Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1366, del 6 marzo 2013.
Urbanistica.Illegittimità diniego di sanatoria per intervento di risanamento edilizio
E’ illegittimo il diniego di concessione edilizia in sanatoria ex art. 13, l. n. 47 del 1985, relativo ad una struttura edilizia adibita a spogliatoio e servizio igienico, realizzata senza titolo in aderenza ad altro corpo di fabbrica, oggetto di condono edilizio. La realizzazione di modesti volumi per impianti tecnologici e servizi igienici, funzionali alla destinazione del fabbricato, integra la fattispecie del risanamento conservativo quale descritta dall'art. 31, della l. 5 agosto 1978 n. 457, rientrando nella ratio di tale normativa gli interventi finalizzati al recupero edilizio, quali sono per l’appunto gli impianti tecnologici e i servizi igienici, sempre che l’intervento miri alla conservazione della destinazione d'uso dell'edificio. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01366/2013REG.PROV.COLL.
N. 11158/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11158 del 2000, proposto da:
Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Dardo, Anna Pulcini, Antonio Andreottola, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Anna Ivana Furnari, Maria Lucia Pizza, Bruno Riccio, Gabriele Romano, Bruno Ricci, Edoardo Barone e Giuseppe Tarallo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;
contro
Famiglietti Antonio nella qualità di amministratore unico della Società “Arte Gaia di Famiglietti Antonia e D’Anna” s.n.c., rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Parrella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE IV n. 03097/1999, resa tra le parti, concernente DINIEGO CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2012 il Consigliere di Stato Doris Durante;
Udito l’avv. Accattatis;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Il TAR Napoli, con sentenza n. 3097 del 20 ottobre – 6 dicembre 1999, accoglieva il ricorso proposto dalla società “Arte Gaia di Famiglietti Antonio e D’Anna” s.n.c. per l’annullamento del diniego di concessione edilizia in sanatoria ex art. 13, l. n. 47 del 1985, relativo ad una struttura edilizia adibita a spogliatoio e servizio igienico, realizzata senza titolo in aderenza ad altro corpo di fabbrica, oggetto di condono edilizio.
Il Comune di Napoli aveva respinto l’istanza di sanatoria, conformandosi ai pareri contrari della commissione edilizia e del Responsabile del procedimento, ritenendo ostativa la destinazione C2 di zona che non consentiva la realizzazione di nuova volumetria, nonché la circostanza che l’immobile principale fosse oggetto di condono edilizio.
Il TAR ha ritenuto che nessuna delle circostanze preclusive giustificasse il provvedimento negativo, affermano che, la pendenza di istanza di condono, non può costituire motivo di diniego ma di sollecita definizione della pratica di condono e che l’intervento, ricadendo nella fattispecie del “risanamento” quale descritto dall’art. 31 della l. 457 del 1978, sarebbe ammissibile anche nella zona C2.
2.- Il Comune di Napoli, con l’atto di appello, assume che la sentenza non avrebbe tenuto conto delle circostanze di fatto e prescinderebbe dalla ortodossa applicazione dell’art. 31, della l. n. 457 del 1978, e per tali motivi sarebbe erronea e da riformare.
3.- Si è costituito in giudizio il signor Famiglietti nella qualità in atto, che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello, perché meramente riproduttivo delle difese di primo grado e nel merito, ne ha chiesto il rigetto perché infondato in fatto e diritto.
Precisate le conclusioni nei termini di cui agli atti difensivi, alla pubblica udienza del 30 ottobre 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.
4.- L’appello è infondato e va respinto, sicché si può prescindere dall’esame dell’eccezione di inammissibilità.
5.- In ordine alla consistenza dell’intervento, esso, secondo la descrizione contenuta nel provvedimento comunale, peraltro non contestata, è costituito da un corpo di fabbrica della superficie di circa 16 metri quadrati e dell’altezza di m. 2,30 ubicato su una parete del cortile interno di un fabbricato destinato a laboratorio per arti e mestieri, a ridosso del muro perimetrale dei locali destinati ad imballaggio e sala esposizione.
Il locale è destinato a servizi igienici e spogliatoio ed è funzionale all’attività produttiva, cui è destinato il fabbricato.
6.- Il Comune appellante assume l’incompatibilità dell’intervento con la destinazione C2 della zona in cui ricade l’intervento, in quanto la disciplina del piano regolatore generale non consentirebbe nelle zone così tipizzate la realizzazione di nuove volumetrie (artt. 9 e 25 del p.r.g.) e perché l’opera de qua non potrebbe qualificarsi intervento di ristrutturazione o risanamento edilizio, diversamente da quanto affermato dal TAR.
Il percorso motivazionale del Comune non è condivisibile.
6.1- Le disposizioni del piano regolatore generale del Comune di Napoli (articoli 9 e 25) consentono nella zona C, sottozona C2, ove ricade l’intervento edilizio di cui trattasi, interventi di risanamento e ristrutturazione edilizia.
Ciò posto, come correttamente affermato dal TAR, il concetto di risanamento e ristrutturazione edilizia va desunto dall’art. 31 della l. n. 457 del 1978.
A norma del citato art. 31, comma 1, lettera c) della l. n. 457 del 1978, sono “interventi di restauro e risanamento conservativo quelli rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con esso compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio. L’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.
Il dato testuale della norma citata comprende, quindi, nel risanamento conservativo l’eventuale inserimento di elementi funzionali alla destinazione del fabbricato, quali sono per consolidata giurisprudenza, i locali destinati a servizi igienici.
Deve ritenersi, pertanto, che la realizzazione di modesti volumi per impianti tecnologici e servizi igienici, funzionali alla destinazione del fabbricato, integra la fattispecie del risanamento conservativo quale descritta dall'art. 31, della l. 5 agosto 1978 n. 457, rientrando nella ratio di tale normativa gli interventi finalizzati al recupero edilizio, quali sono per l’appunto gli impianti tecnologici e i servizi igienici, sempre che l’intervento miri alla conservazione della destinazione d'uso dell'edificio.
Tali caratteri ricorrono per l’intervento di cui trattasi, in cui la modesta volumetria in uno con la finalità dell’intervento ben ne consentono la qualificazione alla stregua di intervento di risanamento edilizio.
6.2- Va da sé che la destinazione del fabbricato ad attività produttiva non impedisce l’applicazione dell’art. 31, l. n. 457 del 1978.
6.3- In ordine, poi, alla circostanza che il fabbricato sia esso stesso oggetto di condono edilizio, non assume rilievo alcuno, essendo il condono edilizio, un istituto previsto dal legislatore con la finalità di regolarizzare l’abuso edilizio, che perde in conseguenza la valutazione negativa dell’ordinamento giuridico, e comporta la parificazione dell’immobile condonato a quello dotato di assenso dell’amministrazione.
Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto.
La condanna alle spese di giudizio segue la soccombenza, nell’importo indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l 'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza di primo grado.
Condanna il Comune di Napoli al pagamento in favore di Famiglietti Antonio, nella qualità in atti, di euro 2.000,00 oltre accessori di legge per spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Marzio Branca, Presidente
Manfredo Atzeni, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/03/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)