Cass. Sez. III n. 42533 del 14 novembre 2008 (Ud. 4 nov. 2008)
Pres. Grassi Est. Teresi Ric. Palberti
Aria. Campionamento e analisi
Anche in materia di emissioni in atmosfera il prelievo dei campioni, caratterizzato dalla discrezionalità tecnica nella scelta del metodo, ha natura amministrativa ed è regolato dall\'art. 223 disp. att. c.p.p. Il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l\'unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione (come per i campioni di polveri provenienti dall\'attività di fonderia di ghisa) e può esser dato senza particolari formalità, anche oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo
Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale per inosservanza della metodica europea UNI EN 13284-1, inerente all’analisi delle polveri, avente “dignità legislativa”, nella specie disapplicata.
In particolare, osservava, circa la pesata iniziale del filtro, che la determinazione delle polveri è il risultato della differenza tra pesata finale effettuata sul camino e quella iniziale, atto irripetibile, e che, nella specie, della pesata iniziale non si era tenuto conto.
Aggiungeva che non era configurabile il reato di cui all’art. 674 cod. pen. per non essere stato segnalato un fatto diverso e ulteriore rispetto alle emissioni superiori ai limiti prefissati e che non era motivata l’affermazione di responsabilità per il reato di cui all’art. 650 cod. pen. perché - per i lavori di smontaggio delle lastre in cemento amianto - il piano di lavoro, depositato presso l’ASL, era stato eseguito in ritardo.
Chiedeva l’annullamento della sentenza.
Il primo motivo è infondato.
Anche in materia di emissioni in atmosfera il prelievo dei campioni, caratterizzato dalla discrezionalità tecnica nella scelta del metodo, ha natura amministrativa ed è regolato dall’art. 223 disp. att. c.p.p.
Infatti, “l’ispezione dello stabilimento industriale, il prelievo e il campionamento delle acque reflue, le analisi dei campioni, configurano attività amministrative che non richiedono l’osservanza delle norme dei codice di procedura penale stabilite a garanzia degli indagati e degli imputati per le attività dl polizia giudiziaria, atteso che l’unica garanzia richiesta par le anzidette attività ispettive è quella prevista dall’art. 223 disp. att. cod. proc. pen. che impone il preavviso all’interessato del giorno, dell’ora e del luogo dove si svolgeranno le analisi del campioni” (Cassazione Sezione III, n. 15170/2003, Piropan., RV. 224456).
Il preavviso circa la data e il luogo delle operazioni costituisce l’unico requisito di utilizzabilità delle analisi dei campioni per le quali non è possibile la revisione [come per i campioni di polveri provenienti dall’attività di fonderia di ghisa] e può esser dato senza particolari formalità, anche oralmente, non solo al titolare dello scarico, ma anche a un dipendente del titolare che abbia presenziato alle operazioni di prelievo dei campioni essendo solo necessario che esso sia idoneo al raggiungimento dello scopo (Cassazione Sezione VI n. 9994/1992, 08/09/1992 - 17/10/1992, Rinaldi, RV. 192524).
Nella specie, il Tribunale ha rilevato che l’imputato ha presenziato alle operazioni di campionamento e di analisi, senza nulla osservare, e che le analisi, dalle quali era emerso il superamento del limite delle polveri stabilite nella determinazione dirigenziale 20.12.1999 [49,29 mg per normal mc, rispetto al limute di 18 mg], erano state eseguite tenendo conto della pesatura iniziale, sicché l’esito era conseguito dal calcolo della differenza tra la prima pesata del ditale integro e la seconda pesata del ditale sporcato dalle polveri del camino, donde l’inconsistenza della doglianza.
Anche gli altri motivi sono infondati.
Per il reato di getto pericoloso di cose, il Tribunale si è adeguato alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui
• “la fattispecie di cui all’art. 674 cod. pen. non richiede per le sua configurabilità il verificarsi di un effettivo nocumento alle persone, essendo sufficiente il semplice realizzarsi di una situazione di pericolo dl offesa al bene che la norma intende tutelare., atteso che anche con ciò può determinarsi un rischio per la salubrità dell’ambiente e conseguentemente della salute umana” [Cassazione Sezione III n. 46846/2005, RV. 232652];
• tale ipotesi di reato può concorrere con quelle relative alla tutela dell’ambiente stante la diversa struttura della fattispecie e i differenti beni giuridici tutelati [cfr. Cassazione Sezione I n. 26109/2005, RV. 231882].
Ha conseguentemente ritenuto sussistere il reato perché la violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione amministrativa, comportanti l’ampio superamento del limite stabilito, e la notevole quantità di polveri e pulviscolo nero depositati all’interno dello stabilimento [rilevabile dalle fotografie dell’ARPA] erano idonee ad arrecare molestie apprezzabili anche agli abitanti delle case vicine in giornate di forte vento, come rilevato nel verbale di sopralluogo 23.03 .2005.
La vagliata attendibilità dell’accusa e la logica spiegazione delle incongruità segnalate dalla difesa per il reato di cui all’art. 650 cod. pen., hanno correttamente indotto il giudice del merito a escluderne l’incidenza sulla riportata ricostruzione dei fatti essendo certo che l’imputato non ha osservato le ordinanze sindacali, legalmente date per ragioni d’igiene e di salute pubblica, che gli imponevano la rimozione in tempi ragionevoli delle lastre in cemento amianto di copertura dello stabilimento.
Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese processuali.