Cass. Sez. III n. 24077 del 18 giugno 2024 (CC 15 mag 2024)
Pres. Ramacci Est. Mengoni Ric. Delli Poggi 
Urbanistica.Terzo settore ed attività edilizia

L' art. 71, d. Igs. n. 117/2017 favorisce le attività del Terzo settore garantendone una più agevole collocazione territoriale, al fine di sollecitarne una omogenea distribuzione sulle diverse aree del Paese, dunque inerisce al “dove”, senza, però, ammettere o giustificare alcuna deroga sul “come”, che pertanto rimane assoggettato alla disciplina ordinaria. Pena, diversamente, un’irragionevole disparità di trattamento con l’attività edilizia realizzata da altri soggetti privati, suscettibile di evidenti dubbi di legittimità costituzionale. 

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20/12/2023, il Tribunale del riesame di Roma accoglieva l’appello proposto dal Pubblico Ministero presso il Tribunale di Tivoli avverso l’ordinanza emessa dal locale Giudice per le indagini preliminari il 20/7/2023, così ripristinando il sequestro preventivo di un’area e dei manufatti ivi esistenti (plateatico con campi da padel e plateatico sorretto da travi in cemento con annesse strutture in legno) oggetto di contestazione ai sensi dell’art. 44, lett. c), d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a carico di Augusta Ottavi e Massimiliano Delli Poggi.
2. Propone ricorso per cassazione quest’ultimo, deducendo i seguenti motivi:
- inosservanza delle norme processuali stabilite appena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza. Con riguardo alla tempestività dell'appello proposto, la difesa avrebbe rilevato che la stessa Procura presso il Tribunale di Tivoli aveva prodotto una sola asseverazione, con la quale si certificava che il provvedimento del G.i.p. sarebbe giunto presso lo stesso Ufficio il 21/7/2023; ne conseguirebbe che il termine per l'impugnazione sarebbe spirato il 31/7/2023, risultando pertanto tardivo l'appello proposto il 1°/9/2023. Ciononostante, il Tribunale del riesame avrebbe ritenuto sufficiente, in senso contrario, una attestazione proveniente dalla segreteria della Procura della Repubblica, con la quale un funzionario si sarebbe limitato a certificare di aver preso cognizione del provvedimento del G.i.p. soltanto il 23/7/2021. Ne deriverebbe che, per l'accusa, varrebbe sempre il principio della conoscenza reale dell'atto e non quello della conoscenza legale;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 71, comma 1, d. lgs. 3 luglio 2017, n. 117, 10, 22 e 44, d.P.R. n. 380 del 2001, 21-quinquies e 21-nonies, l. 7 agosto 2001, n. 241, 133, d. lgs. 2 luglio 2010, n. 104. Il Tribunale del riesame avrebbe ripristinato il sequestro sul presupposto che la realizzazione delle opere in questione avrebbe richiesto il rilascio di un permesso di costruire, non risultando sufficiente la presentazione di una SCIA; ebbene, proprio l'esistenza di un titolo edilizio avrebbe imposto al Collegio di esaminare l'intera pratica, tra cui i progetti ed i provvedimenti amministrativi – peraltro adottati nell'esercizio della discrezionalità tecnica che connota le funzioni in materia edilizia -, ma di ciò non vi sarebbe traccia nel provvedimento, e dunque il giudice penale si sarebbe sostituito all'amministrazione senza valutare affatto la procedura in esame. Ebbene, qualora una simile verifica fosse stata compiuta, sarebbe risultato, tra l'altro, che il basamento dei campi non era cementato ma ancorata al suolo, e che il Comune di Riano aveva svolto un'apposita istruttoria accurata, peraltro chiedendo chiarimenti all’interessato. Analogamente, l'ordinanza non conterrebbe alcuna motivazione con riguardo all’aumento del carico urbanistico, in contrasto con l’art. 71, d. lgs. n. 117 del 2017; pronunciandosi sul punto in termini affermativi, dunque, il Tribunale si sarebbe sostituito all'amministrazione, andando ben oltre la funzione di controllo sulla legittimità dell'operato di questa;
- la stessa censura è poi proposta in tema di periculum in mora. Per un verso, si lamenta una totale carenza di motivazione, e, per altro verso, una motivazione viziata, che, peraltro, richiamerebbe una destinazione agricola dell’area invero superata da una variante che ne avrebbe impresso una diversa, permettendone la riqualificazione con realizzazione di un laghetto da pesca anche per uso sportivo e di una pista di pattinaggio su ghiaccio. Infine, si contesta che l'ordinanza non riconoscerebbe il valore e la portata dell'autorizzazione paesaggistica ricevuta, così da imporsene ulteriormente l’annullamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso risulta infondato.
4. Con riguardo al primo motivo, con il quale si contesta la risposta offerta dal Tribunale all’eccezione di tardività del gravame proposto dal Pubblico Ministero, il Collegio rileva che lo stesso è sviluppato in termini del tutto generici ed apodittici, quindi inammissibili. La censura, in particolare, muove dal presupposto che l’ufficio del Pubblico Ministero avrebbe avuto conoscenza del provvedimento del G.i.p. (di revoca del sequestro) il 21/7/2023, come risultante da un’unica “asseverazione ufficiale” allegata al ricorso, mentre il Tribunale avrebbe deciso diversamente soltanto in forza di un’attestazione di segreteria, con la quale un funzionario avrebbe certificato di aver preso cognizione del provvedimento soltanto il 23/7/2023, “disallineandosi da quanto storicizzato in atti”; ebbene, questo argomento trascura del tutto la motivazione contenuta nell’ordinanza, della quale non è citato alcun passo e con la quale non è instaurato alcun confronto, né, dunque, sollevata alcuna effettiva censura.
4.1. Con tale motivazione, invece, il Tribunale ha risposto all’eccezione in termini del tutto congrui e, peraltro, pienamente aderenti alla costante giurisprudenza di legittimità. L’ordinanza, infatti, ha ribadito che la comunicazione del 21/7/2023 era stata effettuata dalla cancelleria del Tribunale di Tivoli non mediante la consegna di copia dell'atto nella segreteria del Pubblico Ministero, ma mediante un sistema di notifiche telematiche, dunque attraverso uno strumento non previsto dall'art. 153, comma 2, cod. proc. pen., applicabile nella versione precedente alla riforma di cui al d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, posto che non sono stati ancora adottati i regolamenti di cui all'art. 87 del decreto medesimo, alla cui emanazione è condizionata l'entrata in vigore delle nuove disposizioni – compreso l’art. 153 in esame – in tema di notificazione e comunicazione con modalità telematiche degli atti del procedimento penale (per tutte, Sez. 38184 del 6/7/2022, Cospito ed altri, Rv. 283904). 
4.2. In forza di ciò, è stata dunque ribadita la vigenza di questa norma nella precedente formulazione, che consentiva soltanto il ricorso alla consegna di copia dell'atto nella segreteria del pubblico ministero; disposizione che, peraltro, non aveva subito modifiche ad opera del d.l. 12 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, il cui art. 16, commi 4 e 9, lett. c-bis) – in tema di comunicazioni e notificazioni per via telematica - non contiene richiamo all’art. 153 in esame. Analogamente, il Tribunale ha sottolineato che la mancata operatività del processo penale telematico non può essere surrogata, sul punto, neppure dalla disciplina emergenziale pandemica (in particolare, l’art. 24, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla l. 18 dicembre 2020, n. 176), che ha previsto il deposito – dalle parti private - di memorie, documenti, richieste e istanze presso gli uffici della Procura della Repubblica, attraverso l'apposito portale, mentre nulla ha stabilito al riguardo quanto ai provvedimenti emessi dal giudice, da comunicare alle parti.
4.3. Alla luce di tutte queste considerazioni - si ribadisce, neppure citate nel ricorso – il Tribunale ha dunque concluso che la pec inviata dall'ufficio del Giudice il 21/7/2023 costituiva una modalità di comunicazione diversa da quelle previste nell'ordinamento processuale, e che il Pubblico Ministero aveva avuto effettiva conoscenza dell'ordinanza soltanto quando si era personalmente attivato in tal senso, successivamente a questa data. Con la precisazione, peraltro, che l'ordinanza di revoca del sequestro non era stata trasmessa neanche all'indirizzo pec della segreteria del Pubblico Ministero, ma ad un diverso indirizzo della Procura della Repubblica, peraltro neppure inserito tra quelli degli uffici giudiziari indicati nel provvedimento del direttore generale dei sistemi informatici del Ministero della Giustizia, emanato il 9/11/2020. L’unico momento di certezza circa la conoscenza del provvedimento in capo al Pubblico Ministero, pertanto, doveva essere individuato nel 24/7/2023, quando la Polizia locale di Riano aveva depositato nella segreteria dello stesso Pubblico Ministero la comunicazione della revoca del provvedimento di sequestro.
4.4. Nessuna conoscenza reale in luogo di quella legale, dunque, come affermato nell’impugnazione, ma una corretta applicazione della normativa vigente.
5. Il ricorso, di seguito, risulta infondato anche quanto alla seconda censura, con la quale si contesta al Tribunale di aver ripristinato il sequestro senza valutare il progetto dell'opera, senza esaminarne la tecnica costruttiva, senza individuarne l'incidenza sul carico urbanistico e sostituendosi all'autorità amministrativa, peraltro con violazione dell’art. 71, d. lgs. n. 117/2017; anche questa doglianza, infatti, è priva di un qualunque confronto con la motivazione del provvedimento impugnato, del quale ancora non è menzionato alcun passaggio, né esaminata alcuna considerazione. La stessa ordinanza, peraltro, risulta particolarmente sviluppata e fondata su argomenti solidi e congrui, così da sfuggire all'unica censura proponibile in questa sede contro i provvedimenti su misure cautelari reali, in punto di motivazione, ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen., ossia la radicale mancanza o la mera apparenza.
5.1. Il Tribunale, in particolare, ha preso le mosse dall'argomento impiegato dal G.i.p. per revocare il sequestro, ossia l'adeguatezza della presentazione di una SCIA, preceduta dal rilascio del nullaosta paesaggistico, ai sensi dell’art. 71 citato, e lo ha superato con una lettura della norma del tutto corretta e, peraltro, sostenuta dalla costante giurisprudenza amministrativa e penale.
5.2. E’ stato richiamato, dunque, il comma 1 della previsione, in forza del quale “le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni d'uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica”. Ebbene, come ben sostenuto dal Tribunale, questa disposizione intende favorire e promuovere le attività private di interesse pubblico, riconoscendo una sorta di “compatibilità ex lege” delle sedi e dei locali di questi enti con qualsiasi zona omogenea del piano regolatore e con qualsiasi destinazione d'uso; ciò, tuttavia, non consente di affermare l'esistenza di una deroga generalizzata alle altre disposizioni in materia edilizia, con particolare riferimento ai titoli abilitativi ed alla disciplina in tema di sicurezza e di sanità, dunque evidentemente da rispettare (tra le molte, TAR Lazio, sezione di Latina, n. 607 del 2023; TAR Toscana, n. 235 del 2019). Anche il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1737 del 2021 (ancora richiamata nell’ordinanza), ha affermato con chiarezza che l’art. 71 in oggetto “non coincide con una disposizione urbanistica stricto sensu, non avendo a oggetto il governo o la regolazione del territorio in sé; si limita piuttosto a prevedere un trattamento speciale in favore di certe categorie di soggetti, non già a disciplinare l’uso del territorio in quanto tale. In tale prospettiva, l’esenzione dal regime ordinario costituisce un’agevolazione soggettiva a beneficio degli Ets e della loro attività, come tale ben rientrante nel quadro delle finalità di sostegno e incentivo perseguite dalla legge a norma degli artt. 1 e 2 d.lgs. n. 117 del 2017; ma non è ascrivibile a tale disposizione una natura urbanistica vera e propria, non investendo essa il governo del territorio come tale.”
5.3. In altri termini, l’art. 71 in esame favorisce le attività del Terzo settore garantendone una più agevole collocazione territoriale, al fine di sollecitarne una omogenea distribuzione sulle diverse aree del Paese, dunque inerisce al “dove”, senza, però, ammettere o giustificare alcuna deroga sul “come”, che pertanto rimane assoggettato alla disciplina ordinaria. Pena, diversamente, un’irragionevole disparità di trattamento con l’attività edilizia realizzata da altri soggetti privati, suscettibile di evidenti dubbi di legittimità costituzionale. 
5.4. Su tutte queste considerazioni – si ribadisce – il ricorso non spende argomento.
5.5. L’impugnazione, ancora, risulta infondata nella parte in cui contesta all'ordinanza di aver ripristinato la misura senza alcuna verifica del caso concreto, del progetto e dei suoi profili tecnici; in palese contrasto con questa tesi, infatti, si richiama l'esame del fascicolo presente alla pagina 10 dell'ordinanza, l'attenta verifica delle opere e delle loro caratteristiche, tali da impedirne l’inquadramento nell'attività edilizia libera, in luogo di un intervento di nuova costruzione, così da richiedere il rilascio del permesso di costruire (come peraltro già affermato da questa Sezione, sempre con riguardo alla realizzazione di campi da padel, con le sentenze n. 41182 del 20/10/2021 e, con particolare ampiezza, n. 11999 del 6/3/2024). Negli stessi termini, il ricorso non può essere accolto laddove lamenta che il Tribunale non avrebbe valutato che il Comune di Riano aveva richiesto un'integrazione della pratica (a significare la cura con la quale questa era stata istruita): l'ordinanza, ancora con motivazione tutt'altro che assente o di mera apparenza, ha infatti sottolineato l'irrilevanza della circostanza, “potendo il contegno tenuto dall'amministrazione locale (…) rilevare semmai in termini di affidamento ingenerato nel privato circa la regolarità del suo operato” (affidamento, peraltro, escluso nel caso concreto con una motivazione che il ricorso non affronta affatto).
5.6. Quanto, infine, all’affermazione secondo cui il giudice penale si sarebbe indebitamente sostituito all'amministrazione, i cui provvedimenti sarebbero sempre connotati “da un certo margine di discrezionalità tecnica”, il Collegio ne evidenzia l'assoluta genericità, ed il mancato esame del rapporto tra la stessa discrezionalità ed il rispetto di norme cogenti.
5.7. Anche il secondo motivo di ricorso, pertanto, risulta infondato.
6. Alle stesse conclusioni, infine, la Corte giunge anche sulla terza censura, in tema di periculum in mora; sul presupposto, peraltro, che questa contesta, per un verso, la carenza assoluta di motivazione sul punto, e, per altro verso, il vizio di contraddittorietà, non ammesso a norma dell’art. 325 cod. proc. pen.
6.1. Il Tribunale ha innanzitutto richiamato la costante giurisprudenza secondo cui è ammissibile il sequestro preventivo di opere costruite abusivamente anche nell'ipotesi in cui l'edificazione sia ultimata, fermo restando l'obbligo di motivazione del giudice circa le conseguenze ulteriori sul regolare assetto del territorio rispetto alla consumazione del reato, derivanti dalla libera disponibilità del bene (Sez. 3, n. 52051 del 20/10/2016, Giudici, Rv. 268812). Muovendo da questo principio, l’ordinanza ha poi affermato – con argomento tutt’altro che assente o di mera apparenza – che il periculum sussiste in termini di aggravio del carico urbanistico, ove si consideri che l'impianto sportivo insiste in un'area a destinazione agricola e sottoposta a vincolo paesaggistico; nel caso in esame, peraltro, le opere risultano isolate, non inserendosi in un ambiente sportivo già realizzato, e da ciò è stato tratto tale aggravio del carico urbanistico con argomento non censurabile ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen. 
6.2. In senso contrario, peraltro, non valgono le considerazioni di puro merito contenute nel ricorso (pag. 12), secondo cui il Comune di Riano avrebbe impresso all'area una destinazione diversa, riqualificandola attraverso la realizzazione di un laghetto da pesca anche per uso sportivo e di una pista di pattinaggio, trattandosi di circostanze di puro merito, proprio del solo giudizio di cognizione non verificabili in questa sede attraverso l’esame della documentazione allegata.
7. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, ed il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 15 maggio 2024