Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 2653, del 16 maggio 2013
Urbanistica.Modifica piano urbanistico casi in cui è richiesto specifico e puntuale obbligo motivazionale a carico dell’amministrazione.

Le evenienze che giustificano una incisiva e singolare motivazione nelle scelte pianificatorie degli strumenti urbanistici generali sono state ravvisate nel superamento degli standards urbanistici ed edilizi, nella lesione dell’affidamento qualificato del privato basato su precedenti determinazioni dell’amministrazione o su provvedimenti giurisdizionali (ad es., derivante dall’avvenuta stipula di convenzioni di lottizzazione, da accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, da sentenze passate in giudicato di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione), o nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo. Mentre, quindi, ai fini motivazionali delle previsioni degli strumenti urbanistici generali, è sufficiente l’esplicitazione dei criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano, che può essere assolta con l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto del piano rielaborato, nei casi particolari, sopra evidenziati, si configura uno specifico e puntuale obbligo motivazionale a carico dell’amministrazione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02653/2013REG.PROV.COLL.

N. 03385/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3385 del 2006, proposto da: 
Sartori s.n.c. ed Edilfer s.n.c., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dagli avvocati Sergio Dragogna, Carlo Totino e Maurizio Calò, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Antonio Gramsci, 36;

contro

Comune di Brunico, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Luigi Manzi e Werner Kirchler, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Federico Confalonieri, 5; 
Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Renate von Guggenberg e Michele Costa, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via Bassano del Grappa, 24;

per la riforma

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, Sezione autonoma della Provincia di Bolzano, n. 23/2006, resa tra le parti, concernente delibere di adozione e di approvazione di piano urbanistico comunale rielaborato, previsione di strada comunale;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2012, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Calò, Manzi e Costa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a.-Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso n. 150 del 2003 (integrato da motivi aggiunti), proposto dalle società Sartori s.n.c. ed Edilfer s.n.c., nella loro qualità di proprietarie di alcune particelle ad uso produttivo e commerciale in zona di espansione per insediamenti produttivi nel territorio comunale di Brunico, avverso le delibere del Consiglio comunale n. 43 del 18 settembre 2002 e n. 8 del 19 febbraio 2003 e la delibera della Giunta provinciale n. 2415 del 14 luglio 2003, inerenti al procedimento di adozione e approvazione del piano urbanistico comunale rielaborato di Brunico, nella parte in cui, in reiezioni delle osservazioni presentate dalle ricorrenti, prevedevano l’inserimento, nel p.u.c. rielaborato, di una strada comunale parzialmente insistente sulle particelle di loro proprietà.

Il T.r.g.a. respingeva sia il motivo di ricorso di natura procedimentale relativo alla partecipazione alle sedute consiliari, nelle quali erano state adottate le impugnate delibere, di due consiglieri comunali in situazione di incompatibilità, in quanto titolari di imprese concorrenti negli stessi settori commerciali delle ricorrenti (commercio e vendita all’ingrosso e al dettaglio di materiali edili), sia i motivi di ricorso, esaminati congiuntamente, con cui le società ricorrenti avevano dedotto la violazione degli standards urbanistici ed edilizi, conseguente alla previsione del collegamento viario in questione, nonché il vizio di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, perplessità e difetto di motivazione, anche alla luce delle risultanze della disposta consulenza tecnica d’ufficio.

2. Avverso tale sentenza interponevano appello le originarie ricorrenti, sostanzialmente riproponendo i motivi di primo grado, seppure adattati all’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza.

Le appellanti chiedevano dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di primo grado.

3. Si costituivano in giudizio le appellate amministrazioni (il Comune di Brunico e la Provincia autonoma di Bolzano), contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

4. All’udienza pubblica del 21 dicembre 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Infondato è il motivo d’appello proposto avverso la statuizione reiettiva della censura di incompatibilità dei due consiglieri comunali Karlheinz Grohe e Hildegard Moser, i quali avrebbero partecipato alle sedute in oggetto in una situazione di conflitto d’interesse – essendo il primo, rispettivamente il coniuge della seconda, titolari di imprese concorrenti nel ramo merceologico in cui operavano le società ricorrenti –, attesa, per un verso, la genericità della censura in relazione ai fatti postivi a fondamento, e considerata, per altro verso, la carenza di prova in ordine alla sussistenza di un interesse economico concreto, immediato ed attuale all’adozione dell’impugnata previsione pianificatoria, delineata dall’art. 14, comma 2, l.reg. 4 gennaio 1993, n. 1, quale motivo di astensione obbligatoria per l’adozione di delibere in materia di pianificazione urbanistica.

2. Sono, invece, fondati parzialmente, entro i limiti di seguito evidenziati, gli altri motivi d’appello, tra di loro connessi e da esaminare congiuntamente.

2.1. Al riguardo giova premettere, in linea di diritto, che secondo costante orientamento di questo Consiglio di Stato le scelte urbanistiche effettuate dal comune in sede di adozione del piano regolatore generale costituiscono valutazioni discrezionali attinenti al merito amministrativo che, come tali, sono sottratte al sindacato di legittimità del giudice amministrativo in sede di giudizio impugnatorio, a meno che non risultino inficiate da errori di fatto o da vizi di grave illogicità, con la precisazione che le osservazioni proposte dai cittadini e/o proprietari nei confronti degli atti di pianificazione urbanistica non costituiscono veri e propri rimedi giuridici, ma semplici apporti collaborativi e, pertanto, non danno luogo a peculiari aspettative, sicché il loro rigetto o il loro accoglimento, di regola, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente che esse siano state esaminate e confrontate con gli interessi generali sottesi allo strumento pianificatorio.

Le evenienze che, invece, giustificano una più incisiva e singolare motivazione nelle scelte pianificatorie degli strumenti urbanistici generali sono state ravvisate (v. sul punto, per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 22 dicembre 1999, n. 24) nel superamento degli standards urbanistici ed edilizi, nella lesione dell’affidamento qualificato del privato basato su precedenti determinazioni dell’amministrazione o su provvedimenti giurisdizionali (ad es., derivante dall’avvenuta stipula di convenzioni di lottizzazione, da accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, da sentenze passate in giudicato di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione), o nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.

Mentre, quindi, ai fini motivazionali delle previsioni degli strumenti urbanistici generali, è sufficiente l’esplicitazione dei criteri generali, di ordine tecnico-discrezionale, seguiti nell’impostazione del piano, che può essere assolta con l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto del piano rielaborato, nei casi particolari, sopra evidenziati, si configura uno specifico e puntuale obbligo motivazionale a carico dell’amministrazione.

2.2. In linea di fatto, occorre precisare che con le impugnate delibere di adozione/approvazione del p.u.c. rielaborato del Comune di Brunico è stato previsto l’inserimento della strada comunale di tipo C (con larghezza massima di 5,50 m) – diretta a collegare, ad ovest della cittadina, con un’ulteriore strada di collegamento, l’attuale areale ferroviario e il futuro centro intermodale di trasporto (quest’ultimo, a tutt’oggi non realizzato) con la via principale costituita dalla ex-S.S. 49 della Val Pusteria (via San Lorenzo), alla quale, attualmente, l’areale della stazione ferroviaria è collegato, più ad est, attraverso la via Marconi –, secondo un tracciato che si sovrappone parzialmente ai cortili antistanti e pertinenziali degli edifici aziendali delle società appellanti ed all’attuale accesso comune (d)alla ex-S.S. 49.

In particolare, il tracciato della nuova strada verrebbe ad occupare la p.f. 556/1, la p.ed. 592 e un’area di mq 235 della p.ed. 556 in P.T. 440/II C.C. Brunico, di proprietà della Sartori s.n.c., nonché un’area di 219 mq della p.ed. 556/3 in P.T. 610/II C.C. Brunico, di proprietà della Edilfer s.n.c.; particelle tutte, già inserite in zona di completamento per insediamenti produttivi sulla base di una variante del p.u.c. approvata nel 1998, in parte quasostanzialmente confermativa del p.u.c. del 1993, che ne aveva modificato la destinazione in zona produttiva di completamento (da precedente zona commerciale). Inoltre il Comune, in data 5 novembre 2002, aveva rilasciato alla Sartori s.n.c. la concessione edilizia n. 220/2002 sulla p.ed. 556, per il risanamento e la modifica dell’edificio produttivo/commerciale esistente.

Deve, poi, ritenersi incontrovertibilmente comprovato che il previsto tracciato del nuovo collegamento stradale incide in modo pregiudizievole sul compendio immobiliare aziendale delle odierne appellanti, in quanto la realizzazione del nuovo collegamento viario, secondo le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio di primo grado, “richiede da una parte la rimozione dell’edificio sulla p.ed. 595 e di parti delle tettoie sulla p.ed. 556, dall’altra parte vengono diminuite le aree aziendali delle ditte interessate con conseguente limitazione della gestione aziendale”, pregiudicando inoltre “considerevolmente le attività di manovra di autocarri, carrelli elevatori, e simili, abituali nella gestione dell’azienda” (v. così, testualmente, la relazione del c.t.u. di primo grado, ing. Otmar Pattis).

2.3. Orbene, applicando le coordinate di diritto enunciate sub 2.1. alla fattispecie dedotta in giudizio, deve pervenirsi alla conclusione, che il caso di specie rientri tra le ipotesi che esigono un particolare motivazione della previsione pianificatoria, imprimente sugli immobili di proprietà delle odierne appellanti un vincolo preordinato all’esproprio, e che le amministrazioni appellate non abbiano assolto al correlativo onere motivazionale.

2.3.1. In primo luogo, per effetto della riduzione dell’area dell’immobile aziendale di proprietà della Edilfer s.n.c. (p.ed. 556/3) viene ad essere violato lo standard urbanistico del valore di superficie massima coperta, pari al 70% della superficie totale del lotto, vigente nella zona in esame (v. art. 24 n.t.a. del p.u.c. del 1993, nonché art. 28 delle n.t.a. del p.u.c. del 2003). Deve, al riguardo, accogliersi la censura delle parti appellanti, secondo cui il T.r.g.a. ha erroneamente accomunato gli immobili della Sartori s.n.c. (con indice di copertura 48/55%) e della Edilfer s.n.c. (con indice di copertura 72,04%) in un lotto unico edificabile con indice di copertura 52,78% (v. le risultanze della c.t.u.), inferiore al limite massimo, in quanto l’unitarietà del lotto era stato bensì previsto nel piano di attuazione per la zona commerciale approvato il 22 dicembre 1980, il quale aveva destinato le aree in questione ad area commerciale mista, ma tale piano deve ritenersi decaduto a seguito della modifica della destinazione urbanistica delle aree medesime, operata dal p.u.c. del 1993, in zona produttiva di completamento, senza necessità di piano di attuazione, con conseguente reviviscenza dei due lotti originari a destinazione produttiva, in rispondenza alla situazione proprietaria. Contrariamente a quanto ritenuto dal T.r.g.a., con riguardo al lotto di proprietà della Edilfer s.n.c. deve, dunque, ritenersi derogato l’indice urbanistico di copertura del 70%.

S’imponeva, pertanto, una motivazione specifica in ordine alla deroga all’indice di superficie massima coperta, conseguente alla previsione della nuova strada di collegamento; motivazione, di cui non è, invece, dato rinvenire traccia alcuna né nei documenti del p.u.c. rielaborato, né nelle controdeduzioni svolte dal Comune in ordine alle osservazioni (del 7 novembre 2002) presentate dalle originarie ricorrenti nell’ambito del procedimento pianificatorio.

2.3.2. In secondo luogo, il rilascio della concessione edilizia n. 220/2002 alla Sartori c.n.c., per il risanamento e la modifica dell’edificio produttivo insistente sulla p.ed. 556, si pone in tendenziale contraddizione con l’impugnata previsione pianificatoria, incidente in senso fortemente pregiudizievole sulle potenzialità di sviluppo dell’azienda della società beneficiaria, ed implica l’ingenerazione, in capo all’impresa beneficiaria, di una situazione di affidamento quanto meno attorno alla mancata definitiva introduzione di coordinate urbanistiche peggiorative delle condizioni operative dell’azienda, anche in considerazione della destinazione delle aree in questioni a zona per insediamenti produttivi non assoggettata a piano di attuazione, tesa a salvaguardia dell’edificato produttivo esistente (sin dal p.u.c. del 1993, in parte qua sostanzialmente confermata dalla variante al p.u.c. approvata con delibera comunale n. 91 del 26 novembre 1998, che aveva previsto un riassetto urbanistico generale dell’areale ferroviario di Brunico e delle aree circostanti, con un centro intermodale di trasporto – v. anche delibera consiliare n. 74 del 2 ottobre 1997, di parere favorevole alla proposta delle Ferrovie dello Stato al riassetto dell’areale ferroviario –, senza tuttavia ancora prevedere un secondo ed ulteriore collegamento con la ex-S.S. 49 della val Pusteria, evidentemente ritenendo sufficiente il collegamento viario esistente).

Anche sotto tali profili, s’imponeva un onere motivazionale puntuale e specifico, minimamente assolto dalle amministrazioni resistenti.

2.3.3. Deve, inoltre, rimarcarsi che lo “Studio mobilità Brunico 2020”, il cui richiamo negli impugnati atti di pianificazione è stato, nell’appellata sentenza, ritenuto sufficiente supporto motivazionale, non appare aver previsto il nuovo collegamento viario secondo il tracciato stabilito negli impugnati provvedimenti pianificatori (ossia, lungo il confine ovest di zona, in adiacenza all’ivi esistente zona demaniale militare), bensì secondo un percorso sito più ad est, verso altra proprietà (v. le relazioni dei consulenti di parte appellante, arch. Colcuc e geom. De Bettin), con la conseguenza che il citato documento – peraltro di natura meramente programmatica – giammai poteva fungere da idoneo referente di una motivazione per relationem da porre a base della qui contestata, parzialmente difforme, previsione urbanistica.

L’insufficienza motivazionale si rende tanto più manifesta, se si considera che:

- l’areale della stazione ferroviaria di Brunico risulta, allo stato, dotato di idoneo collegamento viario alla via San Lorenzo, attraverso la via Marconi munita di ampia rotatoria davanti alla stazione ferroviaria e di impianto semaforico all’incrocio con la strada principale via San Lorenzo e già attualmente percorsa dalle autocorriere per raggiungere la relativa stazione sita a poche centinaia di metri ad est della stazione ferroviaria;

- non risulta addotta motivazione alcuna attorno all’eventuale insufficienza dell’esistente strada di collegamento rispetto al programmato centro intermodale di trasporto.

Si aggiunga, quale ulteriore indice della rilevata incoerenza dell’azione amministrativa, che le “previsioni del Piano Urbanistico Rielaborato dal Comune di Brunico sono rimaste invariate e non hanno avuto, alla data attuale, nessun seguito né amministrativo né operativo, in nessun punto dell’areale interessato”, e che la relativa “realizzazione è accantonata per motivi economici e progettuali” (v. così, testualmente, la relazione integrativo del perito degli odierni appellanti del 25 ottobre 2012).

2.3.4. La previsione pianificatoria in questione (nuova strada di collegamento di tipo C), nella parte in cui il relativo tracciato incide in modo specifico sul compendio immobiliare delle odierne appellanti, non può, pertanto, ritenersi suffragata da una motivazione puntuale e coerente, non potendosi ritenere tale né il generico richiamo allo “Studio mobilità Brunico 2020”, né il tenore delle controdeduzioni del Comune (recepite dalla Provincia) alle osservazioni presentate dalle odierne appellanti che si esaurisce nella generica affermazione del contrasto di dette osservazioni “con le linee portanti e le considerazioni poste a base del piano urbanistico: l’inserimento è necessario nell’interesse pubblico per garantire l’accesso all’area della stazione ferroviaria con centro di mobilità” (v. così, testualmente, la delibera consiliare adottata il 19 febbraio 2003).

2.3.5. A fronte dell’evidenziata insufficienza motivazionale, in parziale riforma dell’appellata sentenza gli impugnati atti pianificatori devono essere annullati, entro i limiti dell’interesse delle odierne appellanti, con salvezza di ogni ulteriore e/o rinnovata determinazione delle amministrazioni appellate.

3. Resta assorbita ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini decisori (con la precisazione che nel presente grado di giudizio non risultano specificamente coltivati i motivi aggiunti proposti in primo grado avverso il parere negativo della commissione edilizia comunale del 14 ottobre 2003, espresso sulla domanda di concessione edilizia presentata l’11 luglio 2003, e la nota sindacale soprassessoria del 4 settembre 2003, sicché, in difetto di correlativa rituale devoluzione, nulla è dato statuire al riguardo).

4. Considerate le alterne vicende connotanti la presente controversia, si ravvisano i presupposti di legge per dichiarare le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (ricorso n. 3385 del 2006), lo accoglie nei limiti e nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla in parte qua gli atti pianificatori impugnati in primo grado, salva ogni ulteriore e/o rinnovata determinazione delle amministrazioni appellate; dichiara le spese del doppio grado di giudizio interamente compensate tra tutte le parti. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giovannini, Presidente

Rosanna De Nictolis, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Gabriella De Michele, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)