TAR Campania Sez. IV sent. 1636 del 25 marzo 2010
Urbanistica. Demolizioone intervento abusivo e compatibilità delle opere con la disciplina urbanistica

L’eventuale compatibilità delle opere con la normativa urbanistica vigente non può assumere efficacia dirimente in assenza di un’istanza di sanatoria, potendo tale profilo assumere precipuo rilievo, ai fini dell’accertamento di conformità in sede di procedura di sanatoria dell’opera abusiva, ma non potendo esso costituire – come è ovvio – un implicito surrogato dell’assenso edilizio concretamente non rilasciato; del resto, va aggiunto per inciso, chi ha costruito senza concessione, seppur in conformità allo strumento urbanistico vigente, non gode nemmeno di un’aspettativa alla sanatoria incondizionata e illimitata nel tempo. Per questo motivo la conformità urbanistica non costituisce elemento che porta di per sé a declassare l’interesse pubblico a reagire contro l’abuso edilizio, con le conseguenze del caso sotto il profilo del corredo motivazionale del provvedimento ingiuntivo contestato. Più in generale, va ribadito che il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive resta essenzialmente la constatata realizzazione dell’opera in assenza del titolo abilitativo (o in totale difformità da esso), con la conseguenza che nella ricorrenza del predetto requisito l’ingiunzione demolitoria costituisce praticamente un atto dovuto

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 01636/2010 REG.SEN.
N. 01018/2009 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1018 del 2009, proposto da:
Giulia Manna, rappresentato e difeso dall'avv. Fabio Cimmino, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Napoli, piazza Garibaldi, n. 3;


contro


Comune di Napoli, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Municipale, domiciliata per legge in Napoli, piazza Municipio;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della disposizione dirigenziale n. 860 del 9.10.2008 di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi;

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24/02/2010 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


Con ricorso ritualmente notificato e depositato parte ricorrente ha impugnato la disposizione dirigenziale in epigrafe indicata con cui il Comune di Napoli ingiungeva la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi in relazione ad opere abusive realizzate in Napoli, alla via Belvedere n. 84, scala A, quinto piano, int. 17, consistenti in “sul terrazzo di copertura, unità immobiliare in sopraelevazione di circa mq. 30 costituita da un vano, cucina e w.c.”.

A sostegno del gravame ha articolato i seguenti motivi di censura:

1) Violazione di legge; violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/01; carenza assoluta dei presupposti in fatto e in diritto; eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria; erroneità dei presupposti di fatto e di diritto ; illogicità; contraddittorietà; altri profili.

Secondo la parte ricorrente le opere realizzate sono conformi alla normativa urbanistica del Comune di Napoli, per cui del tutto illegittimamente se ne è ingiunta la demolizione.

Inoltre il Comune, prima di disporre la demolizione, non avrebbe effettuato alcuna valutazione inerente alla rilevanza dell’interesse pubblico ed il contrasto delle opere stesse con gli interessi urbanistici ed ambientali.

Ha inoltre contestato di avere realizzato le opere abusive essendo queste state realizzate dal precedente proprietario, per cui l’acquisizione gratuita non poteva essere disposta nei suoi confronti.

Il provvedimento impugnato è poi carente sul piano motivazionale anche sotto altri profili, non essendo le opere da demolire esattamente indicate nella loro consistenza quantitativa e qualitativa.

Inoltre non risulta esattamente indicata l’area di pertinenza della res abusiva., con l’indicazione dei dati catastali.

Manca poi nel provvedimento gravato qualsiasi riferimento ad un procedimento in itinere per la dichiarazione di esistenza dei prevalenti interessi pubblici da parte del Consiglio Comunale di cui all’art. 31, comma 5, d.p.r. 380/01.

Infine nel provvedimento non risultano indicate le ragioni di pubblico interesse, diverse dal mero ripristino della legalità violata, idonee a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato, onere motivazionale, che in conformità alla giurisprudenza del Consiglio di Stato, va assolto laddove la repressione dell’abuso edilizio sia disposta a distanza di tempo ragguardevole.

2) Violazione di legge; violazione e falsa applicazione dell’art. 31 T.U. 380/01 sotto altro profilo; violazione degli artt. 24 e 113 Cost.; carenza di motivazione e di istruttoria; genericità; illegittimità costituzionale dell’art. 31 T.U. 380/01 sotto altro profilo; violazione degli artt. 24 e 113 Cost.; carenza di motivazione e di istruttoria; genericità; illegittimità costituzionale dell’art. 31 T.U. 380/01.

Lamenta parte ricorrente che l’ordinanza demolitoria è inoltre illegittima perché l’ingiunzione prevede automaticamente “ope legis”, in caso di inottemperanza, per il semplice decorso del termine di 90 gg., l’applicazione delle procedure previste dal citato art. 31, co. II, D.P.R. 380/01, ossia l’acquisizione delle opere sanzionate con l’area di sedime, o a quella necessaria secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, al patrimonio indisponibile dell’Amministrazione Comunale, mentre secondo la giurisprudenza più recente il provvedimento di acquisizione gratuita di opere abusive, in quanto sanzione autonoma, necessita di una distinta comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 legge n. 241/90.

3) violazione di legge; violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 241/90; difetto di istruttoria e di motivazione.

Lamenta la parte ricorrente, con il terzo ed ultimo motivo di ricorso, che ove fosse stata edotta dell’avvio del procedimento amministrativo, ben avrebbe potuto esibire documentazione attestante l’acquisto dell’immobile oggetto dell’ordinanza opposta e l’esistenza dell’immobile sin dal 31.8.1956.

Si è costituita l’Amministrazione resistente, instando per il rigetto del ricorso siccome infondato.

L’adito T.A.R., con ordinanza sospensiva n. 638/2009, “atteso, prima facie, che la realizzazione delle opere abusive appare risalente nel tempo e che alla luce della recente giurisprudenza la repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di un tempo ragguardevole, richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi allo status quo ante (Consiglio Stato, sez. V, 4 marzo 2008 , n. 883; Consiglio Stato , sez. V, 15 novembre 2005 , n. 3270) e “considerato, ad un primo sommario esame, che l’amministrazione non ha congruamente motivato la sussistenza di un interesse pubblico attuale alla riduzione in pristino”, accoglieva la domanda cautelare.

La causa veniva chiamata all’udienza pubblica del 24.2.2010 e trattenuta in decisione.


DIRITTO


1) Con il primo motivo la parte ricorrente deduce l’illegittimità del provvedimento gravato, per inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto e per carenza di motivazione e di istruttoria, sotto diversi profili.

Le censure vanno esaminate separatamente, dando priorità a quelle concernenti l’assenza dei presupposti di fatto e di diritto.

2) Del tutto infondate sono le censure relative all’inesistenza dei presupposti di fatto e alla correlativa carenza motivazionale del provvedimento gravato, basata sul rilievo della conformità delle opere edilizie oggetto di contestazione alle prescrizioni urbanistiche del Comune di Napoli e sulla circostanza che il Comune non avrebbe effettuato alcuna valutazione inerente alla rilevanza dell’interesse pubblico ed al contrasto delle opere stesse con gli interessi urbanistici ed ambientali.

Al riguardo, innanzitutto, parte ricorrente non ha in alcun modo dimostrato tale asserita conformità agli strumenti urbanistici.

In secondo luogo, la stessa non risulta aver presentato istanza di accertamento in conformità al fine di sanare ex post l’abuso.

Ed infatti, per giurisprudenza costante, “l’eventuale compatibilità delle opere con la normativa urbanistica vigente non può assumere efficacia dirimente in assenza di un’istanza di sanatoria, potendo tale profilo assumere precipuo rilievo, ai fini dell’accertamento di conformità in sede di procedura di sanatoria dell’opera abusiva, ma non potendo esso costituire – come è ovvio – un implicito surrogato dell’assenso edilizio concretamente non rilasciato; del resto, va aggiunto per inciso, chi ha costruito senza concessione, seppur in conformità allo strumento urbanistico vigente, non gode nemmeno di un’aspettativa alla sanatoria (che, si ribadisce, nella specie non risulta peraltro essere stata richiesta) incondizionata e illimitata nel tempo. Per questo motivo, ed è elemento direttamente connesso alle lagnanze dei ricorrenti, la conformità urbanistica non costituisce elemento che porta di per sé a declassare l’interesse pubblico a reagire contro l’abuso edilizio, con le conseguenze del caso sotto il profilo del corredo motivazionale del provvedimento ingiuntivo contestato. Più in generale, va ribadito che il presupposto per l’adozione dell’ordine di demolizione di opere edilizie abusive resta essenzialmente la constatata realizzazione dell’opera in assenza del titolo abilitativo (o in totale difformità da esso), con la conseguenza che nella ricorrenza del predetto requisito l’ingiunzione demolitoria costituisce praticamente un atto dovuto” (Consiglio di Stato sez. V, sentenza n.3443/02 ).

Quanto al profilo della valutazione degli interessi urbanistici ed ambientali, i provvedimenti che irrogano sanzioni previste dalla legge in materia edilizia non necessitano in generale di alcuna specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico a disporre il ripristino della situazione conforme a legge, con la sola eccezione che di seguito verrà specificamente affrontata, in cui tra l’illecito e la sanzione demolitoria sia decorso un notevole lasso di tempo (TAR Veneto, Sez. II - sentenza 13 marzo 2008 n. 605; TAR Veneto, Sez. II - sentenza 26 febbraio 2008, n. 454; .TAR Lombardia - Milano, Sez. II - sentenza 8 novembre 2007 n. 6200), né il Comune ha discrezionalità nello stabilire le sanzioni derivanti dall’inosservanza della normativa urbanistica e di tutela ambientale.

3) Infondata risulta anche la censura, anch’essa formulata nel primo motivo di ricorso, relativa all’erronea indicazione della parte ricorrente, quale soggetto responsabile, per essere stati gli abusi commessi dal precedente proprietario (parte ricorrente ha depositato un contratto di acquisto per atto notarile datato 14.11.1985), per cui l’acquisizione gratuita non poteva essere disposta nei suoi confronti.

Ed invero, va rilevato che oggetto del ricorso è l’ingiunzione di demolizione che, come noto, può essere emanata anche nei confronti del proprietario estraneo all’abuso, e non la successiva ed eventuale acquisizione, soltanto preannunciata nel provvedimento de quo.

Infatti, per giurisprudenza costante l’ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può essere emanata nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell’abuso, considerando che l’abuso edilizio costituisce un illecito permanente e che l’ordinanza stessa ha carattere ripristinatorio e non prevede l’accertamento del dolo o della colpa del soggetto (cfr ex multis T.A.R. Sardegna, Cagliari, sez. II, 8 agosto 2008, n. 1649).

Nel provvedimento de quo, peraltro, la parte ricorrente è indicata non solo quale soggetto responsabile ma anche correttamente quale proprietaria, per cui l’eventuale erroneità dell’indicazione della stessa quale responsabile, risulta del tutto irrilevante potendo il provvedimento legittimante fondarsi sull’altro presupposto, del pari indicato nel provvedimento, della proprietà dell’immobile abusivo.

4) Del pari il motivo si rivela infondato quanto al difetto di istruttoria e di motivazione, in relazione alla mancata esatta individuazione delle opere abusive.

Ed invero nell’atto è specificato l’iter procedimentale percorso in ragione della compiuta istruttoria, con il richiamo al verbale di sopralluogo redatto dagli agenti della P.G. della Procura della Repubblica in data 30/5/2008 e con la constatazione che le opere, da qualificarsi quali opere di nuova costruzione ex art. 31 D.P.R.. 380/01, sono state realizzate senza il prescritto permesso di costruire.

Le stesse poi sono esattamente specificate nella loro consistenza quantitativa e qualitativa e sono stati specificati, nel medesimo provvedimento gravato, i dati catastali dell’area in cui insistono le opere medesime per cui del tutto inconsistente si rivela la suddetta censura.

Ciò a maggior ragione poiché ulteriori precisazioni sull’esatta individuazione dei beni oggetto di provvedimento di ripristino sono contenuti nel verbale redatto dagli agenti della P.G., che, in quanto richiamato nel provvedimento gravato, costituisce corredo motivazionale del medesimo.

4) Del pari infondata è la censura, sempre contenuta nel primo motivo di ricorso, relativa alla mancanza nel provvedimento de quo di qualsivoglia riferimento al procedimento per la dichiarazione dell’interesse pubblico ostativo alla demolizione, ex art.31, comma 5, del D.P.R. n.380/2001, dovendo tale procedimento attivarsi solo a seguito del provvedimento di acquisizione, laddove non si addivenga alla demolizione d’ufficio.

5) Analogamente del tutto infondate sono le censure articolate nel secondo motivo di ricorso, in quanto del pari relative al provvedimento di acquisizione, che è un provvedimento diverso ed, al momento, solo futuro ed eventuale.

6) Fondata si rileva invece la censura contenuta nel primo motivo di ricorso, relativa al difetto di congrua motivazione, in ragione del notevole lasso di tempo trascorso dalle realizzazione delle opere abusive.

Al riguardo, per un orientamento giurisprudenziale del Consiglio di Stato, seguito di recente da questa Sezione (cfr TAR Campania – Napoli, Sez. IV, n. 9620 del 28 dicembre 2009; TAR Campania – Napoli, Sez. IV, n. 2357 del 5 maggio 2009) la repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di tempo ragguardevole, richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi.

In tali casi, infatti, per il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell'abuso ed il protrarsi dell'inerzia dell'amministrazione preposta alla vigilanza, si ritiene che si sia ingenerata una posizione di affidamento nel privato, in relazione alla quale l'esercizio del potere repressivo è subordinato ad un onere di congrua motivazione che, avuto riguardo anche all'entità e alla tipologia dell'abuso, indichi il pubblico interesse, evidentemente diverso da quello ripristino della legalità, idoneo a giustificare il sacrificio del contrapposto interesse privato (C.d.S., Sez. V, 4 marzo 2008, n. 883; C.d.S. Sez. V, n. 3270/2006).

E invero nell’ipotesi de qua, secondo quanto è dato evincere anche dal verbale di sopralluogo, le opere di cui è stata contestata l’abusività fossero state realizzate in data remota.

Al riguardo, difatti, il verbale di sopralluogo riporta come l’immobile abusivo fosse presente nella planimetria storica del 1973, inoltre l’atto di acquisto dello stesso da parte della ricorrente è datato 14.11.195 e riporta la sua realizzazione prima dell’1.9.1967.

A fronte di ciò l’Amministrazione non ha adempiuto siffatto onere motivazionale.

Stante la fondatezza di tale motivo di gravame, che assorbe le censure di carattere procedimentale contenute nel terzo motivo, il ricorso va accolto, con salvezza della successiva attività provvedimentale dell’amministrazione, la quale dovrà essere improntata al rispetto dell’onere motivazionale di cui sopra.

Sussistono nondimeno giusti motivi, in considerazione delle ragioni di diritto poste a base della decisione, per compensare integralmente fra le parti le spese di lite e dichiarare l’irripetibilità del Contributo Unificato.


P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sez. IV, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe lo accoglie per le ragioni e nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Contributo Unificato irripetibile.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24/02/2010 con l'intervento dei Magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente
Leonardo Pasanisi, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/03/2010