Consiglio di Stato Sez. VI n.755 del 6 febbraio 2018
Urbanistica.Sanatoria e normativa regionale

La legislazione regionale [campana] non può trovare applicazione al fine di ritenere che siano sanabili le opere realizzate su aree gravate da vincoli relativi ed in contrasto con gli strumenti urbanistici, dovendo al contrario trovare integrale applicazione la normativa statale, la quale è chiara nell’escludere dal campo di applicazione della sanatoria gli immobili realizzati su aree vincolate in difformità dagli strumenti urbanistici (segnalazione e massima Avv. M. BALLETTA)

Pubblicato il 06/02/2018

N. 00755/2018REG.PROV.COLL.

N. 01977/2013 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1977 del 2013, proposto dai signori Margherita Celentano e Mario Maresca, rappresentati e difesi dall'avvocato Antonio Maria Di Leva, con domicilio eletto presso lo studio Gianmarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

il Comune di Sant'Agnello, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Domenicantonio Siniscalchi, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Maria Grazia Leo in Roma, via Filippo Tolli, n. 2;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VII, n. 3380/2012, resa tra le parti, concernente un diniego di sanatoria edilizia;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sant'Agnello;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° febbraio 2018 il Cons. Davide Ponte e uditi per le parti l’avvocato Antonio Maria Di Leva e l’avvocato Gian Luca Lemmo, su delega dell'avvocato Domenicantonio Siniscalchi;

 

- rilevato che la presente controversia ha ad oggetto l’appello proposto nei confronti della sentenza n. 3380\2012, con cui il Tar per la Campania ha respinto i ricorsi proposti dall’odierna appellante avverso i provvedimenti recanti l’ingiunzione di demolizione e il diniego di sanatoria di opere abusive in zona sottoposta a vincolo paesaggistico;

- atteso che tali opere risultavano consistenti un fabbricato a destinazione residenziale, della consistenza di mq. 149,86, unifamiliare, sviluppato a livello del piano terra, del piano primo e secondo, uniti da scala esterna;

- considerato che con il presente appello sono dedotti quattro ordini di vizi, concernenti la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di condono, la violazione della disciplina del condono stesso che in caso di vincolo di inedificabilità relativa impone di acquisire il relativo nulla osta, l’assenza del parere della commissione edilizia e le illegittimità degli atti sanzionatori, privi della indicazione dell’area di sedime nonché della necessaria motivazione sull’interesse pubblico alla demolizione;

- ritenuto che l’appello sia infondato;

- atteso che, in merito ai vizi dedotti in relazione alla condonabilità ed alla relativa necessità del nulla osta in caso di vincolo di inedificabilità relativa, assume rilievo preminente l’orientamento già espresso dalla sezione in ordine alla stessa disciplina regionale (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, n. 1098\2016, diversamente dal precedente invocato da parte appellante che riguardava la legislazione regionale toscana);

- rilevato che l’art. 32, comma 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (‘Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici’) prevede che: «Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora (…) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici»;

- atteso che, pertanto, tale norma esclude la possibilità di ottenere la sanatoria quando ricorrono i due requisiti sopra indicati: a) sussistenza di un vincolo di inedificabilità, anche relativa, apposto prima della realizzazione delle opere; b) difformità delle opere rispetto alle disposizioni urbanistiche;

- rilevato che, se per un verso l’art. 1, comma 72, della legge della Regione Campania n. 16 del 2014 prevede che il divieto di sanatoria operi soltanto in presenza di «vincoli che comportano l’inedificabilità assoluta delle aree su cui insistono e siano stati imposti prima dell’esecuzione delle opere stesse», per un altro verso la Corte costituzionale, con la sentenza n. 117 del 2015, ha chiarito che tale norma regionale non riguarda il cosiddetto “terzo condono” di cui al d.l. n. 269 del 2003;

- considerato che, di conseguenza e contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la legislazione regionale non può trovare applicazione al fine di ritenere che siano sanabili le opere realizzate su aree gravate da vincoli relativi ed in contrasto con gli strumenti urbanistici, dovendo al contrario trovare integrale applicazione la normativa statale, la quale è chiara nell’escludere dal campo di applicazione della sanatoria gli immobili realizzati su aree vincolate in difformità dagli strumenti urbanistici;

- atteso che in tale contesto neppure è necessaria l’acquisizione del parere della Soprintendenza, in quanto lo stesso art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 esclude la condonabilità delle opere quando ricorrono le condizioni previste da tale disposizione;

- rilevato che, pertanto, non assume alcuna rilevanza l’acquisizione del parere. In altri termini, se l’esistenza dei presupposti fattuali contemplati dalla norma di disciplina del potere pubblica preclude la possibilità del condono delle opere abusive, non si può ritenere necessaria la fase valutativa di competenza della Soprintendenza;

- ritenuto che ad analoghe conclusioni negative deve giungersi rispetto alle restanti censure, in quanto, se in linea di fatto risulta pacifica la consistenza delle opere abusive in contestazione, in linea di diritto i vizi di appello dedotti si scontrano con la giurisprudenza già espressa anche dalla sezione;

- rilevato che, se in relazione alla assenza formale della invocata comunicazione assume rilievi dirimente il carattere vincolato della sanzione demolitoria (specie laddove trattasi di abuso realizzato in zona vincolata, cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 16 febbraio 2017, n. 694), in merito alla motivazione della sanzione in questione va ricordato il principio, ancora di recente ribadito dall’Adunanza plenaria (cfr. dec n. 9 del 2017) per il quale il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile abusivo e giammai assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso;

- considerato che l’'atto che ordina l'eliminazione delle opere realizzate, oltre a sanzionare l'abuso contestato, può ritenersi sufficientemente motivato per effetto della stessa descrizione dell'abuso accertato, presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare l'emanazione della misura sanzionatoria della demolizione, atteso che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi mediante applicazione della misura ripristinatoria costituisce atto dovuto, per il quale è in re ipsa l'interesse pubblico alla sua rimozione;

- rilevato che, in linea di fatto, nel caso in esame non sussiste alcun difetto di istruttoria o di motivazione rilevante ai fini predetti in quanto gli atti istruttori, confluiti nel provvedimento conclusivo, e lo stesso ordine di demolizione contengono una chiara ricostruzione dell’abuso realizzato, nonché una evidente qualificazione dell’intervento;

- atteso che, infine, in ordine alle deduzioni concernenti le carenze degli atti sanzionatori, va ribadito (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. V, 7 luglio 2014, n. 3438, e sez. IV, 20 maggio 2014, n. 2568) che la circostanza che l'ordine di demolizione del manufatto abusivamente realizzato non contenga l'indicazione dell'effetto acquisitivo e non descriva l'area da acquisire non è causa di illegittimità dello stesso, atteso che l'effetto acquisitivo costituisce una conseguenza fissata direttamente dalla legge, senza necessità dell'esercizio di alcun potere valutativo da parte dell'Autorità eccetto quello del mero accertamento dell'inottemperanza all'ordine di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi; per quanto invece riguarda l'indicazione dell'area da acquisire, il provvedimento con cui si ingiunge al responsabile della costruzione abusiva di provvedere alla sua distruzione nel termine fissato, non deve necessariamente contenere l'esatta indicazione dell'area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inerzia, atteso che il provvedimento di ingiunzione di demolizione (i cui requisiti essenziali sono l'accertata esecuzione di opere abusive ed il conseguente ordine di demolizione) è distinto dal successivo ed eventuale provvedimento di acquisizione, nel quale, invece, è necessario che sia puntualmente specificata la portata delle sanzioni irrogate;

- considerato che le spese del secondo grado di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 1977 del 2013, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Condanna parte appellante al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di parte appellata, liquidate in complessivi euro 2.500,00 (duemilacinquecento\00), oltre accessori dovuti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 1° febbraio 2018, con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Bernhard Lageder, Consigliere

Vincenzo Lopilato, Consigliere

Oreste Mario Caputo, Consigliere

Davide Ponte, Consigliere, Estensore