TAR Campania (NA) Sez.IV n.2251 14 maggio 2012
Urbanistica.Demolizione e affidamento sulla conservazione di un abuso

Il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare

N. 02251/2012 REG.PROV.COLL.

N. 05570/2011 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5570 del 2011, proposto da:
Ettore Sacchi, rappresentato e difeso dall'avv. Silvio Sacchi, con domicilio eletto presso il suo studio, in Napoli, via Arte della Lana, n. 16;

contro

Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. Gabriele Romano, Anna Pulcini, Giuseppe Tarallo, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges, Eleonora Carpentieri, Bruno Crimaldi, Annalisa Cuomo, Anna Ivana Furnari, Giacomo Pizza, Antonio Andreottola, Bruno Ricci, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Municipale, in Napoli, p.zza S. Giacomo;

per l'annullamento, previa adozione di misura cautelare

DISPOSIZIONE DIRIG.LE N. 242 DEL 01/08/2011 RECANTE INGIUNZIONE DI DEMOLIZIONE E RIPRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI IN ORDINE ALLE OPERE EDILIZIE REALIZZATE PRESSO L'IMMOBILE SITO IN NAPOLI ALLA VIA MANZONI N. 10.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2012 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il Comune di Napoli, con Disposizione Dirigenziale n.242 dell’1.8.2011, ordinava alla parte ricorrente, in qualità di responsabile, la demolizione di opere abusive e, in particolare, “nel giardino di pertinenza: Veranda in ferro, vetri e copertura in lamiere occupante una superficie di mq. 18,00; opera su platea in c.l.s. di H mt. 0,30”, realizzate senza premesso di costruire in Napoli, Via Manzoni, n.10.

Parte ricorrente, con ricorso notificato il 7.10.2001, impugnava la suindicata Disposizione Dirigenziale, nonché ogni altro atto preordinato, connesso o consequenziale, chiedendone l’annullamento, previa sospensione.

Si costituiva il Comune intimato.

L’adito T.A.R., con ordinanza n. 1939/2011, “Considerato che appare sussistere il requisito del periculum in mora in quanto l’esecuzione del provvedimento impugnato comporterebbe la demolizione delle opere di cui è causa causando al ricorrente un danno grave ed irreparabile; Atteso che il ricorso in questione necessita approfondimenti incompatibili con la fase cautelare, né il medesimo ricorso si presenta, ad un primo sommario esame, manifestamente privo di fumus boni iuris, in relazione alla possibilità di acquisizione di ulteriori elementi istruttori sulla vetustà delle opere; Ritenuto quindi necessario sospendere il provvedimento impugnato al fine della conservazione della res integra sino alla definizione del giudizio nel merito”, accoglieva l’istanza cautelare.

DIRITTO

1) Il ricorso si rivela infondato.

In primo luogo non rileva la deduzione che parte ricorrente non sarebbe proprietario dell’area su cui insiste il manufatto abusivo, essendo la stessa di esclusiva proprietà della moglie Liliana Minnella.

Ciò in quanto l’ordine gli è stato rivolto come responsabile dell’esecuzione delle opere e non in quanto proprietario.

Inoltre, a quest’ultimo riguardo, il ricorrente non ha espressamente contestato di essere stato l’esecutore del manufatto, limitandosi a evidenziare di non esserne il proprietario.

2) Nel primo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto il difetto di notifica nei suoi confronti dell’ordinanza impugnata, per il mancato rispetto di quanto prescritto nell’art. 139 c.p.c..

Il motivo si rileva infondato in quanto, in ogni caso, la supposta irregolarità della notifica del provvedimento di demolizione non risulta essere idonea ad influire sulla sua validità ma sul decorso del termine per proporre impugnativa.

La notificazione degli atti amministrativi, difatti, non incide sulla legittimità dei medesimi, essendo estranea alla fase della loro formazione e concernente non già la fase costitutiva, ma quella integrativa dell'efficacia dell'atto stesso (T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 13 marzo 2009, n. 1910).

La notifica è quindi rilevante solo ai fini della decorrenza del termine per impugnare.

Alcuna rilevanza assume peraltro l’omessa o irrituale notifica ove comunque l’interessato sia venuto a conoscenza dell’atto amministrativo (giurisprudenza costante, ex multis T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 5 novembre 2009 , n. 10872 secondo cui “la mancata e/o non corretta notifica dell'ingiunzione di demolizione non determina l'illegittimità del provvedimento, bensì incide sulla decorrenza dei termini per impugnare ed eventualmente sulla possibilità per l'Amministrazione di adottare la successiva ordinanza di acquisizione al patrimonio comunale, la quale - richiedendo la volontarietà dell'inottemperanza - non può prescindere dalla conoscenza dell'atto”).

Nell’ipotesi di specie nessuna rilevanza ha pertanto la prospettata nullità della notifica dal momento che il ricorrente è venuto a conoscenza dell’atto gravato, come palesato dalla circostanza che ha provveduto alla sua impugnativa in questa sede, per cui risulta comunque raggiunto lo scopo a cui era finalizzata la notifica medesima, ex art. 156, comma 3, c.p.c., da ritenersi applicabile in via analogica anche alla notifica degli atti amministrativi (negli stessi termini T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 27.12.2010, n. 28036).

3) Con il secondo motivo parte ricorrente ha formulato più censure.

3.1) Infondata è la censura secondo cui il manufatto oggetto del provvedimento non sarebbe una veranda con struttura infissa su di una platea di cemento ma consisterebbe semplicemente in tre pareti mobili su ruote usate per il riparo di attrezzi e piante fiorite durante l’inverno, costituendo quindi un mero volume tecnico.

La censura non è supportata da alcuna evidenza probatoria certa e, anzi si pone in contrasto con il verbale di accertamento dell’abuso del 24.12..2009 che, per essere stato redatto da pubblico ufficiale, fa piena prova sino a querela di falso.

Inoltre, le foto allegate dal ricorrente non mostrano in modo esauriente l’ancoraggio del manufatto al suolo ed, in ogni caso, l’affermata amovibilità dell’opera è irrilevante al fine di escludere l’esistenza di un’opera di trasformazione urbanistica necessitante di titolo abilitativo edilizio avendo, fra l’altro, la giurisprudenza precisato che ciò che rileva ai fini della trasformazione urbanistica è la stabilità della destinazione dell’opera realizzata.

L’opera in questione pare destinata ad uno stabile e prolungato utilizzo e non a fini strettamente temporanei.

L’eventuale precarietà (mobilità) di un manufatto che rende non necessaria la concessione edilizia dipende non già dal suo sistema di ancoraggio, ma dalla sua inidoneità a determinare una stabile trasformazione del territorio.

Il carattere di precarietà va quindi comunque escluso quando trattasi di struttura destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo (Consiglio Stato, Sez. V, 30 ottobre 2000, n. 5828; T.A.R. Campania - Napoli, Sez. VI, 18 febbraio 2005, n. 1182; T.A.R. Lazio – Roma Sez. II ter, 5 aprile 2007, n. 2986).

Il manufatto realizzato poi, consistente in una veranda in ferro e vetro, coperto da lamiera zincata posto su una platea di cemento armato alta circa 30 centimetri, esulta completamente dalla nozione di volume tecnico.

Secondo quanto chiarito da giurisprudenza, difatti, per volumi tecnici, ai fini dell'esclusione dal calcolo della volumetria ammissibile, devono intendersi i locali completamente privi di una autonomia funzionale, anche potenziale, in quanto destinati a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione stessa (Consiglio Stato, sez. IV, 4 maggio 2010 , n. 2565; T.A.R. Sicilia - Palermo Sez. I - sentenza 9 luglio 2007, n. 1749; T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. II, 4 aprile 2002, n. 1337) ed, in particolare, quei volumi strettamente necessari a contenere ed a consentire l'ubicazione di quegli impianti tecnici indispensabili per assicurare il comfort degli edifici, che non possano, per esigenze tecniche di funzionalità degli impianti, essere inglobati entro il corpo della costruzione realizzabile nei limiti imposti dalle norme urbanistiche (T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. III - sentenza 15 gennaio 2005 n. 143; T.A.R. Puglia - Bari sentenza n. 2843/2004).

Nessuna delle caratteristiche indicate presenta il manufatto in questione, avendo a una piena indipendenza funzionale, non essendo destinato a contenere impianti e presentando dimensioni incompatibili con l’affermata natura di volume tecnico.

3.2) Allo stesso modo infondata è la censura di carenza di motivazione perché l’amministrazione non avrebbe indicato le ragioni di interesse pubblico all’adozione della misura demolitoria.

Ciò, sostiene il ricorrente, anche tenuto conto del fatto che dalla realizzazione degli abusi alla comminazione delle sanzioni fosse trascorso un notevole lasso di tempo e che l’opera sarebbe situata all’interno di un giardino privato e nascosta alla vista dall’esterno.

In tal senso, parte ricorrente richiama un filone giurisprudenziale secondo cui la repressione dell'abuso edilizio, disposta a distanza di tempo ragguardevole, richiede una puntuale motivazione sull'interesse pubblico al ripristino dei luoghi (per tutti Consiglio Stato, Sez. V, 29 maggio 2006, n. 3270; Consiglio Stato, Sez. V, 25 giugno 2002, n. 3443).

In punto di fatto, il Collegio rileva che parte ricorrente non ha dato affidabile prova della notevole risalenza del manufatto, facendo riferimento nel ricorso ad una relazione tecnica in realtà mai depositata, a fotografie non idonee ad attestare lo stato di risalenza e, infine, alla comparsa del manufatto in una planimetria del 1995 che si rivela di dubbia interpretazione.

In punto di diritto, in ogni caso, la risalenza del manufatto al 1995 (unica data per cui vi sarebbe un minimo di elemento fattuale probatorio) non appare comunque al Collegio tale da integrare gli estremi del passaggio di un notevole lasso di tempo ai fini della possibile applicazione di quel filone giurisprudenziale richiamato, dalla parte ricorrente, basato sull’ingenerarsi di una condizione di affidamento da parte del privato.

Sempre in punto di diritto poi, il Collegio ritiene, con argomentazione dirimente, di non dover comunque seguire l’orientamento giurisprudenziale suggerito dal ricorrente, a cui pure alcune volte questa sezione ha aderito (cfr TAR Campania – Napoli, Sez. IV, 28 dicembre 2009, n. 9620 del; TAR Campania – Napoli, Sez. IV, 5 maggio 2009, n. 2357), a fronte dell’orientamento giurisprudenziale prevalente ormai volto in senso contrario e della rilevanza delle argomentazioni che depongono in tal senso.

La giurisprudenza più recente si è espressa, difatti, nel senso che il provvedimento di demolizione di una costruzione abusiva, al pari di tutti i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia, è atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né, ancora, alcuna motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo neppure ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare (Cons. Stato Sez. IV, 27 ottobre 2011, n. 5758; Cons. Stato Sez. IV, 20 luglio 2011, n. 4403; Cons. Stato Sez. V, 27 aprile 2011, dalla n. 2497 alla n. 2527; Cons. Stato Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 8 settembre 2011, n. 2183; T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 23 giugno 2011, n. 5582;; T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 16 giugno 2011, n. 3211; T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 9 giugno 2011, n. 3029; Cons. Stato Sez. V, 9 febbraio 2010, n. 628) e non potendo l'interessato dolersi del fatto che l'Amministrazione non abbia emanato in data antecedente i dovuti atti repressivi (Cons. Stato Sez. VI, 11 maggio 2011, n.2781).

Al riguardo il Collegio rileva come di affidamento meritevole di tutela si possa parlare solo ove il privato, il quale abbia correttamente ed in senso compiuto reso nota la propria posizione all’Amministrazione, venga indotto da un provvedimento della stessa Amministrazione a ritenere come legittimo il suo operato non già nel caso, come quello di specie, in cui si commetta un illecito a tutta insaputa della stessa (Cons. Stato Sez. IV, 15 settembre 2009, n. 5509).

Inoltre, l’abuso edilizio rappresenta un illecito permanente integrato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi, di talché ogni provvedimento repressivo dell’Amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, bensì interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento (T.A.R. Brescia, Sez. I, 22 febbraio 2010, n. 860).

La circostanza, infine, indicata da parte ricorrente che il manufatto non sarebbe visibile dall’esterno non comporta l’inapplicabilità delle sanzioni edilizie che sono comminate per l’assenza del titolo edilizio, né rende necessaria, per la sanzione demolitoria, una specifica motivazione di interesse pubblico ponendosi anzi, a causa della maggiore difficoltà per l’autorità di individuazione dell’abuso, come elemento ostativo al formarsi di un affidamento in capo al privato, poiché l’inerzia dell’Amministrazione ben può ragionevolmente imputarsi alla semplice maggiore difficoltà nel venire a conoscenza dell’abuso.

4) Nel terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha lamentato l’illegittimità del provvedimento gravato sulla base della circostanza che il manufatto in questione sarebbe stato oggetto di una istanza di condono edilizio da parte della proprietaria Liliana Minnella di cui, però, il medesimo ricorrente era stato in grado di reperire solo parte della documentazione.

La censura è infondata.

Il Comune di Napoli, nella nota del 28.11.2011 prot. 2011 0781234, ha dato specificatamente conto che per quanto riguarda il manufatto in questione non è stata presentata alcuna istanza di sanatoria, indicando come la proprietaria dell’immobile abbia inoltrato tre istanze di condono relative però ad opere diverse. Né parte ricorrente ha controdedotto sul punto.

5) Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo in favore del Comune di Napoli.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del Comune di Napoli resistente, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 1.500,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 28 marzo 2012 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Domenico Nappi, Presidente

Anna Pappalardo, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Primo Referendario, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 14/05/2012