Cass. Sez. III n. 15317 del 23 aprile 2021 (UP 17 mar 2021)
Pres. Ramacci Est. Di Stasi Ric. Vismara
Acque. Metodologia prelievo e campionamento

La metodologia indicata dal legislatore per il prelievo e il campionamento degli scarichi idrici ha carattere amministrativo e, come tale, non assurge a fonte di prova legale del carattere extratabellare degli scarichi, salva la ovvia facoltà del giudice di valutare l'attendibilità tecnica delle analisi compiute su campioni prelevati con metodiche diverse da quelle suggerite dal legislatore. La norma sul metodo di campionamento dello scarico ha carattere procedimentale, non sostanziale, sicché non può configurarsi come norma integratrice della fattispecie penale: essa indica il criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il giudice possa motivatamente valutare la rappresentatività di un campione che, per qualsiasi causa, non è stato prelevato secondo il criterio ordinario

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29/01/2020, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 11/03/2019 del Tribunale di Monza – che, a seguito di opposizione a decreto penale di condanna, aveva dichiarato Vismara Dante Luigi, nella qualità di procuratore in materia di sicurezza, antinfortunistica e tutela ambientale della “BETA UTENSILI s.p., responsabile del reato di cui all’art. 137,comma 5, d.lgs 152/2006 (perché nell’effettuazione di uno scarico di acque reflue industriali derivanti dalla produzione di utensileria meccanica superava i valori limite fissati nella tabella 3 dell’allegato 5 alla parte terza del predetto decreto relativamente alla sostanza “cromo esa valente” rilevato nella concentrazione di 0,8 mg/l a fronte del limite di tabella 0,2 mg/l) e lo aveva condannato alla pena di mesi tre di arresto ed euro 3.000,00 di ammenda – concedeva all’imputato le circostanze attenuanti generiche e, convertita la pena detentiva nella corrispondente pena pecuniaria, rideterminava la pena in euro 18.000,00, revocando il beneficio della sospensione condizionale della pena e concedendo il beneficio della non menzione.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Vismara Dante Luigi, a mezzo del difensore di fiducia, articolando tre motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’accertamento del superamento dei limiti stabiliti nella tabella 3, allegato 5, parte terza d.lgs 152/2006.
Argomenta che la Corte territoriale, a fronte della doglianza difensiva relativa alla modalità di campionamento ed alla non rappresentatività del refluo, esprimeva una motivazione viziata, che non teneva conto che il refluo, prima di immettersi nel corpo recettore, nel pozzetto finale, era risultato conforme ai limiti di legge; come era emerso nel corso del dibattimento, non sussisteva alcuna evidenza di un visibile fenomeno di inquinamento in atto in quanto l’accertamento era stato effettuato durante un controllo amministrativo e, quindi, non era giustificata la metodica del campionamento istantaneo differente da quello ordinaria (campionamento medio nell'arco di tre ore); era illogica e contraddittoria l’argomentazione della Corte territoriale, che aveva ritenuto adeguato il campionamento istantaneo per il notevole superamento del valore soglia (oltre quattro volte il limite di 0,2 mg/l), in quanto considerava solo il dato del superamento accertato a valle del depuratore.
Con secondo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alla parte della sentenza che ha disatteso le censure difensive relative alla assenza di colpa ed alla contestuale sussistenza della eccezionalità e straordinarietà del malfunzionamento di una sonda.
Argomenta che la Corte territoriale aveva ritenuto che il malfunzionamento della sonda che regolava il reagente era indizio di una condizione di massima sicurezza dell’impianto e non poteva essere considerato evento eccezionale; aveva, poi, aggiunto, in maniera incoerente ed illogica, che costituiva comportamento diligente l’installazione di due sonde; inoltre, andava considerato che la sonda era stata monitorata appena tre giorni prima e che tutti i controlli successivi avevano verificato la regolarità dello scarico
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena, lamentando che la Corte territoriale aveva confermato l’entità della pena applicando la conversione in pena pecuniaria senza dare conto in motivazione delle modalità con cui si era giunto al computo finale, pur avendo riconosciuto le circostanze attenuanti generiche.

3. Si è proceduto in camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, in base al disposto dell’art. 23, comma 8 d.l. 137/2020, conv. in l. n. 176/2020.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, nel disattendere la censura qui riproposta, ha spiegato, con argomentazioni congrue e logiche, che la metodica di prelievo istantanea utilizzata dagli agenti deputati al controllo era giustificata dal notevole superamento del valore soglia riscontrato (nella misura di quattro volte il valore soglia).
Si tratta di una motivazione conforme al consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui la metodica normale, quale quella del campionamento medio nell'arco delle tre ore, non esclude che l'organo di controllo possa procedere ad un campionamento diverso, anche istantaneo, in considerazione delle caratteristiche del ciclo produttivo, del tipo di scarico (continuo, discontinuo, istantaneo), del tipo di accertamento, qualora ciò sia giustificato da particolari esigenze
Va ricordato che questa Corte ha affermato che la metodologia indicata dal legislatore per il prelievo e il campionamento degli scarichi idrici ha carattere amministrativo e, come tale, non assurge a fonte di prova legale del carattere extratabellare degli scarichi, salva la ovvia facoltà del giudice di valutare l'attendibilità tecnica delle analisi compiute su campioni prelevati con metodiche diverse da quelle suggerite dal legislatore (Sez.3, n.26437 del 13/04/2016,Rv.267110 – 01; Sez.3, n.30135 del 05/04/2017, Rv.270325 – 01).
Ed è stato precisato che "la norma sul metodo di campionamento dello scarico ha carattere procedimentale, non sostanziale, sicché non può configurarsi come norma integratrice della fattispecie penale: essa indica il criterio tecnico ordinario per il prelevamento, ma non esclude che il giudice possa motivatamente valutare la rappresentatività di un campione che, per qualsiasi causa, non è stato prelevato secondo il criterio ordinario" (cfr. Sez. 3-n. 36701 del 03/07/2019, Rv.277158 – 01; Sez. 3, n. 14425 del 21.1. 2004, Lecchi; in motivazione, Sez. 3, n. 29884 del 06/07/2006 Rv. 234662 - 01).
Consegue che non integra un vizio di inutilizzabilità dei campioni e conseguenti analisi, il mancato rispetto del metodo di campionamento "ordinario" (né tantomeno l'assenza nei verbali di campionamento dei motivi del ricorso al metodo di prelievo istantaneo), atteso che, per quanto sopra esposto, ciò che rileva è la adeguatezza della motivazione con cui l'organo giudicante ritenga congruo il ricorso allo specifico campionamento del caso concreto. Laddove tale motivazione non rileva sul piano della "inutilizzabilità" bensì solo su quello della adeguata rappresentatività - e quindi della efficacia probatoria - del metodo di prelievo utilizzato.
2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha correttamente ritenuto che il malfunzionamento della sonda che regola il reagente non possa costituire fatto imprevedibile tale da escludere ogni profilo di colpa.
Va ricordato che questa Corte ha affermato che il caso fortuito e la forza maggiore hanno, quale fondamento, la eccezionalità del fatto e la imprevedibilità dello stesso e che, in materia di inquinamento idrico, tali evenienze non sono ravvisabili nel verificarsi di guasti tecnici dell’impianto trattandosi di accadimenti che, sebbene eccezionali, ben possono essere in concreto, previsti ed evitati (Sez.3, n.24333 del 13/05/2014, Rv.259195 – 01, in ipotesi di rottura di una condotta che determini la fuoriuscita dei reflui )
Nella citata decisione, si è ricordato “che, con riferimento a fenomeni di inquinamento addebitabili ad inconvenienti di natura tecnica, la giurisprudenza di questa Corte ha escluso l'applicabilità dell'art. 45 cod. pen. con riferimento alla rottura di un tubo (Sez. 3 n.11410, 7 ottobre 1999;Sez. 3 n.5863del 10 maggio 1999; Sez. 3 n. 6954, 9 Iuglio l996), al guasto ad una pompa che determini il cattivo funzionamento di impianti di depurazione (Sez. 3 n.7497, 12 luglio 1991), alla rottura di una guarnizione o alla mancanza di energia (Sez. 3 n.3954, 12 aprile 1995), alla bruciatura di una resistenza (Sez. 5 n.9134, 11 settembre 1991), alla corrosione di canalette di adduzione dei reflui conseguente all'acidità dei reflui medesimi (Sez. 3 n.1814, 12 febbraio 1998), all'intasamento di un depuratore per la presenza di scorie all'interno (Sez. 3 n.10153, 26 settembre 1998) ed al piegamento di un tubo destinato ad immettere nell'impianto sostanze atte all'abbattimento dei valori di determinati inquinanti (Sez. 3 n.1054, 14 gennaio 2003); e l'insussistenza del caso fortuito è stata ritenuta anche qualora il guasto si sia verificato su impianto che in precedenza non aveva mai manifestato inconvenienti tecnici (Sez. 3 n.5050, 24 aprile 1987). Tali principi, formulati sotto la vigenza delle disposizioni in materia di inquinamento idrico che hanno preceduto quelle ora contemplate dal d.lgs. n. 152 del 2006, sono tuttora validi e vanno pienamente condivisi”.
Del resto, è stato anche affermato che il titolare di un insediamento produttivo ha il dovere positivo di prevenire ogni forma di inquinamento, attraverso l'adozione di tutte le misure necessarie, attinenti al ciclo produttivo, alla organizzazione, ai presidi tecnici, alla costante vigilanza; e si è anche precisato che l'inclemenza atmosferica (dovuta a pioggia abbondante o freddo intenso), i guasti meccanici dell'impianto di depurazione, i comportamenti irregolari dei dipendenti non sono fatti imprevedibili e pertanto non costituiscono caso fortuito o forza maggiore (Sez.3, n.8828 del 29/03/1989, Rv.181624).
3.Il terzo motivo di ricorso è generico.
Il ricorrente si limita a contestare la determinazione della pena finale in relazione al profilo della conversione della pena detentiva inflitta nella corrispondente pena pecuniaria ed alla incidenza delle circostanze attenuanti generiche senza evidenziare specifici errori od omissioni incorsi in tale operazione.
Il motivo, quindi, caratterizzandosi per assoluta genericità, integra la violazione dell'art. 581 cod.proc.pen., lett. c), che nel dettare, in generale, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l'impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, "I motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta"; violazione che, ai sensi dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), determina, per l'appunto, l'inammissibilità dell'impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, Rv. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087).
4. Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
5. L'inammissibilità del ricorso per cassazione non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p., ivi compresa la prescrizione (Sez. U n. 21 del 11 novembre 1994, dep.11 febbraio 1995, Cresci; Sez. U n. 11493 del 3 novembre 1998, Verga; Sez. U n. 23428 del 22 giugno 2005, Bracale; Sez U n. 12602 del 17.12.2015, dep. 25.3.2016, Ricci).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 17/03/2021