Cass. Sez. III n. 45634 del 17 novembre 2015 (Ud 22 ott 2015)
Presidente: Mannino Estensore: Liberati Imputato: Mora Fulgido
Acque.Sversamento in rete fognaria o nel suolo di reflui industriali pericolosi

L'immissione non autorizzata di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose configura l'ipotesi di reato di cui all'art. 137, comma primo, del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sia che lo sversamento avvenga in fognatura sia che sia effettuato in un pozzo a perdere, atteso che la fattispecie in questione punisce ogni indebita immissione di acque reflue nel suolo, nel sottosuolo e nella rete fognaria.

 RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 19 novembre 2013 il Tribunale di Trento ha dichiarato Mora Fulgido Ognibene colpevole dei reati di cui capi A (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, per avere allestito una discarica di rifiuti speciali non pericolosi e pericolosi in assenza di autorizzazione), B (D.Lgs. n. 152 del 2006, artt. 124 e 137, per avere effettuato o permesso scarichi di acque reflue industriali) e C (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 255, comma 3, per non avere ottemperato a tre ordinanze sindacali di rimozione di rifiuti), condannandolo alla pena complessiva di mesi otto di arresto ed Euro 8.000 di ammenda, assolvendolo dagli altri reati che gli erano stati contestati.

2. La Corte d'appello di Trento, investita dell'appello del Pubblico Ministero e dell'imputato, con sentenza del 24 aprile 2014, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha aumentato la pena inflitta all'imputato ad anni uno e mesi due di arresto ed Euro 9.000 di ammenda, ordinando la confisca dei terreni in comune di Dimaro appartenenti alla S.r.l. Moraedil, di cui l'imputato era legale rappresentante, ed il dissequestro degli altri terreni sequestrati, confermando nel resto la sentenza appellata.

2.1. Ha ritenuto la Corte d'appello che l'accumulo di rifiuti realizzato dall'imputato sin dai primi anni 70 sui terreni di proprietà della S.r.l. Moraedil, di cui lo stesso era amministratore, costituisse discarica abusiva, non trattandosi di deposito provvisorio ma caratterizzato dalla definitività dell'accumulo di rifiuti speciali, escludendo la ravvisabilità della ipotesi di abbandono di rifiuti.

Ha escluso, inoltre, l'intervenuta prescrizione del reato di cui al capo A, in ragione della natura permanente dello stesso e del rilievo che la permanenza era stata interrotta solo dal sequestro del terreno, eseguito il 26 agosto 2009.

2.2. La Corte territoriale ha ravvisato anche la sussistenza del reato di cui al capo B, essendo stato accertato che in un locale interrato utilizzato dalla società amministrata dall'imputato, adibito a deposito di oli industriali, erano fuoriusciti reflui industriali che, in assenza della predisposizione di sistemi di contenimento, confluivano in una piletta (cioè in una griglia) posta sul pavimento del medesimo locale.

2.3. Il giudice di secondo grado ha ritenuto, inoltre, sussistente l'inottemperanza alle tre ordinanze sindacali emesse nei confronti dell'imputato, di rimozione dei rifiuti e rimessione in pristino delle aree, essendo solo stata iniziata l'attività di smaltimento dei rifiuti e bonifica dell'area, senza completarla.

2.4. In accoglimento dell'appello del Pubblico Ministero è stata poi aumentata la pena inflitta all'imputato, trattandosi di rifiuti pericolosi, e non sono, invece, state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, come richiesto dall'imputato con l'atto d'appello.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputato, a mezzo dei suoi difensori, affidandolo a cinque motivi.

3.1. Con il primo motivo ha lamentato contraddittorietà ed illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza della fattispecie di discarica abusiva di rifiuti, non essendo stata adeguatamente considerata la volontà dell'imputato di riutilizzo dei rifiuti depositati.

Ha inoltre evidenziato l'intervenuta prescrizione del reato di cui al capo A per decorso del termine massimo di prescrizione.

3.2. Con il secondo motivo ha prospettato contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla data di consumazione del reato di realizzazione e gestione di discarica abusiva, sulla base del rilievo che la gestione di discarica abusiva permane fino a quando avviene l'attività di conferimento e manipolazione di rifiuti, di cui, nella specie, non era stata accertata la prosecuzione.

3.3. Con il terzo motivo ha eccepito la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di cui al capo B ed alla intervenuta prescrizione dello stesso, stante la contraddittorietà di quanto riferito dai testi escussi rispetto all'accertato sversamento di acque reflue industriali ed al momento del suo accertamento.

3.4. Con il quarto motivo ha lamentato mancanza e contraddittorietà della motivazione circa la sussistenza del reato di cui al capo C, non essendo stata compiutamente accertata l'inottemperanza dell'imputato alle ordinanze sindacali, cui invece era stato dato, quanto meno, inizio di esecuzione.

3.5. Con il quinto motivo, infine, ha lamentato la mancata concessione delle attenuanti generiche, non essendo gravi i precedenti da cui era gravato l'imputato e non essendosi prodotto danno ambientale in conseguenza delle condotte allo stesso contestate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile, essendo diretto a conseguire una diversa valutazione dei fatti posti a fondamento della affermazione di responsabilità dell'imputato e della determinazione della pena, senza tuttavia individuare vizi specifici della motivazione che ne intacchino la intrinseca coerenza strutturale e logicità.

2. Mediante il ricorso per cassazione, infatti, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali e tali da imporre una diversa conclusione del processo.

Ne consegue che sono inammissibili tutte le doglianze relative alla persuasività, all'inadeguatezza, alla mancanza di rigore o di puntualità, alla stessa illogicità quando non manifesta della motivazione, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell'attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 6^, Sentenza n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).

3. La sentenza impugnata ha ritenuto provata la realizzazione da parte dell'imputato di una discarica abusiva, in ragione dell'accertato prolungato accumulo di rifiuti diversi, in parte qualificabili come rifiuti speciali, escludendo l'ipotesi di deposito temporaneo e di stoccaggio di rifiuti destinati allo smaltimento, sottolineando la definitività dell'accumulo e la protrazione nel tempo di tale attività, in assenza della dimostrazione di alcuno smaltimento o riciclaggio di quanto nel corso tempo accumulato.

3.1. Analogamente la Corte territoriale ha ritenuto sussistente lo scarico in assenza di autorizzazione di acque reflue industriali provenienti dal dilavamento del locale adibito a deposito degli oli lubrificanti, sulla base delle accertate modalità di smaltimento delle acque reflue (quali riferite da uno dei testi escussi) e della loro classificazione come acque reflue industriali, in quanto utilizzate all'interno dell'attività esercitata dalla S.r.l. Moraedil (di cui l'imputato era amministratore), evidenziando come tali acque, versate in una griglia a pavimento, scorressero verso l'esterno, con la conseguente sussistenza del reato di cui al capo B della rubrica.

3.2. Infine la Corte d'appello ha ritenuto sussistente anche l'inottemperanza, quantomeno parziale, alle ordinanze sindacali di rimozione dei rifiuti e di rimessione in pristino delle aree interessate dalla realizzazione della discarica abusiva di rifiuti speciali, in considerazione del mancato completamento delle attività di smaltimento e bonifica, solo avviate dal ricorrente ma non ultimate, tanto da determinare la reiterazione per due volte delle ordinanze sindacali.

4. Mediante il ricorso in esame il ricorrente, pur deducendo, con il primo motivo, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza della fattispecie di discarica abusiva, ha censurato l'esclusione da parte della Corte d'appello delle attività di deposito temporaneo e stoccaggio sulla base di una diversa lettura delle deposizioni testimoniali (da cui dovrebbe ricavarsi la temporaneità del deposito di rifiuti o comunque la volontà di riutilizzo degli stessi, con la conseguente esclusione della fattispecie di realizzazione di discarica abusiva), senza, però, individuare vizi idonei a minare la coerenza logica e strutturale della motivazione (nella quale è stata evidenziata l'assenza di prova di qualsiasi attività di riutilizzo o smaltimento dei rifiuti), prospettando solamente una diversa interpretazione dei fatti, disgiunta da vizi di contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, con la conseguente inammissibilità di tale motivo.

5. Anche il secondo motivo, mediante il quale è stato censurato l'accertamento dell'epoca di consumazione del reato di realizzazione di discarica abusiva, di cui la Corte ha affermato la natura permanente, interrotta solamente alla data di sequestro del terreno (avvenuto il 26 agosto 2009), è diretto a censurare la ricostruzione della Corte d'appello in ordine al momento consumativo del reato di realizzazione di discarica abusiva, rilevante in ordine alla prescrizione di tale reato.

Al riguardo la Corte d'appello, oltre al corretto rilievo circa la natura permanente del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 3, in accordo alla costante giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 3^, Sentenza n. 38662 del 20/05/2014, Rv. 260380; Sez. 3^, Sentenza n. 40850 del 21/10/2010, Rv. 248706; Sez. 3^, Sentenza n. 6098 del 19/12/2007, Rv. 238828), ha evidenziato come i verbalizzanti avessero dichiarato che anche in epoca recente erano state conferiti alla discarica residui di lavorazioni edili.

Ne consegue l'inammissibilità anche del secondo motivo d'appello, volto a censurare la ricostruzione in fatto contenuta nella sentenza impugnata, senza tuttavia individuarne incongruenze o illogicità, avendo, in ogni caso, la Corte territoriale applicato correttamente principi consolidati circa la cessazione della permanenza del reato di realizzazione di discarica abusiva di rifiuti speciali.

6. Mediante il terzo motivo il ricorrente ha dedotto mancanza di motivazione circa la sussistenza o, comunque, in ordine all'intervenuta prescrizione del reato di cui al capo B, prospettando il travisamento della deposizione dell'unico testimone assunto circa lo sversamento di reflui industriali, che non avrebbe accertato l'effettiva esistenza di tale sversamento.

Tuttavia la Corte di merito ha dato atto della non necessarietà, ai fini della integrazione del reato di cui al D.Lgs. 152 del 2006, art. 124 e art. 137, comma 1, dello sversamento di olii industriali o dell'inquinamento del terreno circostante, essendo sufficiente, al fine suddetto reato, la canalizzazione delle acque reflue industriali verso l'esterno.

Tale affermazione risulta corretta, in quanto l'immissione non autorizzata di acque reflue industriali contenenti sostanze pericolose configura l'ipotesi di reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 137, comma 1, sia che lo sversamento avvenga in fognatura sia che sia effettuato in un pozzo a perdere, atteso che la fattispecie in questione punisce ogni indebita immissione di acque reflue nel suolo, nel sottosuolo ed in rete fognaria (Sez. 3^, Sentenza n. 13967 del 11/02/2004, Rv. 228449).

Ne consegue l'inammissibilità anche di tale motivo, non essendo diretto a censurare mancanza di motivazione, bensì a conseguire una diversa valutazione delle risultanze dell'istruttoria, che invece risultano essere state correttamente e compiutamente considerate dalla Corte d'appello, sulla scorta dei principi ermeneutici indicati in premessa.

Quanto alla prescrizione di tale reato la Corte ha dato atto, anche in relazione a tale reato, che l'attività era proseguita fino al sequestro dell'area, con la conseguente inammissibilità della deduzione del ricorrente circa l'incertezza del tempus commissi delicti, anch'essa diretta a conseguire una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella compiuta, con motivazione logica e coerente, nella sentenza impugnata.

7. Anche la doglianza, formulata con il quarto motivo, relativa a mancanza e contraddittorietà della motivazione circa la sussistenza del reato di cui al capo C, fondata sulla mancanza di un accertamento di tale inottemperanza, non è diretta a denunciare mancanza o contraddittorietà della motivazione (invero esistente ed immune da vizi logici), bensì a conseguire, anche in questo caso, una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, sulla base di una diversa analisi delle deposizioni testimoniali; la Corte territoriale, però, è pervenuta alla affermazione di responsabilità del M. anche in ordine a tale reato sulla base di risultanze documentali, e cioè della pacifica reiterazione delle ordinanze sindacali, e del mancato completamento della attività di smaltimento e bonifica, con la conseguenza che non si versa in una ipotesi di mancanza o contraddittorietà della motivazione, bensì di inammissibile richiesta di riesame di un accertamento di fatto logicamente e congruamente motivato.

8. Il quinto motivo, concernente violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, risulta generico e privo della necessaria specificità, e dunque anch'esso inammissibile, in quanto la Corte d'appello ha motivato il diniego di tali circostanze con la gravità del fatto (avuto riguardo alla considerevole durata della attività di discarica ed alla pericolosità della stessa) e con i plurimi precedenti penali a carico dell'imputato, e tali ragioni non sono state oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, che si è limitato a dedurre la scarsa significatività degli elementi negativi valorizzati dalla Corte o la loro contraddittorietà con quanto emerso dalla istruttoria.

Deve osservarsi che costituisce, al riguardo, principio più volte affermato da questa Corte quello secondo cui per il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente il riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, purchè la valutazione di tale rilevanza tenga obbligatoriamente conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall'interessato (Sez. 3, Sentenza n. 23055 del 23/04/2013, Rv. 256172).

Poichè nella specie la Corte ha dato atto degli elementi ritenuti decisivi ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, e tale motivazione è stata oggetto di censura solo generica, anche il quinto motivo di ricorso risulta inammissibile.

9. L'inammissibilità del ricorso preclude il rilievo della prescrizione dei reati di cui ai capi A et B, compiutasi il 26 agosto 2014, e del primo episodio contestato sub C, il cui termine prescrizionale è decorso il 7 luglio 2014, essendo intervenuta anteriormente la pronuncia della Corte d'appello, resa il 23 aprile 2014, atteso che, nella consolidata interpretazione di questa Corte, un ricorso per cassazione inammissibile, per manifesta infondatezza dei motivi o per altra ragione, "non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p." (Cass., Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv 217266; v. anche, negli stessi termini, Cass., Sez. 4^, n. 18641 del 20/01/2004, Tricomi).

10. In conclusione il ricorso in esame deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2015.