TAR Campania (NA), Sez. VIII, n. 3489, del 2 luglio 2015
Urbanistica.Legittimità ordinanza demolizione emanata nei confronti del proprietario attuale.

Secondo giurisprudenza l'ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell'abuso, considerato che l'abuso edilizio costituisce illecito permanente e che l'ordinanza stessa ha carattere ripristinatorio e non prevede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la trasgressione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 03489/2015 REG.PROV.COLL.

N. 03238/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3238 del 2011, proposto da: 
Onofrio Di Maio, rappresentato e difeso dagli avv. Nicola Purgato e Luigi Adinolfi, con domicilio eletto in Napoli presso l’avv Sorgente, Via Po,1-P.Parva Domus; 

contro

Comune di Sant'Agata de' Goti in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Falco, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Mastursi in Napoli, Via Andrea D'Isernia, 59; 

per l'annullamento

dell'ordinanza di demolizione n.22/2011 emessa dal Comune di Sant'agata dei Goti

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sant'Agata de' Goti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2015 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il Comune di Sant'agata de’ Goti, con ordinanza di demolizione n.22 del 30.3.2011, ordinava alla parte ricorrente, in qualità di proprietario dell’area e probabile committente dei lavori, la demolizione di opere abusive ed, in particolare: - di una struttura in ferro chiusa lateralmente con vetrate e infissi in vetro per una superficie di circa mq. 288,00 con destinazione a sala ristoro/ricevimento; - di un manufatto in muratura avente una superficie di mq. 172,00 con destinazione d’uso in parte di cucina, in parte ufficio e in parte di sala con annesso bar, con sovrastante terrazzo di circa mq. 198,00; - di un ulteriore terrazzo di circa mq. 60,00; - di un manufatto in muratura di circa mq. 260,00, con destinazione sala di ricevimento e in minima parte sala disimpegno e w.c.; - di un manufatto in muratura della superficie di circa mq. 218,00, con destinazione di stanze per pernottamento; - di una piscina di circa mq. 72,00; - di muri di recinzione, cancellate, pavimentazioni, lampioni, fontane scale scenografiche e vede attrezzato, realizzate senza premesso di costruire, sull’area sita alla località Bosco Cupo, distinta in catasto al foglio 9, part. 477, 1324, 1323, 211, 918, 213 e 212 e destinata a struttura ricetti zia denominata Villa Pina.

L’ordinanza specificava, altresì, che l’area oggetto di intervento risultava sottoposta a vincolo paesaggistico, ai sensi del D.Lgs. n.42/2004, gravante sull’intero territorio comunale.

Parte ricorrente, con ricorso notificato il 6.6.2011, impugnava la suindicata ordinanza di demolizione, nonché ogni altro atto presupposto e comunque lesivo del suo diritto.

Deduceva, tra l’altro, che sarebbe stata presentata, in tempi brevissimi, un’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n.380/01 delle opere in questione.

Si costituiva il Comune intimato formulando argomentazioni difensive.

La medesima ricorrente depositava, in data 31.3.2015, copia del frontespizio di un’istanza di accertamento di conformità ex art. 36 D.P.R. n.380/01 e compatibilità paesaggistica ex art. 27 del D.Lgs. n. 157/2006.

DIRITTO

1) Il ricorso si rivela infondato.

2) Nel primo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’ordine di demolizione perché sarebbe stato in procinto di presentare un’istanza di accertamento di conformità, ex art. 36 D.P.R. n.380/01.

Il motivo di ricorso è chiaramente infondato in quanto la legittimità di un atto amministrativo va valutata con riferimento al momento di adozione dell’atto e non può dipendere da un evento successivo a tale adozione, quale la presentazione di una istanza di sanatoria che, fra l’altro, al momento dell’instaurazione del giudizio non era stata ancora inoltrata.

In ogni caso, stante la legittimità dell’ordinanza di demolizione, va esaminata la questione relativa agli effetti sul giudizio in corso della presentazione, successivamente all’ordinanza di demolizione e all’instaurazione del giudizio dell’istanza di accertamento di conformità, attesa l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale, seguito anche da questa sezione, secondo cui la presentazione dell’istanza di accertamento in conformità successivamente all’impugnazione dell’ordine di demolizione produce l’effetto di rendere inefficace il provvedimento di demolizione e improcedibile del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.

Nel caso in esame, tuttavia, in primo luogo parte ricorrente ha depositato in giudizio copia del solo frontespizio della domanda di accertamento di conformità e accertamento di compatibilità paesaggistica, dalla quale non è quindi dato evincere se le opere per cui stata chiesta la sanatoria corrispondono o meno a quelle oggetto del provvedimento di demolizione impugnato.

In secondo luogo le opere per cui è stata presentata l’istanza di accertamento di conformità consistono nella realizzazione di un ingente intervento di trasformazione urbanistica con la realizzazione di interventi di nuova costruzione di notevoli volumetrie e importante impatto sul territorio, ricadente in zona paesaggisticamente vincolata , ai sensi del D.Lgs. n.42/2004, parte terza.

Per un’opera del genere, avente indubbia rilevanza dal punto di vista paesaggistico, non è possibile il rilascio dell’accertamento di conformità, ex art. 36 D.P.R. 380/01, né quello di compatibilità paesaggistica, stante il divieto di autorizzazione paesaggistica postuma espressamente previsto dall’art. 146 del D.Lgs. 42/2004 che prevede la possibilità di sanatoria paesaggistica solo per gli interventi di cui al comma 4 dell’art. 167 del medesimo D.Lgs. 42/2004 che contempla solo: a) lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;

b) impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica; c) lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell' articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, ben diversi quindi dagli interventi di nuova costruzione comportanti aumenti di volumetria oggetto dell’ordine di demolizione.

Il Collegio ritiene quindi, anche alla luce dei precedenti giurisprudenziali anche di questo T.A.R., che la procedura di accertamento di conformità sia inapplicabile al caso di opere come quella in controversia realizzate in zona sottoposta a vincolo paesistico (Consiglio di Stato, sez. IV, n. 5203/2007; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VI n.8977/2006), in quanto per le opere comportanti aumento di volumetria l’autorizzazione paesaggistica – la quale ovviamente condiziona l’accertamento – non può essere rilasciata ex post dall’autorità preposta alla tutela del vincolo (T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV sentenza 2057 del 20/04/2010).

La presentazione dell’istanza di sanatoria non avere, quindi, alcuna conseguenza sull’efficacia dell’ordine di demolizione impugnato.

3) Nel secondo motivo di ricorso parte ricorrente ha lamentato la violazione dell’art.7 della legge n.241/90, per aver l’amministrazione omesso la comunicazione di avvio del procedimento che ha portato al provvedimento gravato.

La censura si rivela infondata.

Al riguardo il Collegio evidenzia l’orientamento giurisprudenziale secondo cui in ragione del contenuto rigidamente vincolato che li caratterizza, gli atti sanzionatori in materia edilizia, tra cui l'ordine di demolizione di costruzione abusiva, non devono essere preceduti dalla comunicazione d'avvio del relativo procedimento (Consiglio Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7129).

In ogni caso il Collegio, in considerazione delle espresse ragioni di rigetto degli altri motivi di ricorso, riterrebbe applicabile al caso in esame il disposto dell’art.21 octies della legge n.241/90, ai sensi del quale non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, vertendosi in ambito provvedimentale vincolato e risultando che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

4) Privo di pregio è anche il terzo motivo di ricorso incentrato sull’affermata circostanza che il provvedimento gravato sarebbe stato adottato nei confronti del ricorrente quale “probabile committente dei lavori”, in base quindi a un mero giudizio probabilistico.

L’ordinanza di demolizione è stata rivolta contro il ricorrente anche sulla base della non contestata circostanza che lo stesso è proprietario dell’area e la qualità di proprietario è sufficiente a radicare la legittimazione passiva nei confronti dell’ordine di demolizione di opere abusive.

Secondo giurisprudenza, infatti, l'ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell'abuso, considerato che l'abuso edilizio costituisce illecito permanente e che l'ordinanza stessa ha carattere ripristinatorio e non prevede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto cui si imputa la trasgressione (TAR Piemonte, I, 25 ottobre 2006, n. 3836; TAR Campania, Salerno, II, 15 febbraio 2006, n. 96; TAR Lazio, Roma, II, 2 maggio 2005, n. 3230; TAR Valle d'Aosta, 12 novembre 2003, n. 188).

5) Nel quarto motivo di ricorso parte ricorrente ha lamentato il difetto di motivazione dell’atto gravato, in quanto, in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso tra la realizzazione degli abusi (la struttura a suo dire sarebbe stata inaugurata nel 2008) e l’adozione dell’ordine di demolizione (del 30.3.2011), l’amministrazione avrebbe dovuto indicare specifiche ragioni di interesse pubblico alla rimozione degli abusi.

Il motivo è infondato.

In primo luogo parte ricorrente non ha dato prova della risalenza delle opere.

In ogni caso, il Collegio aderisce a quel filone giurisprudenziale che si espresso (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907), nel senso che il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato Sez. VI, 28 gennaio 2013, n. 496; Cons. Stato Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2185; Cons. Stato Sez. IV, 28 dicembre 2012, n. 6702, Cons. Stato Sez. VI, 27 marzo 2012, n. 1813; Cons. Stato Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5758; Cons. Stato Sez. IV, 20 luglio 2011, n. 4403; Cons. Stato Sez. V, 27 aprile 2011, dalla n. 2497 alla n. 2527; Cons. Stato Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 8 settembre 2011, n. 2183; T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 23 giugno 2011, n. 5582;; T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 16 giugno 2011, n. 3211;) e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato, VI, 31 maggio 2013, n. 3010; Cons. Stato, VI, 11 maggio 2011, n. 2781).

In particolare, nel caso di abusi edilizi vi è un soggetto che pone in essere un comportamento contrastante con le prescrizioni dell’ordinamento, che confida nell’omissione dei controlli o comunque nella persistente inerzia dell’amministrazione nell’esercizio del potere di vigilanza. In questi casi il fattore tempo non agisce qui in sinergia con l’apparente legittimità dell’azione amministrativa favorevole, a tutela di un’aspettativa conforme alle statuizioni amministrative pregresse (Cons. Stato, Sez. VI, 21 ottobre 2013, n. 5088; Cons. Stato, Sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4907; Cons. Stato, IV, 4 maggio 2012, n. 2592).

6) Per le suesposte ragioni il ricorso deve essere rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Sant'agata dei Goti, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 2.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 6 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:

Ferdinando Minichini, Presidente

Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario, Estensore

Rosalba Giansante, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 02/07/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)