TAR Lazio (RM) Sez. II-bis n.4319 del 18 aprile 2018
Urbanistica.Lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata
Sebbene sarebbe possibile derogare alle prescrizioni urbanistiche che subordinano l’edificazione all’esistenza di uno strumento attuativo, nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo, trattandosi di lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata, affinché sia rilasciato legittimamente il permesso di costruire sul lotto intercluso è necessario che l’amministrazione valuti l’adeguatezza degli standard urbanistici con riferimento all’ambito territoriale entro il quale dovrebbe essere realizzata la costruzione progettata. È necessario, quindi, un giudizio tecnico-discrezionale dell’amministrazione sul carico urbanistico derivante dalla costruzione richiesta in rapporto agli standard urbanistici prescritti, provvedendo ad assentire oppure a negare il permesso di costruire coerentemente con tale valutazione.
Pubblicato il 18/04/2018
N. 04319/2018 REG.PROV.COLL.
N. 15801/2015 REG.RIC.
N. 01457/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15801 del 2015, proposto da
Mg Immobiliare S.r.l.s, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Napolitano, Francesco Cristiani, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Po, 143;
contro
Roma Capitale in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Cristina Montanaro, domiciliata in Roma, via Tempio di Giove, 21;
sul ricorso numero di registro generale 1457 del 2017, proposto da
Mg Immobiliare S.r.l.s, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Andrea Napolitano, Francesco Cristiani, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Terenzio, 10;
contro
Roma Capitale, in persona del sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Cristina Montanaro, con domicilio eletto in Roma, via del Tempio di Giove 21;
per l'annullamento:
Quanto al ricorso n. 15801 del 2015:
della determinazione dirigenziale rep. N. QI/1333/2015 e prot. n. QI /154564/2015 del 28.9.2015, recante la reiezione dell'istanza n.150024596 del 16.2.2015;
Quanto al ricorso n. 1457 del 2017:
della determinazione dirigenziale rep. n. QI/874/2016 e prot. n. QI/139375/2016 del 28.07.2016 con la quale il Dirigente Generale del Dip. Progr. e Attuazione Urbanistica ha determinato la reiezione dell'istanza n. 150024596 del 16.02.2015 intesa ad ottenere un permesso di costruire relativo alla realizzazione edificio misto nell'immobile sito in Roma – Via Giulio Verne, s.n.c. intestato a MG Immobiliare S.r.l. P.I. 13004591007 con sede in Roma – Via Giulio Verne, 25;
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2018 il dott. Antonio Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso numero 15.801 del 2015, notificato a Roma Capitale il 1 dicembre 2015, la società ricorrente impugna la determinazione dirigenziale del 28 settembre 2015, ad essa notificata il 1 ottobre 2015, con cui è stata rigettata l’istanza del 16 febbraio 2015 per il permesso di costruire un edificio a destinazione mista in via Giulio Verne.
L’amministrazione capitolina si costituisce per resistere al ricorso.
Con ordinanza numero 1268 del 16 marzo 2016 il Tribunale amministrativo regionale accoglie la domanda cautelare al fine del riesame.
In esito al prescritto riesame, Roma Capitale adotta la determinazione numero 874 del 2016.
Quest’ultimo provvedimento è impugnato con il ricorso numero di registro generale 1457 del 2017, notificato il 21 gennaio 2017.
Anche in relazione a quest’ultima impugnazione, l’amministrazione capitolina si costituisce in giudizio, chiedendo il rigetto del ricorso.
Nella fase cautelare, con ordinanza numero 1669 del 2017, adottata alla camera di consiglio del 3 aprile 2017, il Tribunale amministrativo regionale accoglie l’istanza della ricorrente, al fine di un ulteriore riesame da parte dell’amministrazione resistente.
Alla camera di consiglio del 3 luglio 2017 la ricorrente rinuncia alla tutela cautelare in vista della trattazione di merito di entrambi i ricorsi connessi.
All’udienza pubblica del 6 aprile 2018 i ricorsi sono trattati congiuntamente e decisi.
DIRITTO
Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei ricorsi, connessi oggettivamente e soggettivamente, in quanto relativi allo stesso procedimento amministrativo.
Il ricorso più antico trae origine dalla determinazione dirigenziale numero 1333 del 28 settembre 2015, notificata alla società interessata il 1 ottobre 2015.
Con il provvedimento impugnato l’amministrazione romana ha respinto l’istanza presentata dalla società ricorrente in data 16 febbraio 2015 per ottenere il permesso di costruire un edificio in via Giulio Verne, su un fondo intestato alla società istante.
Il diniego è motivato con il contrasto delle opere da realizzare con l’articolo 6 comma H delle norme tecniche di attuazione del Piano particolareggiato SDO Pietralata che non consentirebbe la presentazione di progetti per singoli lotti, imponendo una progettazione unitaria riguardante l’intero comparto E 2.
La società interessata chiede l’annullamento del provvedimento negativo per violazione dell’obbligo del preavviso di rigetto di cui all’articolo 10 bis della legge 241 del 1990 e per violazione di legge ed eccesso di potere con riferimento all’articolo 6 bis della legge regionale Lazio numero 28 del 1980, oltre che per difetto di istruttoria e carenza dei presupposti.
In esito all’ordinanza cautelare, con cui il giudice amministrativo ha ordinato all’amministrazione resistente di riesaminare il provvedimento negativo, l’amministrazione capitolina ha confermato il diniego di permesso di costruire, con il provvedimento numero 874 del 28 luglio 2016, sorretto da una rinnovata istruttoria e da una più ampia motivazione.
Il provvedimento adottato in sede di riesame rende improcedibile il ricorso, per sopravvenuta carenza di interesse.
Infatti, qualora venisse annullato il primo provvedimento negativo, rimarrebbe efficace il diniego successivamente adottato dall’amministrazione resistente, per cui la società ricorrente non potrebbe trarre alcun vantaggio pratico dall’eventuale accoglimento del ricorso.
L’interesse sostanziale e processuale della ricorrente si sposta, quindi, sull’impugnazione del provvedimento confermativo del diniego di permesso di costruire.
Con quest’ultimo provvedimento, impugnato con il ricorso numero di registro generale 1457 del 2017, il permesso di costruire è stato negato per contrasto con gli articoli 3 e 4 del regolamento edilizio, risultando carente di documentazione oltre che per contrasto con l’articolo 6H delle norme tecniche di attuazione del piano particolareggiato SDO Pietralata, approvato con delibera di giunta regionale numero 79/2001 e successiva variante approvata con delibera di giunta comunale numero 208 del 2012.
La ricorrente chiede l’annullamento del provvedimento confermativo di rigetto per i seguenti motivi:
1. Violazione di legge per falsa applicazione dell’articolo 10 bis della legge 241 del 1990;
2. Violazione di legge ed eccesso di potere con riferimento all’articolo 6 bis della legge regionale Lazio numero 28 del 1980 oltre che per difetto di istruttoria, carenza dei presupposti e illogicità.
La trattazione del 2º motivo è assorbente rispetto al vizio procedimentale dedotto con il primo motivo.
Sul piano sostanziale, infatti, la ricorrente lamenta la omessa considerazione della natura del fondo su cui intende costruire, trattandosi di lotto intercluso, in quanto completamente circondato da aree interamente edificate.
La ricorrente deduce inoltre la omessa applicazione dell’articolo 6 bis della legge regionale Lazio numero 28 del 1980 che consentirebbe l’edificazione sui lotti liberi di superficie non superiore a 1500 m², non suscettibili di destinazione a verde pubblico e servizi pubblici, nel rispetto dell’indice di fabbricabilità territoriale corrispondente alla densità abitativa fissata dalla variante.
Quindi, ad avviso della ricorrente, sebbene le norme tecniche di attuazione del piano particolareggiato Pietralata non consentirebbero la costruzione su un singolo lotto, prevedendo l’obbligo di una progettazione unitaria per comparto, si dovrebbe tener conto del fatto che il comparto E 2, su cui insiste la proprietà della ricorrente, suddiviso in 2 sub-comparti, tra i quali il sub-comparto E2B, di interesse della ricorrente, sarebbe incompatibile con qualsiasi progettazione unitaria, essendo situato in area quasi completamente occupata da costruzioni già esistenti, oltre che dotata di sufficienti opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ne seguirebbe che il completamento del tessuto edilizio esistente previsto dalle norme tecniche di attuazione del piano particolareggiato non potrebbe concretamente essere realizzato mediante un piano attuativo, bensì esclusivamente tramite l’edificazione isolata.
Una perizia tecnica di parte allegata al ricorso tende a dimostrare l’impossibilità pratica di procedere alla pianificazione unitaria, trattandosi di un fondo relitto e intercluso; inoltre, risulterebbe la conformità del progetto agli indici edilizi previsti nel piano particolareggiato, corrispondenti a 1,1 m³ per metro quadrato per la parte residenziale e 2,1 m³ per metro quadrato per la parte non residenziale.
Al riguardo l’amministrazione capitolina eccepisce la inapplicabilità della legge regionale Lazio numero 28 del 1980, recante norme concernenti l’abusivismo edilizio e i piani di recupero, mentre nella fattispecie si tratterebbe di un immobile non ricompreso all’interno di alcun piano di recupero.
Inoltre l’articolo 6 bis della legge citata dalla ricorrente consentirebbe l’edificazione ai soli fini abitativi, mentre nel caso di specie è stata chiesta una destinazione mista residenziale-artigianale-commerciale.
A giudizio del Collegio la legge regionale numero 28 del 1980 è irrilevante, perché la questione della edificabilità dei fondi interclusi riveste carattere generale, essendo stata ampiamente trattata dalla giurisprudenza amministrativa.
In linea di principio, la giurisprudenza ritiene che l’edificazione in una zona totalmente urbanizzata non richieda obbligatoriamente uno strumento urbanistico di attuazione.
Tra le numerose pronunce si richiamano, a titolo esemplificativo, le seguenti: Consiglio di Stato numero 7735 del 2009; Consiglio di Stato numero 5756 del 2000; Consiglio di Stato numero 2449 del 2003; da ultimo Consiglio di Stato, Sez. IV, 08-02-2018, n. 825.
Il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, peraltro, rimette all’amministrazione la valutazione circa la congruità del progetto di costruzione con il grado di urbanizzazione dell’area, alla stregua della normativa sugli standard urbanistici.
In sostanza, sebbene sarebbe possibile derogare alle prescrizioni urbanistiche che subordinano l’edificazione all’esistenza di uno strumento attuativo, nei casi nei quali la situazione di fatto, in presenza di una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo, trattandosi di lotto residuale ed intercluso in area completamente urbanizzata, affinché sia rilasciato legittimamente il permesso di costruire sul lotto intercluso è necessario che l’amministrazione valuti l’adeguatezza degli standard urbanistici con riferimento all’ambito territoriale entro il quale dovrebbe essere realizzata la costruzione progettata.
È necessario, quindi, un giudizio tecnico-discrezionale dell’amministrazione sul carico urbanistico derivante dalla costruzione richiesta in rapporto agli standard urbanistici prescritti, provvedendo ad assentire oppure a negare il permesso di costruire coerentemente con tale valutazione.
Nel caso controverso questa valutazione è completamente mancata.
Con il provvedimento impugnato, infatti, l’amministrazione si è limitata a negare il permesso di costruire sulla scorta del dato formale per cui il comparto richiederebbe una pianificazione unitaria, senza considerare né lo stato preesistente del comparto, né l’eventuale compatibilità della progettata costruzione con la dotazione di opere di urbanizzazione previste dallo strumento urbanistico.
Ne deriva la illegittimità del provvedimento per difetto di istruttoria e di motivazione.
Ciò rende irrilevante la trattazione del primo motivo di ricorso, riferito a un asserito vizio del procedimento, di minore rilevanza rispetto al vizio sostanziale, ma rende anche inutile la disamina dell’ulteriore elemento motivazionale del provvedimento impugnato, riferito alla mancanza di documentazione.
Si tratta di un elemento irrilevante perché, nella prospettazione dell’amministrazione resistente, seppure la società interessata avesse depositato la documentazione richiesta, il risultato sarebbe stato comunque negativo, per l’asserito contrasto del progetto con le NTA del piano particolareggiato, ma come si è chiarito tale determinazione è da ritenersi viziata da eccesso di potere.
In conclusione, il ricorso NRG 1457 del 2017 deve essere accolto e, per l’effetto, il provvedimento impugnato deve essere annullato, così che l’amministrazione possa procedere ad una nuova valutazione della domanda di permesso di costruire alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza e confermati dalla presente sentenza, considerando la situazione di fatto in cui si trova il comparto edilizio di interesse della ricorrente.
Le spese processuali, in applicazione del criterio della soccombenza, devono essere poste a carico dell’amministrazione capitolina.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis) definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti:
Riunisce il ricorso numero di registro generale 1457 del 2017 al ricorso numero di registro generale 15.801 del 2015.
Dichiara improcedibile il ricorso numero 15.801 del 2015, per sopravvenuta carenza di interesse.
Accoglie il ricorso numero 1457 del 2017 e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’amministrazione resistente a rimborsare alla ricorrente le spese processuali sostenute, liquidate in euro 3.000,00 (tremila) oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Ofelia Fratamico, Consigliere
Antonio Andolfi, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonio Andolfi Elena Stanizzi