Attività edilizia e istituto della decadenza

di Massimo GRISANTI

Con la sentenza n. 18 del 11 settembre 2020, resa in Adunanza Plenaria, il Consiglio di Stato ha osservato che la decadenza, intesa quale vicenda pubblicistica estintiva, ex tunc (o in alcuni casi ex nunc), di una posizione giuridica di vantaggio (c.d. beneficio), è istituto che, pur presentando tratti comuni col più ampio genus dell’autotutela, ne deve essere opportunamente differenziato, caratterizzandosi specificatamente:
a) per l’espressa e specifica previsione, da parte della legge, non sussistendo, in materia di decadenza, una norma generale quale quelle prevista dall’art. 21 nonies della legge 241/90 che ne disciplini presupposti, condizioni ed effetti;
b) per la tipologia del vizio, more solito individuato nella falsità o non veridicità degli stati e delle condizioni dichiarate dall’istante, o nella violazione di prescrizioni amministrative ritenute essenziali per il perdurante godimento dei benefici, ovvero, ancora, nel venir meno dei requisiti di idoneità per la costituzione e la continuazione del rapporto;
c) per il carattere vincolato del potere, una volta accertato il ricorrere dei presupposti.
4.1. La decadenza non presenta, invece, nessun tratto comune con il diverso istituto della sanzione, differenziandosene nettamente in ragione:
a) della non rilevanza, ai fini dell’integrazione dei presupposti, dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa;
b) del limite dell’effetto ablatorio prodotto, al massimo coincidente con l’utilità innanzi concessa attraverso il pregresso provvedimento ampliativo sul quale la decadenza viene ad incidere.
In materia di attività edilizia è ormai tutto basato sulla esattezza delle informazioni che i privati, richiedente del titolo abilitativo nonché progettista o direttore dei lavori, rendono alla pubblica amministrazione, ai sensi e per gli effetti del d.P.R. 445/2000, esponendosi alla dichiarazione di decadenza ex art. 75 qualora per effetto degli idonei controlli prescritti dal precedente art. 71 emerga che, ad esempio, lo stato dei luoghi non è stato fedelmente rappresentato oppure sono state taciute circostanze rilevanti in fatto o in diritto oppure non sussista la legittimità dell’immobile ove è previsto intervenire con ulteriori lavori ecc.
La Suprema Corte di Cassazione ha più volte ricordato che rientrano nella nozione di certificato le planimetrie presentate a corredo della richiesta di autorizzazioni redatte, secondo le vigenti disposizioni anche dei regolamenti edilizi, dall’esercente una professione necessitante di speciale autorizzazione dello Stato perché assolvono alla funzione di dare alla pubblica amministrazione una esatta informazione sullo stato dei luoghi. Di conseguenza l’inesattezza di tali informazioni comporta la decadenza ex tunc del permesso di costruire o dell’alternativa segnalazione certificata di inizio attività, senza che rilevi il dolo o la colpa.
Seguendo la posizione del Consiglio di Stato, è di decadenza il provvedimento che il dirigente è obbligato ad adottare una volta riscontrata l’inesattezza delle certificazioni, ancorché gli venga dato il nome di annullamento d’ufficio. Con la conseguenza che sono inapplicabili sia le disposizioni dell’art. 21 nonies L. 241/1990, sia quelle dell’art. 38 d.P.R. 380/2001; nonché dell’abusività delle opere eseguite.
E alle medesime conclusioni si arriva anche in presenza di dichiarazioni mendaci, che sono assimilate ad assenza di dichiarazione (v. Cass. civile, SS.UU., n. 8230/2019), o false, anche per omissione di informazioni rilevanti, atteso che l’art. 21 L. 241/1990 commina la sanzione della non ammissione della conformazione dell’attività e dei suoi effetti a legge o la sanatoria prevista dagli articoli 19 e 20.
Non si può fare a meno di interrogarci, a questo punto, sulla importanza delle cosiddette atipiche azioni di accertamento dei giudici amministrativi, a cui gli interessati, nell’inadempimento della pubblica amministrazione, e senza limiti di tempo, possono adire per far emergere l’obbligo dei comuni di dichiarare gli intestatari dei titoli abilitativi decaduti dal beneficio conseguito e per l’effetto di ingiungere la demolizione delle opere venute ad esistenza in forza di provvedimenti privi di elementi essenziali. Perché così come non esistono limiti di tempo per la pubblica amministrazione procedente, la quale era tenuta ab origine a svolgere idonei controlli, in egual modo in ogni tempo può agire in via giudiziale il soggetto che si ritiene leso dall’attività edilizia.
Tutto il sistema di semplificazione amministrativa è basato sull’autoresponsabilità, di talché chi è causa del suo male pianga se stesso.


Pubblicato il 11/09/2020

N. 00018/2020REG.PROV.COLL.

N. 00012/2020 REG.RIC.A.P.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12 di A.P. del 2020, proposto da
Ossanna Luigi S.a.s. di Ossanna Alberto & C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Tita, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Francesco Vannicelli in Roma, via Varrone 9;

contro

Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Gianluca Maria Esposito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia 11;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 8838/2018, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Gestore dei Servizi Energetici – GSE S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 luglio 2020 il Cons. Giulio Veltri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La questione oggetto d’esame trae origine dall’impugnazione del provvedimento del 2 marzo 2017, con il quale il Gestore Servizi Energetici (GSE), a conclusione del procedimento di verifica condotto ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 e del D.M. 31 gennaio 2014 in relazione all’impianto fotovoltaico denominato “Negozio Ossanna”, ha dichiarato la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti per l’impianto in oggetto, disponendo il recupero integrale degli incentivi percepiti. Ciò essendo emerso dall’istruttoria, con riferimento all’attestazione dell’origine dei pannelli fotovoltaici, che era stato presentato un documento (Factory Inspection Attestation) non conforme a quello che lo stesso ente aveva originariamente emesso.

2. Il T.A.R. per il Lazio, Sezione Terza ter, con la sentenza n. 8838 del 2018, ha respinto il ricorso proposto dalla Ossanna Luigi s.a.s. avverso tale atto, sicché la società ha interposto appello.

3. Con sentenza non definitiva n. 2682/2020 la VI Sezione ha accertato che il certificato Factory Inspection Attestation prodotto dall’impresa al fine di fruire della maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lettera d), del D.M. 5 maggio 2011, conteneva un dato non veridico (in corrispondenza del campo “Annual Capacity”, identificativo della capacità produttiva annuale, era riportata una dicitura “XX”, mentre la versione effettivamente emessa dall’ente certificatore TUV InterCert GmbH alla Zuccotti S.r.l., come confermato dal medesimo Ente alla Società a seguito di specifica interlocuzione, riporta espressamente un valore della capacità produttiva pari a “15 MW”). Sulla base di tale accertamento, e ricostruito il quadro normativo ratione temporis applicabile, la Sezione ha ritenuto che si fosse in presenza di una ‘violazione rilevante’ - attribuibile in ragione del principio di autoresponsabilità all’impresa richiedente, consistente nell’omissione di un’informazione necessaria ad accertare la provenienza europea dei componenti utilizzati, e di conseguenza la spettanza della maggiorazione prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d), del D.M. 5 maggio 2011 – sicché ha respinto le doglianze dell’appellante per la parte in cui si contestava la legittimità della decisione del Gestore di disporre la decadenza, ed il conseguente recupero, con riferimento alla maggiorazione dell’incentivo.

4. La Sezione VI non ha invece deciso l’ulteriore doglianza con la quale l’appellante ha dedotto che si sarebbe dovuta riconoscere la spettanza, almeno, dell’incentivo base al netto della maggiorazione del 10%, atteso che l’errore nella produzione della copia del Factory Inspection Attestation avrebbe, a tutto concedere, inciso sul solo riconoscimento della detta maggiorazione.

4.1. Nel prospettare i propri dubbi esegetici e nel circoscriverne l’esatta portata, la Sezione ha precisato che la questione centrale è costituita dall’ambito di applicazione dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, in forza del quale, nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli “siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi”, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate.

4.2. Tra le ‘violazioni rilevanti’, indicate nell’allegato 1 al D.M. 31 gennaio 2014 – recante attuazione dell’articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore dei Servizi Energetici – v’è quella contemplata dalla lettera a) del cit. DM: “la presentazione al GSE di dati non veritieri o di documenti falsi, mendaci o contraffatti, in relazione alla richiesta di incentivi, ovvero la mancata presentazione di documenti indispensabili ai fini della verifica della ammissibilità agli incentivi”.

4.3. Nel caso di specie – afferma la Sezione rimettente - è indubbio che l’impresa abbia presentato al GSE un dato non veritiero, o più propriamente, abbia omesso un’informazione indispensabile contenuta nel Factory Inspection Attestation per l’attribuzione della maggiorazione del 10%, sicché, quantomeno a tali fini, risulta integrata la previsione di “violazione rilevante”.

4.4. Residua il dubbio se, e in che modo, tale violazione sia rilevante anche ai fini dell’erogazione degli ‘incentivi base’ ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2001.

4.4.1.La tesi della non estensibilità ipso iure della decadenza anche all’incentivo base è stata sostenuta con la decisione, sempre della Sezione VI, n. 2006 del 18 maggio 2016, la quale ha sottolineato la necessità di un accertamento specifico della rilevanza.

4.4.2. La Sezione rimettente prospetta, quale plausibile opzione esegetica alternativa al citato orientamento, la tesi secondo la quale la violazione riscontrata potrebbe comportare la non spettanza del beneficio nella sua interezza, sul rilievo che: a) da un lato, non sembra che la ‘maggiorazione’ abbia una natura diversa dall’incentivo-base; d) dall’altro – a differenza di altri casi qui non rilevanti – la conseguenza della ‘decadenza’ è stata senz’altro disposta dalla normativa vigente, senza alcun richiamo ad una possibile ‘decadenza parziale’. Tuttavia, in relazione a tale profilata opzione, ritiene comunque necessario che l’Adunanza Plenaria preliminarmente chiarisca se la contestuale domanda della tariffa base incentivante e della connessa maggiorazione costituisca domanda “unica”, ovvero sia possibile scinderne gli effetti, in modo tale da poter configurare due distinti procedimenti, ovvero due distinti provvedimenti conclusivi, sia pure contenuti in un unico documento.

5. Nel giudizio innanzi a questa Adunanza Plenaria, le parti hanno presentato memorie e note di replica.

6. La questione è stata trattata all’udienza del 15 luglio 2020, e all’esito trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con la sentenza non definitiva n. 2682/2020 la Sezione VI, nel decidere parzialmente la causa, ha rimesso a questa Adunanza Plenaria i seguenti quesiti:

“a) se la richiesta, da parte di un operatore economico, degli incentivi previsti dal D.M. 5 maggio 2011 e della maggiorazione economica prevista dall’art. 14, comma 1, lettera d) dello stesso D.M. determini l’avvio di un unico procedimento (nel quale la maggiorazione ha natura non dissimile dall’incentivo base) e, in caso affermativo, se il provvedimento conclusivo dello stesso debba essere considerato plurimo, in ragione della diversità tra gli effetti giuridici derivanti dalla richiesta della tariffa base e quelli derivanti dalla richiesta della relativa maggiorazione;

b) se, ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, quando la violazione riscontrata riguardi una certificazione prodotta al fine di ottenere la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 5 maggio 2011, la violazione stessa debba intendersi rilevante ai fini della decadenza dalla intera tariffa incentivante, ovvero dalla sola maggiorazione del 10% per ottenere la quale era stata prodotta;

c) se, il provvedimento di decadenza di cui all’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, nell’ipotesi in cui esso riguardi l’intero beneficio, abbia natura sanzionatoria e, quindi, richieda l’accertamento dell’elemento soggettivo della condotta attiva o omissiva in capo all’interessato, oppure se la perdita dell’intero beneficio – e non della sola maggiorazione (perdita da considerare, come si è visto, automatica per l’oggettiva insussistenza del presupposto) - sia anch’essa la conseguenza della oggettiva insussistenza di tutti i presupposti richiesti per ottenere l’importo complessivamente richiesto”.

2. Questa Adunanza Plenaria preliminarmente chiarisce, in ordine ai profili di diritto intertemporale della vicenda, che il provvedimento per il quale è causa è stato emanato il 2 marzo 2017.

2.1. A quella data l’art. 42 comma 3 del d.lgs. n. 28 del 2011 si limitava a prevedere che “Nel caso in cui le violazioni riscontrate nell'ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell'erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell'istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate, e trasmette all'Autorità l'esito degli accertamenti effettuati per l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 2, comma 20, lettera c), della legge 14 novembre 1995, n. 481”. Successivamente, l'art. 1, comma 960, lett. a), L. 27 dicembre 2017, n. 205 e le successive modifiche, hanno ulteriormente previsto, a integrazione del citato comma 3, che “In deroga al periodo precedente, al fine di salvaguardare la produzione di energia da fonti rinnovabili degli impianti che al momento dell'accertamento della violazione percepiscono incentivi, il GSE dispone la decurtazione dell'incentivo in misura ricompresa fra il 10 e il 50 per cento in ragione dell'entità della violazione. Nel caso in cui le violazioni siano spontaneamente denunciate dal soggetto responsabile al di fuori di un procedimento di verifica e controllo le decurtazioni sono ulteriormente ridotte della metà”. Non solo: sono stati aggiunti il comma 3 quater e il comma 4 bis (per impianti rispettivamente inferiori e superiori ai 3 Kw), i quali, con specifico riferimento alla problematica della non conformità della certificazione dei moduli fotovoltaici alla normativa vigente (fattispecie diversa da quella legata alla dichiarazione non veritiera, ma comunque riconducibile a fatti che, nella loro generica descrizione normativa, sembrerebbero ricomprendere quelli oggetto della dichiarazione) e al dichiarato fine di salvaguardare le iniziative di realizzazione di impianti fotovoltaici e la produzione di energia elettrica, si sono limitati a disporre una decurtazione del 10 per cento della tariffa incentivante sin dalla data di decorrenza della convenzione, fermo restando, ove ne ricorra il caso, l'annullamento della maggiorazione di cui all'articolo 14, comma 1, lettera d), del decreto del Ministro dello sviluppo economico 5 maggio 2011.

2.2. La legge di conversione 2 novembre 2019, n. 128 del D.L. 03/09/2019, n. 101, ha poi previsto che “Le disposizioni di cui alla lettera a) del comma 1 (ndr quelle che prevedono la decadenza parziale nella misura del 10% sopra citate) si applicano agli impianti realizzati e in esercizio oggetto di procedimenti amministrativi in corso e, su richiesta dell'interessato, a quelli definiti con provvedimenti del Gestore dei servizi energetici (GSE) di decadenza dagli incentivi, oggetto di procedimenti giurisdizionali pendenti nonché di quelli non definiti con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, compresi i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica per i quali non è intervenuto il parere di cui all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199. La richiesta dell'interessato equivale ad acquiescenza alla violazione contestata dal GSE nonché a rinuncia all'azione”.

3. Pur dando atto dell’evoluzione del quadro normativo, nei termini sopra sinteticamente enucleati, questa Adunanza ritiene che la fattispecie oggetto del giudizio, in quanto originante da un provvedimento del 2 marzo 2017, debba essere vagliata e decisa unicamente alla luce dell’originario e indistinto tenore dell’art. 42 comma 3 cit.. Ivi era contemplata una generica “decadenza dagli incentivi”, causalmente collegata alla rilevanza delle violazioni.

4. Osserva l’Adunanza che la decadenza, intesa quale vicenda pubblicistica estintiva, ex tunc (o in alcuni casi ex nunc), di una posizione giuridica di vantaggio (c.d. beneficio), è istituto che, pur presentando tratti comuni col più ampio genus dell’autotutela, ne deve essere opportunamente differenziato, caratterizzandosi specificatamente:

a) per l’espressa e specifica previsione, da parte della legge, non sussistendo, in materia di decadenza, una norma generale quale quelle prevista dall’art. 21 nonies della legge 241/90 che ne disciplini presupposti, condizioni ed effetti;

b) per la tipologia del vizio, more solito individuato nella falsità o non veridicità degli stati e delle condizioni dichiarate dall’istante, o nella violazione di prescrizioni amministrative ritenute essenziali per il perdurante godimento dei benefici, ovvero, ancora, nel venir meno dei requisiti di idoneità per la costituzione e la continuazione del rapporto;

c) per il carattere vincolato del potere, una volta accertato il ricorrere dei presupposti;

4.1. La decadenza non presenta, invece, nessun tratto comune con il diverso istituto della sanzione, differenziandosene nettamente in ragione:

a) della non rilevanza, ai fini dell’integrazione dei presupposti, dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa;

b) del limite dell’effetto ablatorio prodotto, al massimo coincidente con l’utilità innanzi concessa attraverso il pregresso provvedimento ampliativo sul quale la decadenza viene ad incidere.

5. Alla luce delle delineate coordinate occorre dunque affrontare l’esegesi dell’art. 42 comma 3, la decadenza ivi contemplata, e soprattutto, il concetto di rilevanza contestualmente menzionato.

5.1. Non v’è dubbio alcuno che la decadenza, cui la disposizione citata fa riferimento, sia appieno sussumibile nel concetto di decadenza pubblicistica sinora descritto, potendosi pacificamente escludere un’improprietà del linguaggio legislativo, tale da ricondurre sotto il nomen iuris utilizzato altri istituti di carattere sanzionatorio. Lo ha già chiarito la giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, IV, 12 gennaio 2017, n. 50) puntualmente richiamata dall’ordinanza di rimessione, che qui deve integralmente confermarsi nella sua impostazione.

5.2. Si aggiunge che il chiaro discrimen fra la decadenza dal beneficio incentivante e la sanzione per la violazione delle norme che disciplinano il rapporto con la pubblica amministrazione è segnato dallo stesso art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, che specificatamente demanda al GSE il compito di trasmettere gli atti, a base del provvedimento di decadenza, all’Autorità indipendente di settore (ARERA) per l’eventuale irrogazione delle sanzioni.

5.3. Trattandosi di decadenza in senso proprio, l’accertamento della rilevanza rispetto al beneficio fruito assume importanza primaria, non solo, com’è evidente, in relazione alla gravità dello scostamento del comportamento rispetto al paradigma normativo, ma anche in ordine all’intensità del collegamento tra il comportamento violativo e il beneficio goduto, di guisa che la decadenza non abbia a provocare effetti ablatori esorbitanti rispetto al beneficio innanzi riconosciuto.

E’ questo lo snodo fondamentale. Nel caso di specie non v’è dubbio che anche a prescindere dalla ricostruibilità del complessivo beneficio come conseguente ad una domanda ad oggetto plurimo, scindibile nei suoi effetti – ricostruzione cha questa Adunanza ritiene ad ogni buon fine preferibile - il beneficio è materialmente e giuridicamente scomponibile in due componenti: 1) la “tariffa incentivante” base, disciplinata dall’art 12 del DM 5 maggio 2011, a mente del quale “Per l'energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici di cui al presente titolo, il soggetto responsabile ha diritto a una tariffa individuata sulla base di quanto disposto dall'allegato 5. La tariffa incentivante è riconosciuta per un periodo di venti anni a decorrere dalla data di entrata in esercizio dell'impianto ed è costante in moneta corrente per tutto il periodo di incentivazione. Le tariffe di cui al presente articolo possono essere incrementate con le modalità e alle condizioni previste dagli articoli 13 e 14”; 2); il premio previsto dall’art. 14 del DM citato, secondo il quale, per quanto qui rileva, “La componente incentivante della tariffa individuata sulla base dell'allegato 5 è incrementata …….d) del 10%(percento) per gli impianti il cui costo di investimento di cui all'art. 3, comma 1, lettera b) per quanto riguarda i componenti diversi dal lavoro, sia per non meno del 60%(percento) riconducibile ad una produzione realizzata all'interno della Unione europea”.

6. Nei casi, come quello di specie, la provenienza dei pannelli (in tutto o nei loro componenti) rileva esclusivamente ai fini dell’attribuzione del premio, essendo, per converso, del tutto irrilevante in ordine alla tariffa base incentivante.

7. Accertata la rilevanza oggettiva, sub specie di gravità della violazione, il GSE, in applicazione delle normativa sopra riportata, deve quindi ulteriormente verificare la sussistenza della rilevanza causale rispetto alla concessione del beneficio, e conseguentemente limitare la decadenza al solo premio, riservando ogni eventuale e ulteriore valutazione in punto di rimproverabilità e sanzionabilità del comportamento all’Autorità indipendente cui il potere sanzionatorio è dalla legge espressamente attribuito.

8. Riprendendo i quesiti posti, l’Adunanza ritiene debba rispondersi a mezzo delle seguenti affermazioni di principio:

a) quando la domanda ha ad oggetto una tariffa incentivante maggiorata rispetto a quella base in ragione del premio contemplato dall’art. 14 del DM 5 maggio 2011, essa deve intendersi come avente un oggetto plurimo, scindibile nei suoi effetti giuridici;

b) quando la violazione riscontrata riguardi una certificazione prodotta al fine di ottenere la maggiorazione del 10% di cui all’art. 14, comma 1, lett. d), del D.M. 5 maggio 2011, la violazione stessa deve intendersi rilevante ai fini della decadenza dalla sola maggiorazione del 10% per ottenere la quale era stata prodotta;

c) l’accertamento necessario ai fini della pronuncia di decadenza ha ad oggetto la sola violazione e la sua rilevanza, prescindendo dall’elemento soggettivo; quest’ultimo ha piuttosto rilevanza nel prosieguo del procedimento sanzionatorio presso l’Autorità indipendente di settore cui gli atti sono trasmessi.

9. A seguito dell’enunciazione di questi principi di diritto, sussistono i presupposti per rimettere l’esame dell’appello alla Quarta Sezione del Consiglio di Stato, la quale ne valuterà le concrete ricadute al fine di deciderlo con la sentenza definitiva, con ogni conseguenza anche in ordine alle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, enuncia i principi di diritto di cui in motivazione e restituisce gli atti alla Sezione Quarta, per la definizione dell’appello, anche in ordine alle spese del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 luglio 2020 con l'intervento dei magistrati:

Filippo Patroni Griffi, Presidente

Sergio Santoro, Presidente

Franco Frattini, Presidente

Giuseppe Severini, Presidente

Luigi Maruotti, Presidente

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Diego Sabatino, Consigliere

Bernhard Lageder, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Oberdan Forlenza, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere, Estensore

Fabio Franconiero, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere