Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5274, del 31 ottobre 2013
Urbanistica.Legittimità diniego di condono in zona Parco del Cilento

La questione di principio attiene alla compatibilità dell’abuso eseguito con la zona protetta (Parco del Cilento), in relazione al vincolo sopravvenuto e con riguardo all’esatta incidenza dell’art. 32, comma 43-bis, del decreto legge n. 269 del 2003 (c.d. terzo condono) sulle leggi di condono anteriori n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994. Su tali temi la giurisprudenza di questo Consiglio si è già pronunciata nel senso che: - nel caso di sopravvenienza di un vincolo di protezione, l’autorità competente ad esaminare l’istanza di condono, riconducibile ai primi due condoni, deve acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del “vincolo sopravvenuto”, la quale deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi; - il richiamato art. 32, comma 43-bis, ha soltanto disposto che le istanze di condono, presentate in base alle prime due leggi del 1985 e del 1994, continuano a dover essere esaminate sulla base della normativa sostanziale anteriore (più favorevole) a quella (più restrittiva) contenuta nella legge n. 326 del 2003. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05274/2013REG.PROV.COLL.

N. 04004/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 4004 del 2013, proposto dall’ Ente Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

Nicola Carlomagno, rappresentato e difeso dall'avv. Fedele Alberti, con domicilio eletto presso Marco Valerio Santonocito in Roma, via degli Scipioni, n. 52;

nei confronti di

Comune di Vallo della Lucania, non costituito;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 02264/2012, resa tra le parti, concernente diniego di concessione in sanatoria.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Nicola Carlomagno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 il Cons. Vito Carella e udito per la parte resistente l’avvocato Santonocito per delega di Alberti, anche ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;



1.- La presente decisione viene assunta in forma semplificata, a termini degli artt. 60 e 74 c.p.a., dopo aver accertato la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, preavvertite le parti, essendo chiara la situazione di fatto nei suoi punti di riferimento e nella problematica dibattuta, alla luce di pacifici principi e consolidati precedenti giurisprudenziali in materia urbanistico-edilizia, dai quali non v’è ragione alcuna per discostarsi.

L’appello va accolto e la sentenza gravata deve essere per l’effetto riformata.

2.- Il ricorrente in primo grado ha impugnato, chiedendone l’annullamento, il diniego comunale di condono n. 12897/2012 (abusivo posizionamento nel 1993 di un prefabbricato all’interno di una tettoia in zona Parco del Cilento), unitamente al presupposto parere negativo reso dall’Ente Parco (opere eccedenti rispetto agli interventi consentiti e non in funzione di usi agricoli).

Il Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe indicato, con la sentenza impugnata, ha accolto il ricorso con compensazione delle spese di giudizio, nel rilievo che, per i vincoli sopravvenuti alla realizzazione dell’abuso, non sia richiesto il parere dell’Ente preposto alla relativa tutela.

3.- Il Parco appellante ha gravato la sentenza in esame e ne ha chiesto la riforma, previa misura cautelare, a mezzo di unico articolato motivo di censura per erronea applicazione di legge, tramite il quale si sostiene che occorre invece tenere conto del vincolo esistente al momento in cui viene esaminata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo stesso.

Con la memoria non notificata l’appellato ha opposto, in sintesi, la sopravvenienza del vincolo e la natura pertinenziale del manufatto, ambientalmente compatibile inoltre con l’attività artigianale esercitata in loco da tempo risalente.

Il Comune intimato non si è costituito in giudizio e alla camera di consiglio del 12 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione, per la sua definizione in forma semplificata, dopo aver sentito le parti presenti.

4.- La questione di principio posta dall’appello attiene alla compatibilità dell’abuso eseguito (la NTA consente soltanto interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria o di restauro e risanamento conservativo nonché interventi infrastrutturali esclusivamente e strettamente necessari per il mantenimento delle attività agro-silvo pastorali o per la prevenzione degli incendi) con la zona protetta (Parco del Cilento), in relazione al vincolo sopravvenuto e con riguardo all’esatta incidenza dell’art. 32, comma 43 bis, del decreto legge n. 269 del 2003 (c.d. terzo condono) sulle leggi di condono anteriori n. 47 del 1985 e n. 724 del 1994.

Su tali temi la giurisprudenza di questo Consiglio si è già pronunciata con specifici precedenti, puntuali al caso di specie, nel senso che:

- nel caso di sopravvenienza di un vincolo di protezione, l’autorità competente ad esaminare l’istanza di condono, riconducibile ai primi due condoni, deve acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del “vincolo sopravvenuto”, la quale deve pronunciarsi tenendo conto del quadro normativo vigente al momento in cui esercita i propri poteri consultivi (Adunanza Plenaria, 22 luglio 1999, n. 20);

- il richiamato art. 32, comma 43 bis, ha soltanto disposto che le istanze di condono, presentate in base alle prime due leggi del 1985 e del 1994, continuano a dover essere esaminate sulla base della normativa sostanziale anteriore (più favorevole) a quella (più restrittiva) contenuta nella legge n. 326 del 2003 (sez. VI, 30 aprile 2013, n. 2367, intervenuta nella fattispecie omologa Ente Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano contro G.G.).

Va di conseguenza riformata la sentenza in esame, che muove da principi opposti agli orientamenti giurisprudenziali dinanzi riportati.

5.- Né si può condividere la situazione di fatto prospettata nel controricorso dal ricorrente originario, alla luce delle stesse ammissioni di parte.

La domanda di condono risulta interessare una struttura nuova (prefabbricato) con destinazione ad uso “artigianale” che non può essere qualificata come pertinenza per la sua oggettiva consistenza (mq. 30 circa), peraltro non preordinata ad una effettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, bensì dotato di autonomo valore di mercato in ampliamento delle preesistenze e ad incremento dell’attività esercitata.

La nozione di pertinenza in ambito edilizio ha, infatti, un significato più circoscritto rispetto a quello civilistico. Essa designa un manufatto privo di destinazione e valore autonomi, che non aggrava il carico urbanistico, di ridotte dimensioni, tali da non alterare in modo significativo l'assetto del territorio, caratteristiche queste che non possono essere superate, nel caso di specie, dall’espediente di collocare il prefabbricato all’interno di una tettoia (Cons. St., sez. V, 11 giugno 2013, n. 3221 e 19 luglio 2013, n. 3939; sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5509).

Da tanto deriva che legittimamente l’Ente Parco ha ravvisato la portata impeditiva del vincolo, sia pure sopravvenuto, doverosamente adeguandosi agli orientamenti giurisprudenziali secondo cui la valutazione dell’opera abusiva deve avvenire nel concreto sulla base della disciplina vigente al momento dell’esame della domanda di condono.

6.- Per le considerazioni che precedono l’appello è dunque fondato e, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso in primo grado deve essere respinto.

Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di lite relative al doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di Salerno, n. 2264 del 7 dicembre 2012, respinge il ricorso in primo grado.

Compensa le spese di lite relative al doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente

Maurizio Meschino, Consigliere

Vito Carella, Consigliere, Estensore

Claudio Contessa, Consigliere

Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/10/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)