TAR Campania (NA) Sez. 8 n.1768 del 7 aprile 2016
Urbanistica.Nozioni di organismo edilizio ed autonoma utilizzabilità
 
A norma degli artt. 31 e 32 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, T.U. delle disposizioni in materia edilizia, gli interventi edilizi in totale difformità dalla concessione, sanzionabili con l'ordine di demolizione, sono quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile .L'espressione “organismo edilizio” indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all'effettuazione di modificazioni con un intervento incidente sull'assetto del territorio attraverso l'aumento del c.d. “carico urbanistico”; inoltre, il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall'organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato. La difformità parziale, per la quale è prevista una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione degli abusi, si configura invece quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera; il concetto di difformità parziale si riferisce, infatti, ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza.

 

N. 01768/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01722/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1722 del 2010, proposto da:
Francesco Beneduce e Mauro Beneduce, rappresentati e difesi dagli avv.ti Francesco Asciano e Francesco Saverio De Angelis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Mario Girardi in Napoli, Via F. Lomonaco, n. 3;

contro

Comune di Sessa Aurunca, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Luca Giordano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Salzano in Napoli, Via Toledo, n. 256;

per l’annullamento

dell’ordinanza di demolizione n. 5 del 18 gennaio 2010, notificata in data 19 gennaio 2010, e delle ordinanze di sospensione dei lavori n. 215 del 10 ottobre 2009 e n. 232 del 24 novembre 2009 del Comune di Sessa Aurunca

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Sessa Aurunca;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2016 la dott.ssa Rosalba Giansante e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Espongono in fatto i sig.ri Francesco Beneduce e Mauro Beneduce che, in accoglimento della domanda presentata in data 24 settembre 2003 dal sig. Francesco Beneduce, il Comune di Sessa Aurunca aveva rilasciato in suo favore il permesso di costruire n. 192 del 12 novembre 2003, per la ristrutturazione edilizia di un locale deposito sito in Frazione Casamare, ai sensi dell'art. 10, comma 1, lettera c), del D.P.R. n. 38072001; che in accoglimento di un’ulteriore domanda presentata da entrambi essi ricorrenti in data 9 maggio 2006, per l’esecuzione di lavori di ristrutturazione con demolizione e ricostruzione di un fabbricato rurale sito in Località Casamare, via Campofelice, era stato loro rilasciato il permesso di costruire n. 97 del 7 settembre 2006.

Riferiscono che il Comune di Sessa Aurunca, a seguito della nota del Comando di Polizia Municipale prot. n. 4302/09 del 19 ottobre 2009, aveva adottato l'ordinanza di sospensione dei lavori n. 215 del 30 ottobre 2009, successivamente rettificata con ordinanza n. 232 del 24 novembre 2009, sul presupposto della difformità delle opere dal permesso di costruire n. 97/2006, nonché l’ordinanza di demolizione n. 5 del 18 gennaio 2010, relativamente a tutte le opere descritte nell’ordinanza stessa.

Con ricorso, ritualmente notificato in data 11 marzo 2010 e depositato il 31 marzo 2010, i sig.ri Francesco Beneduce e Mauro Beneduce hanno chiesto l’annullamento dei citati provvedimenti e specificatamente: dell’ordinanza di demolizione n. 5 del 18 gennaio 2010, notificata in data 19 gennaio 2010, e delle ordinanze di sospensione dei lavori n. 215 del 10 ottobre 2009 e n. 232 del 24 novembre 2009, adottate dal Comune di Sessa Aurunca nei loro confronti.

A sostegno del gravame, con quattro motivi di ricorso, sono stati dedotti vizi di violazione di legge e di eccesso di potere sotto vari profili.

A seguito dell’invio dell’avviso di perenzione del ricorso da parte della Segreteria di questa Sezione, ai sensi dell’articolo 82 c.p.a., notificata a mezzo pec in data 22 giugno 2015, parte ricorrente ha tempestivamente presentato una nuova istanza di fissazione di udienza, depositata in data 28 settembre 2015.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Sessa Aurunca deducendo l’infondatezza del ricorso e chiedendone, pertanto, il rigetto.

Entrambe le parti hanno prodotto documentazione.

Alla udienza pubblica del 27 gennaio 2016 il Presidente, ritenendo di porre a fondamento dell’odierna decisione la questione di inammissibilità del ricorso, rilevata d’ufficio, nella parte in cui è stata impugnata l'ordinanza di sospensione dei lavori, in quanto superata dall'ordinanza di demolizione, ha indicato la questione medesima in udienza, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., invitando nel contempo i difensori delle parti ad argomentare su tale profilo di inammissibilità, dandone atto a verbale.

Alla medesima udienza pubblica del 27 gennaio 2016 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

Il Collegio deve innanzitutto dichiarare l’inammissibilità del ricorso, questione rilevata d’ufficio e indicata in udienza ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., in riferimento alla domanda di annullamento delle ordinanze di sospensione dei lavori n. 215 del 10 ottobre 2009 e n. 232 del 24 novembre 2009, adottate dal Comune di Sessa Aurunca nei confronti dei sig.ri Beneduce.

Ed invero la costante giurisprudenza amministrativa, condivisa dal Collegio, ha sempre interpretato in termini categorici la disposizione di cui all'art. 27, comma 3, del D.P.R. n. 380 del 2001 pervenendo al convincimento per cui (cfr. T.A.R. Calabria Catanzaro Sez. I, 27 luglio 2012, n. 840 ) “il potere di sospensione dei lavori edili in corso, attribuito all'Autorità comunale dall'art. 27 comma 3, D.P.R. n. 380 del 2001 -T.U. Edilizia-, è di tipo cautelare, in quanto destinato ad evitare che la prosecuzione dei lavori determini un aggravarsi del danno urbanistico, e alla descritta natura interinale del potere segue che il provvedimento emanato nel suo esercizio ha la caratteristica della provvisorietà, fino all'adozione dei provvedimenti definitivi. Ne discende che, a seguito dello spirare del termine di 45 giorni, ove l'Amministrazione non abbia emanato alcun provvedimento sanzionatorio definitivo, l'ordine in questione perde ogni efficacia, mentre, nell'ipotesi di emanazione del provvedimento sanzionatorio, è in virtù di quest'ultimo che viene a determinarsi la lesione della sfera giuridica del destinatario con conseguente assorbimento dell'ordine di sospensione dei lavori.” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 giugno 2014, n. 3115, T.A.R. Milano, Sez. II, 20 gennaio 2015, n. 218).

Nel caso di specie il Comune di Sessa Aurunca in data 18 gennaio 2010 ha adottato l’ordinanza di demolizione n. 5 nei confronti dei ricorrenti, impugnata anch’essa con il presente ricorso e, pertanto, il ricorso stesso deve essere dichiarato inammissibile relativamente alla domanda volta all’annullamento delle citate ordinanze di sospensione dei lavori.

Il ricorso proposto avverso la suddetta ordinanza di demolizione è, invece, infondato e, come tale, va respinto.

Con il primo motivo di ricorso, parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: 1. violazione e falsa applicazione degli artt. 7, 8, 10 e 10 bis della legge n. 241 del 1990, così come modificata dalla legge n. 15 del 2005, eccesso di potere per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento, carenza del contraddittorio, illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il Comune resistente avrebbe omesso di inviare la comunicazione di avvio del procedimento.

Il motivo è infondato.

Al riguardo va rilevato che, secondo il costante indirizzo giurisprudenziale dal quale il Collegio non ha ragione di discostarsi, l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto (cfr., ex multis, T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 28 gennaio 2016, n. 538, 7 gennaio 2015 n. 44; Consiglio di Stato, VI Sezione 29 novembre 2012 n. 6071; Consiglio di Stato, IV Sezione, 18 settembre 2012; Consiglio di Stato, IV Sezione 10 agosto 2011, n. 4764; Consiglio di Stato, IV Sezione, 20 luglio 2011, n. 4403; Consiglio di Stato, VI Sezione, 24 settembre 2010, n. 7129).

Con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso, che il Collegio ritiene di poter affrontare in via unitaria, i sig.ri Beneduce hanno dedotto le seguenti censure:

2. violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge 241 del 1990, eccesso di potere per difetto di istruttoria e difetto di motivazione. Parte ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato non indicherebbe i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche poste alla base del provvedimento stesso, in quanto l’amministrazione avrebbe omesso ogni valutazione in ordine all’effettiva consistenza delle difformità paventate.

3. Violazione e falsa applicazione dell'art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, difetto di presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione. Parte ricorrente lamenta che il Comune di Sessa Aurunca avrebbe ordinato la demolizione delle opere sulla base della relazione del Comando di Polizia Municipale, senza preventivamente procedere a tutte le necessarie valutazioni in ordine all’essenzialità delle ritenute variazioni rispetto ai permessi di costruire di cui erano titolari.

4. Violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 380 del 2001 in materia di opere pertinenziali, eccesso di potere per illogicità, difetto di istruttoria, difetto di, presupposti e difetto di motivazione. Parte ricorrente lamenta il difetto dell’istruttoria condotta dall’amministrazione, in quanto le parti dell’immobile oggetto di contestazione avrebbero carattere pertinenziale, essendo al servizio funzionale del bene principale, ovvero avrebbero dovuto essere considerate come volume tecnico avente un rapporto di strumentalità necessaria con l’utilizzo dell’intera costruzione.

I motivi sono infondati.

Riguardo al dedotto vizio di difetto di motivazione, il Collegio osserva che, secondo la condivisibile giurisprudenza amministrativa prevalente, l'ordinanza di demolizione, in quanto atto dovuto e rigorosamente vincolato, non necessita di particolare motivazione, potendosi ritenersi adeguata e autosufficiente la motivazione quando già solo sia rinvenibile la compiuta descrizione delle opere abusive, la constatazione della loro esecuzione in assenza del necessario titolo abilitativo edilizio e l'individuazione della norma applicata, come ravvisabile nel caso di specie, ogni altra indicazione esulando dal contenuto tipico del provvedimento (cfr. ex multis T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 28 gennaio 2016, n. 538 cit., T.A.R. Napoli, Sez. VI, n. 315 del 23 gennaio 2012).

Deve inoltre ritenersi infondata la dedotta censura di carenza di istruttoria, risultando dal provvedimento impugnato che, a seguito di quanto emerso dal verbale n. 29/2009, allegato alla nota prot. n. 4302/2009 del 19 ottobre 2009 redatto dal Comando di Polizia Municipale, il Comune resistente ha provveduto a verificare che le opere per cui è causa erano state realizzate “in totale assenza di permesso di costruire o autorizzazione comunale” e, pertanto, deve concludersi che l’ordinanza di demolizione è stata legittimamente adottata ai sensi dell’articolo 31 del d.p.r. n. 380 del 2001, nell'esercizio del potere vincolato di repressione dell'abusiva attività edilizia.

Ed invero, l’ordinanza di demolizione, per la sua natura di atto dovuto e rigorosamente vincolato, è da ritenersi sorretta da adeguata istruttoria ed autosufficiente motivazione, allorquando – come, appunto, nella specie, e a dispetto di quanto asserito da parte ricorrente – sia rinvenibile la compiuta descrizione degli interventi abusivi contestati, l’individuazione delle violazioni accertate (opere eseguite in totale difformità dal permesso di costruire n. 97 del 7 settembre 2006, nonché in assenza di permesso di costruire) e della normativa applicata (art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380/2001) (cfr. ex multis TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4305 e la giurisprudenza ivi richiamata).

Al riguardo, giova rimarcare, in punto di fatto, che il permesso di costruire n. 97 del 7 settembre 2006 era stato rilasciato per una “ristrutturazione edilizia con demolizione e fedele ricostruzione del fabbricato rurale riportato in catasto al foglio 125 particella 5016 sub 3-4-5”.

In esito ad accertamento tecnico svolto dal Comando di Polizia Municipale (cfr. processo verbale n. 25/2009 allegato alla nota del prot. n. 4302/09 del 19 ottobre 2009 richiamato dalla impugnata ordinanza di demolizione n. 5 del 18 gennaio 2010), era emerso che, in difformità rispetto al menzionato titolo abilitativo edilizio, nonché in assenza del necessario permesso di costruire erano state realizzate opere così descritte: “piano terra:

- non vi è stata la ricostruzione fedele così come autorizzata, con aumento di volumetria, variazione prospettica e non rispetto delle distanze sia dalla strada provinciale che dal capannone esistente;

- i due immobili sono stati ampliati e accorpati con cambio di destinazione d'uso relativamente ai vani indicati in progetto come depositi agricoli (permesso di costruire n° 192/2003 e 97/2006) che sono stati adibiti ad abitazione e pertanto l'intero fabbricato presenta !e seguenti le dimensioni esterne circa mt. 27,85 (19,60+8,25) x 12,20 da un lato e 11,80 dall'altro e h. interna circa mt. 3,30 per la parte grezza (tale altezza é stata ricavata tenendo presente che il solaio di calpestio è allo stato grezzo senza massetto e pavimentazione) e circa mt. 3,00 per la parte adibita ad abitazione - anziché di 23,10 (17,60+5,50) x 12,20 da un lato e 11,80 dall'altro e h. 3,00 e h. 3,35 - (la parte grezza è di dimensioni esterne circa mt. 13,40 x 12,20 - la parte adibita ad abitazione è di dimensioni esterne circa int. 14,45 (6,20+5,50+2,75) x 11,80 lato esterno e 12,20 parete interna).

Si precisa che l'ampliamento laterale dei due immobili è stato il seguente:

- circa mt. 2,75 x 11,80 da un lato e circa mt. 2,00 x 12,20 dall'altro.

- realizzazione ai due lati esterni del fabbricato di due vani scala per l'accesso al primo piano di dimensioni circa mt. 3,10 x 5.60;

- realizzazione, lato strada provinciale, di un portico con struttura in legno delle dimensioni di circa mt. 11,70 x 4,70 con h. media circa mt. 3,00;

- realizzazione di un muro di recinzione in cemento armato con sovrastante recinzione con paletti in ferro e rete metallica: lato strada provinciale della lunghezza di circa mt. 23,50 e h. esterna circa mt. 1,35;

lato interno della lunghezza di circa mt. 21,30 e h. circa mt. 0,50;

primo piano:

- non vi è stata la ricostruzione fedele cosi come autorizzata con aumento di volumetria, variazione prospettica e non rispetto delle distanze sia dalla strada provinciale che dal capannone esistente;

- il fabbricato presenta le seguenti dimensioni esterne circa mt. 23,10 x 12,20 da un lato e 11,80 dall'altro con h. esterna di colmo circa mt. 3,75 e laterali circa mt. 3,20 e mt. 2,55 escluso spessore solaio di copertura, anziché 17,60 x 12,20 e h. 3,75 di colmo e laterali 3.10 e 1,80, con cambio di destinazione d'uso (parte di abitazione) relativamente ai vani indicati in progetto come sottotetto e sottotetto praticabile. Il fabbricato è stato suddiviso in due abitazioni con le tramezzature interne già realizzate e con la predisposizione dei telai per infissi interni ed esterni e per un'abitazione anche dell'impianto elettrico, il tutto ancora allo stato grezzo per la parte interna, mentre per la parte esterna risultano eseguiti gli intonaci;

- sopraelevazione (parte di abitazione) sul terrazzo non praticabile del vano deposito del piano terra (permesso di costruire n° 192/2003) di dimensione circa mt. 5,50 x 11,80 con h. esterna di colmo circa mt. 3,75 e laterali circa mt. 3,20 e mt. 2,55 escluso spessore solaio di copertura.

- realizzazione intorno al fabbricato di terrazzi di larghezza variabile circa mt. 1,00 - mt. 1,50 - mt. 2,50 e mt. 2,80;

La struttura realizzata. oggetto di accertamento, ricade in ZONA AGRICOLA nel vigente strumento urbanistico (Programma di Fabbricazione con annesso regolamento, approvato dal Presidente del Giunta Regionale della Campania in data 12/04/1972 con Decreto n. 10 bis) con le seguenti prescrizioni:

- Le costruzioni destinate ad abitazioni non dovranno superare l'indice di fabbricabilità fondiario 0,03 mc/mq con altezza massima di m. 7,50 e numero di piani non superiore a due ivi compreso il piano terra o rialzato; potranno inoltre essere consentite costruzioni ed attrezzature a servizio dell'agricoltura con indice fondiaria mc./mq. 0,10.

- Distanze dai confini: 10 mt. - Distanza dalla strada provinciale: 20 mt. - Distanza mt. 15 dalle costruzioni ricadenti nello stesso lato e 25 mt. Dalle costruzioni ricadenti in terreni di aliena proprietà.

- Il lotto minimo edificabile non dovrà essere inferiore a mq. 5.000; sono comunque fatte salve eventuali disposizioni legislative sull'utilizzazione dei terreni agricoli che riducano la predetta superficie del lotto minimo.

Pertanto quanto realizzato, tenuto conto anche della diversa destinazione d'uso riscontrata risulta essere in contrasto con il regolamento edilizio relativo alla zona agricola.”

Ciò posto, è evidente che, contrariamente a quanto prospettato da parte ricorrente, un simile scostamento, peraltro non oggetto di contestazione da parte della medesima parte ricorrente, avendo sostanzialmente comportato un aumento di volume e di superficie utile non può che qualificarsi quale variazione essenziale ex art. 32 del d.p.r. n. 380/2001 (sanzionata con la sola demolizione) o, comunque, alla luce delle dimensioni dell’intervento realizzato, così come riscontrate in sede di sopralluogo, deve ritenersi che l’intervento stesso abbia comunque i connotati propri della difformità totale, sanzionata anch’essa con la sola demolizione dall'art. 31 del d.p.r. n. 380/2001, espressamente richiamato a fondamento del provvedimento impugnato (cfr. T.A.R. Napoli Sez. VIII, n. 5544 del 24 novembre 2011).

Ed invero a norma degli artt. 31 e 32 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, T.U. delle disposizioni in materia edilizia, gli interventi edilizi in totale difformità dalla concessione, sanzionabili con l'ordine di demolizione, sono quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 21 marzo 2011, n. 1726).

L'espressione “organismo edilizio” indica sia una sola unità immobiliare sia una pluralità di porzioni volumetriche e la difformità totale può riconnettersi sia alla costruzione di un corpo autonomo sia all'effettuazione di modificazioni con un intervento incidente sull'assetto del territorio attraverso l'aumento del c.d. “carico urbanistico”; inoltre, il riferimento alla “autonoma utilizzabilità” non impone che il corpo difforme sia fisicamente separato dall'organismo edilizio complessivamente autorizzato, ma ben può riguardare anche opere realizzate con una difformità quantitativa tale da acquistare una sostanziale autonomia rispetto al progetto approvato (cfr. T.A.R. Napoli Sez. VIII, n. 3472-2013).

La difformità parziale, per la quale è prevista una sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione degli abusi, si configura invece quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell'opera (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, n. 3676-2013); il concetto di difformità parziale si riferisce, infatti, ad ipotesi tra le quali possono farsi rientrare gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza, (cfr. T.A.R. Napoli Sez. VIII, n. 3472-2013 cit.), circostanza quest’ultima sicuramente non ravvisabile nella fattispecie oggetto di gravame.

Alla luce di quanto sopra esposto devono, pertanto, ritenersi infondati il secondo, il terzo e quarto motivo di ricorso.

Né, infine, contrariamente a quanto sostenuto da parte ricorrente, peraltro solo apoditticamente, può ritenersi che le opere realizzate oggetto di contestazione e sopra riportate, possano ritenersi opere pertinenziali o volumi tecnici; e tanto già solo per le dimensioni delle opere stesse, da ritenersi incompatibili con l'affermata natura sia pertinenziale che di volume tecnico.

Infatti, secondo una consolidata giurisprudenza, dalla quale non ha motivo di discostarsi, la nozione di pertinenza urbanistica ha peculiarità sue proprie, che la differenziano da quella civilistica di cui all'art. 817 c.c., dal momento che il manufatto deve essere non solo preordinato ad un'oggettiva esigenza dell'edificio principale e funzionalmente inserito al suo servizio, ma anche sfornito di autonomo valore di mercato e dotato comunque di un volume modesto rispetto all'edificio principale, in modo da evitare il c.d. carico urbanistico sicché gli interventi che, pur essendo accessori a quello principale, incidono con tutta evidenza sull'assetto edilizio preesistente, determinando un aumento del carico urbanistico, devono ritenersi sottoposti a permesso di costruire. Occorre quindi distinguere il concetto di pertinenza previsto dal diritto civile di cui all'art. 817 c.c., dal più ristretto concetto di pertinenza inteso in senso urbanistico, che non trova applicazione in relazione a quelle costruzioni che, pur potendo essere qualificate come beni pertinenziali secondo la normativa privatistica, assumono tuttavia una funzione autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente loro assoggettamento al regime del permesso di costruire(cfr. ex multis T.A.R. Bari, Sezione III, n. 245 del 26 gennaio 2012, n. 429 del 10 marzo 2011, Cons. Stato Sez. VI, n. 175 del 21 gennaio 2015, C.G.A. Reg. Sicilia, Sez. giurisdizionale n. 203 del 14 aprile 2014, Cons. Stato, Sez. V, n. 4997 del 14 ottobre 2013).

Ne consegue che, tenuto conto delle caratteristiche dell’intervento abusivo realizzato dalla ricorrente, come sopra individuato e risultante dalla motivazione dell’ordine di demolizione, il predetto intervento, non essendo coessenziale ad un bene principale e non essendo di contenute dimensioni, non può ritenersi pertinenza ai fini urbanistici, sì da escludere che lo stesso intervento sia sottoposto al preventivo rilascio del permesso di costruire.

Quanto ai volumi tecnici, secondo quanto chiarito dalla giurisprudenza anche di questo Tribunale, condivisa dal Collegio, va detto che nella relativa nozione , ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, devono intendersi ricompresi i locali completamente privi di una autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinati a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa (cfr. ex multis T.A.R. Napoli, Sez. IV, 14 maggio 2012, n. 2251, Consiglio Stato, sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2565) ed, in particolare, quei volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'ubicazione di quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti stessi, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 4 settembre 2015, n. 4318, Sez. IV, 14 maggio 2012, n. 2251 cit., T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. III - sentenza 15 gennaio 2005 n. 143; T.A.R. Puglia - Bari sentenza n. 2843/2004); caratteristiche queste, però non ravvisabili nelle opere realizzate e per cui è causa.

Conclusivamente, per i suesposti motivi, il ricorso deve essere respinto.

Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte ricorrente, nell’importo liquidato nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara inammissibile la domanda di annullamento proposta avverso le ordinanze di sospensione dei lavori n. 215 del 30 ottobre 2009 e n. 232 del 24 novembre 2009, e respinge la domanda di annullamento proposta avverso l’ordinanza di demolizione n. 5 del 18 gennaio 2010 del Comune di Sessa Aurunca.

Condanna i sig.ri Francesco Beneduce e Mauro Beneduce, in solido, al pagamento di complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00), in favore del Comune di Sessa Aurunca, a titolo di spese, diritti e onorari di causa, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Michelangelo Maria Liguori, Presidente FF

Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario

Rosalba Giansante, Primo Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 07/04/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)