TAR Campania (NA) Sez. VIII n.1767 del 7 aprile 2016
Urbanistica.Conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie e rilascio del certificato di agibilità

La conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, come si evince dagli art. 24, comma 3, del D.P.R. n. 380/01, e 35, comma 20, l. n. 47/85, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico-edilizia, e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata. Conseguentemente, il meccanismo del silenzio assenso non può essere invocato allorché manchi il presupposto stesso per il rilascio del certificato di agibilità, costituito dal carattere non abusivo del fabbricato in relazione al quale sia stata presentata l'istanza tesa ad ottenere il certificato menzionato; invero, se in linea generale il tacito accoglimento di una domanda si differenzia dalla decisione esplicita solo per l'aspetto formale, è necessario tuttavia che sussistano tutti gli elementi soggettivi e oggettivi che rappresentano gli elementi costitutivi della fattispecie di cui si invoca il perfezionamento

 

N. 01767/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01723/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1723 del 2010, proposto da:
Cleprin s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., e Francesco Beneduce rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Asciano e Francesco Saverio De Angelis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mario Girardi, in Napoli, Via Dei Fiorentini, n. 21;

contro

Comune di Sessa Aurunca, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Luca Giordano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Salzano, in Napoli, Via Toledo, n. 256;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

dell’ordinanza di demolizione del Comune di Sessa Aurunca n. 16 del 28 gennaio 2010, notificata rispettivamente il 10 febbraio ed il 1° febbraio 2010, del provvedimento risultante dalla nota prot. n. 30/10 P.M. del 4 gennaio 2010, di estremi e contenuto ignoti, e dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 214 del 30 ottobre 2009, notificata rispettivamente in data 10 novembre e 26 novembre 2009;

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 23 ottobre 2015:

della disposizione dirigenziale n. 58 del 15 settembre 2015, con cui il Capo Settore Assetto del Territorio del Comune di Sessa Aurunca ha disposto la cessazione dell’attività nei locali privi di titolo edilizio della Cleprin s.r.l., ubicati in Sessa Aurunca, Via Campo Felice, località Casamare.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Sessa Aurunca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2016 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il presente ricorso, ritualmente notificato in data 11 marzo 2010 e depositato in data 31 marzo 2010, la Cleprin s.r.l. ed il sig. Francesco Beneduce hanno chiesto l’annullamento dell’ordinanza di demolizione n. 16 del 28 gennaio 2010, adottata nei loro confronti dal Comune di Sessa Aurunca, notificata rispettivamente il 10 febbraio ed il 1° febbraio 2010, del provvedimento risultante dalla nota prot. n. 30/10 P.M. del 4 gennaio 2010, e dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 214 del 30 ottobre 2009, loro notificata rispettivamente in data 10 novembre e 26 novembre 2009.

Espongono in fatto i ricorrenti che la Cleprin s.r.l. esercita attività di produzione e commercializzazione di saponi e detergenti industriali sin dal 1997 in Sessa Aurunca, località Casamare, via Campofelice ed ha alle proprie dipendenze circa 30 lavoratori; che, con Verbale di assemblea straordinaria del 31 luglio 2002, veniva disposto l’aumento del capitale sociale da euro 10.200,00 ad euro 547.925,00, mediante conferimento in natura da parte del socio Francesco Beneduce del capannone industriale ed accessori pertinenziali di sua proprietà, sito in Casamare di Sessa Aurunca.

Aggiungono in particolare che, come evidenziato nel richiamato atto di conferimento, il capannone industriale e gli accessori pertinenziali erano stati edificati in data antecedente al primo settembre 1967 e, successivamente, erano stati oggetto di opere di ristrutturazione e di adeguamento igienico-funzionale, in virtù di regolare concessione edilizia n. 110 del 13 ottobre 2000, rilasciata dal Comune di Sessa Aurunca. Inoltre rappresentano che la società ricorrente, dall’anno 2002, ha regolarmente effettuato i versamenti ICI; è in possesso del nulla osta igienico sanitario dei locali e delle attrezzature necessarie per l’attività di produzione di prodotti per l’igiene della persona e della casa, svolta da essa medesima ricorrente, rilasciato dalla ASL CE2 in data 20 giugno 1998; è stata autorizzata, in via definitiva, alla emissione in atmosfera dei reflui prodotti dal proprio impianto di saponi e detergenti industriali, con decreto dirigenziale del 19 febbraio 2002 della Regione Campania; in data 20 novembre 2006 ha richiesto al Comune resistente il certificato di agibilità, che, ad avviso di essi ricorrenti, deve intendersi attestato per l’intervenuto silenzio assenso; possiede la certificazione di qualità UNI-EN-ISO 9001:2000, valida fino al 12 maggio 2011, per l’attività di “sviluppo, produzione e vendita di detergenti per uso professionale. Produzione di taniche per detergenti. Commercializzazione di prodotti chimici”; ed è, infine, in possesso del certificato di prevenzione incendi rilasciato in data 19 febbraio 2009 dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Caserta.

A sostegno del gravame, con cinque motivi di ricorso, sono dedotti vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.

A seguito dell’invio dell’avviso di perenzione del ricorso da parte della Segreteria di questa Sezione, ai sensi dell’articolo 82 c.p.a., notificato a mezzo pec in data 19 giugno 2015, parte ricorrente ha tempestivamente presentato una nuova istanza di fissazione di udienza, depositata in data 28 settembre 2015.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 19 ottobre 2015 e depositato il 23 ottobre 2015 i ricorrenti chiedono l’annullamento della disposizione dirigenziale n. 58 del 15 settembre 2015, con cui il Capo Settore Assetto del Territorio del Comune di Sessa Aurunca ha disposto la cessazione dell’attività nei locali privi di titolo edilizio della Cleprin s.r.l., ubicati in Sessa Aurunca, Via Campo Felice, località Casamare.

Espongono in fatto i ricorrenti che, successivamente all’adozione dell’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo, a seguito di un incendio all'impianto della Cleprin srl, il Sindaco, con ordinanza n. 109 del 4 agosto 2015, adottata ai sensi degli artt. 50 e 54 del D.Lgs n. 267/2000 che attribuiscono al medesimo la competenza ai fini dell'adozione di provvedimenti contigibili e urgenti in materia di tutela dell'igiene, salute ed incolumità pubblica e privata, aveva disposto il “divieto temporaneo dell'attingimento delle acque dei canali Orsolone e Trentapalme per fini irrigui” ed aveva diffidato, nel contempo, essa società, in quanto proprietaria dell'impianto, ad eseguire “necessari ed idonei lavori di messa in sicurezza”.

Riferiscono che il Dirigente del Settore Ambiente e Assetto del Territorio del Comune di Sessa Aurunca, con ordinanza n. 111 dell’11 agosto 2015, aveva disposto di provvedere, con prescrizioni, al ripristino delle normali condizioni di sicurezza per la pubblica e privata incolumità, dichiarando l'inagibilità temporanea dell'area interessata dall'incendio fino al completamento delle operazioni di ripristino.

Espongono, infine, che il Comune, indipendentemente dalla bonifica dello stato dei luoghi medio tempore intervenuta, con disposizione dirigenziale n. 58 del 15 settembre 2015 del Capo Settore Assetto del Territorio del Comune di Sessa Aurunca, richiamati atti precedenti e “ravvisato che l'esercizio dell'attività avviene in area non avente valida destinazione urbanistica e utilizzando strutture ed immobili realizzati in assenza di titolo abilitativo”, aveva disposto “la cessazione dell'attività nei locali privi di titolo edilizio” di essa società ricorrente.

Avverso questo successivo provvedimento i ricorrenti ripropongono le censure già dedotte con il ricorso introduttivo, e con ulteriori quattro motivi di ricorso deducono, altresì, vizi di illegittimità propria.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Sessa Aurunca, deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone, pertanto, il rigetto.

Entrambe le parti hanno prodotto documentazione, ed il Comune resistente ha presentato una memoria per l’udienza di discussione.

Alla udienza pubblica del 27 gennaio 2016, il Presidente, ritenendo di porre a fondamento dell’odierna decisione la questione di inammissibilità del ricorso, rilevata d’ufficio, nella parte in cui è stata impugnata l'ordinanza di sospensione dei lavori, in quanto superata dall'ordinanza di demolizione, ha indicato la questione medesima in udienza, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., invitando nel contempo i difensori delle parti ad argomentare su tale profilo di inammissibilità, dandone atto a verbale.

Alla medesima udienza pubblica del 27 gennaio 2016 la causa è stata poi chiamata e assunta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio deve innanzitutto dichiarare l’inammissibilità del ricorso introduttivo, questione rilevata d’ufficio e indicata in udienza ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., in riferimento alla domanda di annullamento dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 214 del 30 ottobre 2009, adottata dal Comune di Sessa Aurunca nei confronti della Cleprin s.r.l. e del sig. Francesco Beneduce.

Ed invero la costante giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, ha sempre interpretato in termini categorici la disposizione di cui all'art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 380 del 2001, pervenendo al convincimento per cui (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, 27 luglio 2012, n. 840) il potere di sospensione dei lavori edili in corso, attribuito all'Autorità comunale dall'art. 27 comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001 -T.U. Edilizia-, è di tipo cautelare, in quanto destinato ad evitare che la prosecuzione dei lavori determini un aggravarsi del danno urbanistico; e alla descritta natura interinale del potere segue che il provvedimento emanato nel suo esercizio ha la caratteristica della provvisorietà, fino all'adozione dei provvedimenti definitivi. Ne discende che, a seguito dello spirare del termine di 45 giorni, ove l'Amministrazione non abbia emanato alcun provvedimento sanzionatorio definitivo, l'ordine in questione perde ogni efficacia, mentre, nell'ipotesi di emanazione del definitivo provvedimento sanzionatorio, è in virtù di quest'ultimo che viene a determinarsi la lesione della sfera giuridica del destinatario, con conseguente assorbimento dell'ordine di sospensione dei lavori. (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3115, T.A.R. Milano, Sez. II, 20 gennaio 2015, n. 218).

Nel caso di specie il Comune di Sessa Aurunca in data 28 gennaio 2010 ha adottato l’ordinanza di demolizione n. 16 nei confronti dei ricorrenti, impugnata anch’essa con il presente ricorso introduttivo, e, pertanto, il ricorso stesso deve essere dichiarato inammissibile relativamente alla domanda demolitoria della citata ordinanza di sospensione dei lavori.

Il ricorso introduttivo proposto avverso la suddetta ordinanza di demolizione è, invece, in parte fondato, limitatamente ad una delle censure di cui al quinto motivo di ricorso, e deve, pertanto, essere accolto per quanto di ragione.

Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: 1. violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, così come modificata dalla legge n. 15 del 2005, eccesso di potere per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, carenza del contraddittorio, illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il Comune resistente avrebbe omesso di inviare la comunicazione di avvio del procedimento.

Il motivo è infondato.

Al riguardo va rilevato che, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto (cfr., ex multis, T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 28 gennaio 2016, n. 538, 7 gennaio 2015 n. 44; Consiglio di Stato, VI Sezione 29 novembre 2012 n. 6071; Consiglio di Stato, IV Sezione, 18 settembre 2012; Consiglio di Stato, IV Sezione 10 agosto 2011, n. 4764; Consiglio di Stato, IV Sezione, 20 luglio 2011, n. 4403; Consiglio di Stato, VI Sezione, 24 settembre 2010, n. 7129).

Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure: 2. violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione. Parte ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non indicherebbe i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste alla base del provvedimento stesso, in quanto l’amministrazione avrebbe omesso la valutazione in ordine alla effettiva data di realizzazione delle opere oggetto dei provvedimenti repressivi adottati dal Comune, nonché all’attuale destinazione già assentita con riferimento all’attività di produzione di saponi detergenti industriali, tenuto conto di tutte le autorizzazioni possedute ed elencate in fatto.

Il motivo è infondato.

Il Collegio osserva che, secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa prevalente, l'ordinanza di demolizione, in quanto atto dovuto e rigorosamente vincolato, non necessita di particolare motivazione, potendosi ritenersi adeguata e autosufficiente la motivazione quando già solo sia rinvenibile la compiuta descrizione delle opere abusive, la constatazione della loro esecuzione in assenza del necessario titolo abilitativo edilizio e l'individuazione della norma applicata, come ravvisabile nel caso di specie, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento (cfr. ex multis T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 28 gennaio 2016, n. 538 cit., T.A.R. Napoli, Sez. VI, n. 315 del 23 gennaio 2012).

Va altresì evidenziato che il potere della P.A. in tema di vigilanza sull'assetto del territorio non è suscettibile di decadenza (cfr. ex multis T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VIII, 5 marzo 2015 n. 1398).

Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell'art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, difetto di presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione. Parte ricorrente lamenta l’illegittimità dell’ordinanza di demolizione impugnata, sotto il profilo della mancata esatta individuazione del proprietario e del responsabile dell’abuso, in quanto con atto notarile del 31 luglio 2002 la proprietà degli immobili di cui all’ordinanza di demolizione sarebbe stata trasferita dal sig. Beneduce alla società. Inoltre, mentre l’ordinanza di sospensione n. 214 del 30 ottobre 2009 avrebbe fatto riferimento alla nota del Comando di Polizia Municipale prot. n. 4298 del 19 ottobre 2009, l’ordinanza di demolizione sarebbe stata adottata sulla base della diversa nota del medesimo Comando di P.M. prot. n. 30/10P.M. del 4 gennaio 2010 però mai comunicata ad essi ricorrenti: tale modo di procedere avrebbe impedito l’esatta individuazione delle opere oggetto del provvedimento repressivo e la genericità è superficialità dell’istruttoria dell’amministrazione resistente.

Il motivo è in parte fondato, limitatamente alla prima censura relativa ai destinatari dell’ordinanza di demolizione.

L’art. 31, comma 2, del D.P.R. n. 380 del 2001, prevede: “Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto”.

Come prospettato da parte ricorrente, con verbale di assemblea straordinaria della Cleprin s.r.l. del 31 luglio 2002, di cui all’atto notarile rep. n. 117321 depositato in giudizio, è stato disposto l’aumento del capitale sociale da € 10.200,00 a € 547.925,00, mediante conferimento in natura da parte del socio, sig. Francesco Beneduce, degli immobili oggetto dell’ordinanza di demolizione, come si evince dalle indicazione delle particelle catastali e specificatamente “capannone industriale con locali deposito, magazzino e uffici .. riportato nel N.C.E.U. del Comune di Sessa Aurunca al foglio 125, particella 5040, … (il capannone ), e nel Catasto Terreni del Comune di Sessa Aurunca alla partita 25972, foglio 125, mappale 5017, di are 64. 85 (il terreno)”, nonché come si evince dalla perizia giurata di stima allegata al suddetto verbale. Considerato, alla luce di quanto sopra, che, alla data dell’adozione dell’ordinanza di demolizione, il sig. Francesco Beneduce non era più proprietario del terreno indicato nell’ordinanza di demolizione stessa quale “sito di proprietà del Sig. Beneduce Francesco ….. riportato in catasto al foglio 125 particella 5017”, e che nella medesima ordinanza di demolizione il sig. Francesco Beneduce neppure risulta espressamente indicato come responsabile dell’abuso, il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimamente adottato, soltanto però nei confronti di quest’ultimo.

Passando ad esaminare le ulteriori censure di cui al terzo motivo di ricorso, esse devono ritenersi infondate.

L’ordinanza di demolizione oggetto di impugnazione risulta adottata a seguito di quanto emerso dal sopralluogo effettuato dal Comando di Polizia Municipale e risultante dal P.V. n. 24/09, allegato alla nota prot. n. 4298 del 19 ottobre 2009, e cioè alla medesima nota menzionata nell’ordinanza di sospensione dei lavori; processo verbale che ai fini dell’individuazione delle opere oggetto di contestazione richiama la descrizione delle opere stesse di cui alla relazione tecnica di sopralluogo prot. n. 148/SAT/ST del 13 ottobre 2009 formante parte integrante del verbale stesso ed espressamente richiamata alla lettera a) dell’ordinanza di demolizione impugnata, atti tutti depositati in giudizio dal Comune resistente.

Ora, siccome le opere elencate nell’ordinanza di demolizione sono le stesse di cui ai suddetti verbali e dell’ordinanza di sospensione di lavori, ritiene il Collegio che non sussista alcun dubbio sulla identificazione delle stesse come quelle contestate, dovendo ritenersi un mero errore materiale il riferimento al diverso verbale richiamato nel dispositivo dell’ordinanza stessa.

Deve, pertanto, concludersi che l’ordinanza di demolizione è stata legittimamente adottata ai sensi dell’articolo 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, nell'esercizio del potere vincolato di repressione dell'abusiva attività edilizia.

Ed invero, l’ordinanza di demolizione, per la sua natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, è da ritenersi sorretta da adeguata istruttoria ed autosufficiente motivazione, allorquando – come, appunto, nella specie, e a dispetto di quanto asserito da parte ricorrente – sia rinvenibile la compiuta descrizione degli interventi abusivi contestati, come sopra precisato, l’individuazione delle violazioni accertate (opere eseguite in totale difformità dal permesso di costruire n. 110/2000, rilasciato per “ristrutturazione edilizia ed adeguamento igienico funzionale di capannoni ad uso agricolo sul terreno riportato in catasto al foglio 125 particella 5017”, nonché in assenza di permesso di costruire) e della normativa applicata (art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001) (cfr. ex multis TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4305 e la giurisprudenza ivi richiamata).

In proposito, parte ricorrente si limita a rappresentare che il capannone industriale e gli accessori pertinenziali sarebbero stati edificati in data antecedente al 1° settembre 1967 e che sarebbero stati oggetto di opere di ristrutturazione e adeguamento igienico funzionale in virtù di regolare concessione edilizia n. 110 rilasciata dal Comune di Sessa Aurunca in data 13 ottobre 2000, ma nulla dice relativamente alla contestata difformità rispetto al suddetto titolo edilizio che, si ripete, è stato rilasciato per ristrutturazione edilizia ed adeguamento igienico funzionale di capannoni “ad uso agricolo” sul terreno riportato in catasto al foglio 125 particella 5017, difformità posta a fondamento del provvedimento di demolizione.

Né può riconoscersi rilevanza, onde qualificare come illegittima l’ordinanza di demolizione, ai provvedimenti relativi al diverso procedimento di autorizzazione dell’attività, in quanto essi non possono in alcun modo aver sanato gli abusi edilizi accertati, anche perché, come si avrà modo di precisare in seguito, la conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui l'attività produttiva o commerciale si va a svolgere, costituisce un presupposto per il rilascio dell’autorizzazione stessa, e deve sussistere sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l’intera durata del suo svolgimento.

Con il quarto motivo di ricorso, parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 25 del D.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, difetto di presupposti e difetto di motivazione, ingiustizia manifesta, in quanto si sarebbe formato il silenzio assenso sull’istanza di rilascio del certificato di agibilità presentata in data 20 novembre 2006 ed assunta al protocollo del Comune di Sessa Aurunca n. 24716.

Il motivo è infondato.

La pacifica giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, ritiene che la conformità dei manufatti alle norme urbanistico-edilizie costituisce il presupposto indispensabile per il legittimo rilascio del certificato di agibilità, come si evince dagli art. 24, comma 3, del D.P.R. n. 380/01, e 35, comma 20, l. n. 47/85, in quanto, ancor prima della logica giuridica, è la ragionevolezza ad escludere che possa essere utilizzato, per qualsiasi destinazione, un fabbricato non conforme alla normativa urbanistico-edilizia, e, come tale, in potenziale contrasto con la tutela del fascio di interessi collettivi alla cui protezione quella disciplina è preordinata. Conseguentemente, il meccanismo del silenzio assenso non può essere invocato allorché manchi il presupposto stesso per il rilascio del certificato di agibilità, costituito dal carattere non abusivo del fabbricato in relazione al quale sia stata presentata l'istanza tesa ad ottenere il certificato menzionato; invero, se in linea generale il tacito accoglimento di una domanda si differenzia dalla decisione esplicita solo per l'aspetto formale, è necessario tuttavia che sussistano tutti gli elementi soggettivi e oggettivi che rappresentano gli elementi costitutivi della fattispecie di cui si invoca il perfezionamento (cfr. TAR Napoli, sez. III, 17 aprile 2014, n. 2191, sez. II, 21 febbraio 2013, n.969, TAR Salerno, sez. , 13 giugno 2013, n.1325).

Alla luce di quanto sopra deve, allora, escludersi che nella fattispecie oggetto di gravame possa ritenersi formato il silenzio assenso sulla richiesta di certificato di agibilità, alla luce della riscontrata difformità delle opere di cui all’ordinanza di demolizione rispetto al permesso di costruire n. 110/2000.

Con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti hanno dedotto le seguenti censure: eccesso di potere per illogicità, difetto di presupposti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, travisamento dei fatti. Parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento in quanto il Comune resistente avrebbe imputato ad essi ricorrenti la realizzazione delle opere abusive in violazione dei sigilli; inoltre lamenta che il Comune sarebbe all’attualità ancora dotato di programma di fabbricazione, ed avrebbe medio tempore solo adottato, ma mai approvato, il PRG che individuerebbe la zona in cui insiste la proprietà della società ricorrente quale zona non agricola.

Il motivo è infondato in quanto, anche a voler ammettere che i ricorrenti non abbiano realizzato le opere abusive in violazione dei sigilli, quanto affermato in ordine a tale circostanza non è rilevante ai fini della dichiarazione di illegittimità dell’ordinanza di demolizione. Alle medesime conclusioni deve giungersi in riferimento alla censura dedotta relativa alla mancata approvazione del PRG, in quanto parte ricorrente non afferma, nè prova, come era sua onere, che la zona nella quale insistono le opere abusive per cui è causa sia destinata a insediamenti per impianti industriali o ad essi assimilati, tenuto conto che il provvedimento impugnato espressamente rappresenta che l’ “attuale destinazione d’uso a impianto industriale produttivo..….risulta essere in totale contrasto con il regolamento edilizio relativo alla zona agricola dove è previsto la realizzazione di costruzioni ed attrezzature solo a servizio dell’agricoltura”.

Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso introduttivo proposto avverso la suddetta ordinanza di demolizione deve essere accolto in parte, limitatamente alla prima censura del terzo motivo di ricorso, relativa ai destinatari dell’ordinanza stessa.

Si passa ad analizzare il ricorso per motivi aggiunti con il quale i ricorrenti hanno impugnato la disposizione dirigenziale n. 58 del 15 settembre 2015 con cui il Capo Settore Assetto del Territorio del Comune di Sessa Aurunca ha disposto la cessazione dell’attività nei locali privi di titolo edilizio della Cleprin s.r.l. ubicati in Sessa Aurunca, Via Campo Felice, località Casamare.

Avverso questo successivo provvedimento, i ricorrenti hanno riproposto le censure già dedotte con il ricorso introduttivo, e con ulteriori quattro motivi di ricorso hanno dedotto vizi di illegittimità propria.

Il Collegio deve innanzitutto rilevare che vanno disattese le censure articolate in via derivata in riferimento al ricorso introduttivo, ritenuto infondato, proposto avverso l’ordinanza di demolizione; ad eccezione dell’unica censura accolta, riguardante l’illegittimità della suddetta ordinanza nei confronti del sig. Francesco Beneduce, che inficia per illegittimità derivata il provvedimento impugnato con il ricorso per i motivi aggiunti, invece legittimamente adottato nei confronti della Cleprin s.r.l..

Con ulteriori quattro motivi di ricorso, che si ritiene di poter affrontare in via unitaria, sono state dedotte le seguenti censure: 1 (2.) violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, degli artt. 7, 8, 10 e 10 bis della legge n. 241 del 1990 e successive modifiche, eccesso di potere per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, carenza di contraddittorio, illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione; 2 (3) eccesso di potere per illogicità, difetto di presupposti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione, ingiustizia manifesta; 3 (4) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, difetto di presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione; 4 (5) eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, difetto di presupposti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione, sviamento di potere.

Parte ricorrente lamenta, in sintesi, la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento; il difetto di motivazione, in quanto non sarebbe sufficiente l’affermazione secondo la quale “l’esercizio dell’attività avviene in area non avente valida destinazione urbanistica e utilizzando strutture ed immobili realizzate in assenza del titolo abilitativo”; la contraddittorietà rispetto al precedente provvedimento, con il quale il Comune aveva diffidato essa società ad eseguire, dopo l’incendio, i lavori di messa in sicurezza con massima sollecitudine; lamenta infine che la cessazione dell’attività sarebbe stata disposta come se tutte le strutture nelle quali essa società esercita la propria attività fossero stati realizzate in assenza di titolo abilitativo, mentre il Comune resistente avrebbe dovuto limitare la sanzione alla sola parte dei locali non autorizzati sotto il profilo edilizio.

I motivi sono infondati.

Va osservato preliminarmente che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza anche di questo Tribunale, dalla quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, il legittimo esercizio di un’attività commerciale, industriale e produttiva, deve essere ancorato, sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l’intera durata del suo svolgimento, alla disponibilità giuridica e alla regolarità urbanistico-edilizia dei locali in cui essa viene posta in essere (cfr. T.A.R. Campania Napoli, Sez. III, 21 dicembre 2012, n. 5326, sez. III, 9 settembre 2008, n.10058; Id., 09 agosto 2007, n.7435; Id., 27 gennaio 2003, n.423; Id., 22 novembre 2001, n.5007, Cons. Stato, sez. V, 5 novembre 2012 n.5590); giurisprudenza espressamente richiamata nel provvedimento impugnato.

Alla luce di quanto sopra, considerato che la conformità urbanistico-edilizia dei locali in cui si svolge l'attività produttiva o commerciale costituisce un presupposto per il rilascio dell’autorizzazione stessa, che deve sussistere sia in sede di rilascio del relativo titolo autorizzatorio, sia per l’intera durata del suo svolgimento, il provvedimento oggetto di impugnazione deve ritenersi legittimamente adottato. Esso è infatti fondato su rappresentate e accertate ragioni di abusività e non regolarità delle opere edilizie in questione con le prescrizioni urbanistiche del Comune di Sessa Aurunca (Consiglio di Stato, sez. V, 5 novembre 2012, n. 5590, Sez. IV, 14 ottobre 2011, n. 5537; e, peraltro, nello stesso è anche espressamente richiamata l’ordinanza di demolizione impugnata con il ricorso introduttivo (però, come si è visto, infondato), con la quale, si ripete, il Comune resistente ha contestato la difformità delle opere ivi indicate, rispetto al permesso di costruire n. 110 rilasciato dal Comune di Sessa Aurunca in data 13 ottobre 2000 per “ristrutturazione edilizia ed adeguamento igienico funzionale di capannoni ad uso agricolo sul terreno riportato in catasto al foglio 125 particella 5017”.

Il provvedimento oggetto di impugnazione, in definitiva, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, deve ritenersi adeguatamente motivato, essendovi indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche determinative della scelta dell'amministrazione, effettuata in base alle risultanze dell'istruttoria e in conformità a quanto disposto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 241 del 1990,.

Deve altresì ritenersi infondata la censura con la quale parte ricorrente lamenta la contraddittorietà con il precedente provvedimento con il quale il Comune aveva diffidato essa società ad eseguire, dopo l’incendio, i lavori di messa in sicurezza con massima sollecitudine, trattandosi di provvedimenti adottati nell’ambito di procedimenti aventi diversi presupposti.

Quanto alla censura con la quale parte ricorrente lamenta che il Comune resistente avrebbe dovuto limitare la sanzione alla sola parte dei locali non autorizzati sotto il profilo edilizio, anch’essa deve ritenersi infondata per la risolutiva circostanza che, nel provvedimento impugnato, si dà atto che l’ordinanza n. 111 dell’11 agosto 2015, emessa a seguito dell’incendio avvenuto in data 24 luglio 2015 sull’immobile adibito ad attività produttive per cui è causa, a tutela della pubblica e privata incolumità e per la salvaguardia delle matrici ambientali, conteneva una dichiarazione di inagibilità dell’area. Ed infatti, l’ordinanza n. 111 dell’11 agosto 2015, provvedimento non impugnato da parte ricorrente, espressamente dichiara “la inagibilità dell’area interessata dall’incendio fino al completo ripristino di normali condizioni di sicurezza per la pubblica e privata incolumità, da formalizzarsi con apposito provvedimento di questo Ente”.

In riferimento, infine, alla prima censura di natura procedimentale, relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento, essa non trova alcun fondamento giuridico alla luce del presupposto di fatto da cui ha avuto origine il procedimento: la natura abusiva (mancanza di conformità urbanistico-edilizia) dei locali in cui la società ricorrente svolge la propria attività. Ed invero, costituisce allora un punto incontroverso e decisivo quello che la presupposta abusività del compendio immobiliare imponeva all’Amministrazione l’adozione di provvedimenti sanzionatori/repressivi di natura vincolata. Di talché la questione procedimentale afferente l’omessa comunicazione di avvio del procedimento deve comunque deve intendersi superata ai sensi dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990.

Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso introduttivo deve essere dichiarato in parte inammissibile, relativamente alla domanda di annullamento dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 214 del 30 ottobre 2009, adottata dal Comune di Sessa Aurunca, e in parte va accolto, in riferimento dell’ordinanza di demolizione n. 16 del 28 gennaio 2010, limitatamente alla prima censura del terzo motivo di ricorso relativa ai destinatari dell’ordinanza stessa, e, pertanto, soltanto nei confronti del sig. Francesco Beneduce. Parimenti, il ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso la disposizione dirigenziale n. 58 del 15 settembre 2015 con cui il Capo Settore Assetto del Territorio del Comune di Sessa Aurunca ha disposto la cessazione dell’attività nei confronti della Cleprin s.r.l. e del sig. Francesco Beneduce, deve essere accolto in parte, per illegittimità derivata dall’accoglimento della suddetta censura relativa ai destinatari dell’ordinanza di demolizione, in quanto atto presupposto, limitatamente nei confronti del sig. Francesco Beneduce.

Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della Cleprin s.r.l., nell’importo liquidato nel dispositivo; mentre, stante la peculiarità della fattispecie, va disposta la compensazione integrale delle spese nei confronti del sig. Francesco Beneduce.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

- dichiara il ricorso introduttivo in parte inammissibile, relativamente alla domanda di annullamento dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 214 del 30 ottobre 2009, adottata dal Comune di Sessa Aurunca, ed in parte lo accoglie, in riferimento dell’ordinanza di demolizione n. 16 del 28 gennaio 2010, per quanto di ragione del sig. Francesco Beneduce, per cui annulla detta ordinanza limitatamente alla posizione di quest’ultimo, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione;.

- accoglie in parte il ricorso per motivi aggiunti, ovvero per quanto di ragione del sig. Francesco Beneduce, e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati, appunto limitatamente alla posizione di quest’ultimo, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione;

- condanna la Cleprin s.r.l. al pagamento di complessivi € 1.000,00 (euro mille/00) in favore di parte resistente, a titolo di spese, diritti e onorari di causa, oltre IVA e C.P.A come per legge;

- compensa le spese nei confronti del sig. Francesco Beneduce.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF

Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario

Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/04/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)