ricorso addirittura al "project financing" .

Il progetto avrebbe dovuto essere necessariamente affidato, previo l’esperimento di una procedura di cui agli art. 37 bis e ss., l. n. 109 del 1994 (oggi art. 153, d.lgs. 12/04/2006, n. 163 e s.m.i. “ Codice dei contratti”).

Nulla è stato invece espletato nel caso di specie!

L’affidamento diretto senza l’esperimento di alcuna evidenza pubblica alla Fin.in è dunque radicalmente illegittimo e di conseguenza lo sono la concessione demaniale assentita con atto formale il 1° febbraio 2007 prot. n. 1095/2007 e tutti gli atti a ciò conseguenti (per il mancato previo esperimento della procedura di "project financing" di cui agli art. 37 bis e ss., l. n. 109/1994 cit.) .

___ 7.§. In conclusione l’indubbia forte “volontà politica” di tutte delle amministrazioni interessate di dare un seguito concreto ai piani della Fin.im appare la causa diretta delle notevoli e manifeste illegittimità procedimentali. Qui anche il TAR non pare abbia realmente compreso, nella sua reale consistenza, la complessità e l’anomalia della vicenda in esame.

L’appello è dunque fondato e deve essere accolto e, in conseguenza, a seguito dell’annullamento della decisione impugnata, deve, per l’effetto, essere pronunciato l’annullamento di tutti gli atti impugnati e di quelli a questi consequenziali, ed in particolare:

A-- del decreto del Presidente della Giunta regionale n. 493 del 5 agosto 1996, avente ad oggetto l’approvazione della variante integrale al Piano regolatore del Comune di Ospedaletti:

- per violazione della disciplina paesistica di cui all’art. 8 della cit. L.R. n. 6 (cfr. punto 3.§.I.2.4.;);

- per carenza dell’analisi e della specifica relazione geologica con riferimento all’area “de qua” (cfr. punto 3.§.I.5.1.);

- per la mancata specificazione delle reali esigenze di natura turistico-ricettive (cfr. punto 3.§.I.5.2.6.);

- per la indebita classificazione del sito come degradato al solo fine sviatorio di poter far luogo alla applicazione dell’art. 61 del NTA del PTCP concernente i progetti di riqualificazione urbana (cfr. punto 3.§.I.6.).

B-- del progetto definitivo dell’intervento perché non conforme al Piano territoriale della Costa (cfr, punto 6.§.IV.10).

C-- di tutti i provvedimenti relativi alla VIA adottati dall’Amministrazione regionale per l’intervento in questione per la carenza sostanziale di reali valutazioni sull’impatto ambientale (cfr. punto 6.§.IV.2.2. e 6.§.IV.9.c.);

D-- delle delibere del Consiglio comunale di Ospedaletti nn. 46 e 47 del 2006 per contraddittorietà e sviamento di potere (cfr. 6.§.IV.11);

E-- del SUA approvato con la deliberazione della conferenza dei servizi del 15-22 giugno 2006, e con determinazione del Segretario comunale del 22 dicembre 2006 esteso a ben nove AIO ubicati al di fuori di tale area, per difetto di legittimazione della Fin.im alla presentazione del relativo progetto (cfr. 6.§.IV.6.);

F-- dell’affidamento diretto senza l’esperimento di alcuna evidenza pubblica alla Fin.in della concessione delle aree interessate all’intero intervento(cfr. 6.§.IV.21).

Gli onorari e le spese del doppio grado di giudizio, secondo le regole generali, seguono la soccombenza e sono liquidate pro-quota a carico delle parti appellate per complessivi € 9.000,00 in favore degli appellanti in solido.

Il Comune di Ospedaletti è condannato altresì al rimborso del contributo unificato versato dagli appellanti in primo grado e per il giudizio d’appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___1. accoglie l'appello e, in riforma della decisione impugnata, annulla gli atti come precisati in motivazione.

___2. Condanna le parti resistenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio in favore del Condominio Le Margherite e degli altri appellanti che vengono partitamente liquidate rispettivamente come segue:

____ 2.1. € 3.000,00 (di cui € 500,00 per spese) oltre all’IVA ed alla CPA a carico del Comune di Ospedaletti;

____ 2.2. in € 3.000,00 (di cui € 500,00 per spese) oltre all’IVA ed alla CPA a carico della Regione Liguria;

____ 2.3. in € 3.000,00 (di cui € 500,00 per spese) oltre all’IVA ed alla CPA a carico della FINIM s.r.l. ;

____ 3. Condanna il Comune di Ospedaletti al rimborso dei contributi unificati versati dal Condominio “Le Margherite” e dagli altri appellanti ai sensi dell'art. 13 comma 6-bis, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 rispettivamente per il primo grado e per il giudizio d’appello.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sergio De Felice, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 22/01/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)