Cass. Sez. III n. 16574 del 2 maggio 2007 (Up 06-03-2007)
Pres. Lupo E. Est. Fiale A. Imputato: Drago.
(Dichiara inammissibile, App. Palermo, 12 gennaio 2006)
BELLEZZE NATURALI (PROTEZIONE DELLE) - Provvedimento autorizzatorio postumo - Non ottenuto all'esito della procedura introdotta dalla legge n. 308 del 2004 - Effetti - Individuazione.

In tema di tutela del paesaggio, il rilascio postumo di un provvedimento autorizzatorio non ottenuto all'esito della procedura di cui all'art. unico, comma 36, L. n. 308 del 2004, che ha introdotto la possibilità di una valutazione della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori già realizzati, non comporta la non applicazione delle sanzioni stabilite per il reato di cui all'art. 181, comma primo, del D.Lgs. n. 42 del 2004, bensì il solo effetto di escludere l'emanazione o l'esecuzione dell'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. LUPO Ernesto - Presidente - del 06/03/2007
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDI Angelo Maria - Consigliere - N. 701
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - N. 21191/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DRAGO Giuseppe, nato a Siculiana il 6.5.1944;
avverso la sentenza 12.1.2006 della Corte di Appello di Palermo;
Visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
Udita, in Pubblica udienza, la relazione fatta dal Consigliere Dr. Aldo Fiale;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Dott. MELONI Vittorio, il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 12.1.2006, confermava la sentenza 22.3.2005 del Tribunale monocratico di Agrigento, che aveva affermato la responsabilità penale di Drago Giuseppe in ordine al reato di cui:
- al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, già D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 per avere realizzato senza la necessaria autorizzazione, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico perché ricadente in fascia di rispetto fluviale, opere consistenti in: un muro di contenimento a gradoni in calcestruzzo armato, di mt. 83,50 di lunghezza ed altezza variabile da mt. 0,50 a mt. 3,60; un muro di confine in calcestruzzo armato, di mt. 130 circa di lunghezza ed altezza variabile da mt. 0,50 a mt. 1,50; un abbancamento di terreno con innalzamento del piano di coltura da un minimo di mt. 0,50 ad un massimo di mt. 3,00, suddiviso in due gradoni - acc. in Siciliana, il 15.1.2003) e, riconosciute circostanze attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di mesi uno, giorni dieci di arresto ed Euro 21.000,00 di ammenda, concedendo il beneficio della sospensione condizionale subordinato all'adempimento - entro 90 giorni dalla formazione del giudicato - delle condizioni indicate nel parere reso in data 9.10.2003 dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Agrigento.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Drago, la quale - sotto il profilo della violazione di legge - ha eccepito:
- la insussistenza del reato, poiché i lavori eseguiti "non avevano, neanche minimamente, arrecato pregiudizio alla visuale ed al decoro del patrimonio paesaggistico ed ambientale circostante" ed anzi lo avevano "notevolmente migliorato". Essi non risultavano idonei, neppure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio;
- la illegittimità dell'impartito ordine di rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi, avendo la competente Soprintendenza espresso parere favorevole al mantenimento delle opere, in occasione della richiesta di sanatoria edilizia rilasciata dal Comune ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 36. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso deve essere rigettato, perché infondato. 1. Deve ribadirsi, quanto alla prima doglianza, l'orientamento costante di questa Corte Suprema vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^, 27.11.1997, Zauli ed altri; 7.5.1998, Vassallo;
13.1.2000, Mazzocco ed altro; 5.10.2000, Lorenzi; 29.11.2001, Zecca ed altro; 15.4.2002, P.G. in proc. Negri; 14.5.2002, Migliore;
4.10.2002, Debertol; 7.3.2003, Spinosa; 6.5.2003, Cassisa; 23.5.2003, P.M. in proc. Invernici; 26.5.2003, Sargentini; 5.8.2003, Mori;
7.10.2003, Fierro secondo il quale il reato di cui al D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163 (già L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies ed attualmente D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1) è reato di pericolo e, pertanto, per la configurabilità dell'illecito, non è necessario un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettano inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici. Nelle zone paesisticamente vincolate è inibita - in assenza dell'autorizzazione già prevista dalla L. n. 1497 del 1939, art. 7, le cui procedure di rilascio sono state innovate dalla L. n. 431 del 1985 e sono attualmente disciplinate dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146 - ogni modificazione dell'assetto del territorio, attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma "di qualunque genere" (ad eccezione degli interventi consistenti: nella manutenzione, ordinaria e straordinaria, nel consolidamento statico o restauro conservativo, purché non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici; nell'esercizio dell'attività agro- silvo-pastorale, che non comporti alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie od altre opere civili e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l'assetto idrogeologico; nel taglio colturale, forestazione, riforestazione, opere di bonifica, antincendio e di conservazione da eseguirsi nei boschi e nelle foreste, purché previsti ed autorizzati in base alle norme vigenti in materia).
Il legislatore, imponendo la necessità dell'autorizzazione, ha inteso assicurare una immediata informazione e la preventiva valutazione, da parte della pubblica Amministrazione, dell'impatto sul paesaggio nel caso di interventi (consistenti in opere edilizie ovvero in altre attività antropiche) intrinsecamente capaci di comportare modificazioni ambientali e paesaggistiche, al fine di impedire che la stessa P.A. sia posta di fronte al fatto compiuto. La fattispecie incriminatrice è rivolta a tutelare sia l'ambiente sia, strumentalmente e mediatamente, l'interesse a che la P.A., preposta al controllo venga posta in condizioni di esercitare efficacemente e tempestivamente detta funzione: la salvaguardia del bene ambientale, in tal modo, viene anticipata mediante la previsione di adempimenti formali finalizzati alla protezione finale del bene sostanziale ed anche a tali adempimenti è apprestata tutela penale. La vicenda in esame è caratterizzata, ad evidenza, dall'esecuzione di opere oggettivamente non irrilevanti ed astrattamente idonee a compromettere l'ambiente: sussiste, pertanto, un'effettiva messa in pericolo del paesaggio, oggettivamente insita nella minaccia ad esso portata e valutabile come tale ex ante, nonché una violazione dell'interesse dalla P.A. ad una corretta informazione preventiva ed all'esercizio di un efficace e sollecito controllo. 2. In relazione al secondo motivo di ricorso va rilevato, anzitutto, che la concessione edilizia rilasciata L. n. 47 del 1985, ex art. 13 estingue - ai sensi del successivo art. 22 - soltanto i reati di cui all'art. 20 della stessa legge (attualmente la materia, in relazione al permesso di costruire, è disciplinata dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, artt. 36 e 45).
L'effetto estintivo non si estende, invece, alle violazioni della L. n. 431 del 1985 poiché, a norma dell'art. 22, comma 3 dianzi citato (attualmente D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 45, comma 3), il rilascio della concessione in sanatoria (oggi permesso di costruire) "estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" ed alla nozione di "norme urbanistiche" non può ricondursi la L. n. 431 del 1985 (come trasfusa nel D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e nel D.Lgs. n. 42 del 2004), che pone una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa rispetto a quella che riguarda l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 3^: 20.5.2005, n. 19256; 19.5.2004, n. 23287; 25.10.2002, n. 35864; 11.2.1998, n. 1658.
La Corte Costituzionale, al riguardo - con l'ordinanza n. 327 del 21.7.2000 - ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 Cost., la questione di legittimità della L. n. 47 del 1985, art. 22, comma 3, nella parte in cui non prevedeva che il rilascio della concessione in sanatoria della L. n. 47 del 1985, ex art. 13 estinguesse, oltre alle violazioni di natura strettamente urbanistica, anche il reato ambientale, pure nella "ipotesi in cui, nei rispetto dei tempi ristretti di durata del procedimento amministrativo disciplinato dall'art. 13 citato, l'interessato abbia ottenuto anche il provvedimento favorevole di cui alla L. n. 1497 del 1939, art. 7 da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo".
2.1 Va poi ribadito che il successivo rilascio dell'autorizzazione paesistica, da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo, non determina l'estinzione del reato di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (già D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 163), poiché tale effetto non è espressamente previsto da alcuna disposizione legislativa vedi Cass., Sez. 3^, 12.12.1995, ric. P.M. in proc. Mingardi; 30.5.1996, ric. Giusti; 18.2.1998, ric. P.M. in proc. Cappelli; 15.6.1998, ric. P.M. in proc. Stefan; 6.7.1998, ric. Capolino; 17.11.1998, ric. Antognoli ed altro; 4.2.1999, ric. De Laurentiis.
Anche la Corte Costituzionale - con l'ordinanza n. 158 del 1998 - ha osservato che "la sopravvenienza dell'autorizzazione è irrilevante ai fini della sottoposizione a sanzione penale ai sensi della L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies (sentenza n. 318 del 1994); infatti, l'autorizzazione intervenuta dopo l'inizio dell'attività soggetta al necessario previo controllo paesaggistico non è sufficiente per rimuovere in via generale l'antigiuridicità penalmente rilevante dell'attività già compiuta in assenza di titolo abilitativo". Il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 146, comma 10, lett. c), ha perentoriamente stabilito che l'autorizzazione paesaggistica "non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale degli interventi".
Contrastando con tale principio, la L. n. 308 del 2004, articolo unico, comma 36 ha introdotto la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all'esito della quale - pur restando ferma l'applicazione delle misure amministrative ripristinatone e pecuniarie di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167 - non si applicano le sanzioni penali stabilite per il reato contravvenzionale contemplato dal citato D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, comma 1.
Si tratta, in particolare:
- dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3. Nei casi anzidetti la non applicabilità delle sanzioni penali è subordinata all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento "secondo le procedure di cui al comma 1 quater" del D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, introdotto dalla L. 15 dicembre 2004, n. 308: deve essere presentata, in particolare, apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90 giorni. Nella fattispecie in esame, però, il ricorrente non ha fatto ricorso alla procedura appena descritta e, in una situazione di non applicabilità, o di mancato esperimento della procedura disciplinata dal comma 36 dell'articolo unico della L. n. 308 del 2004, il rilascio postumo di un qualsiasi diverso provvedimento avente efficacia autorizzatoria ai fini della tutela paesaggistica quando pure lo si ritenesse ancora possibile al di fuori delle ipotesi di condono edilizio non produce l'estinzione dei reati di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181 (e di quello già previsto dal D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, art. 163 e, prima ancora, dalla L. n. 431 del 1985, art. 1 sexies), ma ha il solo effetto di escludere l'emissione o l'esecuzione dell'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, che correttamente nella specie non è stato impartito (vedi Cass., Sez. 3^: 10.7.2003, Fierro; 26.11.2002, Nucci). Lo stesso limitato effetto deve riconoscersi al pagamento della sanzione pecuniaria prevista dal D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 167 (già D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 164 e L. n. 1497 del 1939, art. 15).
La Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Agrigento, nel parere reso in data 9.10.2003 - essendo stata chiamata a pronunciarsi, in via successiva, nel contesto del procedimento edilizio di accertamento di conformità del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ex art. 36 - ha prescritto la necessità dell'esecuzione di alcuni interventi, ritenuti indispensabili per un armonico ed idoneo inserimento delle opere già realizzate nel contesto paesaggistico- ambientale, sicché legittimamente i giudici del merito hanno subordinato la sospensione condizionale della pena non alla rimessione in pristino dello stato originario dei luoghi, bensì alla effettiva esecuzione dei prescritti interventi, dovendo considerarsi che è sicuramente possibile l'utilizzazione del disposto dell'art. 165 cod. pen., rivolto a rafforzare il ravvedimento del condannato nella prospettiva di eliminazione delle "conseguenze dannose o pericolose del reato".
3. Al rigetto del ricorso segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 607, 615 e 616 c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2007.
Depositato in Cancelleria il 2 maggio 2007