Le sanatorie giurisprudenziali urbanistiche e civilistiche del TAR Toscana.
(Nota estremamente critica alla sentenza n. 35 del 13/1/2015)

di Massimo GRISANTI

Per il TAR Toscana non esistono limiti!

Con la sentenza in commento (Sez. III, Pres. Nicolosi, Est. Gisondi, Cons. Messina) il Collegio giudicante è arrivato addirittura a travisare, secondo l'opinione di chi scrive, le disposizioni dell’art. 59 della L.R.T. n. 1/2005 relative ai “Mutamenti della destinazione d’uso” e, per l’effetto, disapplicare il combinato disposto degli articoli 78 e 79 che prescrivono il ricorso al permesso di costruire per effettuare i mutamenti di destinazione d’uso, con o senza opere, in assenza del “Piano delle Funzioni”.

E’ stato portato all’attenzione del Collegio giudicante il provvedimento repressivo adottato dal Comune di Castiglione della Pescaia – Ente che non si è dotato del c.d. Piano delle Funzioni – per il mutamento urbanisticamente rilevante della destinazione d’uso di alcuni locali in assenza del permesso di costruire.

Il TAR, nel dare torto al Comune, ha stabilito che l’art. 59 della L.R.T. n. 1/2005 stabilisce che in assenza del Piano delle Funzioni la norma (sì, proprio la norma) prevede la D.I.A.:

<… A tal fine occorre osservare che la regione Toscana, in applicazione di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 10 del D.P.R. 380/01, ha stabilito una peculiare regolamentazione dei mutamenti di destinazione d’uso demandando la loro disciplina sostanziale e la determinazione del titolo edilizio necessario per la loro esecuzione ad uno specifico piano urbanistico denominato piano delle funzioni. Al piano delle funzioni, fra gli altri, sono attribuiti i compiti di determinare quali mutamenti d’uso, nell’ambito delle unità minime di intervento in cui deve articolarsi la sua disciplina, sono soggetti a titolo abilitativo e di stabilire le fattispecie o le aree in cui il mutamento delle destinazioni d’uso “senza opere edilizie” è sottoposto a d.i.a. (ed oggi a s.c.i.a.).

La legge regionale detta poi all’art. 59 alcuni standard generali applicabili anche in assenza del piano delle funzioni, stabilendo che necessitano di titolo edilizio e, se realizzati senza opere, sono soggetti a d.i.a. i mutamenti di destinazione d’uso che determinano il passaggio dall’una all’altra di talune categorie essenziali, specificamente tipizzate, a condizione che essi comportino, anche con più interventi successivi, la variazione della utilizzazione attuale di oltre il 35 per cento della superficie utile di una unità immobiliare o comunque superiore a 30 mq.>.

Cari lettori, vengo a riportare il testo dell’articolo 59 in questione e ditemi Voi dove sta scritto che in assenza del Piano delle Funzioni il mutamento di destinazione d’uso può avvenire a mezzo della D.I.A.:

<Art. 59 - Mutamenti della destinazione d'uso.

1. Ai sensi dell' articolo 58, comma 1 e comma 3, lettere c) ed e), sono comunque considerati mutamenti di destinazione d'uso i passaggi dall'una all'altra delle seguenti categorie:

a) residenziale;

b) industriale e artigianale;

c) commerciale;

d) turistico- ricettiva;

e) direzionale;

f) di servizio;

g) commerciale all'ingrosso e depositi;

h) agricola e funzioni connesse ai sensi di legge.

2. Fermo restando quanto previsto al comma 1, si ha mutamento di destinazione d'uso quando sia variata l'utilizzazione attuale di una unità immobiliare in modo tale da interessare oltre il 35 per cento della superficie utile dell'unità stessa o comunque oltre trenta metri quadrati, anche con più interventi successivi.

3. Si presume destinazione d'uso attuale ai fini della presente legge quella risultante da atti pubblici ovvero da atti in possesso della pubblica amministrazione formati in data anteriore alla entrata in vigore della disciplina di cui all'articolo 58, ovvero, in mancanza, dalla posizione catastale quale risulta alla data di entrata in vigore della disciplina stessa.>.

In Italia il Giudice può riscrivere la Legge?

Continua il Tribunale :

<… Dalla predetta norma, peraltro, non si può ricavare, a contrario, che tutti i mutamenti di destinazione d’uso attuati con opere che determinino il passaggio dall’una all’altra delle categorie tipizzate richiedano il permesso di costruire.

Essa, infatti, è volta ad assoggettare a d.i.a. alcune fattispecie di mutamento di destinazione d’uso senza opere che, altrimenti, fino alla approvazione del piano delle funzioni, ricadrebbero nell’ambito della attività edilizia libera, ma non a dettare un regime generale dei titoli edilizi richiesti dagli interventi, anche con opere, che comportino un cambio della destinazione d’uso di immobili o porzioni di essi.

Per cui, il regime dei titoli edilizi richiesti dal mutamento di destinazione d’uso con opere non si ricava a contrario dal comma primo dell’art. 59 ma va, invece, desunto dagli artt. 78 e 79 della L.R.T. 1/2005 alla luce dei quali la fattispecie in esame, avendo comportato la trasformazione di un organismo edilizio esistente non riconducibile alla nozione del risanamento conservativo, deve essere qualificata come intervento di ristrutturazione assoggettato a d.i.a.>.

Ebbene, considerato:

  • che l’art. 78 stabilisce: <… Sono considerate trasformazioni urbanistiche ed edilizie soggette a permesso di costruire, in quanto incidono sulle risorse essenziali del territorio: a) gli interventi di nuova edificazione e cioè di realizzazione di nuovi manufatti edilizi diversi da quelli di cui alle lettere successive del presente articolo ed all' articolo 79 …>;

  • che l’art. 79 stabilisce: <… Sono soggetti a SCIA: … c) i mutamenti di destinazione d’uso degli immobili, edifici ed aree, anche in assenza di opere edilizie, nei casi individuati dalla disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni di cui all’articolo 58 …>;

è evidente allo scrivente, e penso anche a tutti Voi, che il combinato disposto porta a qualificare “nuovo manufatto edilizio”, assoggettato espressamente a permesso di costruire, il risultato del mutamento di destinazione d’uso, anche senza opere, di un edificio esistente, nel caso in cui il Comune non si sia dotato del Piano delle Funzioni.

La ratio della disposizione rigorista regionale si rinviene de plano nel fatto che, in assenza della preventiva valutazione della sufficienza e dell’adeguatezza delle dotazioni territoriali (opere di urbanizzazione primaria e secondaria) a mezzo del Piano delle Funzioni, l’impatto sul territorio delle modifiche proposte con il progetto portato all’esame del Comune deve essere necessariamente valutato ex art. 12 D.P.R. 380/2001 da parte del tecnico comunale, i cui accertamento e giudizio costituiscono attività proprie, non delegabili al tecnico asseveratore libero professionista, ed al cui positivo esito deve conseguire il rilascio del permesso di costruire.

Del resto, lo stesso TAR Toscana, Sez. III n. 1456/2009, ma in una composizione collegiale diversa, aveva stabilito che: <… L’art.79, comma 1, lettera “c”, della L.R. n.1/2005 sottopone a d.i.a. i mutamenti di destinazione (con o senza opere) nei soli casi tassativamente previsti dalla disciplina locale della distribuzione e localizzazione delle funzioni ex art.58 della stessa legge regionale. Orbene, nel caso di specie l’unica normativa comunale di riferimento è costituita dall’art.35 D delle N.T.A. del regolamento urbanistico, il quale non è riconducibile alla disciplina ex art.58 della L.R. n.1/2005 e non può rilevare quindi ai fini dell’individuazione del titolo edilizio occorrente. Ne consegue che vale la regola generale prevista nell’art.10, comma 1, lettera “c”, del D.P.R. n.380/2001 secondo cui la ristrutturazione edilizia comportante cambiamenti di destinazione su immobili compresi nelle zone “A” è subordinata a permesso di costruire.>.

Con la precisazione già più volte ribadita dalla Suprema Corte di Cassazione penale, in base alla quale il mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante è sempre soggetto a permesso di costruire, mentre quello che avviene all’interno della stessa categoria è soggetto a permesso nel solo caso in cui l’immobile di trova in zona A (cfr. ex multis: Sez. III, 52304/2014).

Pertanto, si deve pensare che siamo arrivati al punto che il TAR Toscana, attraverso la sostanziale «riscrittura» dell’art. 59 della L.R.T. n. 1/2005, abbia voluto istituire un condono giurisprudenziale dei mutamenti di destinazione d’uso avvenuti, in tutta la regione, senza che i Comuni abbiano provveduto a rilasciare (rectius: obbligatoriamente richiedere) l’indefettibile permesso di costruire?

Si deve pensare che il TAR Toscana abbia voluto istituire la sanatoria giurisprudenziale degli atti di compravendita nulli?

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Scritto il 27 gennaio 2015