Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1238, del 13 marzo 2014
Urbanistica.Illegittimità diniego P.d.C in variante per mancato consenso dell’usufruttuario
L’amministrazione, preso atto del titolo, avrebbe dovuto limitarsi alla verifica del progetto rispetto alle norme urbanistiche ed edilizie. L’usufruttario, qualora leso nel suo godimento, avrebbe dovuto chiedere al giudice ordinario, la tutela possessoria del diritto reale o quella contrattuale, se nel contratto (com’è nel caso di specie), quest’ultimo trova la sua fonte, atteso che, lo specifico disposto normativo di cui all’art. 11 (Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi) esclude che possano sorgere in capo ai terzi titolari di diritti reali, interessi legittimi tutelabili dinanzi al GA, quindi il diniego opposto alla richiesta di variante risulta illegittimo in quanto motivato dall’amministrazione esclusivamente con riferimento al mancato consenso dell’usufruttuario. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 01238/2014REG.PROV.COLL.
N. 05787/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5787 del 2012, proposto da:
Barbara Griggio, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Daniele Toffanin, con domicilio eletto presso Massimo Cesaro in Roma, via Calabria N.56;
contro
Comune di Spinea in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Domenico Chinello, Leonardo Gnisci, con domicilio eletto presso Leonardo Gnisci in Roma, via G. Pisanelli, 2;
Lorena Carrirolo, rappresentato e difeso dagli avv. Massimo Biolo, Stefano Giordano, Sabina Maroncelli, con domicilio eletto presso Sabina Maroncelli in Roma, viale Carso 71;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 00032/2012, resa tra le parti, concernente diniego permesso di costruire.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Spinea e di Lorena Carrirolo;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 novembre 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Daniele Toffanin, Leonardo Gnisci e Massimo Biolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La sig.ra Barbara Griggio è proprietaria di un compendio immobiliare in Comune di Spinea, in via Prati 26, costituito da un’abitazione su due piani con scantinato ed ampio scoperto, sul quale insiste anche un fabbricato avente in origine destinazione artigianale. Il piano terreno dell’abitazione ed il comunicante scantinato sono peraltro posseduti in usufrutto dalla madre della Greggio, Lorena Carrirolo, in favore della quale è anche costituita una servitù di passaggio, che le consente di accedere alla sua abitazione attraverso un ingresso al termine di un percorso, il quale costeggia quasi per intero l’edificio e che principia dall’ingresso su via Prati.
Nel Giugno del 2009, il Comune di Spinea rilasciava alla sig.ra Griggio permesso di costruire n. 35, per il frazionamento dell'immobile principale in due unità abitative, la demolizione del preesistente manufatto ad uso artigianale e l’ edificazione, in luogo di quest’ultimo, di una nuova unità residenziale di volumetria assai maggiore.
L’intervento, così come approvato, modificava l’accesso all’appartamento al piano terreno, eliminando la servitù di passaggio; prevedeva che la nuova unità dovesse essere realizzata in aderenza con la parete nord dell’edificio principale, di fatto occludendo una finestra che dava nel sottoscala dell’appartamento posseduto dalla Carrirolo.
Perciò, quest’ultima impugnava il permesso di costruire, deducendone l’illegittimità sotto il profilo della violazione del suo diritto reale.
Nelle more del giudizio, la sig.ra Griggio presentava una domanda per un permesso di costruire in variante, che, a suo avviso, avrebbe dovuto eliminare i profili controversi del permesso precedente: il fronte del fabbricato da realizzare in luogo del laboratorio veniva arretrato, liberando sia la finestra sulla parete nord, sia l’ingresso originario all’abitazione della Carrirolo, con il ripristino della relativa servitù di accesso; scompariva anche il nuovo accesso di progetto all’appartamento della stessa Carrirolo.
Il Comune, tuttavia, a questo punto, accertata univocamente l’esistenza di diritti reali di godimento in capo alla sig.ra Carrirolo, nonché l’assenza di sua esplicita approvazione del nuovo progetto, respingeva la domanda per il permesso di costruire in variante con il provvedimento 14 gennaio 2011, prot. n. 810/2011, affermando a chiare lettere che la legittimazione ad ottenere il titolo abilitativo spettasse congiuntamente al proprietario ed all’usufruttuario o, a tutto concedere, a quest’ultimo solo.
Questa volta il provvedimento era impugnato dalla sig.ra Griggio.
Il TAR accoglieva il primo ricorso proposto dalla sig.ra Carrirolo e, per l’effetto annullava il permesso di costruire; respingeva il secondo ricorso proposto dalla sig.ra Griggio. Osservava in particolare, quanto al primo ricorso, che spettano all’usufruttuario dell’immobile – e non al nudo proprietario - tutti i diritti, i poteri e le facoltà inerenti alla cosa, ivi compreso lo ius aedificandi correlato. Accertava, quanto al secondo ricorso, il venire meno dell’interesse a contestare la variante (in quanto afferente ormai ad un titolo annullato); in ogni caso riteneva infondato, anche nel merito, il ricorso medesimo, sulla base delle risultanze della verificazione disposta.
Propone ora appello la sig.ra Griggio.
Il TAR non avrebbe attentamente vagliato i contenuti del contratto di concessione del diritto di usufrutto, in particolare con riferimento all’area esterna; avrebbe errato nell’applicare le norma sulle distanze in relazione a costruzione che appartengono ad unico proprietario; avrebbe, ancora, errato nel ritenere necessario l’assenso dell’usufruttuario anche in relazione ad opere che non sono oggetto di usufrutto, né limitano il diritto di godimento del medesimo. Infine, il Giudice di prime cure avrebbe erroneamente valutato le risultanze istruttorie della disposta verificazione.
Si sono costituiti sia il Comune che la controinteressata, invocando la reiezione del gravame.
L’appello è fondato in ragione di quanto segue.
DIRITTO
In particolare a dovere essere rivista è l’affermazione del TAR per la quale lo ius aedificandi spetta all’usufruttuario, ed è comunque necessario il suo espresso consenso per il rilascio del titolo abilitativo chiesto dal nudo proprietario che riguardi o incida in qualche modo sul bene oggetto di usufrutto.
In proposito, l’art. 11 del Testo unico edilizia contiene tutte le norme utili a dirimere la questione contenziosa.
Esso innanzitutto prevede che “il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”.
Dinanzi a tale chiaro tenore normativo non v’è dubbio che l’amministrazione abbia il dovere di rilasciare il titolo (sempre che ovviamente ne ricorrano i presupposti) a chi alleghi il diritto di proprietà dell’immobile, sia che esso ricomprenda la facoltà di godere in maniera piena del bene, sia che esso risulti limitato, per la concorrenza di diritti reali di godimento di terzi. Piuttosto, la norma sembra suggerire l’alternativa legittimazione di terzi, ed in tal caso emerge la necessità della verifica, in concreto, del diverso titolo e della sua portata legittimante (si pensi al caso del superficiario, o dell’usufruttuario per il caso delle opere di natura manutentiva, o ancora, del titolare di servitù in relazione alle opere necessarie per l’esercizio). L’amministrazione ha cioè l’onere di accertare, ovviamente nei limiti dell’ordinaria esigibilità, l’effettiva esistenza e portata del diverso titolo (rispetto al diritto di proprietà) e, in caso di incertezza, può sempre richiedere il formale assenso dall’unico soggetto sicuramente legittimato, id est il proprietario.
L’assunto non può subire deroghe ove il titolare di un diritto reale di godimento si opponga formalmente in sede procedimentale al rilascio del permesso di costruire al legittimo proprietario, poiché l’amministrazione, rilasciando il titolo, non costituisce ex novo un diritto ad edificare opponibile al terzo titolare del diritto reale o capace di incidere sulla relativa sfera giuridica, che invece è fatta sempre espressamente salva dall’art. 11, limitandosi piuttosto ad attestare il rispetto delle norme urbanistiche, edilizie e tecniche.
La diversa ed ulteriore questione relativa all’eventuale incidenza del titolo sulle facoltà di godimento spettanti a terzi è risolta dalle altre due norme, pure contenute nell’art. 11.
La prima avverte che “il permesso di costruire non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio”. Essa ha riguardo non al suolo ma all’edificio sullo stesso eretto, e chiarisce, per quanto non ve sia bisogno, che il titolo è semplicemente un atto amministrativo che rimuove un limite previamente imposto dalla legge a tutela dell’interesse pubblico urbanistico edilizio. Esso non ha alcun effetto costitutivo, né è in grado di incidere sulla disciplina civilistica concernente la sorte delle costruzioni su suolo altrui, com’è noto governata dal principio dell’accessione.
La seconda norma attiene invece al suolo o, comunque, all’immobile oggetto dei lavori autorizzati dal titolo: “Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi”. E’ chiaro il senso della norma: essa ricollegandosi allo schema della rimozione del limite legale innanzi accennato, ribadisce che il titolo attesta la conformità del progetto edilizio alle norme urbanistiche e di settore, ma non è idoneo a conferire alcun “potere” di costruire in pregiudizio di chi vanta diritti reali incompatibili, che rimangono tal quali.
Costoro potranno manutenere il loro diritto dinanzi al Giudice ordinario, che somministrerà tutela previo accertamento della titolarità delle posizioni di diritto soggettivo fatte valere, eventualmente considerando tamquam non esset il titolo amministrativo.
Così stando le cose, davvero non si comprende come si sia potuto generare un cosi nutrito contenzioso a fronte di un permesso chiesto dal “nudo” proprietario.
L’amministrazione, preso atto del titolo, avrebbe dovuto limitarsi alla verifica del progetto rispetto alle norme urbanistiche ed edilizie. L’usufruttario, qualora leso nel suo godimento, avrebbe dovuto chiedere al giudice ordinario, la tutela possessoria del diritto reale o quella contrattuale, se nel contratto (com’è nel caso di specie), quest’ultimo trova la sua fonte, atteso che, lo specifico disposto normativo di cui all’art. 11 (Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi) esclude che possano sorgere in capo ai terzi titolari di diritti reali, interessi legittimi tutelabili dinanzi al GA.
Del resto, da quanto si evince dalle stesse difese della sig.ra Carrirolo, quest’ultima ha già investito il Tribunale civile di Venezia con un azione possessoria contro lo spoglio e le molestie derivanti dall’avvio dei lavori relativi all’ampliamento del fabbricato, ed il Tribunale ha accolto il ricorso ordinando la cessazione delle turbative (ordinanza Trib. Venezia 4/10/2011, asseritamente definitiva per assenza di reclamo o di istanza di prosecuzione del giudizio di merito).
Alla luce di tutto quanto sopra chiarito, il diniego opposto alla richiesta di variante risulta illegittimo in quanto motivato dall’amministrazione esclusivamente con riferimento al mancato consenso dell’usufruttuario. E’ ovviamente del tutto ultroneo indagare ulteriormente, ai fini della valutazione della legittimità del titolo, ulteriori profili - sui quali le parti invero diffusamente discutono - relativi all’effettiva estensione oggettiva del diritto di usufrutto e al pregiudizio che le opere autorizzate comportano per l’usufruttuario.
In riforma della sentenza di prime cure il ricorso della sig.ra Griggio merita pertanto di essere accolto.
Per gli stessi motivi il ricorso della sig.ra Carrirolo, avente ad oggetto l’originario permesso di costruire, deve essere invece respinto. Con il ricorso introduttivo, la medesima ha impugnato il permesso di costruire, lamentando, in sintesi, che lo stesso non tenesse in alcun conto il suo diritto reale di godimento su parte dell’immobile, ed il mancato consenso alla progettata trasformazione edilizia.
In forza di quanto chiarito, il mancato consenso, espresso o tacito dell’usufruttuario, non è in sé un vizio del permesso di costruire. Piuttosto, poiché il titolo fa salvi i diritti dei terzi, e quindi, nel caso di specie, dell’usufruttuario, quest’ultimo potrà eventualmente impedire l’esecuzione dei lavori in concreto pregiudizievoli secondo il contenuto del proprio diritto nella valutazione che ne ha fatto o che ne potrà fare il giudice ordinario.
In conclusione, in riforma della sentenza di prime cure, il ricorso della sig.ra Carrirolo è respinto, quello della sig.ra Griggio è accolto, con conseguente annullamento del diniego di permesso in variante.
Le spese del doppio grado possono essere compensate avuto riguardo alla peculiarità delle questioni.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento del diniego di permesso in variante; respinge invece il ricorso proposto in primo grado dalla sig.ra Carrirolo.
Spese del doppio grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)