T.A.R. Calabria (CZ) Sezione II n. 150 1 febbraio 2016
Urbanistica.Piani interrati

Con riferimento ai piani interrati, l’interramento deve intendersi riferito all’originario piano di campagna e non certamente a quello artificiale conseguente a consistenti reinterri

 

N. 00150/2016 REG.PROV.COLL.

N. 01363/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1363 del 2015, proposto da:
Agostino Baldino, rappresentato e difeso dall'avv. Rodolfo Campolongo, con domicilio eletto presso Tar Segreteria in Catanzaro, Via De Gasperi, 76/B;

contro

Comune di Castrolibero, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Manna, con domicilio presso Tar Segreteria in Catanzaro, Via De Gasperi, 76/B; Comune di Castrolibero -Area Tecnica Servizio Edilizia ed Urbanistica;

per l'annullamento

dell’ordinanza n.32/2015 del 06.05.2015, notificata in data 13.05.2015, con la quale si ingiunge il ripristino dello stato dei luoghi previsto nel permesso di costruire rilasciato al sig. Baldino Agostino ed alle successive varianti nel termine di 90 giorni dalla notifica dell’ordinanza, in quanto si tratterebbe di lavori eseguiti con variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire;

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Castrolibero;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2016 la dott.ssa Giuseppina Alessandra Sidoti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Il sig. Agostino Baldino ha impugnato l’ordinanza di ripristino meglio indicata in epigrafe, deducendo i seguenti motivi:

a) il provvedimento sarebbe viziato per difetto di motivazione, oltre che per manifesta illogicità ed ingiustizia; nel provvedimento non sarebbero indicate quali variazioni sarebbero da considerare essenziali e in che cosa dovrebbe consistere l’attività di ripristino; in realtà, non solo non vi sarebbe alcuna variazione essenziale, ma addirittura non sarebbero riscontrabili le difformità evidenziate; il fabbricato è in corso di costruzione e le presunte difformità riscontrate altro non sarebbero che conseguenza del mancato completamento dell’opera;

b) anche qualora una delle presunte difformità evidenziate fosse realmente presente e rivestisse il carattere della variazione essenziale, il provvedimento di ripristino risulterebbe comunque abnorme e non conforme ai principi di proporzionalità e ragionevolezza (Consiglio di Stato, sez. VI, del 23 settembre 2014, n.4790);

c) il provvedimento sarebbe illegittimo in quanto non indicherebbe quali opere costituiscano variazioni essenziali, nè indicherebbe il responsabile del procedimento; peraltro, lo stesso non sarebbe stato preceduto dall’avvio del procedimento; il Comune aveva condiviso il contenuto dell’atto di messa in mora con cui il ricorrente aveva chiesto l’annullamento in autotutela della precedente ordinanza di sospensione dei lavori: infatti, il Comune indicava che, al più, avrebbe dovuto essere presentata una variante a firma congiunta dei contitolari del permesso di costruire, per cui sostanzialmente ammetteva l’inesistenza di una variazione essenziale che imponesse il ripristino.

Ha chiesto, quindi, l’annullamento del provvedimento impugnato e il risarcimento dei danni subiti per un ammontare di euro 150.000 o per la diversa misura stabilita.

2. Si è costituito il Comune di Castrolibero per resistere al gravame.

3. Con ordinanza n.431 del 10 settembre 2015, il Collegio ha fissato l’udienza di merito ai sensi dell’art.55, comma 10, del cod. proc. amm.

4. In vista della pubblica udienza il Comune ha prodotto documentazione e memorie e parte ricorrente ha prodotto memorie.

5. Alla pubblica udienza del 13 gennaio 2016 il ricorso è stato posto in decisione.

DIRITTO

1. Occorre, preliminarmente, muovere dalla contestazione di parte ricorrente, secondo cui le ritenute difformità non costituiscono variazioni essenziali, da assoggettare alla misura ripristinatoria.

1.1. Si premette che il provvedimento impugnato si fonda sulle seguenti difformità riscontrate: “il piano previsto interrato emerge dalla quota naturale del terreno con altezza variabile da mt. 2,20 circa a mt. 0,70 circa, anche se il terreno circostante detta struttura, non risulta ancora sistemato. L’intercapedine dello stesso piano, previsto con una larghezza costante di mt. 0,80 non è stato delimitato e la misura tra i pilastri verticali del fabbricato ed il muro di contenimento in c.a. del terreno della sistemazione esterna, varia da mt 1,10 a mt 1,60. Lungo i suddetti muri di contenimento sono stati creati n.5 finestroni aventi altezza di mt 0,80 e larghezza di mt 1,00. L’impostazione plano-altimetrica dello stesso piano interrato, così come realizzato, comporta che la distanza dall’altro fabbricato si riduce a mt 8,60 circa, non rispettando quindi la distanza minima di mt 10,00: il torrino del vano scala, previsto in progetto con un dislivello di circa 20 cm rispetto al solaio di copertura, risulta sopraelevato di circa mt 1,00. Altresì si rilevano variazioni di tompagnatura e di aperture”.

2. Ai fini della risoluzione delle tematiche involte nella presente controversia, giova rammentare che costituisce variazione essenziale ogni modifica incompatibile con il disegno globale ispiratore dell’originario progetto edificatorio, sia sotto il profilo qualitativo sia sotto l’aspetto quantitativo.

Ai fini della configurazione dell'ambito di tale istituto, soccorre la definizione di variazione essenziale enunciata dall’art. 32 del D.P.R. 380/2011, la quale ricomprende il mutamento della destinazione d’uso implicante alterazione degli standards, l’aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, le modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi, il mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito e la violazione delle norme vigenti in materia antisismica, mentre non ricomprende le modifiche incidenti sulle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.

E’ legittima, pertanto, l'applicazione della sanzione demolitoria, che l'articolo 31, comma 2, dello stesso D.P.R. riconnette non soltanto agli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, ma anche a quelli realizzati con "variazione essenziali", determinate ai sensi del richiamato art. 32 (T.A.R. Lazio, sez. I-quater, 2 aprile 2015 n. 4975; T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 5 agosto 2015, n.834).

Ai fini, invece, dell’individuazione della categoria di variante minore o leggera, l’art. 22, comma 2, del D.P.R. 380/2011 prevede che sono subordinate a S.C.I.A. (ex D.I.A.) le varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell'edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del D.Lgs. 42/2004, non violano le prescrizioni eventualmente contenute nel permesso di costruire.

In tali ipotesi, la S.C.I.A. (ex D.I.A.) costituisce "parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruzione dell'intervento principale" e può essere presentata prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori: la formulazione dell'art. 22 consente, pertanto, la possibilità di dare corso alle opere in difformità dal permesso di costruire e poi regolarizzarle entro la fine dei lavori, purché si tratti – come si è visto – di varianti leggere o minori.

2.1. Alla stregua di tale coordinate, risulta infondata la censura rassegnata dal ricorrente nella parte in cui, in relazione alle difformità riscontrate con riferimento al piano interrato, ne contesta l’essenzialità.

Va rilevato che parte ricorrente non contesta le altezze accertate dal tecnico comunale ma, rifacendosi ad una perizia di parte, precisa che la parte superiore al metro, previsto dall’art.16 del R.E.U., troverebbe spiegazione nella circostanza che la rampa di accesso prevista in progetto non è realizzabile se non asportando in questa zona il terreno, situazione che non sarà definitiva, non essendo ancora l’opera completata. Sostiene, altresì, che anche con la situazione di cantiere attuale verrebbero rispettate le caratteristiche del piano interrato indicate nella legge regionale n.19/2002 e nella legge regionale n.21/2010.

2.1.1 La censura, in particolare, non merita accoglimento per le motivazioni che seguono.

Giova rilevare che, ai fini del calcolo dei volumi, è esclusa, ai sensi dell’art.16 del REU del Comune di Castrolibero, la superficie dei piani interrati, purchè si tratti di locali completamente interrati o emergenti non oltre 1,0 ml fuori terra.

Nel caso, è pacifico che l’altezza è in alcune parti superiore, anche se ciò, secondo parte ricorrente, sarebbe da imputare alla circostanza che trattasi di opera in corso e che su una parte si sarebbe reso necessario un maggiore sbancamento al fine di realizzare la prevista rampa di accesso.

Inoltre, che la difformità riscontrata possa essere ripristinata in sede di sistemazione esterna dell’area circostante il fabbricato è circostanza non dimostrata e comunque non accoglibile.

Infatti, come rilevato dal Comune resistente, “…trattasi di diversa impostazione altimetrica del piano di posa e non riferibile alla non ancora eseguita sistemazione esterna che comporterebbe il riporto artificioso del terreno con quote non più riferibili al profilo naturale del terreno”; in particolare, osta all’accoglimento della considerazione di parte ricorrente l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’interramento deve intendersi riferito all’originario piano di campagna e non certamente a quello artificiale conseguente a consistenti reinterri (C.G.A., 2 luglio 2013, n.637).

Né è pertinente il richiamo alla normativa regionale in tema di piani interrati, posto che, come correttamente rilevato dal Comune, l’art.49 della L.R. n. 19/2002 è relativo esclusivamente ai “Miglioramenti Tecnologici” di edifici esistenti per il recupero dei detti piani ai fini commerciali nei centri storici e nelle zone totalmente costruite dei centri abitati e l’art.6, comma 5, della L.R. n.21/2010 è relativo esclusivamente a “Misure straordinarie a sostegno dell’attività edilizia finalizzata al miglioramento della qualità del patrimonio edilizio residenziale” (Piano Casa), per le finalità ivi indicate.

Del resto, come evidenziato dallo stesso Comune in sede di riscontro alla messa in mora di parte ricorrente in relazione alla precedente ordinanza di sospensione, “una diversa impostazione altimetrica e di sistemazione esterna dell’area, potranno essere valutate solo in fase di richiesta di eventuale progetto di variante da parte dei titolari del Permesso di Costruire”.

2.2. In relazione alla contestata intercapedine, parte ricorrente osserva che la stessa ancora non sia stata realizzata, che ad opere ultimate essa sarà conforme alle previsioni progettuali approvate e che comunque il R.E.U. del Comune prescriverebbe solo l’esistenza di un’efficiente intercapedine aerata; pertanto, non si potrebbe comunque parlare di variazione essenziale con riferimento ad essa, ma semmai di variante minore in corso d’opera, assoggettata a d.i.a./s.c.i.a. ai sensi dell’art.22 cit..

2.2.1. Tale censura merita accoglimento, atteso che l’intervento in questione non appare integrare gli estremi della variazione essenziale, per come sopra descritta.

2.3. In merito alle restanti difformità, vanno accolte le censure di parte ricorrente, con riferimento alle quali, peraltro, nella stessa relazione del tecnico del Comune, depositata agli atti del presente giudizio in data 3 dicembre 2015, si dà atto che “le stesse, per come già indicato nell’ordinanza di sospensione lavori n.11/2015, possono essere ritenute riconducibili alle disposizioni di cui all’art.22 del DPR n.380/01”, con la conseguenza che, per esse, illegittima è la sanzione del ripristino.

2.4. In merito alla seconda censura con cui si contesta l’abnormità e la non proporzionalità della sanzione demolitoria, sulla base della normativa su richiamata e per le ragioni sopra esposte, essa è infondata con riferimento alla prima contestazione (altezza del piano interrato diversa da quella in progetto nei termini già visti) e fondata con riferimento alle altre.

Né, con riferimento alla contestazione del piano interrato, il richiamo da parte ricorrente alla sentenza del Consiglio di Stato,sez. VI, del 23 settembre 2014, n.4790 appare pertinente, atteso che in quel caso l’ordinanza che disponeva la messa in pristino era stata eseguita dall’interessato e le censure involgevano le successive contestazioni dell’amministrazione inerenti ad altezza e volumetria dell’edificio, contestazioni ritenute in quel caso dall’organo giudicante sproporzionate rispetto agli interessi perseguiti.

Del resto, la stessa posizione del Comune, aperta a valutazioni conseguenti alla richiesta di eventuale progetto di variante, appare tutt’altro che incongrua, illogica e sproporzionata.

3. Va, inoltre, rigettata la terza censura.

Deve essere, intanto, ribadito che, per giurisprudenza costante, seguita da questo Tribunale, l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione o di ripristino, sono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento (ex multis Consiglio di Stato n.1292/2014; Consiglio di Stato n.2873/2013; T.A.R., Perugia (Umbria), sez. I, 23/07/2014, n.405).

In particolare, l’adozione dell’ordine di demolizione o di ripristino è subordinata all’accertamento del carattere abusivo delle opere, desumibile sulla base delle verifiche tecniche; accertamento che, una volta avvenuto, impone l’adozione dell’ordine di demolizione (Cons. Stato, sez. IV, 12 aprile 2011, n.2266).

Peraltro, nel caso, risulta che il contraddittorio vi sia stato, avendo già la parte controdedotto alle contestazioni in questione con l’atto di messa in mora e richiesta di annullamento in autotutela dell’ordinanza di sospensione del 19.03.2015, a cui è seguito il riscontro del Comune con nota prot. n.3848 del 03.04.2015.

Nella specie, è, comunque, invocabile, con riferimento al piano interrato, la sanatoria processuale, in quanto non risulta provato che il provvedimento, con riferimento al tale contestazione, avrebbe potuto avere contenuto diverso.

4. La richiesta risarcitoria, in conseguenza della parziale legittimità del provvedimento impugnato con il conseguente obbligo ripristinatorio in parte qua e della mancata dimostrazione del danno in concreto subito, non merita accoglimento.

5. Conclusivamente, il ricorso va rigettato in relazione alla censura relativa al piano interrato e accolto per il resto, nei termini di cui in parte motiva.

6. Le spese di giudizio, in via d’eccezione, possono essere compensate, in considerazione dell’esito del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e lo respinge per il resto nei termini di cui in parte motiva.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catanzaro nella camera di consiglio del giorno 13 gennaio 2016 con l'intervento dei magistrati:

 

Salvatore Schillaci, Presidente

Concetta Anastasi, Consigliere

Giuseppina Alessandra Sidoti, Referendario, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
     
     
     
     
     

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 01/02/2016

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)