Cass. Sez. III n. 45447 del 9 dicembre 2008 (Ud 30 set. 2008)
Pres. De Maio Est. Franco Ric. D’Angelo
Rifiuti. Deposito temporaneo

Il luogo di produzione dei rifiuti rilevante ai fini della nozione di deposito temporaneo ai sensi dell\'art. 183, comma primo, lett. m). d. 1gs. 3 aprile 2006, n. 152 non è solo quello in cui i rifiuti sono prodotti ma anche quello in disponibilità dell\'impresa produttrice nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato a quello di produzione (nella specie non si è ritenuto sufficiente, per escludere un deposito temporaneo, la circostanza che i rifiuti venissero spostati, all\'interno della stessa area oggetto di lottizzazione, da una zona in via di costruzione ad altra già costruita, ritenendo necessario che il giudice valuti, adeguatamente e congruamente motivando il suo convincimento in proposito, se luogo di produzione e luogo di deposito fossero a disposizione della stessa impresa e se il secondo potesse ritenersi funzionalmente collegato al primo, tenendo anche conto delle caratteristiche del caso concreto, ed in particolare dell\'eventualità che effettivamente si trattasse di una unica lottizzazione e di un unico perimetro aziendale).
Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Messina dichiarò D’Angelo Santino colpevole del reato di cui all’art. 51, comma 2, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, per avere effettuato senza autorizzazione un deposito incontrollato di rifiuti speciali provenienti da demolizioni, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Ritenne il giudice che non poteva parlarsi di deposito temporaneo perché il deposito era avvenuto fuori dal luogo di produzione, ossia in un lotto attiguo ma distinto dello stesso complesso edilizio dove l’edificazione era già stata completata, e quindi in un luogo fuori del cantiere perché già abitato. Inoltre l’accumulo era stato fatto in maniera incontrollata e disomogenea.
L’imputato propone ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione degli artt. 6, lett. m), e 51, comma 2, d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, non sussistendo gli estremi del deposito incontrollato né sotto il profilo oggettivo né sotto quello soggettivo. Nella specie infatti il deposito del materiale, proveniente dalla costruzione di un complesso residenziale, avveniva all’interno dello stesso programma costruttivo contraddistinto da una unica lottizzazione. Per esigenze di cantiere il costruttore, unico proprietario dell’intera area, procedeva a rotazione prima su un lotto e poi su un altro. 1€ luogo di produzione e di deposito temporaneo dei rifiuti era quindi lo stesso, trattandosi dello stesso cantiere, all’interno dello stesso perimetro aziendale. Inoltre i rifiuti da portare a
erano solo una piccolissima quantità, non superiore ai limiti di legge, perché per la maggior parte si trattava di semplice terra che doveva essere ricollocata nella originaria posizione dopo la realizzazione delle fondazioni e dei piani interrati. Erano poi rispettati i tempi di giacenza. In secondo luogo non vi era la volontà di disfarsi dei materiali de quibus perché erano stati depositati temporaneamente all’interno del cantiere per poi provvedere alla bonifica dei luoghi e cedere l’area al comune pel9 ,2ere di urbanizzazione secondaria. Ed infatti la terra era stata poi ricollocaW4alove era stata provvisoriamente asportata mentre i pochi metri cubi di materiali di risulta erano stati trasportati in discarica. Il materiale di risulta temporaneamente depositato era stato quindi reimpiegato dall’impresa all’interno della propria attività senza alcun trattamento preventivo e senza pregiudizio per l’ambiente.
Motivi della decisione
Ai sensi dell’art. 183, lett. m), d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152, costituisce attività di deposito temporaneo, e non di gestione di rifiuti, il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, purché siano rispettate le condizioni temporali ed oggettive ivi previste, ossia, qualora si tratti, come nella specie, di rifiuti non pericolosi, che gli stessi siano raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale indipendentemente dalle quantità prodotte oppure quando il quantitativo in deposito raggiunga i 20 metri cubi; in ogni caso, quando il quantitativo non superi i 20 metri cubi l’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; il deposito temporaneo deve essere inoltre effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche.
Nella specie il giudice ha escluso che potesse trattarsi di deposito temporaneo perché il deposito avveniva fuori dai luoghi di produzione, in quanto il materiale di risulta veniva trasportato dal luogo in cui erano in corso i lavori di costruzione in quelli attigui in cui l’edificazione era già stata completata, e quindi al di fuori del cantiere aziendale in una zona che, sebbene limitrofa, era ormai abitata dai condomini dei nuovi immobili e quindi estranea al cantiere. Il giudice ha poi ritenuto che i rifiuti fossero accumulati sul suolo in maniera incontrollata e disomogenea.
Il ricorrente osserva invece che il deposito dei materiali di risulta proveniente dalla costruzione del complesso residenziale avveniva all’interno dello stesso programma costruttivo contraddistinto da una unica lottizzazione e che solo per esigenze costruttive l’impresa proprietaria dell’intera area procedeva a rotazione prima su un lotto e poi su un altro. Secondo il ricorrente, quindi, i rifiuti non erano depositati in un luogo diverso da quello di produzione perché luogo di produzione e luogo di deposito temporaneo erano gli stessi, trattandosi dello stesso cantiere sito all’interno del ristretto perimetro aziendale.
L’assunto del ricorrente è fondato perché effettivamente è apodittica e comunque manifestamente illogica l’affermazione del giudice del merito secondo cui il deposito era effettuato in un luogo diverso da quello di produzione.
Deve invero ribadirsi il principio, già affermato da questa Corte, secondo
cui «il luogo di produzione dei rWuti rilevante aifini della nozione di deposito
temporaneo ai sensi dell’an. 183, comma primo, letL m). d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 non è solo quello in cui i rfluti sono prodotti ma anche quello in disponibilità dell’impresa produttrice nel quale gli stessi sono depositati, purché funzionalmente collegato a quello di produzione. (Fattispecie nella quale il deposito dei rifiuti non avveniva nel luogo di produzione ma in un terreno non recintato di proprietà di terzi, adiacente a quello in cui era ubicato lo stabilimento dell’impresa produttrice dei r(fìuti)» (Sez. III, 11luglio 2007, n. 35622, Pili, m. 237388). Nella specie, dunque, non era sufficiente, per escludere un deposito temporaneo, la circostanza che i rifiuti venissero spostati, all’interno della stessa area oggetto di lottizzazione, da una zona in via di costruzione ad altra già costruita, ma era necessario che il giudice valutasse, adeguatamente e congruamente motivando il suo convincimento in proposito, se luogo di produzione e luogo di deposito erano a disposizione della stessa impresa e se il secondo poteva ritenersi funzionalmente collegato al primo, tenendo anche conto delle caratteristiche del caso concreto, ed in particolare dell’eventualità che effettivamente si trattasse di una unica lottizzazione e di un unico perimetro aziendale.
Va poi rilevato che «a seguito dell’entrata in vigore del d .lgs. 3 aprile 2006 n. 152, il produttore può decidere di conservare i rifiuti in deposito per tre mesi in qualsiasi quantità, prima di avviarlì allo smaltimento o al recupero, privilegiando così il limite temporale, oppure può scegliere di conservare i rifiuti in deposito per un anno, purché la quantità non raggiunga i venti metri cubi, in applicazione del limite quantitativo» (Sez. III, 14 marzo 2007, n. 15997, Storace, m. 236350). Nella specie, la sentenza impugnata non indica se questi limiti erano stati o meno superati.
La sentenza impugnata, inoltre, afferma che il deposito era avvenuto in maniera incontrollata e disomogenea, ma manca di qualsiasi motivazione che indichi le ragioni per le quali si è ritenuto che l’accumulo fosse incontrollato e disomogeneo, tanto più che sembrerebbe trattarsi solo di materiale di risulta tutto proveniente dalla stessa attività di ristrutturazione edilizia.
Manca infine la motivazione sull’assunto difensivo secondo cui il materiale accumulato per la gran parte non potrebbe qualificarsi rifiuto in quanto si tratterebbe di terra asportata per realizzare fondazioni e cantinati e poi effettìvamente reimpiegata nel medesimo ciclo produttivo per la bonifica dei luoghi e senza alcun trattamento preventivo e senza pregiudizio per l’ambiente.
E’ quindi necessaria una nuova valutazione di merito che tenga conto delle osservazioni della difesa e dei principi di diritto dianzi ricordati.
La sentenza impugnata deve dunque essere annullata con rinvio al tribunale di Messina per nuovo giudizio.