TAR Campania (NA), Sez. II, n. 5567, del 5 dicembre 2013
Urbanistica.Legittimità Ordinanza demolizione al proprietario attuale anche se non responsabile dell’abuso

Secondo la prevalente giurisprudenza, l'ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell'abuso, in considerazione del fatto che l'abuso edilizio costituisce un illecito permanente e che l'adozione dell’ordinanza, di carattere ripristinatorio, non richiede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto interessato. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 05567/2013 REG.PROV.COLL.

N. 03575/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3575 del 2008, proposto da: 
Commercio e Finanza S.p.A. Leasing e Factoring, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Enzo Napolano e Francesco Tuccillo, con domicilio eletto presso il primo in Napoli, via Andrea d'Isernia, n.8;

contro

Il Comune di Giugliano in Campania;

per l'annullamento

dell’ordinanza 14.3.2008, n. 28 emessa dal Comune di Giugliano in Campania con la quale è stata ingiunta la demolizione di un edificio composto da piano interrato, piano terra, primo e secondo piano sito in Via Domitiana;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2013 il dott. Vincenzo Blanda e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con l’ordinanza in epigrafe il Comune di Giugliano in Campania ha ingiunto, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. 380/2001, la demolizione di un edificio composto da piano interrato, piano terra, primo e secondo piano sito in Via Domitiana, realizzato in zona G3-turistica, senza permesso di costruire.

Avverso il suddetto ordine demolitorio ha proposto impugnativa l’interessata, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 7 della legge n. 241/1990.

L’amministrazione ha adottato l’ordine di demolizione senza una preventiva comunicazione di avvio del procedimento;

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Il Comune ha rilasciato il permesso di costruire n. 153/2002 per realizzare un residence sulla particella originaria poi frazionata, ma oltre a tale edificio ne sarebbe stato realizzato anche uno abusivo ove si trova l’unità immobiliare acquistata dalla ricorrente (posta al piano terra)

L’Ente locale però non avrebbe verificato quale dei due edifici realizzati all’interno della zona sia privo del permesso di costruire;

3) Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Il Comune non avrebbe verificato la presentazione di una domanda di condono da parte dei danti causa dell’interessata;

4) Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Non sarebbe possibile procedere alla demolizione del’immobile posto al primo piano di un edificio che si compone di altre proprietà aliene;

5) Violazione dell’art. 31, comma 2, del d.P.R. 380/2001.

L’atto di acquisto dell’immobile abusivo sarebbe nullo per cui il Comune non avrebbe potuto notificare l’ordine di demolizione all’interessata che sarebbe estranea all’abuso.

La ricorrente, in data 21.10.2013, ha depositato memoria con la quale insiste per l’accoglimento del ricorso.

Alla udienza pubblica del 21 novembre 2013, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

La ricorrente sostiene di essere vittima inconsapevole di un raggiro avendo acquistato un immobile situato al piano terra di un edificio, che si sarebbe successivamente rivelato abusivo perché realizzato in assenza di permesso di costruire.

Le censure tuttavia sono state prospettate in modo generico, senza l'indicazione di alcun elemento idoneo a palesare i vizi di legittimità dell'atto impugnato.

La società istante infatti si è limitata ad affermare che il Comune avrebbe rilasciato il permesso di costruire n. 153/2002 per realizzare un residence sulla particella originaria, che questa sarebbe stata poi frazionata, per cui oltre all’edificio originario ne sarebbe stato realizzato anche uno abusivo ove si trova l’unità immobiliare acquistata. Tuttavia non è stato introdotto alcun elemento atto a dimostrare il frazionamento dedotto e nemmeno alcun rilievo che potesse evidenziare l’esistenza dei due edifici di cui almeno uno sarebbe stato abusivo, la Commercio e Finanza S.p.A. Leasing e Factoring infatti si è limitata a denunciare il fatto che l’Ente locale non avrebbe verificato quale dei due edifici realizzati all’interno dell’area fosse privo del permesso di costruire.

Invero è onere del ricorrente precisare i motivi dell'affermata illegittimità dell'atto impugnato con specifiche argomentazioni a sostegno delle proprie doglianze, come richiesto dalla costante giurisprudenza amministrativa, secondo la quale “i motivi di ricorso risultano muniti di adeguata consistenza e specificazione (possono essere, quindi, esaminati dal giudice) non già allorché si limitano a descrivere le conclusioni cui essi sono indirizzati, ma se e quando indicano pure le ragioni che vengono poste a base di siffatte conclusioni e danno dimostrazione, secondo l'intendimento del ricorrente, del titolo e della causa delle richieste e delle norme che le giustificano, fermo restando che, in presenza di motivi generici, non può essere invocato il principio “iura novit curia”, perché la conoscenza che il giudice ha e deve avere delle norme dell'ordinamento (il che esclude che di esse debba fornirsi prova a cura delle parti) non esonera il ricorrente dallo specificare adeguatamente le sue richieste, né il principio può essere interpretato nel senso che il giudice debba prestare la sua opera ovviando con la sua attività all'incapacità delle parti di reperire un qualunque fondamento per le loro pretese” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22 novembre 2004, n. 7621; Cons. Stato, Sez. V, 13 luglio 2006, n. 4419).

La ricorrente, infatti, lamenta un generico difetto di istruttoria del provvedimento impugnato contestando l’accertamento dell’abusività dei manufatti da parte dell’Amministrazione senza tuttavia indicare alcun principio di prova tale da poter evidenziare la illogicità o l’erroneità degli accertamenti svolti dal Comune.

Ancora con il primo motivo è dedotta la violazione dell'art. 7 della legge n. 241 del 1990, poiché l’ordine di demolizione impugnato sarebbe stato adottato senza la previa comunicazione di avvio del procedimento amministrativo.

Anche tale censura non può essere condivisa.

È ormai orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa quello secondo cui le norme in materia di partecipazione al procedimento non vanno applicate necessariamente e formalmente a qualunque ipotesi di azione amministrativa.

Così, ad esempio, attribuendosi valore decisivo al profilo funzionale della partecipazione procedimentale, si è ritenuto, talvolta, che non sussista l'obbligo della comunicazione dell'avvio del procedimento qualora non vi sia alcuna utilità all'azione amministrativa che scaturisca dalla comunicazione stessa; l'obbligo sarebbe sancito in funzione dell'arricchimento che deriva all'azione amministrativa, sul piano del merito e della legittimità, dalla partecipazione del destinatario al provvedimento, e, qualora questo non sussista, tale comunicazione sarebbe superflua e quindi l'obbligo non sussiste (TAR Lazio, Sez. III, 17.06.1998, n. 1405). Analogamente, si è ritenuto che l'omissione della comunicazione di inizio del procedimento comporti l'illegittimità dell'atto conclusivo soltanto nel caso in cui il soggetto non avvisato possa poi provare che, ove avesse potuto tempestivamente partecipare al procedimento stesso, avrebbe potuto presentare osservazioni ed opposizioni che avrebbero avuto la ragionevole possibilità di avere un'incidenza causale nel provvedimento finale.

Nel caso in esame l'azione amministrativa è stata determinata dalla necessità di ripristinare tempestivamente la legittimità della stessa, violata attraverso l’abusiva realizzazione delle opere in questione.

Anche il contesto di fatto in cui si è mossa l'Amministrazione presenta aspetti certi e incontestabili, in quanto connesso a opere già eseguite, senza quindi la necessità di acquisire l'apporto partecipativo del privato, il quale non ha introdotto elementi tali da evidenziare l’utilità della sua partecipazione al procedimento.

L’istante deduce ancora che l’immobile non potrebbe essere demolito perché si trova al piano terra dell’edificio per cui verrebbero compromesse le altre unità immobiliari.

La tesi non convince. Appare evidente, infatti, che con l’ordinanza impugnata (che si riferisce a distinte particelle catastali) il Comune abbia inteso disporre la demolizione dell’intero edificio abusivo e non solo del piano terra dell’edificio. Del resto è la stessa ricorrente a dedurre che oltre all’edificio autorizzato ne è stato realizzato un secondo, per cui l’ordine di ripristino non può che riguardare tutte le unità immobiliari da cui questo è costituito e non solo quella di proprietà della ricorrente.

Con il quinto mezzo l’istante sostiene che essa non potrebbe rispondere delle violazioni, né potrebbe subirne le conseguenti sanzioni, essendo estranea all’esecuzione dell’opera.

Al riguardo è sufficiente osservare che, secondo la prevalente giurisprudenza, l'ordinanza di demolizione di una costruzione abusiva può legittimamente essere emanata nei confronti del proprietario attuale, anche se non responsabile dell'abuso, in considerazione del fatto che l'abuso edilizio costituisce un illecito permanente e che l'adozione dell’ordinanza, di carattere ripristinatorio, non richiede l'accertamento del dolo o della colpa del soggetto interessato (per tutte, TAR Lazio, Latina, n. 1026/2008, TAR Umbria, n. 477/2007, TAR Piemonte, I, 25 ottobre 2006, n. 3836; TAR Campania, Salerno, II, 15 febbraio 2006, n. 96; TAR Lazio, Roma, II, 2 maggio 2005, n. 3230; TAR Valle d'Aosta, 12 novembre 2003, n. 188).

Alla luce delle considerazioni che precedono, pertanto, il presente ricorso deve essere respinto.

Quanto alle spese, non occorre provvedervi non essendosi costituita in giudizio l’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Leonardo Pasanisi, Presidente

Francesco Guarracino, Consigliere

Vincenzo Blanda, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/12/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)