Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3140, del 23 giugno 2014
Urbanistica.Opere realizzate in fascia di rispetto stradale

Per quanto riguarda il vincolo stradale, per le opere realizzate in zona vincolata, ricadente in fascia di rispetto stradale, questo Consiglio ha adottato l’orientamento che si tratti di un vincolo di carattere assoluto, che prescinde dalle caratteristiche dell'opera realizzata, in quanto il divieto di edificazione sancito dall'art. 4, D.M. 1° aprile 1968 (recante norme in materia di distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19, l. 6 agosto 1967, n. 765), non può essere inteso restrittivamente, cioè al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, ma è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità di interesse generale e, cioè, per esempio, per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi alla presenza di costruzioni (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03140/2014REG.PROV.COLL.

N. 05659/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5659 del 2003, proposto da: 
Pellegrini s.r.l. in Liquidazione (già Pellegrini S.p.A.), in persona del liquidatore signor Giovanni Sacchi, rappresentata e difesa dagli avv. Rita Gradara e Nadia Restivo, con domicilio eletto presso l’avv. Rita Gradara in Roma, Largo Somalia, 67;

contro

Provincia di Milano, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Angela Bartolomeo e Marialuisa Ferrari, con domicilio eletto presso l’avv. Piero D'Amelio in Roma, via Porta Pinciana, 6; 
Comune di Liscate;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA, MILANO, SEZIONE II, n. 01391/2002, resa tra le parti, concernente diniego richiesta di condono edilizio.



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 aprile 2014 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Rita Gradara e Andrea Abbamonte su delega dell'avv. Angela Bartolomeo;



FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. II, con la sentenza 9 aprile 2002, n. 1391, ha dichiarato inammissibile sia il ricorso di primo grado RG n. 2040-1988 proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento del parere negativo emesso dalla Provincia di Milano (n. prot. 3561/183/86 del 9.2.1988) sulla domanda di sanatoria edilizia n. 43 presentata dalla ricorrente il 29.3.1986 (prot. 1648 mod. 47/85 D progressivo n. 0156655705/3) per un ampliamento anteriore di un capannone preesistente; sia il ricorso di primo grado RG n. 2106-1992, proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento del provvedimento prot. n. 4016 del 17.4.1992 con cui il Sindaco di Liscate ha negato il rilascio della concessione edilizia in sanatoria chiesta dalla ricorrente con istanza n. 43 presentata il 29.3.86; ha, inoltre, dichiarato irricevibile sia il ricorso di primo grado RG n. 2787-01, proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento della deliberazione prot. 22283-1986 del 7 ottobre 1986 della Giunta provinciale della Provincia di Milano pervenuta alla società ricorrente in data 18.6.2001, sia i motivi aggiunti ai primi due ricorsi.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che l’impugnato parere del 1988 della Provincia di Milano si riferisce espressamente alla deliberazione prot. 22283-1986 del 7 ottobre 1986 della Giunta provinciale, ponendola a base della sua determinazione, come dimostrato dall’utilizzo della formula “in conformità alla decisione di Giunta Provinciale del 7.10. 1986”.

Il TAR ha osservato che, con questo atto, la Giunta della provincia di Milano ebbe ad approvare i criteri generali per il rilascio del parere sulle pratiche di condono edilizio per opere edificate in zona di rispetto stradale in relazione all’emanazione del D.M. 1° aprile 1968, recante disciplina delle distanze minime dalla sede stradale su aree gravate da vincolo di inedificabilità. In quell’occasione la Giunta stabilì che si dovesse rilasciare parere negativo nel caso di opere effettuate dopo l’emanazione del riferito decreto del 1968 e parere favorevole nell’ipotesi di opere effettuate prima dell’emanazione del decreto del 1968, purché la costruzione abusiva non costituisse minaccia alla sicurezza del traffico.

Il parere del 1988 costituisce, per il TAR, atto meramente applicativo del criterio fissato in linea generale dall’esecutivo dell’ente provinciale: nel caso di specie, trattandosi di opera eseguita dopo il 1968, venne espresso, in pedissequa applicazione del predetto criterio, il parere contrario all’odierno esame.

Da ciò segue, ha concluso il TAR, che la lesione dell’interesse della ricorrente in primo grado, pur avendo certamente assunto il carattere dell’attualità al momento del rilascio del parere (o, a seconda dell’opinione prescelta, al momento dell’adozione dell’atto di diniego), nella sostanza non dipende, tuttavia, dal parere stesso.

Inoltre, per il TAR, pur volendo per ipotesi condividere quanto sostenuto dalla ricorrente in ordine al momento in cui ha di fatto conosciuto compiutamente la deliberazione di giunta del 1986, e cioè non prima del giugno 2001, si deve però ribadire che nel parere del 1988 detta deliberazione era stata chiaramente posta a base della determinazione sfavorevole all’istante, sicché la sua lesività era di sicuro immediatamente percepibile dalla destinataria; infatti, è evidente per il TAR che la società Pellegrini già fosse pienamente a conoscenza della lesività della deliberazione del 1986 sin dal primo ricorso, atteso che in esso si legge che “il parere negativo si fonda sul fatto che le opere di cui si chiede la sanatoria sono state eseguite dopo la promulgazione del decreto ministeriale 1°.4.1968 e ciò in conformità ad una generalizzata decisione della Giunta Provinciale datata 7.10.1986”.

L’appellante impugnava la sentenza del TAR contestandone le pronunce di: inammissibilità dei ricorsi n. 2040-88 e 2106-92 per difetto di interesse; di irricevibilità dei motivi aggiunti ai ricorsi n. 2040-88 e n. 2106-92; infine, di irricevibilità del ricorso n. 2787-2001 per tardività.

Con l’appello in esame, quindi, si chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si costituiva l’Amministrazione appellata chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica del 15 aprile 2014 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio di dovere preliminarmente esaminare la contestazione, formulata nell’atto d’appello, relativamente alla sentenza del TAR in ordine alle pronunce di inammissibilità dei ricorsi R.G. n. 2040-88 e 2106-92 per difetto di interesse, di irricevibilità dei motivi aggiunti ai ricorsi R.G. n. 2040-88 e n. 2106-92 e di irricevibilità del ricorso R.G. n. 2787-2001 per tardività.

Questo Collegio ritiene di poter condividere al riguardo la prospettiva ricostruttiva di parte appellante, secondo cui nel testo dei provvedimenti impugnati con i ricorsi R.G. n. 2040-88 e 2106-92 vi era soltanto uno scarno riferimento ad una delibera della Giunta Provinciale, non coincidente con la deliberazione n. 22283-86, impugnata con il successivo ricorso R.G. n. 2787-2001, che dunque non risulta essere stata nota al ricorrente, né sotto il profilo contenutistico, né sotto il profilo dei suoi effetti e, quindi, della sua lesività; pertanto, dai provvedimenti impugnati con i primi due ricorsi di primo grado non vi sono elementi da cui si possa far decorrere il termine per l’impugnazione.

Infatti, la piena conoscenza dell’atto si concreta allorquando il soggetto, sulla base di elementi inequivoci, nella specie insussistenti, ha acquisito non la semplice notizia, bensì l’esatta cognizione dell’atto amministrativo nei suoi elementi essenziali, consistenti nell’autorità emanante, negli estremi esatti di identificazione, nel contenuto dell’atto, quest’ultimo a sua volta costituito dall’oggetto e dagli effetti essenziali.

L’oggetto e gli effetti essenziali della delibera della Giunta Provinciale non sono ex se evincibili dal parere e dal diniego impugnato con i primi due ricorsi di primo grado, con la conseguenza che non può prospettarsi la causa di tardività del terzo ricorso di primo grado, così come stabilito dal TAR.

Né può ritenersi, come eccepisce l’Amministrazione, che nella fattispecie in esame la proposizione dei motivi aggiunti avente ad oggetto l’impugnazione della decisione di Giunta n. prot. 222831-1986 del 7.10.1986, quale atto presupposto e collegato al provvedimento impugnato, sia inammissibile poiché tale impugnazione avrebbe dovuto essere proposta illo tempore mediante ricorso autonomo nel termine di decadenza previsto dalla legge.

Come si è detto, non essendosi raggiunta la prova della piena conoscenza di tale atto, non è prospettabile lo spirare del predetto termine di decadenza.

Tuttavia, nel merito, le censure di primo grado dall’appellante fatte valere avverso la detta delibera con ricorso R.G. n. 2787-01 e con motivi aggiunti nei ricorsi R.G. nn. 2040-88 e 2106-92 non sono accoglibili, fermo restando che esse non sono state ritualmente e specificamente riproposte e, quindi, l’appello, sotto questo profilo presenta un profilo di inammissibilità.

In ogni caso, nel merito, si può comunque osservare che, sotto il profilo fattuale, la vicenda all’odierno esame trae origine da una domanda di concessione in sanatoria avanzata dalla società appellante ai sensi della l. n. 47-85 per opere (ampliamento anteriore di un capannone) realizzate nel 1978 presso un immobile sito nel territorio comunale di Liscate, contraddistinto in mappa al Foglio 8, mappale 116, ricadente nella fascia di rispetto stradale della strada provinciale n. 39.

Per quanto riguarda il vincolo stradale, per le opere realizzate in zona vincolata, ricadente in fascia di rispetto stradale, questo Consiglio ha adottato l’orientamento che si tratti di un vincolo di carattere assoluto, che prescinde dalle caratteristiche dell'opera realizzata, in quanto il divieto di edificazione sancito dall'art. 4, D.M. 1° aprile 1968 (recante norme in materia di distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'art. 19, l. 6 agosto 1967, n. 765), non può essere inteso restrittivamente, cioè al solo scopo di prevenire l'esistenza di ostacoli materiali suscettibili di costituire, per la loro prossimità alla sede stradale, pregiudizio alla sicurezza del traffico e alla incolumità delle persone, ma è correlato alla più ampia esigenza di assicurare una fascia di rispetto utilizzabile per finalità di interesse generale e, cioè, per esempio, per l'esecuzione dei lavori, per l'impianto dei cantieri, per il deposito dei materiali, per la realizzazione di opere accessorie, senza vincoli limitativi connessi alla presenza di costruzioni (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 4 febbraio 2014, n. 485).

Il fatto che l’appellante abbia già ottenuto il condono edilizio di un capannone risalente al 1965, ricadente in zona di rispetto stradale della strada provinciale n. 39, con modifiche interne e chiusura di un ingresso laterale dell’edificio ex mattatoio (pratica n. 41, doc. 8 ricorrente primo grado, depositato nel ricorso n. 2787-01), il quale é prospiciente proprio sulla strada provinciale n. 39; e di un altro capannone realizzato nel 1962 sul lato posteriore (pratica n. 42, doc. 9 ricorrente primo grado depositato nel ricorso n. 2787-01), non incide sulla sussistenza di tale regime di insanabilità delle opere.

Il capannone per il quale è stato negato il condono edilizio, come detto, è stato, invece, costruito nel 1978, sicuramente post-vincolo, e il fatto che risulti “lontano” dalla strada provinciale perché separato da essa dagli altri due capannoni condonati e, quindi, di fatto, insiste dalla parte opposta a quella in cui si snoda in rettilineo la strada provinciale, non ha nessun rilievo, poiché con riferimento al vincolo stradale, si ribadisce, si ricade nel divieto previsto dall’art. 33 l. n. 47-85 (ed in particolare la lettera d), che contempla tutti i vincoli di inedificabilità assoluta, non sanabili: in materia di vincoli stradali opera la preclusione della sanatoria di tutte le opere post-vincolo e, in detta materia, alla pubblica amministrazione non residua alcuna potestà discrezionale.

Infatti, per le opere post-vincolo stradale opererebbe il divieto assoluto dell’art. 33; per le opere ante vincolo il permesso di cui all’art. 32, comma 2.

Dunque, non può ritenersi sussistente né la violazione dell’art. 32, 1° comma, legge n. 47-85, che come detto è inapplicabile, né la violazione della Circolare Ministeriale 30 luglio 1985, n. 3357-25, punto 4.1, che non può certo dettare regole in contrasto con il regime normativo sopra descritto.

Né, infine, può prospettarsi un’ipotesi di eccesso di potere per contraddittorietà con l’indicazione fornita dallo stesso Presidente della Provincia (doc. 6 ricorrente primo grado, depositato nel ricorso n. 2787-01), che non ha competenze normative al riguardo.

Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto in quanto infondato, con la conseguenza che i ricorsi di primo grado non possono essere accolti, seppure con motivazione diversa rispetto a quanto stabilito dal TAR.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo a favore della Provincia che si è costituita in appello.

Nulla per le spese nei confronti del Comune.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte appellante al pagamento in favore della Provincia delle spese del presente grado di giudizio, spese che si liquidano in euro 3000,00, oltre accessori di legge. Nulla per le spese nei confronti del Comune.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente

Vito Poli, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere, Estensore

Fulvio Rocco, Consigliere

Doris Durante, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/06/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)