La
Legge 15 marzo 1997, n. 59 ( c.d.
“Bassanini I”) è ormai famosa per aver avviato, nel nostro Paese, un
radicale processo di trasferimento di funzioni dal centro alla periferia,
accogliendo, a Costituzione invariata, le istanze autonomistiche avanzate dalle
Regioni e dagli Enti locali, rafforzate in sede politica dalle rivendicazioni
federalistiche più o meno estremiste avanzate da alcuni movimenti.
In
questo processo di riallocazione delle funzioni pubbliche, nonostante
l’opposizione del movimento
ambientalista sostenuto soprattutto dai Verdi – che ha comunque
consentito, ad esempio, di mantenere le funzioni relative ai parchi
nazionali a livello centrale – risulta, sia pure molto limitatamente o
indirettamente accolta la posizione di chi da anni denunciava “troppo Stato
per l’ambiente”.
I
nuovi poteri conferiti alle Regioni interferenti con la materia ambientale ( si
pensi all’urbanistica) non necessariamente comporteranno arretramenti per la
tutela ambientale, come spesso sostengono autorevoli parti del movimento
ambientalista.
Se
è vero, infatti, che a livello locale più forti possono essere le pressioni
elettoralistiche sulle istituzioni, non è necessariamente vero che
l’interesse alla tutela ambientale sia sempre più debole in tale sede: molti
sono gli esempi in cui proprio, a livello locale, sono stati bloccati grandi
progetti distruttivi per l’ambiente facilmente imposti dalle lobby a livello
centrale. La sussidiearietà ambientale può anche significare maggior potere di
decisione di chi è più legato, anche fisicamente, al proprio territorio e
quindi è più motivato a difenderlo e meno incline ad accettare compromessi.
Anche
relativamente alle funzioni ambientali si dovrà prendere atto della
“biodiversità” della pluriarticolazione della Repubblica già disegnata dai
Costituenti.
La
valutazione della riorganizzazione delle funzioni ed il suo impatto sulle
funzioni pubbliche in materia ambientale dovrà essere condotta ex post, in
relazione all’effettivo esercizio delle funzioni “destatalizzate”, tenendo
conto dei risultati conseguiti in ogni singolo ambito regionale.
Ovviamente,
tali risultati dipenderanno soprattutto dalla capacità del movimento
ambientalista di orientare l’attuazione della L. 59/97 nei singoli ordinamenti
regionali mediante azioni di lobby a tutto campo. Ma, per realizzare ciò, anche
in ambito ambientalista, si dovrà decentrare fortemente l’organizzazione. Ad
esempio, d’ora in poi, non saranno più sufficienti uffici legali e
politico-istituzionali centrali, in quanto non sarà sufficiente seguire solo i
lavori parlamentari, ma saranno richieste unità istituzionali presso ogni
singola Regione: e questo discorso potrebbe estendersi addirittura al livello
provinciale e comunale. La nuova organizzazione della Repubblica, imporrà, cioè,
anche una nuova organizzazione delle grandi associazioni ambientaliste
nazionali.
Se
da queste brevissime osservazioni emerge un giudizio non necessariamente
negativo sulla grande riforma avviata dalla L. 59/97, sicuramente positivo
dev’essere il giudizio su un’altra parte della stessa L. 59/97, la cui
attuazione sta passando purtroppo totalmente inosservata nel movimento
ambientalista.
Il
riferimento è agli articoli 11, comma 1, lettera a e 12 della legge 59/97 ed
allo schema di Decreto legislativo di attuazione predisposto dal Governo e già
all’esame della Commissione bicamerale consultiva per la riforma
amministrativa ( c.d. “Bicameralina”).
Le
norme citate della L. 59/97 contengono una delega rivoluzionaria per il nostro
Paese per ridisegnare
complessivamente l’organizzazione del Governo, in parallelo con la nuova
ripartizione delle funzioni amministrative tra centro ed autonomie locali ed
anche al fine di meglio rispondere agli obblighi scaturenti dall’ordinamento
comunitario.
In
sintesi, è stata finalmente affrontata la piaga della frammentazione di
funzioni centrali tra troppi ministeri e si sta velocemente avviando la
creazione di pochi grandi ministeri mediante
fusione e conseguente accorpamento delle strutture e delle funzioni
amministrative oggi polverizzate e scoordinate.
Secondo
lo schema di Decreto legislativo predisposto dal Governo, i Ministeri saranno
solo 11 e avranno struttura differenziata secondo due differenti modelli. Alcuni
Ministeri infatti saranno articolati in Dipartimenti, altri in Direzioni
Generali. Potranno inoltre essere costituite Agenzie per l’esercizio di
funzioni tecniche-operative che richiedono particolari specializzazioni o
organizzazioni.
Nel
contesto della nuova organizzazione sommariamente esposta, il Capo VII dello
schema di decreto legislativo predisposto dal Governo è specificamente dedicato
al nuovo “Ministero dell’Ambiente e
della tutela del territorio” (artt. 31/36).
Questo
assorbirà tutte le funzioni statali in materia di ambiente e territorio,
dall’identificazione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio
alla difesa del suolo, dalla tutela dall’ inquinamento, anche
elettromagnetico, fino alle risorse idriche, comprese ovviamente le funzioni in
materia di conservazione della natura, gestione dei rifiuti e promozione delle
politiche di sviluppo sostenibile. Il Ministero dell’Ambiente, cioè, sommerà
alle attuali funzioni molte altre sottratte agli attuali Ministeri dei Lavori
Pubblici e delle Politiche Agricole, con relative risorse e soppressione delle
attuali strutture.
In
questo contesto al nuovo Ministero competeranno anche le funzioni statali di
polizia forestale ed ambientale e conseguentemente sarà finalmente trasferito
anche il Corpo Forestale dello Stato – almeno per la parte che non sarà
trasferita alle Regioni.
La
struttura interna del nuovo Ministero sarà organizzata in massimo quattro
dipartimenti.
Lo
schema di decreto legislativo prevede inoltre l’istituzione dell’ “Agenzia
per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici”
alla quale saranno affidati, oltre ai compiti tecnico-scientifici
attualmente di competenza dell’Agenzia Nazionale per la Protezione
dell’Ambiente , anche quelli in materia di tutela delle risorse idriche,
difesa del suolo e dighe.
Questa
nuova organizzazione va salutata con entusiasmo in quanto costituisce il
recepimento della proposta delle associazioni ambientaliste di accorpare in un
unico Ministero tutte le funzioni statali in materia ambientale, riconoscendo,
anche dal punto di vista dell’organizzazione istituzionale, il concetto
“unitario del bene giuridico “ambiente”.
Sarebbe
tuttavia opportuno, al fine di attuare totalmente l’unitarietà istituzionale
del bene giuridico ambiente, apportare al testo di decreto legislativo due
modifiche.
Innanzitutto
il nome del nuovo Ministero dovrebbe essere “Ministero
dell’Ambiente” e non “Ministero dell’Ambiente e della tutela del
territorio”. Ciò in quanto il “territorio” non è un bene giuridico
distinto e separato, bensì solo una delle componenti di quel bene unitario che
è l’ambiente.
Inoltre
- e questo è veramente l’unico punto debole dello schema di decreto
legislativo - al nuovo Ministero dovrebbero essere conferite anche le funzioni
in materia di beni ambientali, cioè quelle
relative alla tutela paesaggistica ed in particolare alla Legge 8/8/1985, n.
431, che, forse, solo per distrazione, l’articolo 50 dello schema proposto
attribuisce al nuovo Ministero della cultura e della ricerca scientifica.
Ciò
potrebbe portare anche ad una semplificazione delle procedure amministrative ed
alla riduzione del numero di autorizzazioni richieste ai fini ambientali e
paesaggistici: si pensi, ad esempio, al nulla osta ai fini paesistici richiesto
nel territorio delle aree naturali protette in aggiunta al nulla osta
dell’Ente parco. Questi potrebbero essere concentrati in un unico
provvedimento di competenza del nuovo Ministero.
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membro del Consiglio direttivo della Sezione regionale per la Campania del WWF.