TAR Lombardia (MI) Sez. IV sent. 4379 del 16 luglio 2009
Ambiente in genere. Ordinanze contingibili e urgenti

Per quanto riguarda il profilo della contingibilità e dell’urgenza, lo stesso indica l’urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in ordine a situazioni eccezionali di pericolo attuale per la pubblica incolumità; ciò che rileva, ai fini della loro legittimità, è che il Sindaco dia contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad adottare un simile strumento, con la precisazione che la ragioni giustificatrice attiene non tanto all’imprevedibilità dell’evento, quanto piuttosto all’impossibilità di adottare tempestivamente i normali rimedi offerti dall’ordinamento. Di conseguenza – cfr. sempre la citata pronuncia – sono consentiti tali provvedimenti anche quando un’apposita disciplina regola in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo. L’ordinanza può essere adottata anche a fronte di sole situazioni di pericolo, allo scopo di evitare la produzione di un danno per la salute pubblica, senza che si debba attendere che si sia verificato il danno medesimo.
N. 04379/2009 REG.SEN.

N. 01367/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 1367 del 2007 e successivi motivi aggiunti, proposti da:
Edison S.p.A., rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Invernizzi ed Antonio Clerici, con domicilio eletto presso Roberto Invernizzi in Milano 6292af, via Monti 41;

contro

Comune di Melegnano, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Borasi, con domicilio eletto presso Francesco Borasi in Milano 4066af, via Visconti di Modrone 6;
Regione Lombardia, rappresentata e difesa dall'avv. Marco Cederle, domiciliata presso l’Avvocatura Regionale in Milano 4684af, via Fabio Filzi 22;
Provincia di Milano, rappresentata e difesa dagli avv. Angela Bartolomeo, Elisabetta Baviera, Marialuisa Ferrari, Luciano Fiori, Nadia Marina Gabigliani, Alessandra Zimmitti, domiciliata presso l’Avvocatura Provinciale in Milano, via Vivaio, 1;
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e Mare, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distr.le dello Stato di Milano, domiciliata per legge in Milano, via Freguglia, 1;
Comune di Cerro al Lambro;
Azienda Sanitaria Locale Provincia Milano 2;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente Lombardia - Arpa;
tutti non costituiti in giudizio;

nei confronti di

Altea Costruzione S.r.l., Steas - Societa' Tecnologie Applicative Speciali S.r.l.; non costituite in giudizio.

per l'annullamento

della nota del Comune, TC/IB/ib, 15.3.2007 reg. 0625, prot. 0007710 del 20.3.2007; di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, ivi inclusa la relazione tecnica in data 26 settembre 2006 menzionata dalla predetta nota comunale;

per l'annullamento,

con motivi aggiunti depositati in data 11.07.2007, del verbale della riunione dell’8.11.2006 e della nota regionale 9.11.2006 prot. TI.2006.0032647; delle relazioni provinciali 9.2.2006 e 27.9.2006; del verbale della riunione 27.11.2006 e della nota regionale 11.1.2007 prot. TI.2007.00.00944; del verbale della riunione 20 marzo 2007 e della nota regionale 30.3.2007 prot. TI.2007.0010055; e di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi, ivi inclusa la nota del Comune di Cerro al Lambro 23.4.2007, prot. 3788;

per l'annullamento,

con motivi aggiunti depositati in data 8.8.2007, della nota regionale 8.3.2005 prot. Q1.2005.0007291, del decreto dirigenziale regionale 23.2.2005 n. 2593 e dell’annesso verbale della conferenza di servizi, della nota regionale 8.3.2005 prot. Q1.2005.0007289, del decreto dirigenziale regionale 21.2.2005 n. 2425 e dell’allegato verbale della conferenza di servizi, delle deliberazioni della Giunta comunale di Melegnano 29.3.2005 n. 99 e n. 100, della nota regionale 28.4.2005 prot. Q1.2005.0012202, del decreto regionale 21.4.2005 n. 5978 e dell’allegato verbale di conferenza di servizi del 4.4.2005, del verbale di conferenza di servizi 13.6.2005 e della nota di sua trasmissione 16.6.2005 prot. Q1.2005.0016726 della notra regionale 12.7.2005 prot.. T1.2005.0019492 del verbale di conferenza di servizi tenutasi il 5.7.2005 e della nota regionale di convocazione di questa 14.6.2005 prot. Q1.2005.0016248 , della nota regionale 18.8.2005 prot. T1.2005.00023813, del verbale della riunione tecnica tenutasi presso gli uffici regionali l’11.8.2005, della nota ARPA 21.3.2006 prot. 41445, della nota Arpa 17.4.2007 prot.. 53217 e della nota ARPA 24.4.2007 PROT. 57312; e di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi;

per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,

con motivi aggiunti depositati in data 5.2.2008, delle ordinanze del Sindaco di Melgnano 27.12.2007, reg. 2487, n. 254 e 20.11.2007 n.226, della nota del Comune 22.12.2007; della nota ARPA 22.11.2007 n. 160534; della nota Regione 9.11.2007, prot. T1.2007.0032599; della nota ASL 7.11.2007, prot. 3151-62242; della nota ARPA 24.10.2007, prot. 144259; del verbale 24.10.2007 del Gruoppo d lavoro ex d.d. regionale 22762/03; della nota ASL 30.10.2007, prot. 66276; della nota Regione 25.10.2007, prot. T1.2007.0031412; del verbale 19.10.2007 Gruppo di Lavoro; delle note ARPA 26.10.2007, prot. 146023 e 24.10.2007, prot. 144898; delle note ASL 16.10.2007 prot. 62858-2927, 12.10.2007, prot. 62450, 11.10.2007, prot. 61863, 10.10.2007, prot. 61647/07; della nota ARPA 8.10.2007, prot. 135928; della nota ASL 9.10.2007, prot. 61464/2007; della nota ARPA 25.9.2007, prot.129544; del verbale della riunione presso il Comune 4.10.2007; delle note Asl 24.9.2007, prot. 57763 e prot. 57924, 18.9.2007, prot. 56626, 3.8.2007, prot. 47913, della nota regionale 10.7.2007, prot.. T1.2007.0019745; del verbale Gruppo di Lavoro 19.6.2007; della nota Provincia 4.6.2007, prot. 18249057/00; della relazione provinciale 16.10.2007, prot. 182490/57/00; di tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi e con istanza ex art. 25 comma 5 l. 241/1990 rispetto all’atto richiamato sub doc. 45;

per l’annullamento,

con motivi aggiunti depositati in data 14.6.2008, della nota comunale 3 aprile 2008 di convocazione di un incontro volto a dare attuazione dall’ordinanza 1545/08 emanata dal Consiglio di Stato, oltre agli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi a quelli detti, compreso il verbale dell’incontro in data 16 aprile 2008;

con motivi aggiunti depositati in data 30 giugno 2008, delle note del Comune di Cerro al Lambro 24 aprile 2008 e 29 aprile 2008, della nota del Comune di Melegnano 29 aprile 2008, del parere legale assunto e richiamato dalle resistenti nella motivazione dei propri atti, della nota del Comune di Cerro al Lambro 6 maggio 2008, del provvedimento di approvazione del progetto di intervento, oltre a tutti gli atti presupposti, consequenziali o comunque connessi;

con motivi aggiunti depositati in data 17 luglio 2008, della nota ASL 26 febbraio 2002, delle note ARPA 30 gennaio 2008 e 10 aprile 2008, dell’ordinanza del Comune di Cerro al Lambro 18 ottobre 2007 n. 11;

con motivi aggiunti depositati in data 12 dicembre 2008, della deliberazione di Giunta Comunale 19 giugno 2008 n. 110, del verbale dell’incontro 16 aprile 2008 a essa allegato nel testo definitivo, del verbale della conferenza di servizi 19 giugno 2008, convocata dal Comune di Cerro al Lambro con nota 27 maggio 2008;

con motivi aggiunti depositati in data 11 febbraio 2009, della deliberazione della Giunta Comunale di Melegnano 23 settembre 2008 n. 174, del verbale dell’incontro del 27 novembre 2008 presso gli uffici del Comune di Melegnano cui Edison è stata invitata con nota 5 novembre 2008, pure qui gravata, oltre che di ogni provvedimento presupposto, consequenziale o comunque connesso, ivi inclusi la nota Giunta Regionale, Direzione generale qualità dell’ambiente 17 gennaio 2008, la d. G.R. 29 novembre 2007 n. 14545, la nota Comune di Melegnano 27 dicembre 2007, la risposta eventualmente data nelle more da parte della Regione alla richiesta di contributo, la convenzione fra i Comuni di Melegnano e Cerro al Lambro in data 24 aprile 2008, nonché tutti gli atti che abbiano adottato o approvato la convenzione stessa, il decreto del Sindaco di Melegnano 29 maggio 2008 n. 15, le deliberazioni di GM del Comune di Cerro al Lambro 10 luglio 2008, n. 124 e 18 settembre 2008, n. 155;

con motivi aggiunti depositati in data 6 aprile 2009, delle note del Comune di Melegnano 11 febbraio 2009 e 13 marzo 2009, della nota Regione, Direzione Qualità dell’Ambiente 17 gennaio 2008, del decreto regionale 29 novembre 2007, della nota del Comune di Melegnano 27 dicembre 2007, della nota regionale 27 marzo 2008 e verbale della riunione 16 gennaio 2008 del Gruppo di Lavoro costituito per affrontare le problematiche oggetto del procedimento gravato, della d.C.c. di Melegnano 22 aprile 2008, della convenzione stipulata fra i Comuni resistenti, della nota regionale 15 maggio 2008 e verbale della riunione 16 aprile 2008 del gruppo di lavoro; del decreto del Sindaco di Melegnano 29 maggio 2008 n. 15, della delibera G.c. di Cerro al Lambro 10 luglio 2008 n. 124, delle note regionali 8 settembre 2008, della delibera G.c. di Cerro al Lambro 18 settembre 2008 n. 155, della nota del Comune di Cerro al Lambro 22 settembre 2008, della d.G.c. di Cerro al Lambro 23 settembre 2008, nonché per quanto ignoti per l’annullamento della nota 19 novembre 2007, della deliberazione di giunta comunale 10 giugno 2002 n. 112, del verbale dell’incontro del 6 novembre 2007 presso la Regione Lombardia, della documentazione relativa alle indagini piezometriche svolte su campioni prelevati a San Giuliano Milanese il 23 luglio 2007, del parere derivato dall’incontro tra la Fondazione Castellini e l’ASL, della deliberazione del Consiglio Comunale di Cerro al Lambro 22 aprile 2008 n. 19, della nota del Sindaco del Comune di Cerro al Lambro 8 maggio 2008, del decreto del Sindaco del Comune di Melegnano 5 marzo 2008, del decreto del 25.2.2009 n. 1709, della nota regionale 10 dicembre 2007 n. 35641, della d.g.r. 31 ottobre 2007 n. 5766, della nota regionale 7 marzo 2008 prot. 6820, della nota regionale 15 maggio 2008 prot. 12274, della nota del Comune di Cerro al Lambro 30 maggio 2008 prot. 5106, della deliberazione di giunta comunale di Cerro al Lambro 13 dicembre 2007 n. 206, della nota del Comune di Melegnano 28 luglio 2008 n. 19912.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Melegnano;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Milano;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 02/07/2009 il dott. Giovanni Zucchini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con nota del 15 marzo 2007 reg. n. 625, il Comune di Melegnano segnalava ad Edison Spa l’avvio di un procedimento per l’emanazione di una ordinanza contingibile ed urgente per la realizzazione di interventi di messa in sicurezza di emergenza di suolo ed acque sotterranee per la salvaguardia delle fonti di approvvigionamento idrico ad uso umano.

In particolare, gli interventi di emergenza a tutela della falda acquifera avrebbero riguardato un’area sita nei Comuni di Melegnano e Cerro al Lambro, oggetto di fenomeni di inquinamento, nota come area “ex Industrie Chimiche Saronio”, visto che sulla stessa aveva svolto per lungo tempo la propria attività un’azienda chimica fondata negli anni venti del secolo scorso dal dott. Piero Saronio.

Contro tale comunicazione di avvio del procedimento era proposto il ricorso principale, senza domanda cautelare, nel quale erano denunciati (il ricorso contiene sedici motivi), la violazione della legge 241/1990, dell’art. 50 del D.Lgs. 267/2000, dell’art. 117 del D.Lgs. 112/1998, degli articoli 216 e 217 del RD 1265/1934, oltre che l’eccesso di potere sotto vari profili.

Con un primo atto di motivi aggiunti, depositato in data 11.7.2007, erano impugnati svariati atti posti in essere, oltre che dal Comune di Melegnano, dal Comune di Cerro al Lambro, dalla Regione Lombardia e dalla Provincia di Milano, tutti inerenti in qualche modo al procedimento avviato dal Comune di Cerro al Lambro con la nota 625/2007.

Con un secondo atto di motivi aggiunti, depositato in data 8.8.2007, il gravame era esteso ad un’altra pluralità di atti sempre inerenti al procedimento di cui è causa.

In data 5.2.2008, era depositato un terzo atto di motivi aggiunti, questa volta però con domanda di sospensiva ed istanza di accesso in corso di causa ex art. 25, comma 5, legge 241/1990, con il quale erano impugnate, accanto a numerosi atti endoprocedimentali, le ordinanze del Comune di Melegnano n. 226 del 20.11.2007 e n. 254 del 27.12.2007, con le quali il Comune stesso ordinava alla ricorrente la messa in sicurezza d’emergenza delle falde sotterranee nelle aree denominate “ex Chimica Saronio”, mediante la predisposizione di idonei sistemi e impianti atti a evitare la diffusione della contaminazione e a salvaguardare le acque sotterranee dall’inquinamento (in particolare, l’ordinanza vera e propria è la n. 226/2007, mentre la n. 254/2007 rettifica un errore materiale della precedente).

Nel terzo atto di motivi aggiunti sono sviluppate le censure già oggetto del ricorso e dei primi due atti di motivi aggiunti, sino ad arrivare a cinquantatre motivi di impugnazione.

Si costituivano in giudizio, oltre al Comune di Melegnano, la Regione Lombardia, la Provincia di Milano ed il Ministero dell’Ambiente, concludendo per la reiezione del gravame.

In esito alla camera di consiglio del 12.2.2008, il TAR respingeva la domanda di sospensiva con ordinanza n. 251/2008.

Con successiva ordinanza n. 80 del 15.4.2008, il medesimo TAR accoglieva l’istanza di accesso in corso di causa formulata dall’esponente con il terzo atto di motivi aggiunti ed ordinava al Comune di Melegnano l’esibizione del documento richiesto (parere legale del 5.11.2007, richiamato nell’ordinanza comunale n. 226/2007).

Contro la citata ordinanza cautelare n. 251/2008 era proposto appello da Edison al Consiglio di Stato, che con ordinanza n. 5232 del 30.9.2008, lo accoglieva in parte, stabilendo che l’efficacia del provvedimento del Comune di Melegnano fosse mantenuta nei limiti dei soli interventi strettamente necessari ad assicurare, nelle more dell’udienza di merito, la messa in sicurezza delle falde idriche per il consumo umano.

In relazione a tale ultima pronuncia del Consiglio di Stato, il Comune di Melegnano depositava, presso il TAR Lombardia, istanza per l’esecuzione della pronuncia stessa, ma l’istanza era oggetto di rinuncia da parte della stessa Amministrazione proponente, all’udienza in camera di consiglio del 10.2.2009.

La società Edison, dal canto suo, dopo la trattazione della domanda cautelare contenuta nel terzo atto di motivi aggiunti, notificava altri sei atti di motivi aggiunti, senza però domanda di sospensiva, per un totale, nella presente controversia, di nove atti di motivi aggiunti e complessivi settantasei motivi di impugnazione.

Con gli ultimi sei motivi aggiunti, il gravame è esteso ad una molteplicità di atti di tutte le Amministrazioni coinvolte, atti che appaiono, quanto meno secondo le prospettazioni difensive della ricorrente, riconducibili al procedimento poi sfociato nell’ordinanza che impone la messa in sicurezza dell’area a tutela della falda acquifera.

Alla pubblica udienza del 2 luglio 2009, la causa era trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Prima di procedere all’esame della presente causa, appaiono doverose alcune premesse.

Tenuto conto che la ricorrente, accanto al ricorso principale, ha proposto ben nove atti di motivi aggiunti, enucleando settantasei motivi di impugnazione estremamente analitici e spesso ripetitivi ed estendendo così il gravame ad un numero veramente notevole di atti amministrativi (circa novanta), reputa il Collegio, pur nel rispetto della necessaria completezza che deve caratterizzare ogni pronuncia giurisdizionale, di dovere realizzare una sintesi delle censure esposte, in modo che la presente sentenza verta essenzialmente sulle questioni principali dedotte in giudizio, senza che il Tribunale si veda costretto ad esaminare analiticamente ogni singolo atto impugnato e le minuziose censure ad esso relative.

Tale opera di sintesi da parte del Tribunale è svolta nel pieno rispetto della legislazione vigente, tenuto conto che l’art. 65 del RD 642/1907 prevede che la sentenza del giudice amministrativo contenga “una succinta esposizione dei motivi di fatto e di diritto”; mentre gli articoli 132 del codice di procedura civile e 118 delle sue disposizioni di attuazione, entrambe oggetto della recente riforma di cui alla legge 69/2009, prevedono che la sentenza contenga “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e diritto della decisione” (cfr. art. 132), vale a dire (cfr. art. 118), la “succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi”.

La stessa giurisprudenza amministrativa esclude che il giudice debba esaminare tutte le argomentazioni addotte dal ricorrente, essendo sufficiente che, attraverso la motivazione, sia data contezza, sia pure sinteticamente, delle ragioni di accoglimento o di rigetto del ricorso (cfr. fra le tante Consiglio di Stato, sez. IV, 16.2.2001, n. 825).

Si badi che non è in discussione in questa sede il diritto di ogni ricorrente di articolare liberamente le proprie difese in giudizio, ma il Tribunale vuole solo – sommessamente – ricordare il proprio potere/dovere di motivare la sua decisione con riferimento alle questioni fondamentali e sostanziali dedotte in causa, senza essere costretto a confutare o a confermare ogni singola argomentazione difensiva delle parti, soprattutto se quest’ultima appare ridondante o superflua.

2. La presente controversia, come ammesso dalle stesse parti, non è la prima portata all’attenzione del TAR Lombardia e concernente l’area della vecchia Industria Chimica Saronio, sita nei Comuni di Cerro al Lambro e Melegnano e caratterizzata da vistosi fenomeni di inquinamento.

In particolare, la società Edison si era opposta, davanti al TAR, ai provvedimenti con i quali i Comuni di cui sopra le avevano imposto, in applicazione dell’art. 17, comma 2, del D.Lgs. 22/1997 e del DM n. 471/1999, l’adozione di un piano di caratterizzazione dell’area inquinata.

Il TAR Lombardia, sez. I, con sentenza n. 1913/2007 aveva accolto le doglianze di Edison; la sentenza era appellata davanti al Consiglio di Stato, che si pronunciava con sentenza n. 6055/2008.

La lettura di quest’ultima appare necessaria sia per l’esatta comprensione dei fatti della presente causa sia per la decisione della medesima.

In particolare, il Consiglio di Stato è pervenuto ad una serie di conclusioni, riguardanti l’inquinamento dell’area della ex Industria Saronio, conclusioni che pare opportuno sintetizzare in questa sede:

a) Edison Spa è, al termine di un lungo e complesso fenomeno di fusioni societarie, successore a titolo universale della Industria Chimica Saronio Spa;

b) appare provato, all’esito dell’istruttoria condotta dalle Amministrazioni, il ruolo determinante se non addirittura esclusivo, svolto dalla Saronio nella genesi dell’inquinamento;

c) non è configurabile in capo ad Edison la responsabilità ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 22/1997 (c.d. decreto “Ronchi”, oggi sostituito dal D.Lgs. 152/2006), mentre permane in capo alla ricorrente, quale successore a titolo universale di Saronio, la responsabilità extracontrattuale ai sensi dell’art. 2043 codice civile;

d) non assume rilievo nel caso di specie il richiamo, effettuato invece dal giudice di primo grado, alla direttiva 2004/35/CE del 21.4.2004, che è fra l’altro derogabile dagli Stati membri;

e) non è applicabile agli accertamenti compiuti dalle Amministrazioni l’art. 223 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, invocato invece dalla ricorrente;

f) nei confronti dei successori dei responsabili degli inquinamenti è possibile adottare, come del resto ammesso dalla giurisprudenza anteriore al D.Lgs. 22/1997, ordinanze contingibili ed urgenti, imputando i relativi obblighi anche in base al principio della successione c.d. economica.

Si tratta di conclusioni non solo – ad avviso dello scrivente Collegio – condivisibili, ma soprattutto non più suscettibili di essere poste in discussione, nonostante i tentativi della ricorrente, nella sua ultima memoria difensiva, di muovere delle contestazioni, evidentemente inammissibili, alla pronuncia definitiva del giudice amministrativo d’appello.

Ciò premesso, risultano infondati tutti i motivi di gravame attraverso i quali, denunciando il presunto eccesso di potere delle Amministrazioni interessate oppure la violazione di legge, Edison vorrebbe escludere:

di essere successore universale delle Industrie Chimiche Saronio;

la responsabilità della Saronio nell’inquinamento dell’area in questione;

oppure denuncia il difetto di istruttoria in cui sarebbero incorse le Amministrazioni nell’accertare la responsabilità per l’inquinamento e la violazione dei suoi diritti di difesa per presunta inosservanza delle garanzie di cui all’art. 223 delle disposizioni di attuazione del c.p.p.

A questo punto, l’attenzione del Tribunale deve concentrarsi essenzialmente sulla legittimità dell’ordinanza del Comune di Melegnano n. 226/2007 (la successiva ordinanza n. 254/2007 si limita a rettificare alcuni errori materiali della precedente), tenuto conto che la ricorrente contesta la sussistenza dei presupposti di urgenza per l’adozione dell’ordinanza stessa, oltre a lamentare l’erronea applicazione dell’art. 217 del RD 1265/1934, richiamato nell’ordinanza n. 226/2007.

3. Con riguardo al carattere contingibile ed urgente del provvedimento impugnato, quest’ultimo richiama la disposizione dell’art. 117 del D.Lgs. 112/1998, in forza del quale “In caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, le ordinanza contingibili e urgenti sono adottate dal Sindaco, quale rappresentante della comunità locale”.

Nel provvedimento è richiamato altresì l’art. 217 del RD 1265/1934 (Testo Unico delle leggi sanitarie), in forza del quale, in presenza di emissioni provenienti da manifatture o fabbriche pericolose o dannose per la salute pubblica, il podestà (ora il Sindaco, ovviamente), prescrive le norme da applicare per prevenire o impedire il danno o il pericolo e si assicura della loro esecuzione ed efficienza.

Su tale ultima norma e su quelle riguardanti le ordinanze contingibili ed urgenti, si sono formati indirizzi giurisprudenziali ormai univoci, anche con riguardo alle ordinanze adottate per fare fronte a fenomeni di inquinamento.

Per quanto riguarda il profilo della contingibilità e dell’urgenza, lo stesso indica l’urgente necessità di provvedere con efficacia ed immediatezza in ordine a situazioni eccezionali di pericolo attuale per la pubblica incolumità; ciò che rileva, ai fini della loro legittimità, è che il Sindaco dia contezza delle ragioni che lo hanno spinto ad adottare un simile strumento, con la precisazione che la ragioni giustificatrice attiene non tanto all’imprevedibilità dell’evento, quanto piuttosto all’impossibilità di adottare tempestivamente i normali rimedi offerti dall’ordinamento (si veda, fra le decisioni più recenti, Consiglio di Stato, sez. V, 12 giugno 2009, n. 3765, con la giurisprudenza ivi richiamata).

Di conseguenza – cfr. sempre la citata pronuncia – sono consentiti tali provvedimenti anche quando un’apposita disciplina regola in via ordinaria determinate situazioni, laddove la necessità di provvedere risulti tanto urgente da non consentirne il tempestivo utilizzo.

L’ordinanza può essere adottata anche a fronte di sole situazioni di pericolo, allo scopo di evitare la produzione di un danno per la salute pubblica, senza che si debba attendere che si sia verificato il danno medesimo.

In tal senso, T..R.G.A. Trentino Alto Adige Bolzano, 03 aprile 2008 , n. 117, per cui: “È legittima l'ordinanza con la quale il sindaco dispone l'allontanamento delle persone che vivono su un terreno inquinato (a causa della fuoriuscita di gasolio dalla cisterna durante le operazioni di rifornimento) fino a revoca della stessa ovvero fino al termine dei lavori di risanamento, considerato che la sussistenza di un potenziale pericolo per la salute è sufficiente a legittimare l'adozione del provvedimento impugnato, in quanto i presupposti della pericolosità ed urgenza - di cui all'art. 18 della legge regionale del 4.1.1993, n. 1 - vanno valutati con riferimento alla possibilità del verificarsi dell'evento di pericolo, senza dover attendere l'espletamento di indagini chimiche, il cui esito, per la loro intrinseca complessità, avrebbe richiesto parecchio tempo. Infatti, la tutela di un bene pubblico primario, quale è quello della salute, impone all'amministrazione di applicare il principio della immediata prevenzione, principio che mal si concilia con l'espletamento di una complessa istruttoria, con prelievo di campionature ed esami di laboratorio. Né il decorso del tempo trascorso dal giorno dell'avvenuto inquinamento, al momento dell'adozione del provvedimento, inficia la tesi testé prospettata, in quanto, l'esercizio del potere di ordinanza contingibile e urgente attribuito al sindaco "presuppone la necessità di provvedere con immediatezza in ordine a situazioni di natura eccezionale e imprevedibile, cui non si potrebbe far fronte col ricorso agli strumenti ordinari apprestati dall'ordinamento, senza che, soprattutto in materia di sanità pubblica e protezione dell'ambiente, possa darsi soverchio rilievo alla durata della situazione di pericolo, atteso che questa, quale ragionevole probabilità che l'evento dannoso accada, potrebbe protrarsi anche per un lungo periodo senza cagionare il fatto temuto" .

In senso conforme è orientata anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione.

Sul punto, preme richiamare Cassazione penale, sez. I, 16 gennaio 2007, n. 15881: “È punibile ai sensi dell'art. 650 cod. pen. l'inosservanza dell'ordinanza contingibile ed urgente che il sindaco ha il potere-dovere di emanare, a livello locale, e ai sensi dell'art. 50 D.Lgs. n. 267 del 2000 in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica, sempre che nella motivazione dia conto della sussistenza concreta dei presupposti previsti dalla legge (necessità di immediata e tempestiva tutela di interessi pubblici, come la salute o l'ambiente, che in ragione della situazione di emergenza non potrebbero essere protetti in modo adeguato, ricorrendo alla via ordinaria)”. Nel caso esaminato dal giudice penale, si trattava di un'ordinanza sindacale con la quale era stato imposto, per ragioni di igiene pubblica, ai titolari di un impianto di depurazione di procedere, entro e non oltre le 48 ore, alla messa in sicurezza, alla bonifica ed al ripristino ambientale di acque fluviali, inquinate da fanghi maleodoranti per il cattivo funzionamento di detto impianto.

Inoltre, il provvedimento contingibile ed urgente che impone interventi su un’area inquinata prescinde dalla responsabilità del proprietario nel cagionare l’inquinamento, a differenza di quanto previsto per i provvedimenti bonifica di cui al D.Lgs. 152/2006, che ha sostituito il D.Lgs. 22/1997.

In tal senso, Consiglio Stato , sez. V, 07 settembre 2007 , n. 4718, per cui: “L'ordinanza contingibile e urgente con la quale il sindaco impone al proprietario di un'area di bonificarla dalla situazione di degrado, che attenti alla salute pubblica, non ha carattere sanzionatorio, di tal che non è dipendente dalla individuazione di responsabilità del proprietario in relazione alla situazione inquinante, ma solo ripristinatorio, per essere diretta esclusivamente alla rimozione dello stato di pericolo e prevenire danni alla salute pubblica. Ne consegue che l'ordinanza legittimamente è indirizzata al proprietario dell'area, cioè a chi si trova con questa in rapporto tale da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché tale situazione non possa essergli imputata”; ed ancora: T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 05 settembre 2007 , n. 2087: “In tema di bonifica del suolo dal materiale in cemento amianto, il provvedimento adottato dal sindaco, non nell'esercizio del potere ai sensi dell'art. 14, d.lg. n. 22 del 1997 (c.d. decreto Ronchi), in relazione al quale si è formato il principio giurisprudenziale che ritiene illegittimo il provvedimento adottato in assenza della accertata responsabilità a titolo di dolo o di colpa del proprietario dell'area, ma nell'esercizio del potere attribuito all'autorità comunale dall'art. 50 comma 5, d.lg. n. 267 del 2000 - che prevede che « in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili ed urgenti sono adottate dal sindaco quale rappresentante della comunità locale » - è legittimamente notificato, in ragione al carattere indifferibile ed urgente dell'intervento, al proprietario dell'area, a prescindere da una sua (eventuale) responsabilità, facendo comunque salva la necessità di individuare in un momento successivo il soggetto effettivamente responsabile della situazione abusiva”;

T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 10 luglio 2007 , n. 5407: “Ai fini dell'esercizio del potere di ordinanza sindacale ex art. 54 comma 3, d.lg. 8 agosto 2000 n. 267, concretantesi nell'ordine di chiusura entro una determinata ora serale di un esercizio pubblico fonte di inquinamento acustico, non è rilevante l'accertamento di responsabilità personali del gestore nella produzione dell'inquinamento suddetto”;

Consiglio Stato , sez. V, 16 novembre 2005 , n. 6406: “L'ordinanza contingibile d urgente, con la quale il sindaco impone al proprietario dell'area di bonificarla in relazione a rifiuti speciali tossici e nocivi su essa giacenti, non ha carattere sanzionatorio, nel senso che non è diretta ad individuare e punire i soggetti ai quali è da attribuire la responsabilità civile e/o penale della situazione abusiva, ma solo ripristinatorio, per essere rivolta essenzialmente ad ottenere la rimozione dell'attuale stato di pericolo e a prevenire ulteriori danni all'ambiente circostante e alla salute pubblica; pertanto, detta ordinanza può essere legittimamente indirizzata all'attuale proprietario dell'area, cioè a colui che si trova con quest'ultima in un rapporto tale da consentirgli di eseguire gli interventi ritenuti necessari al fine di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché essa sia da imputarsi ad altro soggetto o al precedente proprietario”.

Neppure costituisce ostacolo al provvedimento urgente, la circostanza che l’inquinamento duri da tempo, se il pericolo resta attuale.

Sul punto, T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. II, 30 aprile 2007 , n. 728: “La circostanza che la situazione di pericolo per la salute o per l'incolumità pubblica duri da tempo, non costituisce ostacolo all'utilizzo da parte del sindaco del potere di adottare ordinanze contingibili ed urgenti, ove la situazione di pericolo per la salute e per l'ambiente permanga ed il danno temuto sia grave”.

Anche in relazione ai poteri di intervento attribuiti al Sindaco dall’art. 217 del Testo Unico delle leggi sanitarie del 1934, la giurisprudenza è ormai pervenuta a conclusioni chiare.

I giudici amministrativi hanno evidenziato in particolare l’ampiezza dei poteri attribuiti dalla norma, poteri da esercitarsi peraltro previa idonea istruttoria.

Sul punto, si rinvia a Consiglio di Stato, sez. V, 19 aprile 2005 , n. 1794: “Gli art. 216 e 217 r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, conferiscono al comune ampi poteri in materia di industrie insalubri, anche prescindendo da situazioni di emergenza e dall'autorizzazione a suo tempo rilasciata, a condizione però che siano dimostrati, da congrua e seria istruttoria, gli inconvenienti igienici e che si sia vanamente tentato di eliminarli” ed anche, conformi, T.A.R. Umbria, 18 ottobre 2004, n. 604 e T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 04 luglio 2008 , n. 882: “In tema di esercizio di industrie insalubri, la sopravvenienza di nuove forme di disciplina degli impianti e delle istallazioni produttive ai fini del contenimento della emissione di fumi o gas o polveri o esalazioni, non ha fatto venire meno le competenze che gli artt. 216 e 217, r.d. 27 luglio 1934 n. 1265, quali norme speciali, hanno conferito ai Comuni anche prescindendo da situazioni di emergenza e dall'autorizzazione a suo tempo rilasciata, a condizione però che siano dimostrati, da congrua e seria istruttoria, gli inconvenienti igienici e che si sia vanamente tentato di eliminarli”.

L’esercizio del potere di intervento è possibile in ogni tempo, quindi anche in caso di intervenuta cessazione dell’attività, purché ne permangano gli effetti nocivi.

In tal senso, T.A.R. Valle d'Aosta Aosta, 14 aprile 2003 , n. 52: “Ai sensi degli art. 216 e 217, t.u. 27 luglio 1934 n. 1265, il sindaco non solo è l'autorità istituzionalmente competente in materia di provvedimenti volti a rimuovere danni o pericoli per la salute pubblica derivanti dall'esercizio di lavorazioni insalubri, ma è anche titolare di un'ampia potestà di valutazione della tolleranza o meno delle dette lavorazioni, esercitabile in qualsiasi tempo, sia al momento in cui venga richiesta l'attivazione dell'impianto sia in epoca successiva, al fine di disporne lo sgombero”;

in senso conforme, T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 04 maggio 2001 , n. 695; Consiglio di Stato, sez. V, 15 febbraio 2001 , n. 766: “In base agli art. 216 e 217 t.u. l. sanitaria, il sindaco è titolare di un'ampia potestà di valutazione della tollerabilità o meno delle lavorazioni provenienti dalle industrie, classificate "insalubri", e l'esercizio di tale potestà può avvenire in qualsiasi tempo e, quindi, anche in epoca successiva all'attivazione dell'impianto industriale e può estrinsecarsi con l'adozione in via cautelare di interventi finalizzati ad impedire la continuazione o l'evolversi di attività che presentano i caratteri di possibile pericolosità, per effetto di esalazioni, scoli e rifiuti, specialmente riguardanti gli allevamenti (nella specie di trattava di un allevamento avicolo), e ciò per contemperare le esigenze di pubblico interesse con quelle pur rispettabili dell'attività produttiva. L'autorizzazione amministrativa per l'esercizio di un'industria classificata insalubre è concessa e può essere mantenuta a condizione che l'esercizio non superi i limiti della più stretta tollerabilità e che siano adottate tutte le misure, secondo la specificità delle lavorazioni, per evitare esalazioni "moleste": pertanto a seguito dell'avvenuta constatazione dell'assenza di interventi per prevenire ed impedire il danno da esalazioni, il sindaco può disporre la revoca del nulla osta e, pertanto, la cessazione dell'attività”.

Consiglio di Stato, sez. V, 5 febbraio 1985, n. 67: “Il Sindaco, ai sensi degli artt. 216 e 217 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 è l'autorità istituzionalmente competente in materia di provvedimenti volti a rimuovere danni o pericoli per la salute pubblica derivanti da esercizio di lavorazioni insalubri (costituite, nella specie, da stalle per allevamento suini). Il Sindaco stesso è titolare di una ampia potestà di valutazione della tollerabilità o meno di dette lavorazioni, esercitabile in qualsiasi tempo, sia al momento in cui venga richiesta l'attivazione dell'impianto, sia in epoca successiva, al fine di disporne lo sgombero”.

La Cassazione Penale, in sede di valutazione del reato di omissione d’atti d’ufficio a carico di un Sindaco, in relazione ad un episodio di inquinamento delle acque, ha previsto l’obbligatorietà dell’intervento anche in presenza di una situazione di pericolo; così Cassazione Penale, Sez. VI, sent. n. 8465 del 02-10-1985 (camera di consiglio del 21-06-1985): “Esiste un concreto pericolo per la salute pubblica, tale da imporre un intervento della competente autorità sanitaria (Sindaco), non solo quando possa insorgere una specifica malattia o infermità, ma anche quando vi sia uno stato di inquinamento delle acque che per la sua qualità sia tale da investire tutto il complesso ambientale comunque influenzato dalle acque. (Nella fattispecie, il Sindaco, quale autorità sanitaria locale, aveva omesso i necessari provvedimenti in occasione della disattivazione di un depuratore centralizzato con conseguente ulteriore notevole deterioramento del fiume Arno)”.

4. Alla luce di tale quadro giurisprudenziale, è possibile valutare la legittimità dell’ordinanza impugnata n. 226/2007.

In primo luogo non pare sussistere alcuna incompatibilità fra le due norme richiamate dall’Amministrazione comunale nell’ordinanza impugnata, vale a dire l’art. 117 del D.Lgs. 112/1998 e l’art. 217 del RD 1265/1934.

Il richiamo ad entrambe le norme altro non può significare che, a fronte di una situazione di pericolo per la salute pubblica derivato dall’esercizio, anche se attualmente cessato, di una industria insalubre, il Comune adotta il provvedimento urgente e contingibile più idoneo alla tutela della salute pubblica.

Si aggiunga ancora che, al di là del riferimento normativo effettuato dall’Amministrazione in un provvedimento poi impugnato, la legittimità di quest’ultimo sarà valutata dal giudice amministrativo non tenendo conto del mero richiamo formale, quanto piuttosto dell’esistenza, in concreto, dei requisiti sostanziali di legittimità del provvedimento medesimo.

In secondo luogo, devono valutarsi l’idoneità e la completezza dell’istruttoria svolta dal Comune.

Sul punto, si evidenzia che l’Amministrazione comunale ha tenuto conto, richiamandole nel provvedimento, di due relazioni tecniche: una redatta dalla ASL di Milano Due del 24.9.2007 e l’altra predisposta dal Servizio Centri di Pericolo e Industrie a rischio della Provincia di Milano del 16.10.2007.

Da entrambe le relazioni (cfr. docc. 3-bis e 3-ter della produzione documentale del Comune), si evince la situazione di concreto pericolo di inquinamento della falda acquifera, da cui è attinta acqua potabile per la popolazione locale, per effetto dell’azione dell’anilina, un’ammina aromatica cancerogena, responsabile del tumore alla vescica (il carattere cancerogeno della sostanza è fuori discussione ed emerge anche dalla lettura della documentazione tecnico-scientifica depositata dalla ricorrente).

In particolare, la ASL afferma chiaramente che tre pozzi di Melegnano sono inquinati e fra questi uno (sito in Via Montorfano), immette acqua direttamente nella rete idrica.

Quanto alla Provincia di Milano, la propria relazione tecnica segnala sull’area della ex Chimica Saronio di Melegnano (area che per comodità viene divisa in sei quadranti dai tecnici provinciali), l’esistenza di gravi fenomeni di inquinamento nella falda superficiale sospesa e nella prima falda, con tendenza della contaminazione ad estendersi anche alle falde sottostanti da cui è attinta acqua potabile (v.si pag. 7 della relazione).

In particolare, nei quadranti 3 e 4, il superamento dei valori limite di cui al D.Lgs. 152/2006 è nell’ordine “delle centinaia e finanche migliaia di volte” (pag. 8 relazione).

Viene inoltre evidenziato come (pag. 4), il setto di separazione fra la falda superficiale e le falde più profonde tende ad esaurirsi nella parte meridionale del Comune di Cerro al Lambro e viene totalmente a mancare nel centro abitato di Melegnano, per cui le commistioni fra falda superficiale e prima falda sono pienamente provate per certi settori, mentre per altri non è esclusa la presenza di vie che favoriscono la contaminazione delle falde più profonde.

La relazione tecnica si conclude, di conseguenza, con la proposta di realizzare un idoneo sbarramento idraulico per contenere la diffusione dell’inquinamento nelle falde da cui si preleva acqua potabile.

Di fronte a tale quadro istruttorio ed al pericolo evidente di contaminazione con sostanze cancerogene delle falde di acqua potabile, sussiste senza dubbio l’elemento dell’urgenza che, come ricordato dalla giurisprudenza sopra citata, impone l’immediato intervento del Comune, nella persona del Sindaco, per scongiurare la realizzazione del pericolo.

L’urgenza non è certo esclusa dal fatto che, quantomeno allo stato attuale, la falda di acqua potabile non sia contaminata, non potendo la nozione di urgenza essere integrata esclusivamente dalla verificazione del danno temuto (in questo caso, avvelenamento con sostanze cancerogene dell’acqua potabile a Melegnano), ben potendo, come nel caso di specie, ravvisarsi la necessità di un intervento urgente a fronte del concreto ed attuale pericolo di contaminazione.

Del resto, anche relazioni tecniche successive a quelle richiamate nell’ordinanza n. 226/2007 confermano l’urgenza e la gravità del problema di inquinamento della falda acquifera.

Così, ARPA Lombardia, nella relazione del 19.3.2009 (doc. I del Comune), commentando i risultati dei prelievi del 26.11.2008, rileva “un aumento della diffusione della contaminazione”, oltre a confermare la “rilevante presenza di contaminazione” nella falda superficiale sospesa e nella porzione superiore della prima falda.

In conclusione, ARPA evidenzia che viene “rafforzata la necessità di uno sbarramento idraulico che possa intercettare il flusso contaminante”.

Anche la ASL di Milano 2, nella relazione del 28.5.2009 (doc. L del Comune), per un pozzo di acqua potabile nel Comune di Melegnano, rileva la presenza di inquinanti, che devono essere abbattuti attraverso un sistema di filtri a carboni attivi, il che significa che l’inquinamento è ormai giunto alla prima falda.

La diffusione dei fenomeni di inquinamento sopra evidenziati, risulta anche dalla lettura di documenti depositati in giudizio dalla ricorrente (ad esempio, nota ASL del 24.9.2007, doc. 65; nota ASL 3.8.2007, doc. 68; nota ASL 26.2.2008, doc. 93; nota ARPA 10.4.2008, doc. 95).

Tali documenti sono oggetto di impugnativa da parte della ricorrente con motivi aggiunti, anche se, al di là dei profili di ammissibilità di tale impugnazione – avendo le relazioni tecniche carattere endoprocedimentale – le contestazioni svolte non inficiano i risultati dei prelievi e delle analisi compiute dagli organi tecnici, non essendo provati dalla ricorrente errori nell’operato di questi ultimi, tali da ritenere inattendibili le loro conclusioni.

I requisiti di urgenza per l’intervento del Comune paiono quindi provati.

La ricorrente lamenta inoltre che l’ordinanza, al di là dei profili di urgenza, mancherebbe del requisito della temporaneità, in quanto l’intervento che si vorrebbe imporre ad Edison (realizzazione di una barriera idraulica a tutela della falda di acqua potabile), avrebbe carattere definitivo.

Tuttavia, l’asserzione della ricorrente risulta smentita dalla lettura del progetto di messa in sicurezza della falda, redatto per conto del Comune di Melegnano e degli altri enti partecipati al gruppo di lavoro, dallo Studio di ingegneria Tedesi di Milano, versato in atti dal Comune quale doc. B il 17.3.2009, oltre che dall’esame della successiva corrispondenza intercorsa fra la ricorrente ed il Comune stesso.

Tenuto conto, infatti, che la definitiva soluzione dei problemi di inquinamento dell’area è rappresentata dalla bonifica dell’area stessa – bonifica che non potrà essere messa in carico ad Edison, non responsabile dell’inquinamento ex D.Lgs. 22/1997 (ora D.Lgs. 152/2006) – la messa in sicurezza della falda, da effettuarsi attraverso la realizzazione di una barriera idraulica, rappresenta un intervento temporaneo in attesa della definitiva soluzione del problema.

Inoltre, se si tiene conto che la barriera, una volta conclusa, sarà soggetta a gestione e manutenzione presumibilmente per tempi non brevi (essenzialmente gli stessi della bonifica), il progetto dello Studio Tedesi tiene conto dei costi di gestione per un solo anno (pagg. 119-121 della relazione stessa), nel presupposto che, realizzata la barriera, la manutenzione a carico di Edison abbia carattere provvisorio, in attesa dell’implementazione della bonifica e del “passaggio” della gestione della barriera stessa ad altro soggetto.

Si aggiunga ancora che il citato progetto dello Studio Tedesi, pur se avallato dalle Amministrazioni coinvolte, potrebbe essere suscettibile di modifiche o integrazioni; sul punto però Edison non risulta avere elaborato o proposto soluzioni alternative, aventi però piena validità tecnica.

In conclusione, l’ordinanza impugnata risulta essere stata adottata in presenza dei presupposti di contingibilità ed urgenza previsti dalla legge.

5. Si aggiunga ancora, fermo restando ovviamente quanto sopra esposto, che nelle ordinanze contingibili ed urgenti gli obblighi di attivazione possono essere imputati, come del resto messo in evidenza del Consiglio di Stato nella sentenza 6055/2008, anche in base alle regole della c.d. successione economica, che consentono di porre oneri economici a carico del soggetto che, pur non avendo una responsabilità diretta ed immediata a fronte di situazioni di danno o pericolo, ha in ogni caso tratto benefici economici dalla condotta del suo dante causa, a sua volta effettivo responsabile delle situazioni stesse.

Il Consiglio di Stato ha richiamato sul punto la sentenza della Corte di Giustizia CE, grande sezione, 11.12.2007, nella causa di rinvio pregiudiziale ex art. 234 del Trattato C-280/2006.

La Corte di Lussemburgo, chiamata a pronunciarsi su una complessa questione di diritto della concorrenza, ha stabilito che gli articoli 81 e seguenti del Trattato CE devono interpretarsi nel senso che, in caso di violazione delle regole comunitarie della concorrenza, la sanzione può (o meglio deve), essere inflitta ad un ente diverso da quello autore della violazione, nel frattempo cessato per qualsivoglia causa, qualora fra i due enti vi sia identità sotto l’aspetto economico (punto 42 della sentenza), essendo irrilevante che il successore possieda un diverso status giuridico o operi con modalità diverse dal primo ente (punto 43 della sentenza).

Nel caso di specie, Edison risulta successore a titolo universale di un’impresa – Industrie Chimiche Saronio – che ha svolto la propria attività cagionando gravi fenomeni di inquinamento nel territorio circostante senza mai assumersi alcun costo né per la prevenzione né per la rimozione dei fenomeni stessi e quindi sostanzialmente ponendo tali costi a carico della collettività.

Tenuto conto che l’Industria Saronio ha tratto notevoli vantaggi economici dalla propria condotta, non appare irragionevole, in base ai ricordati principi sulla successione economica, che al successore a titolo universale (fra l’altro civilmente responsabile ex art. 2043 del codice civile), siano addossati, se non obblighi di definitiva bonifica del sito, quanto meno un obbligo di intervento urgente per evitare che l’esistente inquinamento si aggravi ulteriormente.

A tale conclusione non è di ostacolo l’ordinanza cautelare del Consiglio di Stato del 30.9.2008, che ha in parte accolto l’appello contro l’ordinanza di questa Sezione n. 251/2008.

Il giudice d’appello, infatti, ha comunque imposto ad Edison, nelle more dell’udienza di merito, gli interventi necessari ad assicurare la messa in sicurezza delle falde idriche, interventi che, in mancanza di accordo fra le parti, dovranno essere determinati dal giudice.

Allo stesso modo, in caso di rigetto del presente gravame e quindi di conferma dell’ordinanza n. 226/2007, spetterà allo scrivente giudice, in sede eventuale di ottemperanza o di esecuzione di sentenza non sospesa, in mancanza di accordo fra le parti, determinare in concreto il tipo e le modalità degli interventi, visto che nell’ordinanza il Comune si limita ad imporre la predisposizione di idonei sistemi per evitare la diffusione della contaminazione e la presentazione di un “adeguato progetto di barriera idraulica”, senza altro disporre in dettaglio.

L’eventuale difficoltà tecnica dell’intervento e gli eventuali costi del medesimo (che Edison pare temere), non possono essere ritenuti motivi di illegittimità del provvedimento amministrativo, trattandosi di questioni che attengono semmai all’esecuzione della sentenza di eventuale rigetto del ricorso.

Neppure potrebbe sostenersi l’illegittimità dell’ordinanza per non avere il Comune fatto ricorso agli strumenti ordinari di intervento, che a detta dell’esponente sarebbero quelli previsti dal D.Lgs. 152/2006 per realizzare la bonifica di siti inquinati (artt. 239 e seguenti).

In realtà, ed anche a voler prescindere dall’esistenza delle già ricordate ragioni di urgenza, tale da rendere indifferibile l’intervento a tutela della falda, l’impossibilità di porre gli interventi a carico dell’effettivo responsabile dell’inquinamento – come risulta dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 6055/2008 – porta alla inevitabile conseguenza che la bonifica dovrà essere realizzata presumibilmente dalla Pubblica Amministrazione – salvi l’onere reale ed il privilegio speciale sul fondo – sicché non può escludersi che, nelle more del complesso ed articolato procedimento amministrativo di bonifica, l’Amministrazioni adotti provvedimenti urgenti ed indifferibili a carico, come nel caso di specie, del soggetto che si pone quale successore del responsabile dell’inquinamento.

6. Le suesposte considerazioni in ordine alla legittimità dell’ordinanza comunale che impone la messa in sicurezza della falda induce il Collegio al rigetto dell’intero gravame.

La declaratoria di rigetto, attesa l’infondatezza del gravame, viene estesa al ricorso principale ed a tutti gli atti di motivi aggiunti, prescindendo il Tribunale, anche per ragioni di economia espositiva, da ogni valutazione circa l’inammissibilità del ricorso principale (diretto contro un avviso di avvio del procedimento ex art. 7 legge 241/1990, pacificamente considerato dalla giurisprudenza amministrativa come atto privo di lesività) e degli atti di motivi aggiunti diversi dal terzo – quest’ultimo è infatti proposto contro l’ordinanza di messa in sicurezza di cui sopra – visto che l’enorme massa degli atti impugnati, tutti in qualche modo riferibili alla vicenda di cui è causa, parrebbero o atti meramente endoprocedimentali oppure non riferibili in nessun modo alla ricorrente, che risulterebbe quindi priva di ogni interesse all’impugnazione.

7. La complessità delle questioni trattate induce il Collegio a disporre l’integrale compensazione fra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, sez. IV, definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti in epigrafe, li respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 02/07/2009 con l'intervento dei Magistrati:

Adriano Leo, Presidente

Giovanni Zucchini, Primo Referendario, Estensore

Antonio De Vita, Referendario



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 16/07/2009

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

IL SEGRETARIO