La Corte di Giustizia europea ridisegna la valutazione di incidenza ambientale e, indirettamente, la valutazione di impatto ambientale

di Stefano DELIPERI

La Corte di Giustizia europea, con la sentenza Sez. VI, 16 luglio 2020, causa C-411/19, ha indicato principi di grande rilievo in tema di valutazione di incidenza ambientale e, indirettamente, anche in materia di valutazione di impatto ambientale.

Il T.A.R. Lazio, Sez. I, con l’ordinanza n. 908 del 24 gennaio 2019, aveva rimesso alla Corte di Giustizia europea una questione pregiudiziale di fondamentale importanza per la decisione del ricorso inoltrato da alcune Associazioni ambientaliste (Italia Nostra, WWF, Forum Ambientalista, Lipu, Gruppo di Intervento Giuridico onlus) e da diversi cittadini residenti avverso il provvedimento di compatibilità ambientale conclusivo del procedimento di valutazione di impatto ambientale – V.I.A. relativo al “tracciato verde” dell’ultimo lotto (Monte Romano – S. S. n. 1 “Aurelia”) della superstrada Orte – Civitavecchia (S.S. 675 “Umbro-Laziale” – Completamento del collegamento del porto di Civitavecchia con il nodo intermodale di Orte – Tratto Monte Romano Est-Civitavecchia), ai sensi dell’art. 183, comma 6°, del Codice dei contratti pubblici, decreto legislativo n. 163 del 2006.
 
Recependo pressochè tutte le argomentazioni presentate dai ricorrenti, i giudici, nelle conclusioni della ordinanza, hanno rimesso alla decisione della Corte Europea sui quesiti maturati sulla legittimità della scelta del "tracciato verde" che prevede il completamento della trasversale, composta da 9 viadotti, 1 galleria e 2 svincoli, nell’area integra della Valle del Fiume Mignone. per il completamento della S.S. n. 675 Civitavecchia - Orte.
 
Infatti, il prescelto “tracciato Verde” attraversa la ZPS IT6030005 “Comprensorio Tolfetano-Cerite-Manziate” (ambito di progetto comunitario LIFE) e dista tra i 100 metri e 1 chilometro dal SIC IT60I0035 “Fiume Mignone – Basso Corso”, siti della Natura 2000, il principale strumento europeo per la conservazione della biodiversità, tutelati dalla Direttiva 92/43/CEE “Habitat”, entrambi siti della Rete Natura 2000, istituita a livello europeo per la conservazione della biodiversità.

La Corte di Giustizia europea si è espressa, fissando i seguenti principi a cui dovrà attenersi il T.A.R. Lazio nel giudizio principale:

1) l’art. 6 della direttiva n. 92/42/CEE (c.d. direttiva Habitat), sebbene consenta allo Stato membro (in questo caso l’Italia) di intervenire anche in una zona speciale di conservazione (Z.S.C.) per motivi imperativi di interesse pubblico, nonostante l’assenza di mitigazione ambientale e pareri negativi delle Autorità competenti, tuttavia deve propendere per la “soluzione alternativa che comporta minori inconvenienti per l’integrità della zona interessata”;  

2) se il piano o il progetto sia stato valutato negativamente (art. 6, paragrafo 3, della direttiva n. 92/42/CEE) in merito all’incidenza su una Z.S.C., ma lo Stato membro intenda comunque realizzarlo (art. 6, paragrafo 4, della direttiva n. 92/43/CEE) per ragioni imperative di rilevante interesse pubblico, dovrebbero essere previste misure di compensazione ambientale;

3) la direttiva n. 92/43/CEE prevede che il soggetto proponente il piano o il progetto predisponga lo studio di incidenza ambientale, tuttavia non è consentito allo stesso soggetto proponente di scegliere autonomamente quali misure adottare per la realizzazione del piano o del progetto, qualora sia stato oggetto di conclusioni negative del procedimento di valutazione di incidenza ambientale (V.Inc.A.).  Il piano o il progetto modificato dovrà esser sottoposto a nuovo procedimento di V.Inc.A.;

4) la direttiva n. 92/43/CEE prevede che sia lo Stato membro a designare un’autorità preposta alla valutazione dell’incidenza ambientale di piani o progetti su una Z.S.C., tuttavia, dopo il giudizio, non è consentito che una qualsiasi altra autorità “prosegua o completi tale valutazione”.

Il Giudice europeo ha, quindi, delineato il quadro entro cui si muoverà il giudizio del T.A.R. Lazio, che, comunque, aveva già dato una sua linea di valutazione.

Infatti, nell'ordinanza di rimessione n. 908 del 2019, sottolineava come l’ANAS non avesse mai dimostrato che il tracciato non avrebbe avuto incidenze negative sul sito, non avendo nemmeno completato lo studio di incidenza ambientale (V.Inc.A.) nell’ambito della procedura di valutazione di impatto ambientale (V.I.A.), come peraltro richiesto dal Ministero dell'Ambiente. Queste le ragioni avevano portato prima il Ministero dell'Ambiente a emettere ben due pareri negativi e poi il T.A.R. del Lazio a sollevare questioni pregiudiziali davanti alla Corte di Giustizia europea in ordine alla legittimità o meno del provvedimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della delibera CIPE, seguita al primo provvedimento.
 
Il Collegio aveva confermato l'ammissibilità e la piena legittimità dei ricorrenti (sia le Associazioni che i singoli residenti) a impugnare il provvedimento della Presidenza del Consiglio e aveva anche rimarcato il consolidato principio che la tutela ambientale non può essere sacrificata rispetto all'interesse economico evidenziando come "...la normativa e la giurisprudenza eurounitaria individuano il bene ambientale come primario" e che "...la scelta e la delimitazione di una zona a protezione speciale non può tener conto di esigenze economiche in quanto esse rispondono a motivi imperativi di rilevante interesse pubblico... relativo alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche".
 
Il T.A.R. Lazio aveva anche posto un quesito interpretativo di grande rilievo: aveva, infatti, chiaramente posto il dubbio sulla legittimità che una decisione di un vertice politico-amministrativo di uno Stato membro (come la Presidenza del Consiglio dei Ministri) possa sostituire e travalicare quella della massima autorità competente in materia ambientale (Ministero dell'Ambiente, della Tutela del Territorio e del Mare) anche in palese presenza di danno ambientale non mitigabile.

La Corte di Giustizia in proposito si è espressa negativamente, con i conseguenti effetti sulla giurisprudenza e sulla prassi amministrativa future.

Dott. Stefano Deliperi



SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
16 luglio 2020 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 92/43/CEE – Articolo 6 – Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche – Zone speciali di conservazione – Realizzazione di una tratta stradale – Valutazione dell’incidenza di tale progetto sulla zona speciale di conservazione interessata – Autorizzazione – Motivi imperativi di rilevante interesse pubblico»
Nella causa C‑411/19,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con ordinanza del 16 gennaio 2019, pervenuta in cancelleria il 27 maggio 2019, nel procedimento
WWF Italia Onlus,
Lega Italiana Protezione Uccelli Onlus,
Gruppo di Intervento Giuridico Onlus,
Italia Nostra Onlus,
Forum Ambientalista,
FC e a.
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri,
Azienda Nazionale Autonoma Strade SpA (ANAS),

LA CORTE (Sesta Sezione),
composta da M. Safjan, presidente di sezione, J.-C. Bonichot (relatore), presidente della Prima Sezione, e N. Jääskinen, giudice,
avvocato generale: J. Kokott
cancelliere: A. Calot Escobar
vista la fase scritta del procedimento,
considerate le osservazioni presentate:
–        per WWF Italia Onlus, Lega Italiana Protezione Uccelli Onlus, Gruppo di Intervento Giuridico Onlus, Italia Nostra Onlus, Forum Ambientalista e FC e a., da G. Viglione e N. Tsuno, avvocati;
–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da G. Palatiello, avvocato dello Stato;
–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e L. Dvořáková, in qualità di agenti;
–        per la Commissione europea, da G. Gattinara e C. Hermes, in qualità di agenti,
vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7; in prosieguo: la «direttiva “habitat”»).
2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone WWF Italia Onlus, Lega Italiana Protezione Uccelli Onlus, Gruppo di Intervento Giuridico Onlus, Italia Nostra Onlus, Forum Ambientalista e FC e a. alla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Italia) e all’Azienda Nazionale Autonoma Strade SpA (ANAS) in merito alla legittimità della delibera del 1° dicembre 2017, con la quale il Consiglio dei Ministri ha adottato il provvedimento di compatibilità ambientale del progetto preliminare di collegamento stradale a nord di Roma (Italia), secondo il «tracciato verde», tra Monte Romano Est (Italia) e Tarquinia Sud (Italia), e della delibera del 28 febbraio 2018, con la quale il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (in prosieguo: il «CIPE») ha approvato tale progetto preliminare.
 Contesto normativo
 Diritto dell’Unione
3        Il settimo considerando della direttiva «habitat» enuncia che «tutte le zone designate, comprese quelle già classificate o che saranno classificate come zone di protezione speciale ai sensi della direttiva 79/409/CEE del Consiglio, [del 2 aprile 1979,] concernente la conservazione degli uccelli selvatici [GU 1979, L 103, pag. 1], dovranno integrarsi nella rete ecologica europea coerente».
4        L’articolo 1, lettera l), della direttiva «habitat» definisce la «zona speciale di conservazione» come «un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato».
5        L’articolo 3, paragrafi 1 e 2, di detta direttiva prevede quanto segue:
«1.      È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.
La rete “Natura 2000” comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE.
2.      Ogni Stato membro contribuisce alla costituzione di Natura 2000 in funzione della rappresentazione sul proprio territorio dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie di cui al paragrafo 1. A tal fine, conformemente all’articolo 4, esso designa siti quali zone speciali di conservazione, tenendo conto degli obiettivi di cui al paragrafo 1».
6        L’articolo 6 della direttiva «habitat» enuncia quanto segue:
«1.      Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.
2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.
3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.
4.      Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.
Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».
7        L’articolo 7 della direttiva in parola così dispone:
Gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4 della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva 79/409/CEE, per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2 di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva 79/409/CEE, qualora essa sia posteriore».
 Diritto italiano
 Decreto legislativo n. 163/2006
8        Ai sensi del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163 – Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (supplemento ordinario alla GURI n. 100, del 2 maggio 2006) (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 163/2006»), la procedura di elaborazione di un progetto di lavori relativi a infrastrutture si suddivide in due fasi, vale a dire il progetto preliminare e il progetto definitivo.
9        L’articolo 165 del decreto legislativo n. 163/2006, rubricato «Progetto preliminare. Procedura di valutazione di impatto ambientale e localizzazione», ai commi 3, 5 e 7 così dispone:
«3.      Il progetto preliminare delle infrastrutture, oltre a quanto previsto nell’allegato tecnico di cui all’allegato XXI deve evidenziare, con apposito adeguato elaborato cartografico, le aree impegnate, le relative eventuali fasce di rispetto e le occorrenti misure di salvaguardia; deve inoltre indicare ed evidenziare anche le caratteristiche prestazionali, le specifiche funzionali e i limiti di spesa dell’infrastruttura da realizzare, ivi compreso il limite di spesa, comunque non superiore al due per cento dell’intero costo dell’opera, per le eventuali opere e misure compensative dell’impatto territoriale e sociale strettamente correlate alla funzionalità dell’opera. Nella percentuale indicata devono rientrare anche gli oneri di mitigazione di impatto ambientale individuati nell’ambito della procedura di [valutazione di impatto ambientale], fatte salve le eventuali ulteriori misure da adottare nel rispetto di specifici obblighi comunitari. Ove, ai sensi delle disposizioni nazionali o regionali vigenti, l’opera sia soggetta a valutazione di impatto ambientale, il progetto preliminare è corredato anche da studio di impatto ambientale e reso pubblico secondo le procedure previste dalla legge nazionale o regionale applicabile.
(...)
5.      [I]l progetto preliminare, istruito secondo le previsioni del presente articolo, è approvato dal CIPE.
(...)
7.      L’approvazione determina, ove necessario ai sensi delle vigenti norme, l’accertamento della compatibilità ambientale dell’opera e perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l’intesa Stato – regione sulla sua localizzazione, comportando l’automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti e adottati; (...)».
10      L’articolo 166 di tale decreto legislativo, rubricato «Progetto definitivo. Pubblica utilità dell’opera», ai commi 1 e 5 enuncia quanto segue:
«1.      Il progetto definitivo delle infrastrutture è integrato da una relazione del progettista attestante la rispondenza al progetto preliminare e alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso con particolare riferimento alla compatibilità ambientale e alla localizzazione dell’opera. È corredato inoltre dalla definizione delle eventuali opere e misure mitigatrici e compensative dell’impatto ambientale, territoriale e sociale.
(...)
5.      L’approvazione del progetto definitivo, adottata con il voto favorevole della maggioranza dei componenti il CIPE, sostituisce ogni altra autorizzazione, approvazione e parere comunque denominato e consente la realizzazione e, per gli insediamenti produttivi strategici, l’esercizio di tutte le opere, prestazioni e attività previste nel progetto approvato. (...)».
11      Ai sensi dell’articolo 183, comma 6, di detto decreto legislativo:
«Il provvedimento di compatibilità ambientale è adottato dal CIPE, contestualmente all’approvazione del progetto preliminare. In caso di motivato dissenso del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio o del Ministro per i beni e le attività culturali, l’adozione del provvedimento di compatibilità ambientale è demandata al Consiglio dei Ministri, che vi provvede nella prima riunione utile successiva. Sul progetto definitivo si procede alla verifica di ottemperanza ai sensi dell’articolo 185, comma 4».
12      L’articolo 185, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 163/06 prevede quanto segue:
«4.      La commissione [preposta alla valutazione di impatto ambientale]:
a)      comunica [al] Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, entro trenta giorni dalla data di presentazione del progetto definitivo da parte del soggetto proponente, eventuali difformità tra questo e il progetto preliminare;
b)      esprime al predetto Ministero, entro sessanta giorni da tale presentazione, il proprio parere sulla ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del provvedimento di compatibilità ambientale e sull’esatto adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di cui al decreto di compatibilità ambientale.
5.      Qualora il progetto definitivo sia diverso da quello preliminare, la commissione [preposta alla valutazione di impatto ambientale] riferisce al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio il quale, ove ritenga, previa valutazione della commissione stessa, che la differenza tra il progetto preliminare e quello definitivo comporti una significativa modificazione dell’impatto globale del progetto sull’ambiente, dispone, nei trenta giorni dalla comunicazione fatta dal soggetto aggiudicatore, concessionario o contraente generale, l’aggiornamento dello studio di impatto ambientale e la nuova pubblicazione dello stesso, anche ai fini dell’eventuale invio di osservazioni da parte dei soggetti pubblici e privati interessati.
L’aggiornamento dello studio di impatto ambientale può riguardare la sola parte di progetto interessato alla variazione. In caso di mancato adempimento dei contenuti e delle prescrizioni di cui al provvedimento di compatibilità ambientale, il citato Ministro, previa diffida a regolarizzare, fa dare notizia dell’inottemperanza in sede di Conferenza di servizi, al fine dell’eventuale rinnovo dell’istruttoria».
 Decreto del presidente della Repubblica dell’8 settembre 1997, n. 357
13      La direttiva «habitat» è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano dal decreto del presidente della Repubblica dell’8 settembre 1997, n. 357 – Regolamento recante attuazione della direttiva [92/43] (supplemento ordinario alla GURI n. 248, del 23 ottobre 1997).
14      L’articolo 5 di detto decreto, intitolato «Valutazione di incidenza», così dispone:
«1.      Nella pianificazione e programmazione territoriale si deve tenere conto della valenza naturalistico-ambientale dei proposti siti di importanza comunitaria, dei siti di importanza comunitaria e delle zone speciali di conservazione.
2.      I proponenti di piani territoriali, urbanistici e di settore (...) predispongono (...) uno studio per individuare e valutare gli effetti che il piano può avere sul sito, tenuto conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Gli atti di pianificazione territoriale da sottoporre alla valutazione di incidenza sono presentati, nel caso di piani di rilevanza nazionale, al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e, nel caso di piani di rilevanza regionale, interregionale, provinciale e comunale, alle regioni e alle province autonome competenti.
3.      I proponenti di interventi non direttamente connessi e necessari al mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente delle specie e degli habitat presenti nel sito, ma che possono avere incidenze significative sul sito stesso, singolarmente o congiuntamente ad altri interventi, presentano, ai fini della valutazione di incidenza, uno studio volto ad individuare e valutare, secondo gli indirizzi espressi nell’allegato G, i principali effetti che detti interventi possono avere sul proposto sito di importanza comunitaria, sul sito di importanza comunitaria o sulla zona speciale di conservazione, tenuto conto degli obiettivi di conservazione dei medesimi.
4.      Per i progetti assoggettati a procedura di valutazione di impatto ambientale (...) che interessano proposti siti di importanza comunitaria, siti di importanza comunitaria e zone speciali di conservazione, come definiti dal presente regolamento, la valutazione di incidenza è ricompresa nell’ambito della predetta procedura che, in tal caso, considera anche gli effetti diretti ed indiretti dei progetti sugli habitat e sulle specie per i quali detti siti e zone sono stati individuati. A tale fine lo studio di impatto ambientale predisposto dal proponente deve contenere gli elementi relativi alla compatibilità del progetto con le finalità conservative previste dal presente regolamento (...).
(...)
8.      L’autorità competente al rilascio dell’approvazione definitiva del piano o dell’intervento acquisisce preventivamente la valutazione di incidenza, eventualmente individuando modalità di consultazione del pubblico interessato dalla realizzazione degli stessi.
9.      Qualora, nonostante le conclusioni negative della valutazione di incidenza sul sito ed in mancanza di soluzioni alternative possibili, il piano o l’intervento debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale ed economica, le amministrazioni competenti adottano ogni misura compensativa necessaria per garantire la coerenza globale della rete “Natura 2000” e ne danno comunicazione al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio per le finalità di cui all’articolo 13.
10.      Qualora nei siti ricadano tipi di habitat naturali e specie prioritari, il piano o l’intervento di cui sia stata valutata l’incidenza negativa sul sito di importanza comunitaria, può essere realizzato soltanto con riferimento ad esigenze connesse alla salute dell’uomo e alla sicurezza pubblica o ad esigenze di primaria importanza per l’ambiente, ovvero, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».
15      L’articolo 6 di detto decreto, intitolato «Zone di protezione speciale», così dispone:
«1.      La rete “Natura 2000” comprende le Zone di protezione speciale previste dalla direttiva [79/409] (...).
2.      Gli obblighi derivanti dagli articoli 4 e 5 si applicano anche alle zone di protezione speciale di cui al comma 1».
 Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2016
16      Il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2016 (GURI n. 301, del 27 dicembre 2016) – Designazione di una zona speciale di conservazione (ZSC) della regione biogeografica alpina, di una ZSC della regione biogeografica continentale e di 140 ZSC della regione biogeografica mediterranea insistenti nel territorio della Regione Lazio, ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica dell’8 settembre 1997, n. 357, al suo articolo 1, comma 3, designa tra le altre come zona speciale di conservazione la zona denominata «Fiume Mignone (basso corso)».
 Procedimento principale e questioni pregiudiziali
17      La controversia principale verte sull’approvazione del progetto preliminare di lavori di realizzazione di una tratta della strada statale n. 675, tratta lunga circa 18 km e che collega Monte Romano Est a Tarquinia Sud nel Lazio. Tali lavori sono destinati a facilitare, in Italia, il collegamento tra, da un lato, il porto di Civitavecchia e l’autostrada A1 Milan-Napoli, e, dall’altro, il nodo intermodale di Orte, l’area industriale di Terni e l’itinerario Ancona‑Perugia.
18      Nel corso del 2004, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare ha espresso parere favorevole alla realizzazione di tale tratta secondo un tracciato cosiddetto «viola». Il CIPE ha approvato questo primo progetto con delibera n. 11/2011.
19      Tuttavia, nel corso del 2015, l’ANAS, incaricata della realizzazione dei lavori, ha depositato un progetto alternativo, detto «tracciato verde», a causa dei costi elevati del «tracciato viola».
20      La commissione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare preposta alla valutazione di impatto ambientale ha espresso parere negativo su tale nuovo progetto, precisando che i costi economici del «tracciato viola» potevano essere ridotti suddividendo tale tracciato in due tratte. Tale parere negativo era motivato dal fatto che il progetto di «tracciato verde» non conteneva uno studio approfondito della sua incidenza ambientale e avrebbe interessato un sito di importanza comunitaria incluso nella rete Natura 2000, vale a dire la zona «Fiume Mignone (basso corso)».
21      Tenuto conto di tale parere negativo, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Italia) ha chiesto alla presidenza del Consiglio dei ministri di attivare la procedura di cui all’articolo 183, comma 6, del decreto legislativo n. 163/2006. La presidenza del Consiglio dei ministri ha chiesto al Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare di valutare le possibilità di limitare l’incidenza ambientale del «tracciato verde» mediante misure di mitigazione e di compensazione. La commissione di tale ministero preposta alla valutazione di impatto ambientale ha emesso un nuovo parere negativo su tale tracciato, evidenziando che non era possibile mitigarne gli effetti nocivi mediante prescrizioni o altre misure, e ha ritenuto che il «tracciato viola» fosse preferibile sotto ogni aspetto.
22      Con delibera del 1° dicembre 2017, il Consiglio dei ministri ha nondimeno adottato un provvedimento di compatibilità ambientale del progetto preliminare corrispondente al «tracciato verde», motivando la sua decisione con ragioni di rilevante interesse pubblico, vale a dire il completamento di un itinerario strategico rientrante nella rete transeuropea dei trasporti TEN-T. Esso ha tuttavia prescritto che, in sede di redazione del progetto definitivo, il soggetto proponente completasse lo studio di incidenza ambientale del tracciato in questione e rispettasse le prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale formulate dalla conferenza di servizi indetta dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
23      Il 28 febbraio 2018 il CIPE ha approvato, con prescrizioni, il progetto preliminare corrispondente al «tracciato verde». Il CIPE ha chiesto all’ANAS di redigere il progetto definitivo e lo studio di incidenza ambientale e ha incaricato la Regione Lazio di verificare tale studio al fine, in particolare, di individuare le eventuali ulteriori misure di mitigazione e di compensazione necessarie.
24      Diverse associazioni ambientaliste e vari soggetti privati hanno proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) avverso la delibera del Consiglio dei ministri del 1° dicembre 2017 e la delibera del CIPE del 28 febbraio 2018.
25      Tale giudice ritiene che l’amministrazione abbia fatto prevalere l’interesse economico e il completamento di un itinerario stradale facente parte della rete transeuropea dei trasporti TEN-T sulla tutela dell’ambiente, e abbia rinviato alla fase del progetto definitivo la ricerca di soluzioni adeguate per la tutela del sito di importanza comunitaria in questione mediante misure di compensazione e di mitigazione, sebbene la possibilità di queste ultime per il tracciato «verde» fosse stata esclusa dalla commissione del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare preposta alla valutazione di impatto ambientale. Esso rileva che la stessa amministrazione ammette di aver adottato un approccio integrato valutando congiuntamente gli aspetti ambientali, paesaggistici, culturali e socioeconomici. In tali circostanze, il giudice del rinvio esprime i suoi dubbi sulla conformità al diritto dell’Unione dell’adozione del progetto preliminare di cui trattasi.
26      Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1)      Dica la Corte di Giustizia UE se l’art[icolo] 6 della direttiva [«habitat»], unitamente alla direttiva [2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 2010, L 20, pag. 7)], ove applicabile alla fattispecie, ostano a una normativa interna primaria, e alla sua correlata normativa secondaria di attuazione, come sopra riportate, che consente all’organo di “ultima istanza”, competente ad adottare il provvedimento di compatibilità ambientale del progetto preliminare di un’opera in caso di motivato dissenso del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di provvedere all’approvazione, e quindi assentendo alla prosecuzione del procedimento, invocando la sussistenza di un rilevante interesse pubblico, pur in presenza di affermazione da parte dell’organo statale preposto alla tutela ambientale dell’insussistenza della possibilità di elaborare eventuali prescrizioni e misure di mitigazione per la variante progettuale in approvazione, per la quale era stato espresso già parere negativo di [valutazione di impatto ambientale];
2)      Dica la Corte se le suddette direttive ostano a una soluzione come quella adottata che, al fine di approvare il progetto preliminare di un’opera sottoposta a procedimento di [valutazione di impatto ambientale], veda ritenere prevalente su quello ambientale il richiamato “rilevante interesse pubblico”, se ancorato esclusivamente alla maggior economicità dell’opera, alla sua conformità alla tutela anche paesaggistica, storica, culturale e socio-economica e alla necessità di completare una rete stradale transeuropea, nel caso di specie quella TEN-[T] definita “Comprehensive”, come da Regolamento (UE) n. 1315/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2013, pur in presenza di una soluzione alternativa esistente e già approvata sotto il profilo ambientale;
3)      Dica la Corte se è compatibile con le su richiamate normative [dell’Unione] una soluzione come quella adottata che ha ritenuto praticabile rimandare alla sede del progetto definitivo ulteriori approfondimenti e studi sulla rilevanza ambientale del tracciato stradale non approvato in sede di [valutazione di impatto ambientale] – tra cui la [valutazione di incidenza ambientale] – invece di rimandare al proponente ulteriori approfondimenti e studi per mitigare gli impatti economici e paesaggistici sul tracciato alternativo invece già approvato sotto il profilo ambientale;
4)      Dica la Corte se, in presenza di tali presupposti e in caso di soluzione affermativa sulla compatibilità [con il diritto dell’Unione] della prima, seconda e terza questione, le suddette direttive ostano a una soluzione come quella adottata, che non ritiene vincolante in senso negativo il parere di incompatibilità ambientale pronunciato dall’organo competente nel corso del procedimento di approvazione del progetto preliminare di un’opera, demandando al progetto definitivo di svolgere più approfondite valutazioni sull’impatto derivante sulle componenti paesaggistiche e ambientali del territorio, con specifico riferimento alla valutazione di incidenza ambientale ed alla conseguente previsione di adeguate misure di compensazione e mitigazione degli impatti;
5)      Dica la Corte se le suddette direttive ostano a una soluzione come quella adottata ove al soggetto proponente l’intervento è demandato in sede di redazione del progetto definitivo dell’opera di recepire le prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale dettate nel corso della conferenza di servizi svolta con riferimento al progetto preliminare, pur se in riferimento a questo l’organo preposto alla tutela ambientale ha rilevato l’insussistenza della possibilità di elaborare eventuali prescrizioni e misure di mitigazione per la variante progettuale in approvazione;
6)      Dica la Corte se le suddette direttive ostano a una soluzione come quella adottata ove al soggetto proponente è stato altresì demandato di sviluppare lo studio d’incidenza ambientale dell’opera, comprensivo della cosiddetta “valutazione appropriata”, compiutamente redatto secondo le prescrizioni di legge vigenti, sulla cui base effettuare la valutazione d’incidenza in questione;
7)      Dica la Corte se le suddette direttive ostano a una soluzione come quella adottata, ove è stato individuato un soggetto terzo (la Regione Lazio), diverso da quello ordinariamente preposto (la Commissione [per la valutazione impatto ambientale e la valutazione ambientale strategica] del [Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare]), per verificare lo studio d’incidenza ambientale allegato al progetto definitivo dell’opera, anche al fine di individuare le eventuali ulteriori misure di mitigazione e compensazione necessarie per la tutela e la salvaguardia delle componenti ambientali e paesaggistiche del territorio interessato, lasciando alla [suddetta] Commissione (...), ai sensi e per gli effetti previsti dall’articolo 185, commi 4 e 5, del d. lgs. n. 163/06, solo di esprimere a posteriori il proprio parere sull’ottemperanza del progetto definitivo dell’opera stradale in argomento alle prescrizioni di carattere paesaggistico e ambientale, previa acquisizione della verifica suddetta».
 Sulle questioni pregiudiziali
 Sulle questioni prima e seconda
27      Con la prima e la seconda questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6 della direttiva «habitat», in combinato disposto con la direttiva 2009/147, ove quest’ultima sia applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente la prosecuzione, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, della procedura di autorizzazione di un piano o di un progetto la cui incidenza su una zona speciale di conservazione non possa essere mitigata e sul quale l’autorità pubblica competente abbia già espresso parere negativo, laddove esista una soluzione alternativa già approvata dal punto di vista ambientale.
28      Secondo la definizione di cui all’articolo 1, lettera l), della direttiva «habitat», una zona speciale di conservazione è un «sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato».
29      L’articolo 6 di tale direttiva prevede misure destinate alla tutela delle zone speciali di conservazione. Il suo paragrafo 3, in particolare, definisce le condizioni alle quali può essere autorizzato un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma che possa avere incidenze significative su tale sito.
30      Il decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare del 6 dicembre 2016 ha designato come zona speciale di conservazione la zona denominata «Fiume Mignone (basso corso)». Inoltre, dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che il progetto di tratta stradale discusso nel procedimento principale può avere incidenze significative su tale zona. Di conseguenza, detto progetto rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 6 della direttiva «habitat».
31      La direttiva 2009/147 non è invece applicabile a una controversia come quella di cui al procedimento principale. È vero che i ricorrenti nel procedimento principale fanno valere la presenza, nella zona attraversata da detto progetto, del falco grillaio, che figura all’allegato I di tale direttiva ed è oggetto, a tale titolo, di misure di protezione speciale. Tuttavia, l’articolo 7 della direttiva «habitat» prevede che gli obblighi derivanti dall’articolo 6 di tale direttiva sostituiscano gli obblighi derivanti dall’iscrizione di una specie nell’elenco delle specie protette ai sensi della direttiva 79/409, che è stata codificata e integrata dalla direttiva 2009/147, a decorrere dalla data di classificazione a norma della direttiva 79/409, qualora quest’ultima data sia successiva alla data di entrata in vigore della direttiva «habitat» [v., in tal senso, sentenze del 13 giugno 2002, Commissione/Irlanda, C‑117/00, EU:C:2002:366, punto 25, e del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 109]. Occorre quindi interpretare unicamente le disposizioni della direttiva «habitat».
32      L’articolo 6, paragrafo 2, di tale direttiva pone a carico degli Stati membri un obbligo generale di adottare misure al fine di evitare, nelle zone speciali di conservazione, il degrado degli habitat e le perturbazioni significative delle specie per cui tali zone sono state designate (sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 32, nonché del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C‑304/05, EU:C:2007:532, punto 92). Tale obbligo contribuisce al progetto di creazione di una rete ecologica europea coerente, enunciato al settimo considerando di detta direttiva (sentenza del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C‑304/05, EU:C:2007:532, punto 93).
33      L’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» prevede una procedura, applicabile alle zone speciali di conservazione, volta a garantire, mediante un controllo preventivo, che un piano o un progetto non direttamente connesso o necessario alla gestione del sito interessato, ma idoneo ad avere incidenze significative sullo stesso, sia autorizzato solo se non pregiudicherà l’integrità di tale sito (sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, C‑127/02, EU:C:2004:482, punto 34; del 26 ottobre 2006, Commissione/Portogallo, C‑239/04, EU:C:2006:665, punto 19, nonché del 21 luglio 2016, Orleans e a., C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 43).
34      Detta disposizione distingue quindi due fasi. La prima richiede che gli Stati membri effettuino un’opportuna valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su un sito protetto quando sussiste la possibilità che tale piano o progetto abbia incidenze significative su detto sito. La seconda fase, che interviene in seguito alla suddetta opportuna valutazione, subordina l’autorizzazione di tale piano o progetto alla condizione che lo stesso non pregiudichi l’integrità del sito interessato (sentenze dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punti 29 e 31, e del 7 novembre 2018, Holohan e a., C‑461/17, EU:C:2018:883, punto 31).
35      L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» prevede che qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza effettuata in conformità all’articolo 6, paragrafo 3, prima frase, di tale direttiva, un piano o progetto debba essere comunque realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e in mancanza di soluzioni alternative, lo Stato membro adotti ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata (sentenza del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C‑304/05, EU:C:2007:532, punto 81).
36      L’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», in quanto disposizione derogatoria rispetto al criterio di autorizzazione enunciato a detto articolo, paragrafo 3, seconda frase, dev’essere interpretato restrittivamente [sentenze del 20 settembre 2007, Commissione/Italia, C‑304/05, EU:C:2007:532, punto 82, e del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia (Foresta di Białowieża), C‑441/17, EU:C:2018:255, punto 189].
37      Pertanto, dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» risulta che le autorità nazionali competenti devono, in linea di principio, rifiutare di dare il loro accordo su un piano o un progetto che rischi di pregiudicare l’integrità del sito interessato. Nonostante la sua incidenza negativa su tale sito, detto piano o progetto può tuttavia essere realizzato, in via derogatoria, alle condizioni previste all’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva, se la sua realizzazione è necessaria per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.
38      In tal caso, dall’obiettivo di conservazione delle zone speciali sotteso all’articolo 6 della direttiva «habitat» discende che i pregiudizi all’integrità del sito interessato devono essere il più possibile ridotti. Tuttavia, alla luce del suo tenore letterale, l’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva non subordina la possibilità di far prevalere motivi imperativi di rilevante interesse pubblico sulla protezione di una zona speciale di conservazione alla condizione che i pregiudizi all’integrità di tale zona possano essere sufficientemente mitigati. Detta disposizione ha così inteso prevedere che, in circostanze eccezionali, l’obiettivo di conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nelle zone speciali di conservazione possa cedere dinanzi ad altre considerazioni di interesse pubblico particolarmente pressanti, a condizione tuttavia che lo Stato membro interessato adotti le misure compensative necessarie al fine di preservare la coerenza globale della rete ecologica europea Natura 2000.
39      Il giudice del rinvio indica che, per quanto riguarda il «tracciato verde», i motivi imperativi di rilevante interesse pubblico invocati si basano sul minor costo dell’opera, sulla sua conformità alla protezione degli elementi paesaggistici, storici, culturali e socioeconomici nonché sulla necessità di completare una rete stradale transeuropea.
40      A tale riguardo, occorre rilevare che l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat» impone che i pregiudizi all’integrità di una zona speciale di conservazione, pur se giustificati, siano autorizzati solo se sono realmente inevitabili, vale a dire in mancanza di soluzioni alternative.
41      Per quanto riguarda il costo economico delle misure che possono essere prese in considerazione nell’ambito dell’esame delle alternative, alla luce dell’interpretazione restrittiva dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», come rammentata al punto 34 della presente sentenza, non può ammettersi che il mero costo economico di tali misure possa essere determinante ai fini della scelta delle soluzioni alternative ai sensi della suddetta disposizione (sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a., C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 77).
42      Nel caso di specie, dagli elementi comunicati alla Corte risulta che esiste una variante del progetto discusso nel procedimento principale, designata come «tracciato viola», che nel 2004 ha ottenuto un parere favorevole del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare.
43      Spetta al giudice del rinvio verificare se, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», il «tracciato viola» debba essere considerato una soluzione alternativa che presenta inconvenienti per l’integrità della zona speciale di conservazione denominata «Fiume Mignone (basso corso)» minori rispetto al «tracciato verde».
44      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima e alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6 della direttiva «habitat» dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che consente la prosecuzione, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, della procedura di autorizzazione di un piano o di un progetto la cui incidenza su una zona speciale di conservazione non possa essere mitigata e sul quale l’autorità pubblica competente abbia già espresso parere negativo, a meno che non esista una soluzione alternativa che comporta minori inconvenienti per l’integrità della zona interessata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
 Sulle questioni terza e quarta
45      Con le sue questioni terza e quarta, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, qualora un piano o un progetto abbia formato oggetto, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», di una valutazione negativa quanto alla sua incidenza su una zona speciale di conservazione e lo Stato membro interessato abbia comunque deciso, ai sensi del paragrafo 4 di detto articolo, di realizzarlo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, l’articolo 6 di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di rinviare alla fase del piano o del progetto definitivo lo svolgimento di ulteriori esami e studi più approfonditi sugli effetti di detto piano o di detto progetto su tale zona e la definizione delle adeguate misure di compensazione e mitigazione.
46      La terza e la quarta questione contengono in realtà tre interrogativi distinti.
47      In primo luogo, il giudice del rinvio, con tali questioni, chiede se l’articolo 6 della direttiva «habitat» debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di rinviare alla fase del piano o del progetto definitivo lo svolgimento di ulteriori esami e studi più approfonditi sugli effetti del piano o del progetto in questione su una zona speciale di conservazione, qualora il piano o il progetto preliminare non sia stato approvato nell’ambito della valutazione dell’incidenza su tale zona.
48      In forza dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», l’autorità nazionale competente deve rifiutare di autorizzare il piano o il progetto considerato quando sussiste un’incertezza circa l’assenza di effetti pregiudizievoli per l’integrità del sito interessato. Integrando il principio di precauzione, tale disposizione consente di prevenire efficacemente i pregiudizi all’integrità dei siti protetti dovuti ai piani o progetti previsti. Un criterio di autorizzazione meno rigoroso non può garantire in modo altrettanto efficace la realizzazione dell’obiettivo di protezione dei siti cui è volta detta disposizione (sentenze del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, C‑127/02, EU:C:2004:482, punti 57 e 58; dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 41, nonché del 21 luglio 2016, Orleans e a., C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 53).
49      La valutazione effettuata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» non può pertanto comportare lacune e deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto in questione (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 44, nonché del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 27).
50      Ne consegue che la valutazione prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» non può essere validamente proseguita sulla base di esami e studi realizzati successivamente. Pertanto, qualora si ritenga necessario completarla o approfondirla, una valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su una zona speciale di conservazione non può essere considerata la valutazione prevista da tale disposizione.
51      Nel caso di specie, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che l’autorità competente ha espressamente indicato di voler fare applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat». Orbene, in quanto disposizione derogatoria rispetto al criterio di autorizzazione previsto all’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva, l’articolo 6, paragrafo 4, della medesima può trovare applicazione solo dopo che gli effetti di un piano o di un progetto siano stati analizzati conformemente alle disposizioni di detto articolo 6, paragrafo 3 (sentenza del 21 luglio 2016, Orleans e a., C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 60).
52      La conoscenza di tale incidenza, con riferimento agli obiettivi di conservazione relativi al sito in questione, costituisce infatti un presupposto imprescindibile ai fini dell’applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», dato che, in assenza di tali elementi, le condizioni di applicazione di tale disposizione derogatoria non potrebbero essere valutate. L’esame di eventuali motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e quello dell’esistenza di alternative meno dannose per l’ambiente richiedono, infatti, un giudizio di bilanciamento rispetto ai danni che il piano o il progetto in questione cagiona a detto sito (sentenza del 21 luglio 2016, Orleans e a., C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 61 e giurisprudenza ivi citata).
53      Ne consegue che, attuando le disposizioni dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», l’autorità competente nella controversia principale ha necessariamente ritenuto che la già realizzata valutazione negativa dell’incidenza sulla zona speciale di conservazione interessata del progetto discusso nel procedimento principale fosse quella prevista all’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva. Tale valutazione non poteva quindi essere completata, come esposto al punto 48 della presente sentenza.
54      In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede altresì, con la terza e la quarta questione, se l’articolo 6 della direttiva «habitat» debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di rinviare alla fase del piano o del progetto definitivo la definizione delle misure di mitigazione, qualora il piano o progetto in questione non sia stato approvato nell’ambito della valutazione dell’incidenza su una zona speciale di conservazione.
55      In via preliminare, occorre rilevare che il testo dell’articolo 6 della direttiva «habitat» non contiene alcun riferimento a una qualsivoglia nozione di «misura di mitigazione» (sentenza del 21 luglio 2016, Orleans e a., C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 57).
56      Se, con tale espressione, ci si riferisce a misure di protezione intese a evitare o a ridurre l’incidenza negativa di un piano o progetto sul sito in questione, la necessità, richiamata al punto 49 della presente sentenza, che la valutazione di un piano o di un progetto prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» contenga rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi obbliga a che tali misure siano valutate contemporaneamente al piano o al progetto stesso e a che, pertanto, dette misure siano integrate in detto piano o progetto (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2016, Orleans e a., C‑387/15 e C‑388/15, EU:C:2016:583, punto 54). Esse non possono quindi modificare il piano o il progetto di cui trattasi successivamente a tale valutazione. Ammettere, dopo la valutazione della sua incidenza sul sito interessato, la modifica di detto piano o progetto mediante misure di mitigazione equivarrebbe, infatti, a rinunciare a valutare l’impatto su tale sito delle misure stesse nonché quello del piano o del progetto definitivo, in violazione degli obiettivi dell’articolo 6 della suddetta direttiva.
57      Di conseguenza, tale articolo osta a una normativa che consente di rinviare la definizione delle misure di attenuazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su una zona speciale di conservazione a una fase successiva all’opportuna valutazione dell’incidenza ai sensi del suo paragrafo 3.
58      In terzo luogo, il giudice del rinvio chiede altresì, con la terza e la quarta questione, se l’articolo 6 della direttiva «habitat» debba essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che consente di rinviare alla fase del piano o del progetto definitivo la definizione delle misure di compensazione, qualora il piano o progetto in questione non sia stato approvato nell’ambito della valutazione dell’incidenza su una zona speciale di conservazione.
59      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva «habitat», le misure compensative necessarie per assicurare la coerenza globale di Natura 2000 sono adottate dallo Stato membro interessato se, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito interessato e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico.
60      Pertanto, le misure compensative sono determinate, se del caso, a seguito dell’opportuna valutazione dell’incidenza prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat».
61      Infatti, come ricordato ai punti 51 e 52 della presente sentenza, l’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva può applicarsi solo dopo che l’incidenza di un piano o di un progetto sia stata analizzata conformemente alle disposizioni del paragrafo 3 di tale articolo.
62      Inoltre, la natura stessa delle misure compensative giustifica che esse siano definite dopo l’opportuna valutazione dell’incidenza negativa di un piano o progetto sul sito interessato. A tale riguardo, queste misure mirano a produrre effetti su un altro livello, in particolare dopo la realizzazione del piano o progetto di cui trattasi, al fine di garantire o di ripristinare la coerenza complessiva della rete ecologica europea Natura 2000, tenuto conto degli inevitabili danni causati da tale piano o progetto all’integrità della zona speciale di conservazione di cui trattasi.
63      Occorre quindi definire le misure compensative necessarie dopo la valutazione prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», ove si intenda realizzare il piano o il progetto di cui trattasi nonostante il suo impatto negativo sulla zona speciale di conservazione interessata e ove siano soddisfatte le altre condizioni di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva.
64      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla terza e alla quarta questione dichiarando che, qualora un piano o un progetto abbia formato oggetto, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», di una valutazione negativa quanto alla sua incidenza su una zona speciale di conservazione e lo Stato membro interessato abbia comunque deciso, ai sensi del paragrafo 4 di detto articolo, di realizzarlo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, l’articolo 6 di tale direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale consente che detto piano o progetto, dopo la sua valutazione negativa ai sensi del paragrafo 3 di detto articolo e prima della sua adozione definitiva in applicazione del paragrafo 4 del medesimo, sia completato con misure di mitigazione della sua incidenza su tale zona e che la valutazione di detta incidenza venga proseguita. L’articolo 6 della direttiva «habitat» non osta invece, nella stessa ipotesi, a una normativa che consente di definire le misure di compensazione nell’ambito della medesima decisione, purché siano soddisfatte anche le altre condizioni di attuazione dell’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva.
 Sulle questioni quinta e sesta
65      Con la quinta e la sesta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva «habitat» debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che prevede che il soggetto proponente effettui uno studio dell’incidenza del piano o del progetto in questione sulla zona speciale di conservazione interessata e recepisca, nel piano o nel progetto definitivo, prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale, dopo che esso abbia formato oggetto di una valutazione negativa da parte dell’autorità competente.
66      In primo luogo, occorre rilevare che né la direttiva «habitat» né la giurisprudenza della Corte ostano a che al soggetto proponente sia demandato di produrre, a sostegno della domanda di autorizzazione del suo piano o del suo progetto, uno studio dell’incidenza di quest’ultimo sulla zona speciale di conservazione interessata, sulla base del quale l’autorità competente procede alla valutazione dell’incidenza di tale piano o progetto su detta zona, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva in parola.
67      In secondo luogo, dal tenore letterale dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat» risulta che tale valutazione spetta non al soggetto proponente, bensì all’autorità competente, ossia all’autorità pubblica che gli Stati membri designano per assolvere i compiti derivanti da tale direttiva (sentenza del 7 novembre 2018, Holohan e a., C‑461/17, EU:C:2018:883, punto 44).
68      In terzo luogo, come è stato esposto al punto 56 della presente sentenza, un piano o un progetto non può essere modificato dopo la valutazione della sua incidenza sulla zona speciale di conservazione interessata, salvo rimettere in discussione il carattere completo e definitivo di tale valutazione e la garanzia che essa rappresenta per la conservazione di tale zona. Al soggetto proponente non può quindi essere demandato di recepire prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni nel piano o nel progetto di cui trattasi qualora quest’ultimo abbia già formato oggetto di una valutazione negativa da parte dell’autorità competente, a meno che il piano o il progetto così modificato non costituisca oggetto di una nuova valutazione da parte di tale autorità.
69      In quarto luogo, le modifiche che non è possibile apportare a un piano o a un progetto dopo la valutazione della sua incidenza su una zona speciale di conservazione sono soltanto quelle che possono avere un impatto significativo su tale zona. Per contro, i parametri per i quali non vi è alcun dubbio scientifico sul fatto che i loro effetti non potranno pregiudicare il sito possono essere lasciati interamente alla decisione successiva del soggetto proponente (sentenza del 7 novembre 2018, Holohan e a., C‑461/17, EU:C:2018:883, punto 46).
70      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta e alla sesta questione dichiarando che la direttiva «habitat» dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che prevede che il soggetto proponente realizzi uno studio dell’incidenza del piano o del progetto di cui trattasi sulla zona speciale di conservazione interessata, sulla base del quale l’autorità competente procede alla valutazione di tale incidenza. Tale direttiva osta invece a una normativa nazionale che consente di demandare al soggetto proponente di recepire, nel piano o nel progetto definitivo, prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale dopo che quest’ultimo abbia formato oggetto di una valutazione negativa da parte dell’autorità competente, senza che il piano o il progetto così modificato debba costituire oggetto di una nuova valutazione da parte di tale autorità.
 Sulla settima questione
71      Con la sua settima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva «habitat» debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale la quale consente che sia designata un’autorità diversa da quella preposta alla valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto su una zona speciale di conservazione per verificare lo studio dell’incidenza su tale zona che deve essere allegato al piano o al progetto definitivo.
72      In primo luogo, la direttiva «habitat», non contenendo alcuna indicazione sull’autorità competente a valutare l’incidenza sulle zone speciali di conservazione dei piani o dei progetti idonei a pregiudicare in modo significativo tali zone, dev’essere interpretata nel senso che essa affida agli Stati membri il compito di designare tale autorità.
73      In secondo luogo, come ricordato al punto 49 della presente sentenza, la valutazione dell’incidenza di un piano o di un progetto sulla zona speciale di conservazione interessata, prevista all’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva «habitat», deve contenere rilievi e conclusioni completi, precisi e definitivi atti a dissipare qualsiasi ragionevole dubbio scientifico in merito agli effetti dei lavori previsti sul sito protetto di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze dell’11 aprile 2013, Sweetman e a., C‑258/11, EU:C:2013:220, punto 44, nonché del 15 maggio 2014, Briels e a., C‑521/12, EU:C:2014:330, punto 27). Per questo motivo, quando tale valutazione sia stata realizzata, come avvenuto nel caso di specie e come indicato ai punti da 51 a 53 della presente sentenza, essa non può essere proseguita o completata né dall’autorità che l’ha effettuata né da un’altra autorità.
74      Occorre quindi rispondere alla settima questione dichiarando che la direttiva «habitat» dev’essere interpretata nel senso che essa, pur lasciando agli Stati membri il compito di designare l’autorità competente a valutare l’incidenza di un piano o di un progetto su una zona speciale di conservazione nel rispetto dei criteri enunciati dalla giurisprudenza della Corte, osta invece a che una qualsivoglia autorità prosegua o completi tale valutazione, una volta che quest’ultima sia stata realizzata.
 Sulle spese
75      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:
1)      L’articolo 6 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale che consente la prosecuzione, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, della procedura di autorizzazione di un piano o di un progetto la cui incidenza su una zona speciale di conservazione non possa essere mitigata e sul quale l’autorità pubblica competente abbia già espresso parere negativo, a meno che non esista una soluzione alternativa che comporta minori inconvenienti per l’integrità della zona interessata, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.
2)      Qualora un piano o un progetto abbia formato oggetto, in applicazione dell’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 92/43, di una valutazione negativa quanto alla sua incidenza su una zona speciale di conservazione e lo Stato membro interessato abbia comunque deciso, ai sensi del paragrafo 4 di detto articolo, di realizzarlo per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, l’articolo 6 di tale direttiva dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale consente che detto piano o progetto, dopo la sua valutazione negativa ai sensi del paragrafo 3 di detto articolo e prima della sua adozione definitiva in applicazione del paragrafo 4 del medesimo, sia completato con misure di mitigazione della sua incidenza su tale zona e che la valutazione di detta incidenza venga proseguita. L’articolo 6 della direttiva 92/43 non osta invece, nella stessa ipotesi, a una normativa che consente di definire le misure di compensazione nell’ambito della medesima decisione, purché siano soddisfatte anche le altre condizioni di attuazione dell’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva.
3)      La direttiva 92/43 dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che prevede che il soggetto proponente realizzi uno studio dell’incidenza del piano o del progetto di cui trattasi sulla zona speciale di conservazione interessata, sulla base del quale l’autorità competente procede alla valutazione di tale incidenza. Tale direttiva osta invece a una normativa nazionale che consente di demandare al soggetto proponente di recepire, nel piano o nel progetto definitivo, prescrizioni, osservazioni e raccomandazioni di carattere paesaggistico e ambientale dopo che quest’ultimo abbia formato oggetto di una valutazione negativa da parte dell’autorità competente, senza che il piano o il progetto così modificato debba costituire oggetto di una nuova valutazione da parte di tale autorità.
4)      La direttiva 92/43 dev’essere interpretata nel senso che essa, pur lasciando agli Stati membri il compito di designare l’autorità competente a valutare l’incidenza di un piano o di un progetto su una zona speciale di conservazione nel rispetto dei criteri enunciati dalla giurisprudenza della Corte, osta invece a che una qualsivoglia autorità prosegua o completi tale valutazione, una volta che quest’ultima sia stata realizzata.
Firme