TAR Puglia (LE) Sez. I n.1690 del 4 novembre 2019
Urbanistica.Decreto di trasferimento da procedura esecutiva e condonobilità immobile

Nel nostro ordinamento giuridico non si rinviene alcun dato normativo positivo dal quale desumere che la vendita all'asta, nell'ambito di una procedura espropriativa, importerebbe effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati. Tale conclusione, peraltro, non può trarsi nemmeno facendo applicazione del principio generale del cd effetto purgativo derivante dalla natura di acquisto a titolo originario del bene, effetto che riguarda più propriamente i diritti, i pesi e le limitazioni legali gravanti sul bene, e non già lo stato di fatto materiale e antigiuridico in cui in ipotesi si trovi il bene. In effetti l'unico aspetto espressamente preso in considerazione dal legislatore, per l'ipotesi che il bene acquistato sia affetto da illeciti edilizi, riguarda la scansione dei tempi per attivare la procedura di sanabilità delle opere, disponendo, all'art. 40 ultimo comma, l. 28 febbraio 1985, n. 47, che la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di credito, per cui si interviene o procede, siano di data anteriore all'entrata in vigore della succitata l. n. 47 del 1985 (segnalazione Ing. M. Federici)

Pubblicato il 04/11/2019

N. 01690/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00168/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 168 del 2019, proposto da
Euroimmobiliare S.r.l., in persona del Suo Legale Rappresentante Pt Salvatore Mezzano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Lecce, via Augusto Imperatore n. 16;

contro

Comune di Cellino San Marco, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Paolo Bello, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Daniele Montinaro in Lecce, via G. Boccaccio 25;

per l'annullamento

dell'ordinanza 11.12.18 n. 37, notificata il 14 successivo, con cui il Responsabile del Servizio (Ufficio Tecnico) del Comune di Cellino San Marco ha ingiunto alla ricorrente la integrale demolizione delle opere e dei manufatti edilizi, costituente nel loro insieme, un complesso produttivo (stabilimento oleario) sito in Comune di Cellino San Marco (BR) Via Rafi sn, al piano terra e piano primo, riportato nel NCEU al fg. 19 ptc. 1693 sub 1, cat. D/1.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2019 la dott.ssa Francesca Ferrazzoli e uditi per le parti i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I fatti oggetto della odierna controversia sono i seguenti.

La Euroimmobiliare srl è proprietaria di un complesso produttivo sito nel Comune di Cellino San Marco (BR) alla Via Rafi sn, acquistato in virtù di decreto di trasferimento del 2 maggio 2018 ex art. 586 cpc del Giudice dell’esecuzione immobiliare del Tribunale di Brindisi.

Con il predetto decreto è stato trasferito all’esponente l’immobile in esame, con la specificazione che nello stesso erano presenti “opere abusive che ai fini della sanabilità del bene devono essere demolite …. come meglio precisato in ordine allo stato urbanistico ed edilizio nella perizia estimativa redatta dall’esperto stimatore nominato dal GE”.

Successivamente, con ordinanza di demolizione n. 37 dell’11 dicembre 2018, il responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Cellino San Marco, muovendo da un sopralluogo effettuato già in data 2 novembre 2015 dal Comando di Polizia locale, ha riscontrato “maggiori superfici coperte e maggiori volumetrie rispetto a quelle assentite con regolari titoli edilizi, alcune realizzate in ampliamento di corpi di fabbrica esistenti, altri realizzati ex novo”.

In particolare ha rilevato che “gli ampliamenti rilevati sui blocchi "A" ed "L", per la loro consistenza e destinazione d'uso, hanno determinato delle variazioni essenziali tali renderli totalmente abusivi; che l'ampliamento sul blocco "C" ha comportato una maggiore superficie coperta pari a mq. 880,34 e una maggiore volumetria pari a mc. 5.877,22; che i blocchi "B", "D", "E", "F", "G", "H" ed "I", di seguito elencati, sono stati realizzati in totale assenza di un titolo edilizio: tettoia parcheggio, tettoia/capannone, tettoia/impianti, tettoia silos, vano deposito, vano deposito prefabbricato, vano deposito”.

Ha quindi ordinato la demolizione delle seguenti opere e manufatti: “abitazione (ex cabina elettrica), tettoia parcheggio, ampliam. sul capannone prod./uffici, tettoia/capannone, tettoia/impianti, tettoia silos, vano deposito, vano deposito prefabbricato, vano deposito e fabbricato in fase di ristrutturazione”.

Avverso detta Ordinanza, la Euroimmobiliare s.r.l. ha proposto il gravame in esame con atto tempestivamente notificato, chiedendone l’annullamento previa sospensione dell’efficacia ed articolando i seguenti motivi di diritto:

- “Eccesso di potere per contraddittorietà e violazione artt. 586 e 617 co. 2 cpc”;

- “In via subordinata eccesso di potere anche per insufficiente motivazione”;

- “Violazione dell’art. 2 L. n. 241/90 e ss. mod. ed eccesso di potere per manifesta ingiustizia”;

- “Eccesso di potere per indeterminatezza del contenuto e violazione del principio di proporzionalità”.

Si è costituito il Comune di Cellino San Marco, contestando tutto quanto ex adverso dedotto e concludendo per la reiezione del ricorso siccome infondato

Alla camera di consiglio del 6 marzo 2019, con ordinanza n. 146/2019, è stata accolta l’istanza cautelare “considerato che, ad una sommaria delibazione propria della fase cautelare, sembrerebbe provata la differenza di valutazioni operate dall’UTC nel provvedimento impugnato e quelle operate dall’esperto nominato dal GE e presupposte dal decreto di trasferimento” e “ritenuto che le questioni proposte necessitino di adeguato approfondimento, appare opportuno riservare al Collegio una valutazione re adhuc integra della controversia”.

Alla successiva udienza del 25 settembre 2019 la causa è stata introitata per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e deve essere respinto, per le ragioni che si vengono ad illustrare.

3. Con i primi due motivi, che per esigenze logico - sistematiche possono essere scrutinati congiuntamente, la ricorrente censura la contraddittorietà del provvedimento impugnato rispetto al decreto di trasferimento del Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Brindisi, perché ingiungerebbe la demolizione anche di opere che sarebbero state ritenute legittime dalla perizia estimativa presupposta ed allegata allo stesso.

Asserisce, altresì, che “un decreto di trasferimento ex art. 586 cpc, pur non avendo contenuti decisori (perché non decide un conflitto), è comunque un provvedimento giudiziario destinato ad acquisire erga omnes (e quindi anche nei confronti della PA) una condizione di definitiva inoppugnabilità, se non investito con esito positivo da una tempestiva opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cpc”.

Deduce, infine, che l’impianto motivazionale del provvedimento gravato sarebbe lacunoso.

Si osserva, innanzitutto, che il provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione di un immobile abusivo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso. Il principio in questione non ammette deroghe neppure nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino (ex multis: TAR Napoli n. 2260/2019; TAR Napoli n. 1917/2019; T.A.R. Salerno n. 203/2019; Consiglio di Stato n. 6233/2018; Ad. Pl. n. 9/2017).

Ciò evidenziato, dirimente ai fini che occupano si palesa la circostanza che parte ricorrente non solo non fornisce alcuna prova in ordine alla sussistenza delle autorizzazione e dei titoli edilizi che legittimerebbero le opere contestate come abusive dall’ordine di demolizione in esame, ma, per il vero, neppure ne contesta nel merito l’abusività. Né risulta che sia stata attivata la procedura di sanatoria.

Attesa la doverosità del ripristino della legalità in presenza di abusi edilizi, il Comune non poteva che procedere all’emanazione del provvedimento che occupa (in tal senso, tra le tante: TAR Milano n. 700/2019; TAR Napoli n. 1786/2019; TAR Napoli n. 5656/2018; TAR Roma n. 9115/2018).

Da ciò discende che deve escludersi l’attitudine di una vendita all’asta a sanare eventuali illeciti edilizi dell’immobile alienato.

In proposito si evidenzia che nel nostro ordinamento giuridico non si rinviene alcun dato normativo positivo dal quale desumere che la vendita all'asta, nell'ambito di una procedura espropriativa, importerebbe effetto sanante degli eventuali illeciti edilizi realizzati. Tale conclusione, peraltro, non può trarsi nemmeno facendo applicazione del principio generale del cd effetto purgativo derivante dalla natura di acquisto a titolo originario del bene, effetto che riguarda più propriamente i diritti, i pesi e le limitazioni legali gravanti sul bene, e non già lo stato di fatto materiale e antigiuridico in cui in ipotesi si trovi il bene. In effetti l'unico aspetto espressamente preso in considerazione dal legislatore, per l'ipotesi che il bene acquistato sia affetto da illeciti edilizi, riguarda la scansione dei tempi per attivare la procedura di sanabilità delle opere, disponendo, all'art. 40 ultimo comma, l. 28 febbraio 1985, n. 47, che la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall'atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di credito, per cui si interviene o procede, siano di data anteriore all'entrata in vigore della succitata l. n. 47 del 1985 ( in tal senso: C. di St. n. 1996/2017).

Per le ragioni evidenziate, le suesposte deduzioni devono essere respinte.

4. Con il terzo motivo, la società ricorrente asserisce che il lasso di tempo superiore a tre anni intercorso tra l’accertamento e il provvedimento sanzionatorio è ingiustificabile nella logica di un corretto agire amministrativo.

Anche questa censura non può trovare accoglimento.

Sul punto, invero, si è pronunciata l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che, con la decisione n. 9 del 17 ottobre 2017, ha affermato che il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo non assistito da alcun titolo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell'abuso, neanche nell'ipotesi in cui l'ingiunzione di demolizione intervenga a distanza di tempo dalla realizzazione dell'abuso, il titolare attuale non sia responsabile dell'abuso e il trasferimento non denoti intenti elusivi dell'onere di ripristino.

In particolare, precisa l’Adunanza Plenaria, che l'interesse del privato al mantenimento dell'opera abusiva è necessariamente recessivo rispetto all'interesse pubblico all'osservanza della normativa urbanistico-edilizia e al corretto governo del territorio. Non sussiste alcuna necessità di motivare in modo particolare un provvedimento col quale sia stata ordinata la demolizione di un manufatto, quando sia trascorso un lungo periodo di tempo tra l'epoca della commissione dell'abuso e la data dell'adozione dell'ingiunzione di demolizione, poiché l'ordinamento tutela l'affidamento solo qualora esso sia incolpevole, mentre la realizzazione di un'opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore contra legem.

La repressione degli abusi edilizi non è soggetta a termini di decadenza o di prescrizione, potendo la misura repressiva intervenire in ogni tempo, anche a notevole distanza dall'epoca della commissione dell'abuso. Invero, l'illecito edilizio ha carattere permanente, che si protrae e che conserva nel tempo la sua natura, e l'interesse pubblico alla repressione dell'abuso è in re ipsa.

Ancora: nel caso di tardiva adozione del provvedimento di demolizione di un abuso edilizio, la mera inerzia da parte dell'Amministrazione nell'esercizio di un potere/dovere finalizzato alla tutela di rilevanti finalità di interesse pubblico non è idonea a far divenire legittimo ciò che (l'edificazione sine titulo) è sin dall'origine illegittimo; allo stesso modo, tale inerzia non può certamente radicare un affidamento di carattere “legittimo” in capo al proprietario dell'abuso, giammai destinatario di un atto amministrativo favorevole idoneo a ingenerare un'aspettativa giuridicamente qualificata.

Puntualizza, infine, il Supremo consesso che gli ordini di demolizione di costruzioni abusive, avendo carattere reale, prescindono dalla responsabilità del proprietario o dell'occupante l'immobile, applicandosi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, avendo carattere reale, ma si trovi al momento dell'irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell'ordine giuridico violato.

Pertanto, conformemente all’insegnamento dell’Adunanza Plenaria nonché all’orientamento giurisprudenziale formatosi successivamente alla stessa (ex plurimis: T.A.R. Milano n. 700/2019; T.A.R. Salerno n. 203/2019; Consiglio di Stato n. 6233/2018; T.A.R. Lecce n. 732/2018) da cui non si ravvisano ragioni per discostarsi, ritiene il Collegio infondata la doglianza della ricorrente, e, conseguentemente, l’ordine di demolizione de quo pienamente legittimo anche sotto questo profilo.

5. Con l’ultimo motivo, la ricorrente censura l’ordinanza in esame per aver collegato alla mancata ottemperanza nel termine di novanta giorni all’ordine di demolizione, l’acquisizione al patrimonio del Comune non solo delle opere ritenute illegittime, ma anche della “area di sedime nonché di quella necessaria secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive”, senza alcuna precisazione planimetrica dell’area acquisibile.

Preliminarmente, si osserva che l’art. 31 del DPR 380/2001 prescrive, ai commi 2 e 3, che: “2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l'area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3. 3. Se il responsabile dell'abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall'ingiunzione, il bene e l'area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L'area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.

Orbene, la giurisprudenza è pacifica nel ritenere che la dettagliata descrizione e precisa individuazione della superficie oggetto di acquisizione è richiesta laddove il Comune intenda acquisire non solo la res abusiva e la relativa area di sedime, ma anche la superficie ulteriore, non superiore al decuplo di quella occupata con l'immobile abusivo, necessaria a realizzare opere analoghe a quella abusivamente realizzata. Laddove, invece, l'acquisizione sia limitata, come nella fattispecie, all'immobile realizzato e alla relativa area di sedime, non occorre alcuna specificazione ulteriore, essendo siffatta contenuta acquisizione, un effetto automatico, stabilito ope legis, dell'ordinanza di demolizione. In base all'art. 31, comma 3, d.P.R. n. 380 del 2001, l'acquisizione gratuita al patrimonio comunale degli immobili abusivi e della relativa area di sedime è un effetto automatico della mancata ottemperanza all'ordine di demolizione, non occorrendo alcuna specificazione (ex plurimis, da ultimo, T.A.R. Napoli n. 1158/2019)

Peraltro, i requisiti essenziali del provvedimento con cui si ingiunge al responsabile della costruzione abusiva di provvedere alla sua demolizione nel termine fissato sono l'accertata esecuzione di opere abusive ed il conseguente ordine di demolizione. L’esatta indicazione dell'area di sedime che verrà acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inerzia deve invece essere contenuta dal successivo ed eventuale provvedimento di acquisizione, nel quale, invece, è necessario che sia puntualmente specificata la portata delle sanzioni irrogate (T.A.R. Lecce n. 160/2019; T.A.R. Lecce n. 1710/2018; T.A.R. Roma n. 9074/2018).

Per le ragioni sopra esposte, la censura non può trovare accoglimento.

6. Alla luce delle considerazioni che precedono, le contestazioni proposte dalla ricorrente appaiono non meritevoli di accoglimento e per l’effetto la domanda deve essere respinta.

7. Sussistono giustificate ragioni per compensare le spese legali.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 25 settembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Pasca, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere

Francesca Ferrazzoli, Referendario, Estensore