CEDU - Sez. II SENTENZA 24.5.2007
PAUDICIO contro ITALIA
(Req. n. 77606/01)
Abusivismo edilizio e Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo
(traduzione a cura dell'Avv. Antonella MASCIA)

la versione in lingua francese qui
CONSIGLIO D’EUROPA

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

SECONDA SEZIONE
CAUSA PAUDICIO c. ITALIA
(Ricorso  no 77606/01)
SENTENZA
STRASBURGO

24 MAGGIO 2007

Questa sentenza diventerà definitiva ai sensi dell’articolo 44 § 2 della Convenzione. Potrà subire delle revisioni di forma.

 

Nella causa Paudicio c. Italia,

La Corte europea dei Diritti dell’Uomo (seconda sezione), riunita in camera composta da :

Sig.ra      F. Tulkens, présidente,
Sig.ri       I. Cabral Barreto,
R. Türmen,
M. Ugrekhelidze,
V. Zagrebelsky,
Sig.ra      A. Mularoni,
Sig.         D. Popović, giudici,
e        Sig.ra      F. Elens-Passos, vicecancelliere di sezione,

Dopo aver deliberato in camera di consiglio il 5 luglio 2005 e il 3 maggio 2007,

emette la sentenza adottata nell’ultima data:

PROCEDURA

1. Con ricorso (no 77606/01) promosso contro la Repubblica italiana, il  signor Camillo Paudicio ( “il ricorrente”), cittadino italiano, ha adito la Corte il 30 ottobre 2001 ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione di salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali (“la Convenzione”).

2. Il ricorrente è rappresentato dal sig. M. Esposito, avvocato a Napoli. Il governo italiano (« il Governo ») è rappresentato dal suo agente, signor I.M. Braguglia, dal suo co-agente signor F. Crisafulli e dal suo vice co-agente, signor N. Lettieri.

3. Il ricorrente si lamentava in particolare della violazione del suo diritto al rispetto dei propri beni e di accesso ad un tribunale.

4. Con decisione del 5 luglio 2005, la camera ha dichiarato il ricorso parzialmente ricevibile.

5. Il ricorrente e il Governo hanno depositato osservazioni scritte supplementari (articolo 59§ 1 del regolamento).

IN FATTO
I.  LE CIRCOSTANZE DEL CASO
6.  Il ricorrente è nato nel 1962 e risiede a Napoli.

7. Il ricorrente ha ereditato da sua madre un immobile situato in Agerola.

8. Nel 1992, per ragioni eccezionali d’urgenza, il sindaco di Agerola rilasciò ai vicini del ricorrente (qui di seguito A. e B,) un permesso per costruire una stalla per il ricovero dei loro bovini. Tale permesso prevedeva che la stalla venisse demolita entro ventiquattro mesi, nel rispetto del divieto assoluto di costruire esistente per quel terreno secondo il piano regolatore in vigore.

9. A. e B. costruirono una stalla che superava la volumetria di costruzione autorizza dall’amministrazione.

1.  La procedura penale

10. A una data non precisata, venne aperta una procedura penale a carico di A e B, per abuso edilizio.

11. Il 24 aprile 1992, il procuratore di Napoli ordinò il sequestro preventivo dell’immobile.

12. Il 3 giugno 1993, la madre del ricorrente si costituì parte civile nel procedimento penale a carico di A. e B.

13. Con sentenza dell’11 gennaio 1995, il giudice dell’udienza preliminare assolse A. e B. perché il fatto non costituiva reato.

14. Il 30 gennaio 1995, il procuratore della repubblica di Napoli propose appello presso la Corte d’Appello di Napoli contro tale sentenza.

15. Con sentenza del 4 giugno 1996, la Corte d’Appello di Napoli condannò B. (A. era nel frattempo deceduto) a venti giorni di reclusione e al pagamento di un’ammenda di 20.000.000 di lire per violazione delle norme urbanistiche. Ordinò inoltre al sindaco di procedere alla demolizione della costruzione abusiva ai sensi dell’articolo 7 della legge n° 47 del 1985 con le spese di demolizione a carico di B. Infine, riconobbe alla madre del ricorrente il diritto al risarcimento dei danni da quantificarsi in sede civile.

16. Ad una data non precisata B. ricorse in cassazione.

17. IL 14 maggio 1999, la Corte di cassazione respinse il ricorso di B.

18. Il 12 giugno 1999, l’ufficio esecuzione delle sentenze della procura di Napoli trasmise la sentenza al sindaco di Agerola affinché procedesse alla demolizione della costruzione.

2.  La procedura in sanatoria

19. Nel frattempo, il 27 febbraio 1995, B. aveva presentato al comune di Agerola una domanda in sanatoria della costruzione.

20. Dagli atti di tale procedura risulta che il sindaco di Agerola, con nota del 27 febbraio 1997, informò la Corte di Cassazione, davanti alla quale era pendente il procedimento penale, che la domanda in sanatoria non aveva alcuna possibilità di essere accolta in considerazione della legislazione vigente in materia.

21. Risulta dal fascicolo che la procedura in sanatoria è tutt’ora pendente.

22. Il 23 gennaio 2000, la madre del ricorrente morì.

23. La demolizione della costruzione non ha mai avuto luogo.

II.  IL DIRITTO INTERNO PERTINENTE

A.  Sulla costituzione di parte civile

24. Gli articoli pertinenti del codice di procedura penale (il « CPP ») dispongono :

Articolo 79

« 1. La costituzione di parte civile può avvenire per l`udienza preliminare (…) »

Articolo 90

« La persona offesa dal reato, oltre ad esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge, in ogni stato e grado del procedimento può presentare memorie e, con esclusione del giudizio di cassazione, indicare elementi di prova. »

Articolo 101

« La persona offesa dal reato, per l`esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa attribuiti, può nominare un difensore (...) »

B.  Sulla demolizione

25. L’articolo 7 della legge n° 47 del 28 febbraio 1985, nelle parti pertinenti, dispone :

“ 2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, (…), ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso (…) la demolizione (…)

3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi (…), il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune (…)

5. L'opera acquisita è demolita (…) a spese dei responsabili dell'abuso (…)

9. Per le opere abusive di cui al presente articolo, il giudice, con la sentenza di condanna (…) ordina la demolizione delle opere stesse se ancora non sia stata altrimenti eseguita.”

IN DIRITTO

I.  SULLA VIOLAZIONE DI CUI ALL’ARTICOLO 1 DEL PROTOCOLLO N° 1

26. Il ricorrente si lamenta dei danni derivati dall’impossibilità di ottenere la demolizione della costruzione realizzata dai vicini. Invoca articolo 1 del Protocollo n° 1, che testualmente si riporta:

« Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende. »

A.  Sull’eccezione preliminare del Governo

27. Il Governo eccepisce nuovamente il non esperimento delle vie di ricorso interne sotto due aspetti, già sollevati in seguito alla comunicazione della presente causa.

28. In primo luogo, espone che il ricorrente non ha proposto un’azione civile e, in secondo luogo, osserva che la procedura in sanatoria proposta da B. è ancora pendente.

29. La Corte nota che i due aspetti di tale eccezione sono stati rigettati nella decisione di ricevibilità del 5 luglio 2005 e che il Governo si basa su argomentazioni che non sono di natura tale da rimettere in causa tale decisione. Pertanto, l’eccezione non verrà accolta.

B.  Nel merito

1.  Tesi delle parti

a)  Il Governo

30. In via principale, il Governo osserva che l’ordine di demolizione emesso dal giudice penale risponde ad un’esigenza di interesse pubblico e non  privato, ossia quello del ricorrente.

31. Si tratta in effetti di una misura di tipo amministrativo, che persegue lo scopo di interesse generale di ristabilire la situazione di fatto tutelata dalla normativa urbanistica.

32. Perciò la non esecuzione dell’ordine di demolizione non costituirebbe, in quanto tale, violazione di un diritto individuale di carattere civile in capo al ricorrente e non potrebbe dunque essere considerato come un’ingerenza nel diritto di questi al rispetto dei beni ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n° 1.

33. Ne consegue che la presente causa è diversa rispetto alla causa Antonetto c. Italia (no 15918/89, 20 luglio 2000), dove il giudice amministrativo si era pronunciato al fine di salvaguardare l’interesse del privato.

34. In via sussidiaria, il Governo sostiene che la procedura in sanatoria promossa da B. è attualmente pendente. Ora, nelle cause ove si era proceduto all’esecuzione di un ordine di demolizione contro cui l’interessato aveva proposto un incidente di esecuzione, la Corte di Cassazione ha affermato la necessità di sospendere l’esecuzione dell’ordine di demolizione qualora la richiesta di regolarizzazione sia stata presentata nelle forme e nei termini stabiliti, accompagnata dal pagamento delle somme richieste. Il Governo riconosce che la presente causa è diversa rispetto a quelle prese in esame dalla Corte di Cassazione, ma considera tuttavia che tale giurisprudenza dovrebbe orientare l’azione dell’autorità giudiziaria e di quella amministrativa.

35. Ma anche supponendo che la non esecuzione dell’ordine di demolizione abbia costituito un ingerenza nel diritto del ricorrente ai sensi dell’articolo 1 del Protocollo n° 1, tale sacrificio sarebbe inferiore a quello che colpirebbe lo stesso diritto di B., nel caso in cui un tale ordine venisse eseguito dal momento che la procedura di regolarizzazione è a tutt’oggi pendente e la situazione è ancora suscettibile di essere sanata.

b)  Il ricorrente

36. Il ricorrente fa presente che il suo ricorso è simile alla causa Antonetto c. Italia (precitata), tenuto conto che, nel caso di specie, il Comune non ha proceduto alla demolizione della costruzione abusiva in esecuzione della sentenza penale definitiva.

37. Sostiene che l’inerzia del Comune costituisce una violazione diretta del suo diritto al rispetto dei beni e si lamenta della riduzione del valore di mercato della propria abitazione, causata dalla presenza in prossimità della costruzione abusiva.

38. Quanto alla procedura di sanatoria promossa da B., il ricorrente fa presente che questa non potrà concludersi con l’accoglimento della richiesta, tenuto conto in particolare della nota del 27 febbraio 1997 del sindaco di Agevola e della legislazione in vigore in materia.

2.  Valutazione della Corte

a)  La norma applicabile

39.  Nel caso di specie, la Corte osserva che il rifiuto delle autorità comunali di conformarsi alla sentenza penale definitiva ha avuto come conseguenza il mantenimento in stato della costruzione realizzata abusivamente da B. Tenuto conto della prossimità di questa costruzione con l’abitazione del ricorrente, le autorità italiane sono responsabili di ingerenza nel diritto di proprietà del ricorrente; l’ingerenza in questione non consiste né in una espropriazione né in una regolamentazione nell’uso dei beni, ma è rilevante per il carattere generale della prima frase del primo capoverso dell’articolo 1.

b)  Sull’osservazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1

40. La Corte ricorda che l’articolo 1 del Protocollo n° 1 esige che un’ingerenza dell’autorità pubblica nel godimento del diritto al rispetto dei beni sia legale : la seconda frase del primo capoverso di questo articolo autorizza la privazione della proprietà « alle condizioni previste dalla legge » ; il secondo capoverso riconosce agli Stati il diritto di regolamentare l’uso dei beni in applicazione delle « leggi ».

41. Inoltre, la preminenza del diritto, uno dei principi fondamentali di una società democratica, riguarda gli articoli della Convenzione nel loro insieme (vedasi, tra altre, Belvedere Alberghiera S.r.l. c. Italia, no 31524/96, § 63, CEDH 2000‑VI ; Amuur c. Francia, sentenza del 25 giugno 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996‑III, pp. 850-851, § 50) e implica il dovere dello Stato o di un’autorità pubblica di rispettare una decisione o una sentenza emessa nei loro confronti (vedasi, mutatis mutandis, Hornsby c. Grecia, sentenza del 19 marzo 1997, Recueil 1997‑II, p. 511, § 41). La stessa constatazione vale per gli atti degli organi amministrativi aventi un carattere definitivo ed esecutorio.

42.  Ne consegue che la necessità di ricercare se un giusto equilibrio è stato mantenuto tra esigenze di interesse pubblico generale e dettami di salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo (vedasi Sporrong e Lönnroth c. Svezia, sentenza del 23 settembre 1982, série A no 52, p. 26, § 69) non può farsi sentire quando si sia verificato che l’ingerenza giudiziaria ha rispettato il principio di legalità e non era arbitraria (vedasi Iatridis c. Grecia [GC], no 31107/96, § 58, CEDH 1999‑II).

43.  Nel caso di specie, la Corte ritiene opportuno ricordare alcuni fatti che appaiono essenziali. Innanzitutto, la Corte rileva che dopo la sentenza della Corte di Cassazione, l’autorità giudiziaria penale ha definitivamente ordinato la demolizione della costruzione abusiva, stando il fatto che questa era stata realizzata in violazione delle norme urbanistiche. In seguito, il 12 giugno 1999, l’ufficio esecuzione delle sentenze della Procura di Napoli ha  chiesto al comune di Agevola di procedere alla demolizione della costruzione. Le autorità comunali avevano dunque il dovere di procedere, ma sono rimaste inerti.

44. In più, la Corte deve constatare che l’autorità giudiziaria penale ha riconosciuto definitivamente che il ricorrente ha subito un danno materiale a seguito della costruzione illegittima e ha conseguentemente riconosciuto a questi il diritto al risarcimento dei danni, mentre l’eventuale procedura civile era necessaria al solo fine della quantificazione.

45. Infine, quanto alla procedura in sanatoria proposta da B. presso il Comune di Agerola, la Corte rileva che sono trascorsi più di dodici anni senza che le autorità comunali si siano pronunciate al riguardo e tuttavia, con nota del 27 febbraio 1997, il comune di Agevola ha affermato che la richiesta di sanatoria non aveva alcuna possibilità di essere accolta tenuto conto della legislazione in vigore in materia.

46. Dai fatti di causa risulta che il rifiuto o l’omissione dell’amministrazione comunale di procedere alla demolizione della costruzione abusiva non aveva alcun fondamento legale in diritto interno. Una tale conclusione dispensa la Corte dal ricercare se sia stato mantenuto un giusto equilibrio tra le esigenze di interesse generale della comunità e gli imperativi per la salvaguardia dei diritti individuali ( vedasi, Antonetto c. Italia, precitato e Fotopoulou c. Grecia, no 66725/01, 18 novembre 2004).

47. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1.

II.  SULLA VIOLAZIONE DI CUI ALL’ARTICOLO 6 § 1 DELLA CONVENZIONE

48. Invocando il diritto ad una protezione giudiziaria effettiva, il ricorrente si lamenta dell’impossibilità di ottenere l’esecuzione di una sentenza penale definitiva che dispone la demolizione dell’immobile abusivo. Si riporta all’articolo 6 § 1 della Convenzione, che, nelle sue parti pertinenti, dispone:

« Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile(…) »

A.  Tesi delle parti

49. Il Governo sostiene che nessuna giurisdizione nazionale ha riconosciuto al ricorrente il diritto alla demolizione dell’immobile abusivo. La costituzione di parte civile nel procedimento penale sarebbe in effetti stata ammessa allo scopo di ottenere il risarcimento dei danni e non per ottenere l’ordine di demolizione.

50. Dato che non esiste un diritto individuale del ricorrente ad ottenere la demolizione, il Governo conclude che l’articolo 6 § 1 della Convenzione non è stato violato nel caso di specie.

51. In ogni caso, il Governo sostiene che l’ordine di demolizione non costituisca un misura la cui esecuzione è un dovere inevitabile per i destinatari, dato che l’amministrazione può, a certe condizioni previste dalla legge, soprassedere all’esecuzione ed anche ignorarla.

52. Il ricorrente si oppone alla tesi del Governo, facendo valere che a seguito della procedura penale, è titolare del diritto individuale alla demolizione dell’immobile di cui è causa.

B.  Valutazione della Corte

53. La Corte ricorda che, secondo la propria giurisprudenza, il diritto ad un tribunale sarebbe illusorio se l’ordine giuridico interno di uno Stato permettesse che una decisione giudiziaria definitiva ed obbligatoria resti inoperante a detrimento di una parte. L’esecuzione una decisione o sentenza, di qualsiasi giurisdizione sia, deve dunque essere considerata come parte integrante del “processo” ai sensi dell’articolo 6 (vedasi, tra le altre, Immobiliare Saffi c. Italie [GC], no 22774/93, § 63 in fine, CEDH 1999-V e Hornsby c. Grèce precitata, § 40).

54. Nel caso di specie, la Corte ritiene che l’allegazione del ricorrente sollevata nei termini del diritto di accesso a un tribunale si confonda con quella di cui all’articolo 1 del Protocollo n° 1, dato che il ricorrente si lamenta a tal titolo dei danni derivanti dall’impossibilità di ottenere la demolizione della costruzione realizzata dai vicini.

55. Tenendo presente la conclusione di cui al paragrafo 47 qui sopra, la Corte ritiene che non sia necessario di esaminarla separatamente sotto l’aspetto dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

III.  SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

56. Secondo l’articolo 41 della Convenzione,

« Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa. »

A.  Danno materiale

57. Il ricorrente chiede la demolizione della costruzione abusiva. Inoltre chiede il pagamento di un indennizzo di 231.010 EUR, oltre interessi e rivalutazione monetaria, sulla base di una perizia tecnica effettuata.

58. Il Governo sostiene che il ricorrente non abbia diritto ad alcuna somma, dato che la non esecuzione dell’ordine di demolizione non costituirebbe violazione di un diritto individuale di carattere civile dello stesso. In ogni caso, il Governo sostiene che il ricorrente non ha provato la sua pretesa.

59. La Corte ritiene che, tenendo conto del caso di specie e prescindendo dal seguito che sarà riservato alla questione della demolizione, un risarcimento danni costituirebbe una riparazione adeguata al pregiudizio subito dal ricorrente. Riguardo a ciò, la Corte rileva che la giurisdizione penale ha definitivamente stabilito che il ricorrente ha subito un danno materiale a causa della costruzione illegittima realizzata dai vicini (paragrafo 15 qui sopra). Tuttavia dato che, conformemente alla decisione del giudice penale, il ricorrente può iniziare un’azione civile per ottenere il risarcimento dei danni, la Corte ritiene che non si debba accordare alcuna somma a titolo di danno materiale.

B.  Danno morale

60. Il ricorrente chiede in via principale la somma di 50.000 EURO e in via subordinata la somma di 21.346,88 EURO.

61. Il Governo va valere nuovamente le argomentazioni di cui sopra (paragrafo 58).

62. La Corte ritiene che il ricorrente deve aver subito un danno morale – in particolare per la frustrazione provocata dal rifiuto od omissione dell’amministrazione di procedere alla demolizione della costruzione abusiva nonostante la decisione definitiva dell’autorità giurisdizionale penale – che non è compensato sufficientemente dalla constatazione di violazione (vedasi, tra le altre, Antonetto c. Italia, precitata, Dactylidi c. Grecia, no 52903/99, § 58, 27 marzo 2003 e Fotopoulou c. Grecia, precitata). Statuendo in equità, la Corte riconosce al ricorrente 5.000 EURO  a questo titolo.

C.  Competenze e spese

63. Il ricorrente richiede il corresponsione di 81.500 EURO per competenze e spese per la procedura davanti alla Corte.

64. Il Governo sostiene che questa somma sia esorbitante e che il ricorrente non abbia fornito alcuna prova a fondamento della propria pretesa.

65. La Corte ricorda la propria giurisprudenza secondo cui la concessione delle competenze e spese ai sensi dell’articolo 41 presuppone che queste siano quantificate nella loro realtà, necessità e secondo il carattere ragionevole delle loro tasse. Inoltre, le competenze di giustizia sono rimborsabili qualora siano riferibili alla violazione constatata (vedasi, per esempio, Beyeler c. Italia (equa soddisfazione) [GC], no 33202/96, § 27, 28 maggio 2002 ; Sahin c. Germania [GC], no 30943/96, § 105, CEDH 2003-VIII).

66.  La Corte ha appena concluso che vi è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1, accogliendo la tesi del ricorrente. Se la Corte non dubita sulla necessità di riconoscere le competenze richieste ne che le stesse siano state effettivamente sostenute a questo titolo, tuttavia ritiene eccessivi gli onorari rivendicati per la procedura a Strasburgo. Considera pertanto che esse si debbano rimborsare che in parte. Tenuto conto delle circostanze di specie, la Corte riconosce al ricorrente 3.000 EURO in totale, oltre alle somme dovute su tale importo a titolo di imposta.

D.  Interessi di mora

67.  La Corte giudica appropriato basare i tassi di interesse moratori sui tassi di interesse della Banca centrale europea maggiorati di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL’UNANIMITA’,

1.  Rigetta l'eccezione preliminare del Governo ;

2.  Dichiara che c’è stata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n° 1 ;

3.  Dichiara di non dover esaminare separatamente l’allegazione di cui all’articolo 6 § 1 della Convenzione ;

4.  Dichiara

a)  che lo Stato convenuto deve versare al ricorrente, entro tre mesi dal giorno in cui la sentenza diverrà definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione, le seguenti somme :

i.  5 000 EUR (cinquemila euro) per danno morale ;

ii.  3 000 EUR (tremila euro) per competenze e spese ;

iii.  ogni ulteriore somma che può essere dovuta a titolo di imposta su tali importi ;

b)  che a partire dal detto termine sino al versamento, tali importi saranno maggiorati di un interesse semplice ad un tasso pari a quello per le agevolazioni sul prestito marginale della Banca centrale europea applicabile in questo periodo, aumentato di tre punti percentuali;

5.  Rigetta la richiesta di equa soddisfazione per il surplus.

Redatta in francese, poi comunicata per iscritto il 24 maggio 2007 ai sensi dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Françoise Elens-Passos                                                         Françoise Tulkens
Vice Cancelliere                                                                       Presidente