Cass. Sez. III Sent. 40985 15122006 (Ud. 07/11/2006)
Presidente: Lupo E. Estensore: Franco A. Imputato: Rigano.
(Annulla senza rinvio, Trib. Messina, s.d. Taormina, 3 febbraio 2006)
EDILIZIA - ZONE SISMICHE - Violazioni alla legge n. 64 del 1974 - Sentenza di condanna - Ordine di demolizione - Obbligatorietà - Riferibilità alle sole violazioni sostanziali.

In tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare, ai sensi dell'art. 23 L. 2 febbraio 1974 n. 64, ora sostituito dall'art. 98 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, la demolizione dell'immobile in caso di condanna per i reati previsti dalla stessa legge sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali, quali l'omesso preavviso e la mancanza di autorizzazione preventiva.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 07/11/2006
Dott. GRASSI Aldo - Consigliere - SENTENZA
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - N. 1726
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - N. 25196/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
RIGANO Angela Maria, nata a S. Teresa di Riva il 12 luglio 1933;
avverso la sentenza emessa il 3 febbraio 2006 dal giudice del tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina;
udita nella Pubblica udienza del 7 novembre 2006 la relazione fatta dal Consigliere Dott. Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DI POPOLO Angelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. STARRANTINO Giovanni.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Messina, sezione distaccata di Taormina, dichiarò Rigano Angela Maria colpevole del reato di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 93, 94 e 95, per avere eseguito, in zona sismica, opere in trasgressione alle prescrizioni sismiche ed in difformità al progetto di variante autorizzato dal genio civile, senza il preventivo avviso a questo ufficio e la preventiva autorizzazione, e la condannò alla pena di Euro 200,00 di ammenda, con l'ordine di demolizione salvo l'approvazione di progetto in sanatoria.
Osservò, tra l'altro, il giudice che l'opera in questione consisteva di 7 pilastri in cemento armato non rappresentati in progetto e realizzati al piano terra ed al primo piano di un preesistente fabbricato e che l'opera non era suscettibile di condono edilizio perché non era ultimata alla data del 31 marzo 2003, dal momento che al momento del sopralluogo del 4.12.2003 i lavori erano ancora in corso ed il fabbricato era privo di mura perimetrali e di copertura. L'imputata propone ricorso per Cassazione deducendo:
1) erronea applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, comma 26, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, n. 326. Lamenta che il giudice ha errato nel ritenere le opere non condonabili perché non ultimate alla data del 31 marzo 2003, dal momento che le opere stesse rientrano nella previsione della disposizione citata, ed in particolare nella tipologia 6 dell'allegato 1. Infatti, in data 11.2.2004, egli ha presentato il progetto di verifica delle opere abusivamente realizzate, ed il genio civile con provvedimento del 5 marzo 2004 ha accertato che lo stesso è stato redatto in conformità della L. 2 febbraio 1974, n. 64, e non da luogo ad osservazioni in ordine alla applicazione della normativa antisismica. In data 30.3.2004 ha poi presentato domanda di condono precisando che l'abuso aveva riguardato le modalità di esecuzione delle strutture e non configurava variazioni urbanistiche alla concessione. Ora, la tipologia 6 citata, prevede che sono sanabili le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio ma conformi alle norme urbanistiche ed alla prescrizione degli strumenti urbanistici, indipendentemente dal fatto che l'opera sia ultimata. Si tratta di lavori di ristrutturazione e di restauro conservativo, in cui i volumi ed i profili erano già preesistenti e non sono stati modificati. Per tali casi di abusi formali è prevista la condonabilità con il pagamento di una oblazione modesta, che è stata pagata.
2) manifesta illogicità della motivazione perché non andava applicata la pena accessoria della demolizione (salvo approvazione del progetto in sanatoria) perché il progetto presentato dall'imputata è stato evaso positivamente, tanto che il genio civile ha comunicato che le opere erano conformi alle norme tecniche antisismiche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è infondato. La ricorrente, infatti, invoca l'applicabilità alle opere in questione delle ultime disposizioni sul condono edilizio di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 32, comma 26, lett. b), convertito con modificazioni nella L. 24 novembre 2003, n. 326; applicabilità che invece è stata esattamente esclusa dal giudice a quo per il motivo che non sussisteva la condizione prevista dal comma 25 del medesimo articolo 32, e cioè l'ultimazione delle opere entro la data del 31 marzo 2003. Il riferimento che la ricorrente fa al cit. art. 32, comma 26 è invero del tutto inconferente, perché tale comma, rinviando a questo proposito all'allegato 1, indica quali sono le tipologie di illecito suscettibili di condono. Ma in tanto tali opere astrattamente suscettibili di condono sono poi in concreto condonabili in quanto sussistano le condizioni previste in via generale dal comma 25, tra le quali in primo luogo quella che si tratti di opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003.
È invece fondato il secondo motivo perché, secondo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, in tema di disciplina delle costruzioni in zona sismica, il potere-dovere del giudice di ordinare, ai sensi della L. 2 febbraio 1974 n. 64, art. 23 - ora trasfuso nell'art. 98 del testo unico dell'edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 -, la demolizione dell'immobile in caso di condanna per i reati previsti dalla stessa legge sussiste soltanto con riferimento alle violazioni sostanziali, ovvero per la inosservanza delle norme tecniche, e non anche per le violazioni meramente formali, quali l'omesso (preavviso e la mancanza di autorizzazione preventiva da parte dell'autorità competente (Sez. 3^, 28 ottobre 2003, Munafò, m. 227.066; Sez. 3^, 17 novembre 1993, Campisi, m. 196.814; Sez. 3^, 23 febbraio 1993, Costanzo, m. 193.561). Nel caso di specie, invece, il giudice del merito ha ordinato (sia pure subordinatamente) la demolizione delle opere solo perché i pilastri in cemento armato erano stati costruiti in mancanza del preventivo nulla osta del genio civile, ma senza in alcun modo accertare (e motivare) che la loro costruzione era avvenuta in difformità dalle previste norme tecniche. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata senza rinvio limitatamente all'ordine di demolizione delle opere in questione, ordine che va eliminato. Nel resto il ricorso va rigettato. P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all'ordine di demolizione, ordine che elimina.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 novembre 2006. Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2006