Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1255, del 13 marzo 2014
Urbanistica.Legittimità diniego sanatoria per non conformità delle opere alla disciplina di zona

Non si può considerare di scarso impatto urbanistico-edilizio l’estensione del ballatoio tramite un balcone, la trasformazione di una finestra in porta finestra, la realizzazione del porticato sotto il suddetto nuovo balcone e i pergolati laterali, poiché, già in base alla descrizione di quei nuovi manufatti risulta che essi non possono ritenersi né opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo né opere “entro la volumetria esistente”. E’ quindi legittimo il provvedimento di diniego di sanatoria ex articolo 13 della legge n. 47/1985, per non conformità delle opere alla disciplina di zona. (Segnalazione e massima a cura di F. albanese)

N. 01255/2014REG.PROV.COLL.

N. 05632/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. di registro generale 5632 del 2000 proposto da Magistrati Maria Luisia, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Lavitola e Maria Enrica Cavalli, e con domicilio eletto presso Giuseppe Lavitola in Roma, via Costabella 23;

contro

il Comune Di Capalbio, non costituito;

per la riforma

della sentenza del Tar Toscana - Sezione III n. 00080/1999, resa tra le parti e concernente diniego di sanatoria edilizia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Giancarlo Luttazi;

Udito l’avv. Cavalli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1.1 – La sig.ra Magistrati Maria Luisia impugna la sentenza del Tar Toscana n. 80/1999, emessa sui ricorsi n. 372/1991 e n. 374/1991 proposti dalla deducente contro il Comune di Capalbio.

Il ricorso n. 372/1991 era stato proposto per l’annullamento del provvedimento, datato 28 novembre 1990, di diniego di sanatoria ex articolo 13 della legge n. 47/1985 e relativo alla realizzazione, senza concessione edilizia, di opere definite dalla deducente di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo.

L’ulteriore ricorso n. 374/1991 era stato proposto per l’annullamento della ingiunzione, in data 28 febbraio 1992, a demolire altre opere edilizie (una pompa per irrigazione e un contatore elettrico). Anche queste opere erano state oggetto di domanda di sanatoria ex articolo 13 della legge n. 47/1985, ma su di esse il Comune aveva emanato direttamente, ai sensi dell'articolo 7 della citata legge n. 47/1985, la impugnata ingiunzione a demolire.

La sentenza appellata, riuniti i due ricorsi, ha così deciso:

- quanto al ricorso n. 372/1991 (avverso il diniego di sanatoria di opere definite di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo) la sentenza ha accolto il gravame limitatamente alla parte dell’impugnato diniego di sanatoria che si riferiva ad opere effettivamente non costituenti volumetria (lastricato attorno al corpo di fabbrica); ed ha invece respinto l’impugnativa del diniego di sanatoria per le altre opere (estensione del ballatoio tramite un balcone, trasformazione di una finestra in porta finestra, porticato ricavato sotto il suddetto balcone, pergolati laterali), ritenendo trattarsi di nuovi elementi incidenti sulla volumetria e di ampliamento chiaramente precluso dal punto B , secondo capoverso, della disciplina di zona (A3), ammettendo quest’ultima solo la ristrutturazione entro la volumetria esistente; il che - ha rilevato il Tar - assorbe la questione (pure oggetto di controversia) della riduzione della distanza di rispetto dalla strada; mentre quanto alla realizzazione di un bagno e all'altezza di questo, il Tar ha accolto il ricorso salvi gli ulteriori provvedimenti repressivi, avendo l'atto impugnato negato la sanatoria senza che quel bagno fosse previsto nella relativa istanza;

- quanto al ricorso n. 374/1991 (avverso l’ingiunzione a demolire la pompa per l’irrigazione e il contatore elettrico) la sentenza - premesso che le opere oggetto della impugnata ordinanza di demolizione erano diverse da quelle oggetto del diniego di sanatoria e che dunque non poteva ritenersi fondato il relativo sesto motivo del ricorso - ha accolto il gravame ritenendo trattarsi di opere che non necessitavano di concessione ma di semplice autorizzazione ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, della legge n. 93/1982.

Questi i motivi d’appello.

Quanto alla parte dell'appellata sentenza relativa a: estensione del ballatoio tramite un balcone, trasformazione di una finestra in porta finestra, porticato ricavato sotto il suddetto balcone e pergolati laterali, la deducente sostiene trattarsi di interventi che non hanno creato nuova volumetria; e che, ciò premesso, deve escludersi anche il mancato rispetto della distanza dalla strada.

Quanto alla parte dell'appellata sentenza relativa alla realizzazione di un bagno e all'altezza di questo (parte in cui il Tar ha accolto il ricorso salvi gli ulteriori provvedimenti repressivi) il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto che quel bagno non avesse formato oggetto di domanda di sanatoria, quando invece era esattamente indicato nelle tavole progettuali allegate alla domanda e relative al post operam. Sicché sarebbe da affermarsi l’illegittimità dell’impugnato diniego di sanatoria, poiché la realizzazione del bagno era consentita.

Il Tar inoltre, relativamente alle opere oggetto di ingiunzione di demolizione (pompa per l’irrigazione e contatore elettrico), avrebbe tralasciato di statuire sulla censura, erroneamente ritenuta non conferente, la quale denunciava che l'Amministrazione, in sede di esame dell'istanza presentata ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 47/1985, aveva omesso di pronunciarsi su questi abusi, i quali avevano invece poi formato oggetto del provvedimento sanzionatorio impugnato.

1.2 – Con ordinanza n. 2204/2013 sono stati disposti incombenti istruttori, che il Comune di Capalbio ha eseguito.

La ricorrente ha depositato due memorie, la seconda delle quali, successiva al deposito istruttorio del Comune, ne ha eccepito la parziale inammissibilità (in quanto non consentita motivazione postuma) nella parte in cui rileva il vincolo paesistico gravante sull’area di riferimento.

La causa è passata in decisione alla udienza pubblica del 2 luglio 2013.

2. - L’appello, anche prescindendo dai recenti rilievi comunali in tema di vincolo paesistico, non è fondato.

Quanto all’estensione del ballatoio tramite un balcone, alla trasformazione di una finestra in porta finestra, alla realizzazione del porticato sotto il suddetto nuovo balcone e ai pergolati laterali la prospettazione di scarso impatto urbanistico-edilizio formulata dalla deducente (peraltro senza il supporto di nessuna prova fotografica) va respinta poiché, già in base alla descrizione, non contestata, di quei nuovi manufatti risulta che essi non possono ritenersi né opere di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo né opere “entro la volumetria esistente”, così come invece imposto dalla normazione urbanistica di riferimento (punto B, secondo capoverso, della disciplina di zona A3), incidendo esse al di fuori (e non all’interno) della volumetria esistente e con sensibile impatto urbanistico-edilizio (circa l’impatto urbanistico-edilizio di opere quali quelle in esame v. per tutte : quanto ai balconi: C.d.S., Sez. VI, 4 ottobre 2011, n. 5431; quanto alla trasformazione di una finestra in porta finestra: Tar Lombardia – Milano 30 ottobre 2013, n. 2391 (pronuncia successiva al passaggio in decisione di questo appello: n.d.r.); quanto alla realizzazione di porticati: C.d.S., Sez. VI, 17 maggio 2010, n. 3127; quanto ai pergolati, se, come risulta nel caso di specie, strutture solide e robuste sì da farne presumere una permanenza prolungata nel tempo: C.d.S., Sez. VI, 29 settembre 2011, n. 5409).

L’appurata non conformità delle opere alla disciplina di zona, e dunque la legittimità del provvedimento di diniego di sanatoria ex articolo 13 della legge n. 47/1985, consente – come rilevato dal Tar - di prescindere dal valutare l’ulteriore addebito: il mancato rispetto della distanza dalla strada.

Relativamente alla realizzazione di un bagno e all'altezza di questo il Tar ha accolto il ricorso, salvi gli ulteriori provvedimenti repressivi, poiché ha rilevato in proposito che l'impugnato diniego di sanatoria era stato adottato senza che quel bagno fosse previsto nella relativa istanza.

L’appello sostiene che il Tar ha erroneamente ritenuto che il bagno non avesse formato oggetto di domanda di sanatoria.

Esso, reputa l’appellante, era indicato nelle tavole progettuali allegate alla domanda e relative al post operam; sicché avrebbe dovuto, e dovrebbe in questa sede, affermarsi la illegittimità dell’impugnato diniego di sanatoria, essendo il bagno previsto nella domanda, e la sua realizzazione consentita.

In proposito si osserva che il bagno non era indicato nella relazione tecnica descrittiva delle opere da sanare, che è parte essenziale della domanda; sicché correttamente il Tar ha ritenuto quest’ultima priva della previsione del bagno, così annullando il diniego di sanatoria per la parte concernente il bagno, non espressamente previsto nella relativa istanza, ma facendo salve in proposito più puntuali determinazioni del Comune, eventualmente anche sanzionatorie.

Relativamente all’ingiunzione a demolire la pompa per l’irrigazione e il contatore elettrico, ingiunzione colpita in primo grado dal ricorso n. 374/1991, il Tar ha accolto il gravame perché trattasi di opere che necessitano non di concessione ma di semplice autorizzazione ai sensi dell'articolo 7, comma secondo, della legge n. 93/1982.

L’appello lamenta che in proposito il Tar ha tralasciato di statuire sulla censura, erroneamente ritenuta non conferente, la quale denunciava che l'Amministrazione, in sede di esame dell'istanza presentata ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 47/1985, aveva omesso di pronunciarsi su questi abusi, i quali avevano invece poi formato oggetto del provvedimento sanzionatorio impugnato.

Anche quest’ultima censura è da rigettare.

Nel ricorso di primo grado essa era posta in subordine (vedi le pagine 8 e seguenti del ricorso n. 374/1991) e il gravame sosteneva in via principale che l'intervento di cui trattasi non rientrava tra quelli abbisognevoli il titolo abilitativo o, a tutto voler concedere, rientrava tra gli interventi di manutenzione straordinaria soggetti alla sola autorizzazione. Sicché il Tar, accogliendo la censura posta in via principale, correttamente ha pretermesso la censura posta in subordine.

3. – In conclusione l’appello va respinto.

Nulla per le spese, in assenza di costituzione avversaria.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente FF

Manfredo Atzeni, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

Antonio Bianchi, Consigliere

Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 13/03/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)