TAR Piemonte, Sez. I, n. 612, del 10 maggio 2013
Urbanistica.Realizzazione di una bussola-veranda in metallo e pannelli in plexiglas presso l'ingresso dell’abitazione.

L’intervento non rientra nel concetto di risanamento conservativo neppure volendo considerare l’esigenza, di proteggere l’ingresso dell’edificio dalle intemperie: gli interventi di restauro e risanamento, infatti, debbono compendiarsi in un insieme sistematico di opere tese a mantenere la funzionalità e la fisionomia dell’organismo edilizio preesistente, potendo tradursi anche nella eliminazione degli elementi ad esso estranei: eventuali manufatti con funzione protettiva possono quindi rientrare nel concetto di risanamento solo se inseriti nell’ambito di un più vasto progetto di risanamento dell’immobile ed a patto che abbiano una funzione di mero completamento e non inducano nell’organismo edilizio elementi estranei allo stesso. Inoltre la realizzazione di una bussola/veranda neppure è qualificabile come pertinenza, giacché di fatto attua un ampliamento della superficie e della volumetria utile del fabbricato senza possedere quelle dimensioni estremamente modeste che debbono caratterizzare la c.d. pertinenza urbanistica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00612/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00775/1998 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 775 del 1998, proposto da: 
Valenza Maria Clara, rappresentata e difesa dagli avv. Giuseppe Greppi, Giorgio Razeto, con domicilio eletto presso Antonio Fiore in Torino, corso Alcide De Gasperi, 21;

contro

Comune Pietra Marazzi, rappresentato e difeso dagli avv. Massimo Grattarola, Giuseppe Prencipe, con domicilio eletto presso Giuseppe Prencipe in Torino, corso Re Umberto, 64;

per l'annullamento:

- dell'ordinanza n. 2 del 2 febbraio 1998, con cui il Sindaco del Comune di Pietra Marazzi ha ordinato alla ricorrente la demolizione di una bussola in metallo verniciato bianco e pannelli in plexiglas presso l'ingresso della abitazione della stessa;

- della nota prot.394 del 31 gennaio 1998;

- di ogni altro atto presupposto, antecedente, conseguente o connesso con gli atti impugnati, con particolare riferimento, alla relazione integrativa redatta dal tecnico comunale esecutore del sopralluogo in data 21/7/1997.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Pietra Marazzi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 febbraio 2013 il dott. Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso passato alla notifica il 1° aprile 1998 la signora Maria Valenza, premettendo di essere proprietaria, in Comune di Pietro Marazzi, di un fabbricato per civile abitazione, di aver realizzato nel 1998, in corrispondenza della porta di ingresso principale, una bussola parzialmente aperta con funzione protettiva senza preventivo rilascio di titolo edilizio; di aver presentato nel 1997 domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 13 L. 47/85; tanto premesso ha impugnato la nota del Sindaco del 31 gennaio 1998 con la quale l’istanza di sanatoria é stata respinta nonché la successiva ordinanza di demolizione del 4 febbraio 1998, pure essa a firma del Sindaco.

2. A sostegno del ricorso ha dedotto l’illegittimità degli atti impugnati per i seguenti motivi:

A) sulla ordinanza di demolizione:

I) illegittimità derivata dalla illegittimità del diniego di sanatoria;II) violazione dell’art. 51 comma 3 L. 142/90 e conseguente incompetenza del Sindaco ad adottare il provvedimento di diniego e ad ordinare la demolizione del manufatto;

III) violazione dell’art. 31 L. 1150/42, dell’art. 7 della L. 94/82, dell’art. 31 lett. c) della L. 457/78, dell’art. 4 L. 493/93, dell’art. 4.5.2. delle N.T.A. e degli artt. 7 e 10 della L. 47/85, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà: l’intervento abusivo realizzato dalla ricorrente non richiedeva il preventivo rilascio di concessione edilizia trattandosi di una struttura inidonea a generare nuovi volumi e comunque integrante un intervento accessorio di restauro e risanamento conservativo, ammesso nella zona dalle NTA, come tale assentibile con mera autorizzazione non sanzionabile con la demolizione;

IV) violazione degli artt. 9 e 7 della L. 47/85 ed eccesso di potere per difetto di motivazione: l’intervento in contestazione integra, se non un restauro e risanamento conservativo, almeno una ristrutturazione edilizia, e pertanto avrebbe dovuto essere sanzionata ai sensi dell’art. 9 della L. 47/85, e non dell’art. 7, con conseguente onere del Comune di valutare la effettiva possibilità di procedere alla demolizione ed impossibilità di acquisire il sedime interessato dall’abuso;

V) violazione dell’art. 7 L. 47/85 , eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione in relazione alla possibilità di sanare l’opera: il Comune non ha valutato la possibilità di sanare l’opera prima di ordinarne la demolizione;

VI) violazione dell’art. 7 L. 47/85 ed eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione: il Comune non ha determinato esattamente l’area da acquisire;

VII) violazione degli artt. 7 e segg. L. 241/90 per difetto di motivazione e perché la comunicazione di avvio del procedimento non é stata inviata alla ricorrente;

B) sulla illegittimità del diniego di sanatoria:VIII) violazione dell’art. 51 comma 3 L. 142/90 e conseguente incompetenza del Sindaco ad adottare il provvedimento di diniego e ad ordinare la demolizione del manufatto;

IX) violazione dell’art. 31 L. 1150/42, dell’art. 7 della L. 94/82, dell’art. 31 lett. c) della L. 457/78, dell’art. 4 L. 493/93, dell’art. 4.5.2. delle N.T.A. e degli artt. 7 e 10 della L. 47/85, difetto di motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà: il diniego é motivato con semplice riferimento al verbale di sopralluogo del tecnico comunale, che tuttavia nulla riferisce in ordine al presunto aumento di volumetria;

X) violazione dell’art. 13 L. 47/(5 e dell’art. 4.5.2. delle N.T.A. del P.R.G.C., eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione: il diniego nulla motiva in ordine alla possibilità di sanare l’abuso.

3. Il Comune di Pietra Marazzi si é costituito in giudizio per resistere al ricorso, deducendo tra l’altro la inammissibilità del ricorso nella parte in cui ha ad oggetto il diniego di sanatoria.

4. Alla camera di consiglio del 6 maggio 1998 il Collegio accoglieva la domanda cautelare e per l’effetto sospendeva gli atti impugnati.

5. Il ricorso é stato infine introitato a decisione alla udienza pubblica del 7 febbraio 2013.

6. In via preliminare il Collegio deve esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal Comune resistente, che non é fondata.

6.1. L’art. 13 comma 2 della L. 47/85 afferma che “Sulla richiesta di concessione o di autorizzazione in sanatoria il sindaco si pronuncia entro sessanta giorni, trascorsi i quali l’istanza si intende respinta”, ed é quindi estremamente chiaro nell’annettere al mero decorso del termine ivi indicato, senza che nel frattempo sia intervenuto alcun provvedimento esplicito, la valenza di provvedimento di diniego, ossia di silenzio-rigetto: in tal senso, del resto, si é orientata la giurisprudenza con orientamento ormai consolidato da tempo (ex multis, si veda C.d.S. sez. IV n. 1757 del 26 marzo 2012), che ne ha tratto l’ulteriore corollario che il decorso del termine di sessanta giorni assegnato alla Amministrazione per provvedere fa anche venir meno l’obbligo del comune di provvedere, già sussistendo un provvedimento negativo soggetto ad impugnazione ( TAR Piemonte Sez. II n. 494 del 20 maggio 2011).

6.2. La giurisprudenza ha tuttavia ulteriormente precisato che l’Amministrazione non perde il potere di provvedere dopo il formarsi del silenzio-rigetto previsto dall’art. 13 L. 47/85; correlativamente l’atto con il quale essa confermi in maniera espressa il diniego già formatosi, sulla base di una determinata motivazione esplicitata, non può considerarsi meramente confermativo del diniego tacito precedente, con il risultato che nei confronti di esso si riaprono i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale, che non può considerarsi inammissibile in ragione della mancata impugnazione del silenzio-rigetto. (TAR Lazio-Latina n. 532 del 3 luglio 2012; TAR Campania-Napoli sez. IV n. 1542 del 3 aprile 2012; C.d.S. sez. I n. 386 del 2 settembre 2011).

6.3. L’impugnazione spiegata dalla ricorrente avverso la nota del 31 gennaio 1998, con la quale il Sindaco ha comunicato alla stessa il diniego sulla istanza di sanatoria del 10 ottobre 1997, deve quindi ritenersi tempestiva ed ammissibile.

7. Prima di passare all’esame del merito del ricorso va chiarito, in punto di fatto, che l’abuso contestato alla signora Valenza consiste nella realizzazione di una veranda esterna alla porta dell’ingresso principale del fabbricato abitativo di proprietà della ricorrente, avente circa la forma di un semi-ottagono irregolare realizzato con pannelli in plexiglas montati su telaio in alluminio verniciato, innestato sul muro perimetrale dell’edificio e sormontato da una copertura: ciascuno dei lati del semi-ottagono risulta avere una larghezza compresa tra i 120 ed i 140 cm ed una altezza pari a 280 cm. Risulta altresì da una nota del tecnico comunale dell’8 novembre 1997 , che al momento in cui veniva effettuato il sopralluogo del 21 luglio 1997 solo nella parte fronteggiante l’ingresso dell’edificio la veranda era priva del plexiglas, a formare un varco per l’ingresso all’edificio.

7.1. Con l’istanza del 10 ottobre 1997 la signora Valenza chiedeva pertanto il rilascio di una autorizzazione in sanatoria per regolarizzare tale manufatto, che qualificava come pertinenza ai sensi dell’art. 7 L. 94/82.

7.2. Ancora in punto di fatto va chiarito che il tecnico comunale che eseguì il sopralluogo del 21 luglio 1997 rassegnò le proprie dimissioni il 25 luglio 1997, in seguito al superamento di un concorso indetto dal Comune di Alessandria, e che, espletata la necessaria procedura concorsuale, il Comune di Pietra Marazzi poté assumere il nuovo tecnico comunale solo a far tempo 1° aprile 1998.

8. Tanto premesso é ora possibile passare all’esame delle varie censure.

9. Per quanto dianzi esposto in ordine all’avvicendamento del tecnico comunale, devono essere respinti i motivi articolati sub II eVIII, a mezzo dei quali si contesta l’incompetenza del Sindaco a firmare il provvedimento di diniego di sanatoria e la successiva ordinanza di demolizione.

Risulta dai documenti prodotti dal Comune che il tecnico comunale, geom. Boraso, aveva rassegnato le proprie dimissioni con lettera del 25 luglio 1997 e con decorrenza dal 1° settembre successivo, e sino al 1° aprile 1998 il Comune di Pietra Marazzi non provvide ad assumere un tecnico in sostituzione di quello dimissionario.

Di conseguenza nel periodo compreso tra il 1° settembre 1997 ed il 1° aprile 1998, in assenza di un tecnico comunale titolare e non constando la presenza nel Comune di altro personale con qualifica dirigenziale, le funzioni del tecnico comunale potevano essere svolte dal Sindaco in forza di quanto stabilito dall’art. 51 comma 3 della L. 142/90. Da qui l’infondatezza delle censure in esame.

10. Per quanto riguarda la qualificazione dell’intervento il Collegio é dell’opinione che la veranda, o bussola, realizzata abusivamente dalla ricorrente non rientri tra gli interventi di restauro o risanamento conservativo, né tra gli interventi di ristrutturazione e neppure nel concetto di pertinenza urbanistica.

10.1. Sia gli interventi di restauro e risanamento conservativo che quelli di ristrutturazione sono invero caratterizzati dal fatto che coinvolgono in via diretta elementi già esistenti di un fabbricato, che tendono a rinnovare in misura più ampia evidente. Di conseguenza laddove, come nel caso di specie, l’intervento edilizio si compendi nella mera aggiunta, all’organismo edilizio preesistente, di una nuova costruzione che non risulti in alcun modo correlata e consequenziale ad altre modifiche apportate al fabbricato (si tratta ad esempio della realizzazione di un nuovo locale tecnico per l’allocazione di caldaie o contatori), si esula per principio dal concetto di ristrutturazione o di risanamento.

10.2. In particolare va rilevato che l’intervento di che trattasi non pare sussumibile nel concetto di risanamento conservativo neppure volendo considerare l’esigenza, affermata dalla ricorrente, di proteggere l’ingresso dell’edificio dalle intemperie: gli interventi di restauro e risanamento, infatti, debbono compendiarsi in un insieme sistematico di opere tese a mantenere la funzionalità e la fisionomia dell’organismo edilizio preesistente, potendo tradursi anche nella eliminazione degli elementi ad esso estranei: eventuali manufatti con funzione protettiva possono quindi rientrare nel concetto di risanamento solo se inseriti nell’ambito di un più vasto progetto di risanamento dell’immobile ed a patto che abbiano una funzione di mero completamento e non inducano nell’organismo edilizio elementi estranei allo stesso . La bussola/veranda realizzata dalla ricorrente non può quindi ricondursi al concetto di risanamento trattandosi di intervento isolato, slegato financo da interventi di manutenzione straordinaria, e per di più manifestamente eccessivo rispetto alla finalità protettiva dell’ingresso, che avrebbe potuto essere perseguita anche mediante una bussola di ben più modeste dimensioni.

10.3. Infine l’abuso in esame neppure é qualificabile come pertinenza, giacché di fatto attua un ampliamento della superficie e della volumetria utile del fabbricato senza possedere quelle dimensioni estremamente modeste che debbono caratterizzare la c.d. pertinenza urbanistica.

Al proposito appare dirimente la considerazione che la struttura portante risulta stabilmente ancorata al muro perimetrale dell’edificio; che essa racchiude una superficie di oltre 5 mq. per una altezza di oltre mt. 2.20; e che quantunque essa presentasse un varco d’apertura al momento in cui il tecnico comunale effettuava il sopralluogo, tale varco può agevolmente essere chiuso in qualsiasi momento con la semplice aggiunta di un ulteriore pannello di plexiglas su supporto mobile, che ne consenta l’apertura e la chiusura. Si tratta quindi di una vera e propria veranda che in periodo primaverile ed estivo ben può garantire un ambiente supplementare di vita, e comunque anche nel periodo invernale é idonea a fungere da “tampone”, ad evitare cioè la dispersione di calore dall’interno dell’immobile, ed inoltre a collocarvi alcuni arredi da ingresso.

10.4. Non é quindi condivisibile l’assunto della ricorrente secondo il quale la costruzione di che trattasi sarebbe assentibile a mezzo di semplice autorizzazione e non sarebbe pertanto sanzionabile con la demolizione. Da qui l’infondatezza del terzo e quarto dei motivi di ricorso.

11. Con il quinto ed il decimo dei motivi si contesta la legittimità degli atti impugnati perché non preceduta da una specifica valutazione della sanabilità dell’abuso.

11.1. E’ vero che il fatto che la costruzione di che trattasi non fosse, e non sia, assentibile con autorizzazione non implica necessariamente che essa non potesse essere, e non possa essere, sanata con concessione edilizia, oggi con permesso di costruire: in tal senso la nota del 31 gennaio 1998 ha inteso esattamente limitare il diniego alla ipotesi di assentire tale volumetria con autorizzazione, senza pronunciarsi sulla sanabilità dell’abuso con concessione edilizia.

11.2. Non per questo, tuttavia, l’Amministrazione era tenuta a vagliare tale possibilità, e ciò anzitutto a cospetto del tenore della istanza di sanatoria presentata dalla signora Valenza, che chiaramente configurava l’abuso come una pertinenza soggetta a mera autorizzazione e che neppure in via subordinata ipotizzava una diversa qualificazione dell’opera e, quindi, del titolo di assenso. L’Amministrazione comunale era dunque legittimata a credere che non fosse intenzione della ricorrente sanare l’abuso a condizioni diverse da quelle prospettate nella istanza di sanatoria.

Più in generale si deve affermare che non si può ragionevolmente sostenere che i Comuni non possano emettere l’ordinanza di demolizione di un’opera abusiva sol per il fatto che tale opera appare sanabile in quanto conforme alla normativa vigente: la sanatoria può essere concessa solo a seguito della presentazione di apposita istanza in tal senso da parte del privato ed é onere del medesimo di presentare tale istanza nella maniera più corretta e completa possibile, eventualmente assumendo adeguate informazioni presso l’ufficio tecnico prima del deposito della relativa sanatoria. Ove quest’ultima non sia presentata o la stessa pretenda di qualificare l’opera in modo diverso da quello corretto il Comune é tenuto ad assumere i provvedimenti consequenziali, anche perché la sanatoria implica comunque, per essere effettiva, il pagamento di una sanzione ed all’occorrenza anche il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione. Non é quindi condivisibile l’assunto per cui il Comune non possa far luogo all’ordine di demolizione se non dopo aver valutato, d’ufficio, la non sanabilità dell’opera.

Le censure in esame vanno dunque respinte.

12. Con il sesto motivo la ricorrente afferma che l’ordinanza di demolizione impugnata sarebbe illegittima in quanto non determina esattamente il sedime dell’area che il Comune acquisisce in proprietà a seguito della mancata ottemperanza all’ordine di demolizione

La censura é infondata per la ragione che il titolo per trascrivere, a favore del Comune, l’acquisizione del sedime sul quale insiste l’opera abusiva é costituito dal provvedimento con cui il Comune, sulla base del verbale che accerta l’inottemperanza alla ordinanza di demolizione, determina di procedere alla acquisizione del bene: é dunque solo con tale provvedimento che si verifica l’effetto traslativo e, conseguentemente, solo in tale momento si determina per il Comune l’obbligo di indicare con precisione la consistenza ed i confini dell’area oggetto di acquisizione.

13. Infondata é ancora la settima censura, a mezzo della quale si lamenta il mancato rispetto dell’obbligo di comunicare alla ricorrente l’avvio del procedimento.

Il tecnico comunale con nota del 14 luglio 1997 aveva reso edotto la ricorrente dell’avvio del procedimento relativo all’accertamento dell’opera, della cui abusività la ricorrente era perfettamente consapevole, tanto da presentare successivamente istanza di sanatoria ex art. 13 L. 47/85: il ricevimento di tale nota l’ha dunque messa in condizione di prevedere le conseguenze della situazione e di valutare le azioni da intraprendere a tutela dei propri interessi.

14. Con il nono motivo la ricorrente contesta difetto di istruttoria e di motivazione, con particolare riguardo alla circostanza che il diniego di sanatoria di cui alla nota del 31 gennaio 1998 rinvia alla relazione 21/07/97 del tecnico comunale che, tuttavia, nulla dice in ordine alla consistenza volumetrica dell’opera.

La censura é destituita di fondamento per la ragione che il verbale del 21 luglio 1997 descrive perfettamente l’opera abusiva e le sue dimensioni, ed é proprio da tale descrizione che emerge la consistenza volumetrica della stessa. Inoltre il diniego di concessione edilizia rinvia espressamente anche alla “relazione integrativa redatta dal Tecnico Comunale esecutore del sopralluogo in data 21/07/1997”: si tratta della missiva dell’8/11/97, con cui il Tecnico, già dimissionario, evadeva una richiesta di chiarimenti proveniente dalla Commissione edilizia, che stava esaminando l’istanza di sanatoria, nella quale si affermava che la bussola presentava numerose aperture. Nella seduta del 5/11/97 la Commissione edilizia chiedeva al Tecnico una relazione integrativa per verificare “la vera consistenza del manufatto” precisando che il parere sarebbe stato sfavorevole ove si fosse trattato di volumetria. Con la citata missiva dell’8/11/97 il Tecnico ebbe dunque a chiarire che in realtà solo nella zona antistante l’ingresso all’edificio risultava mancante il pannello di plexiglas, essendo per il resto la bussola completamente chiusa. E’ dunque evidente che il diniego finale si fonda sul conforme parere sfavorevole della Commissione edilizia, la quale ha evidentemente ritenuto configurabile un volume nella bussola di che trattasi.

Non é quindi ravvisabile né difetto di istruttoria né difetto di motivazione, essendo l’iter logico della motivazione del provvedimento finale chiaramente evincibile dal confronto tra lo stesso e gli atti assunti nel corso del procedimento.

15. Il ricorso va conclusivamente respinto.

Le spese possono compensarsi in ragione della peculiarità del manufatto e della difficoltà di qualificazione dello stesso.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 7 febbraio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Roberta Ravasio, Primo Referendario, Estensore

Paola Malanetto, Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 10/05/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)