Cons. Stato Sez. V n.53 del 10 gennaio 2012
Urbanistica.Principio di prevenzione

Mentre quando gli strumenti urbanistici locali fissano senza alternativa le distanze delle costruzioni dal confine, salva soltanto la possibilità di costruzione in aderenza, non può farsi luogo all’applicazione del principio di prevenzione, quando, al contrario, essi prevedono, riguardo ad edifici preesistenti, la facoltà di costruire in deroga alle prescrizioni contenute nel piano regolatore sulle distanze , si versa in ipotesi del tutto analoga a quella disciplinata dall’art. 873 c.c., con la conseguenza che è consentito al preveniente costruire sul confine, ponendo il vicino, che intenda a sua volta edificare, nell'alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza ovvero di arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dallo strumento urbanistico

N. 00053/2012REG.PROV.COLL.

N. 11169/2003 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11169 del 2003, proposto da:
Albani Emiliano Luca, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Mantero, con domicilio eletto presso Grez & Associati Srl in Roma, Lungotevere Flaminio 46pl Iv/B;

contro

Comune di Rimini, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Maria Assunta Fontemaggi, con domicilio eletto presso Maria Teresa Barbantini in Roma, viale Giulio Cesare, 14;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA SEZIONE I n. 00224/2003, resa tra le parti, concernente CONCESSIONE EDILIZIA PER OPERE CIVILI

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione del Comune di Rimini;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2011 il Cons. Francesca Quadri e uditi per le parti gli avvocati Buccellato, per delega dell'Avv. Mantero, e Barbantini, per delega dell'Avv. Fontemaggi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente ha impugnato dinanzi al T.a.r. per l’Emilia Romagna il provvedimento di annullamento d’ufficio della concessione edilizia rilasciata in suo favore dal Comune di Rimini per un intervento di ristrutturazione e sopraelevazione di edificio di sua proprietà. L’ annullamento è motivato sulla violazione dell’art. 873 cod. civ., in quanto la concessione sarebbe stata rilasciata sul falso presupposto che la distanza del fabbricato di proprietà del ricorrente da quello di altra proprietà fosse di ml 3,00, mentre, successivamente al rilascio, essa sarebbe risultata invece variabile da ml 2,63 a ml 2,70.

Il T.a.r. ha respinto il ricorso, giudicando la concessione effettivamente contrastante con l’art. 873 cod. civ e con gli artt. 19 e 2.04 delle N.T.A. del piano regolatore generale del Comune, che ammettono interventi ampliativi purchè nel rispetto delle distanze prescritte dal codice civile.

Propone appello l’interessato, denunciando l’erroneità della sentenza per violazione della normativa urbanistica generale e di zona, l’errata applicazione dell’art. 873 cod. civ e l’irrilevanza dell’errore incolpevole della rappresentazione della distanza negli elaborati grafici. Invero, come evidenziato nell’istruttoria del Responsabile del procedimento, la sopraelevazione per la costruzione del tetto sarebbe impostata sulla stessa quota dell’edificio preesistente e sarebbe conforme alle previsioni dell’art. 4.04, in quanto l’innalzamento era previsto su una parete già preesistente sul confine, e dell’art. 16 della n.t.a. del PRG, che consente la costruzione sul confine.

La costruzione non violerebbe, pertanto, l’art. 873, dovendosi armonizzare il principio della distanza con quello della prevenzione.

Si è costituito in resistenza il Comune di Rimini, evidenziando l’erroneità della rappresentazione grafica presentata dal ricorrente e la non pertinenza del richiamo all’art. 16 n.t.a., riguardante l’ipotesi di distanza degli edifici dai confini di proprietà, e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

All’udienza dell’8 novembre 2011, in vista della quale le parti hanno depositato memorie difensive , l’appello è stato trattenuto in decisione.

Con un unico articolato motivo, l’appellante fa valere l’irrilevanza dell’erronea indicazione della distanza tra la parete del proprio edificio, preesistente sul confine, e la parete del vicino ( ml 3 anzicchè 2,70) ai sensi della normativa urbanistica (artt. 2.04 , 4.04, 16 e 19 n.t.a.) che ammette, per gli edifici esistenti in contrasto con il piano regolatore, l’ampliamento della superficie e la sopraelevazione su parete già esistente, nel rispetto delle norme di zona. Quanto all’assunta violazione delle distanze di cui all’art. 873 c.c., trattandosi di costruzione su confine eretta anteriormente a quella del vicino (che avrebbe costruito in violazione della distanza di tre metri), spetterebbe al preveniente regolare le distanze anche per la successiva sopraelevazione.

L’appello è fondato.

Gli art. 2.04 e 19 n.t.a. del piano regolatore generale, nello stabilire le distanze tra costruzioni, ammettono interventi ampliativi, anche tramite sopraelevazione, sugli edifici esistenti in contrasto con dette distanze, purchè nel rispetto delle norme del codice civile.

In effetti, il provvedimento di annullamento d’ufficio , riguardante immobili preesistenti non rispettosi delle distanze introdotte dalla normativa urbanistica, è motivato sulla violazione dell’art. 873 c.c. in materia di distanza tra edifici .

Considera, tuttavia, il Collegio che la corretta applicazione dei principi civilistici in materia di distanza tra edifici, richiamati dalle norme tecniche di attuazione del piano regolatore, involga anche quello di prevenzione, data la circostanza (non contestata) che l’edificio che il ricorrente intende sopraelevare preesiste rispetto a quello del vicino, costruito ad una distanza inferiore a tre metri.

Detto principio, in caso di sopraelevazione, comporta che “mentre il preveniente deve attenersi, nella prosecuzione in altezza del fabbricato, della scelta operata originariamente, di guisa che ogni parte dell’immobile risulti conforme al criterio di prevenzione adottato sulla base di esso, a ciò non può frapporre ostacoli il confinante (prevenuto) che, se a sua volta abbia costruito in aderenza fino all’altezza inizialmente raggiunta dal preveniente, ha diritto di sopraelevare soltanto sul confine , ovvero a distanza da questo (e, quindi, dalla eventuale sopraelevazione del preveniente) pari a quella globale minima di legge o dei regolamenti” (Cass. civ. Sez. III, 27.8.1990, n. 8849).

La possibilità, nella specie, di fare applicazione di detto principio trova conferma nel consolidato orientamento per cui, mentre quando gli strumenti urbanistici locali fissino senza alternativa le distanze delle costruzioni dal confine, salva soltanto la possibilità di costruzione in aderenza, non può farsi luogo all’applicazione del principio di prevenzione, quando, al contrario, essi prevedono, riguardo ad edifici preesistenti, la facoltà di costruire in deroga alle prescrizioni contenute nel piano regolatore sulle distanze , si versa in ipotesi del tutto analoga a quella disciplinata dall’art. 873 c.c., “con la conseguenza che è consentito al preveniente costruire sul confine, ponendo il vicino, che intenda a sua volta edificare, nell'alternativa di chiedere la comunione del muro e di costruire in aderenza ovvero di arretrare la sua costruzione sino a rispettare la maggiore intera distanza imposta dallo strumento urbanistico (Cassazione civile, sez. II, 09 aprile 2010, n. 8465)” (Cons. St. Sez. IV, 9.5.2011, n. 2749; analogamente, Cons. St. Sez.IV, 31.3.2009, n. 1998).

Dalle suesposte considerazioni discende la fondatezza dell’appello in punto di erronea applicazione dell’art. 873 c.c., richiamato dalle n.t.a., non essendosi tenuto conto della prevenzione.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.

Condanna il Comune di Rimini al pagamento in favore dell’appellante delle spese del doppio grado di giudizio liquidate in euro 6.000,00 (seimila).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 novembre 2011 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Francesco Caringella, Consigliere

Carlo Saltelli, Consigliere

Francesca Quadri, Consigliere, Estensore

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/01/2012