TAR Lombardia (MI) Sez. II n. 798 del 5 aprile 2017
Urbanistica.Rielaborazione complessiva di uno strumento di pianificazione territoriale

Sebbene, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, la , avvenuta in sede di approvazione definitiva dello stesso, comporta la necessità della sua ripubblicazione, va tuttavia osservato che ricorre una tale ipotesi allorquando fra la fase di adozione e quella di approvazione siano intervenuti mutamenti tali da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione. Con riferimento ai piani urbanistici dei Comuni, non si può parlare di rielaborazione complessiva del piano quando in sede di approvazione vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree.


Pubblicato il 05/04/2017

N. 00798/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00098/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 98 del 2014, proposto da:
- Comune di Veduggio con Colzano, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Paolo Bertacco ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Milano, Via San Damiano n. 9;

contro

- la Provincia di Monza e della Brianza, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Matteo Accardi e Domenica Condello ed elettivamente domiciliata in Milano, Via Corridoni n. 39, presso la Segreteria del T.A.R.;

nei confronti di

- Regione Lombardia, in persona del Presidente pro-tempore, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

- della deliberazione del Consiglio provinciale n. 16 del 10 luglio 2013, recante l’approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) di Monza e della Brianza, pubblicata sul B.U.R.L. n. 43 del 23 ottobre 2013;

- di tutti gli atti ad essa presupposti, connessi o comunque consequenziali, ivi compresa la deliberazione del Consiglio provinciale n. 31 del 22 dicembre 2011 di adozione del P.T.C.P. di Monza e della Brianza;

- e, in via subordinata, per il risarcimento del danno.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Monza e della Brianza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;

Uditi, all’udienza pubblica del 31 gennaio 2017, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato in data 23 dicembre 2013 e depositato il 10 gennaio successivo, il Comune ricorrente ha impugnato la deliberazione del Consiglio della Provincia di Monza e della Brianza n. 16 del 10 luglio 2013, recante l’approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.), pubblicata sul B.U.R.L. n. 43 del 23 ottobre 2013, unitamente alla deliberazione del Consiglio provinciale n. 31 del 22 dicembre 2011 di adozione del medesimo P.T.C.P.; è stato altresì chiesto, in via subordinata, il risarcimento del danno.

Il ricorrente Comune di Veduggio con Colzano in data 22 marzo 2013 ha adottato il proprio Piano di governo del territorio (P.G.T.), cui ha fatto seguito una fase partecipativa di tutti i soggetti interessati, compresa la Provincia di Monza e della Brianza che ha proceduto alla verifica di compatibilità del predetto P.G.T. comunale rispetto al P.T.C.P. adottato (con la deliberazione del Consiglio provinciale n. 31 del 22 dicembre 2011). Tale valutazione di compatibilità provinciale è stata espressa in senso positivo con Determinazione dirigenziale provinciale n. 2141 del 24 luglio 2013, anche se è risultata condizionata al recepimento di tutte le prescrizioni contenute nell’atto allegato al predetto parere; in particolare si è segnalato che alcuni ambiti territoriali sarebbero stati ricompresi nella rete verde di ricomposizione paesaggistica, sia sulla base di una richiesta regionale sia in accoglimento di osservazioni al P.T.C.P. Pur non avendo appieno compreso la portata delle modifiche al Piano provinciale e quindi il reale impatto delle stesse sulla pianificazione comunale, in quanto non sarebbero stati resi disponibili gli atti contenenti le specifiche prescrizioni, il Comune le ha comunque recepite integralmente attraverso la deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del P.G.T. n. 27 del 30 agosto 2013. Quindi, soltanto in seguito alla pubblicazione della deliberazione del Consiglio provinciale n. 16 del 2013, recante l’approvazione del P.T.C.P. – avvenuta in data 23 ottobre 2013 –, il Comune ricorrente avrebbe inteso l’effettiva portata delle prescrizioni contenute nello stesso P.T.C.P., tese essenzialmente a vanificare l’attività pianificatoria comunale attraverso la previsione di una sostanziale inedificabilità dei comparti ricompresi nella rete verde di ricomposizione paesaggistica, peraltro introdotta soltanto in sede di approvazione finale e non anche nel testo del P.T.C.P. adottato.

Assumendo l’illegittimità del P.T.C.P. approvato, il Comune ha proposto ricorso, eccependo in primo luogo la violazione dell’art. 17 della legge regionale n. 12 del 2005 e dell’art. 10 della legge n. 1150 del 1942, dell’art. 33 del D. Lgs. n. 33 del 2013 e della legge n. 241 del 1990.

Successivamente sono stati dedotti la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 2, 15 e 17 della legge regionale n. 12 del 2005, dell’art. 20 del D. Lgs. n. 267 del 2000, delle D.G.R. n. 6421/2007 e n. 8515/2008 e l’eccesso di potere per sviamento e contradittorietà.

Poi, sotto diverso profilo, è stata eccepita la violazione delle predette norme alla luce dei principi fondamentali dell’azione amministrativa di cui all’art. 97 della Costituzione.

Inoltre sono stati dedotti la violazione degli artt. 1, 2, 9, 15, 18 e 77 della legge regionale n. 12 del 2005, dell’art. 20, comma 2, del D. Lgs. n. 267 del 2000, delle D.G.R. n. 6421/2007 e n. 8515/2008, degli artt. 5, 117, 118 e 128 della Costituzione e l’eccesso di potere per sviamento, difetto dei presupposti, difetto di motivazione, illogicità manifesta, contradittorietà e incompetenza.

Infine, sono stati dedotti la violazione degli artt. 15, 18, 19 e 77 della legge regionale n. 12 del 2005, dell’art. 20, comma 2, del D. Lgs. n. 267 del 2000, delle D.G.R. n. 6421/2007 e n. 8515/2008 e l’eccesso di potere per sviamento, difetto dei presupposti, difetto di motivazione, illogicità manifesta e contradittorietà.

In via subordinata è stata formulata una domanda risarcitoria.

Si è costituita in giudizio la Provincia di Monza e della Brianza, che ha chiesto il rigetto del ricorso.

In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, le parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni; in particolare, la difesa della Provincia ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per tardività, carenza di legittimazione e di interesse, oltre a ribadirne l’infondatezza nel merito; la difesa del Comune ricorrente ha replicato, chiedendo il rigetto delle eccezioni e insistendo per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 31 gennaio 2017, su conforme richiesta dei difensori delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Si può prescindere dallo scrutinio delle eccezioni di carattere preliminare formulate dalla difesa provinciale, in quanto il ricorso è infondato nel merito.

2. Con il primo motivo si deduce che le profonde e radicali modifiche apportate in sede di approvazione del P.T.C.P. rispetto al contenuto di quello adottato avrebbero dovuto indurre la Provincia a consentire agli interessati di presentare nuove osservazioni, se non addirittura a ripubblicare il Piano.

2.1. La censura è infondata.

Sebbene, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, la rielaborazione complessiva di uno strumento di pianificazione territoriale, avvenuta in sede di approvazione definitiva dello stesso, comporta la necessità della sua ripubblicazione, va tuttavia osservato che ricorre una tale ipotesi allorquando fra la fase di adozione e quella di approvazione siano intervenuti mutamenti tali da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione (cfr., fra le tante, T.A.R. Toscana, I, 17 novembre 2011, n. 1736).

Con riferimento ai piani urbanistici dei Comuni, la giurisprudenza esclude che si possa parlare di rielaborazione complessiva del piano quando in sede di approvazione vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree (cfr. Consiglio di Stato, IV, 4 dicembre 2013, n. 5769; 30 luglio 2012, n. 4321; 27 dicembre 2011, n. 6865).

E’ ovvio che i principi appena illustrati devono essere adattati quando oggetto di sindacato giurisdizionale non sia lo strumento urbanistico del Comune ma un P.T.C.P. della Provincia.

La scala provinciale impone di considerare irrilevanti, ai fini della ripubblicazione, non solo le modifiche che riguardino singole aree o gruppi di aree ma anche tutte quelle modifiche, intervenute in sede di approvazione, che investano settori circoscritti del territorio provinciale (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 19 giugno 2015, n. 1432). A tal fine la difesa della Provincia ha chiarito che la superficie della Rete verde ha subito nel suo complesso un incremento di circa il 16% (passando da 102 a poco più di 118 Kmq); ciò rende priva di rilievo determinante la circostanza, evidenziata dal Comune ricorrente, secondo la quale con l’approvazione vi sarebbe stato un notevole incremento dei vincoli sulle aree ricadenti nel proprio territorio ed una significativa estensione di vincoli su aree precedentemente non contemplate, attraverso un eccessivo ampliamento della rete ecologica e delle relative prescrizioni, anche a livello temporale, contenute nell’art. 31 del P.T.C.P.

Inoltre, va evidenziato come le innovazioni introdotte nella fase di approvazione sono il risultato dell’accoglimento di osservazioni presentate da altri soggetti e del recepimento delle indicazioni della Giunta regionale. In tali casi può trovare applicazione la norma dell’art. 13, comma 9, della legge regionale n. 12 del 2005 che, seppure dettata per il procedimento di approvazione del P.G.T., vale a dire lo strumento urbanistico generale comunale, può essere analogicamente applicata anche al P.T.C.P., quale atto di pianificazione generale in ambito però sovracomunale. La ridetta norma esclude la necessità di nuova pubblicazione in caso di approvazione di “… controdeduzioni alle osservazioni e di recepimento delle prescrizioni provinciali e regionali …”. Va, infine, osservato che nessuna disposizione impone di concedere nuovi termini per la presentazione di ulteriori osservazioni (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 settembre 2016, n. 1700).

2.2. Per queste ragioni, la censura in esame va respinta.

3. Con la seconda doglianza e la quarta doglianza, da trattare congiuntamente in quanto connesse, si deduce che la Provincia non avrebbe affatto considerato le istanze del Comune ricorrente, emergenti già in fase di redazione dello strumento urbanistico comunale, e in ogni caso avrebbe dettato una disciplina eccessivamente limitativa delle prerogative comunali, in violazione della normativa nazionale e regionale di settore.

3.1. Le doglianze sono infondate.

In base all’art. 2, quarto comma, della legge regionale n. 12, il Piano Territoriale Regionale ed i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciale hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della stessa legge, abbiano efficacia prevalente e vincolante.

Il modello delineato dalla legge regionale prevede che i piani collocati al livello superiore non sono gerarchicamente sovraordinati agli altri, ma dettano una disciplina di orientamento, indirizzo e coordinamento, che non può essere stravolta ma, in particolari casi, derogata dalla disciplina puntuale dettata dallo strumento di pianificazione contenente disposizioni di maggior dettaglio.

Ciò naturalmente non può azzerare il potere pianificatorio dei Comuni, la cui partecipazione deve essere quindi assicurata e non può essere puramente nominale, essendo precluso a Regioni e Province trasformare i poteri comunali in ordine all’uso del territorio in funzioni meramente consultive prive di reale incidenza, o in funzioni di proposta o ancora in semplici attività esecutive.

Nel caso di specie, la Provincia di Monza e della Brianza non ha, tuttavia, con il proprio P.T.C.P., arbitrariamente compresso il potere di pianificazione urbanistica spettante al Comune ricorrente.

L’individuazione degli ambiti destinati a far parte della Rete verde costituisce scelta che involge interessi di carattere sovracomunale, ambientali e paesaggistici, la cui tutela è stata affidata dalla legge regionale n. 12 del 2005 – in ossequio ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui all’art. 118, comma primo, della Costituzione – alla Regione e alle Province. Questi interessi sono dunque presi in considerazione dagli strumenti di pianificazione territoriale approvati da tali enti (P.T.R. e P.T.C.P.) e si sovrappongono agli interessi di carattere urbanistico la cui tutela è principalmente affidata ai Comuni (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 19 giugno 2015, n. 1432).

Va poi osservato che, come ogni altra scelta pianificatoria, queste decisioni sono espressione dell’ampia discrezionalità tecnica di cui l’Amministrazione dispone in materia e dalla quale discende la loro sindacabilità solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità ed evidente travisamento dei fatti (ex plurimis, Consiglio di Stato, IV, 27 dicembre 2007, n. 6686); e che, nel caso di specie, non sono stati evidenziati macroscopici profili di illogicità nelle scelte operate dalla Provincia, non apparendo, al contrario, illogica la decisione di porre rimedio all’eccessivo consumo di suolo ormai posto in essere in una parte del territorio provinciale (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 maggio 2014, n. 1355).

3.2. Per quanto riguarda l’asserita lesione delle prerogative procedimentali dei Comuni, si deve rilevare che l’art. 15, quarto comma, della legge regionale n. 12 del 2005 prevede sì che, per definire gli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico, le Province devono acquisire le proposte dei Comuni, ma non impone alle prime di adeguarsi a tali proposte.

Peraltro, con sentenza n. 2423 dell’8 ottobre 2014, questa Sezione, decidendo il ricorso presentato da un altro Comune (Concorezzo) della Provincia, ha preso atto della circostanza che quest’ultima ha trasmesso a tutti i Comuni la nota, con la quale si comunicava che, con deliberazione della Giunta provinciale del 16 dicembre 2009 n. 93, era stato dato avvio al procedimento di formazione del P.T.C.P., e si indicava altresì il termine del 15 marzo 2010 per la presentazione di proposte. Nella stessa sentenza si aggiunge che risulta, inoltre, che la proposta di P.T.C.P. sia stata trasmessa a tutti i Comuni su supporto informatico, in allegato alla nota della Provincia in data 1 agosto 2011 e che le proposte della Provincia di individuazione degli ambiti destinati all’attività agricola di interesse strategico, poi trasfuse nel P.T.C.P., erano state sottoposte ai Comuni nel corso della riunione con i Sindaci tenutasi il 21 marzo 2011 (ciò emerge anche dalla lettura delle premesse alla deliberazione di adozione del P.T.C.P. n. 31 del 2011). Alle luce di tali considerazioni si deve escludere che, nel caso concreto, siano state violate le prerogative procedimentali del Comune ricorrente (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 settembre 2016, n. 1700; 19 giugno 2015, n. 1432).

3.3. Per queste ragioni i motivi non possono essere accolti.

4. Con la terza censura si assume la violazione del principio di trasparenza, correttezza e leale collaborazione da parte della Provincia nei confronti del Comune ricorrente, non avendo la prima evidenziato in misura adeguata la portata delle modifiche introdotte nel corso del procedimento di approvazione del P.T.C.P. e avendo negato l’accesso alla documentazione rilevante prima della definitiva approvazione del P.G.T.

4.1. La doglianza è infondata.

È stato già evidenziato come le modifiche contenute nel Piano approvato siano conseguenza dell’accoglimento di osservazioni presentate da altri soggetti e del recepimento delle indicazioni della Giunta regionale; appare evidente che avuto riguardo alla complessità del procedimento di approvazione del P.T.C.P. non fosse concretamente esigibile dalla Provincia un dovere di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati alla pianificazione su ogni singola questione oggetto di intervento, pena l’arresto di tutto il processo di pianificazione.

Oltretutto, il comportamento del Comune non appare del tutto immune da censure, visto che in fase di approvazione del P.G.T. ha ritenuto di recepire integralmente le prescrizioni provinciali, pur non avendo pienamente compreso la portata delle modifiche al Piano provinciale, già introdotte in quel momento. La scarsa collaborazione – peraltro solo affermata, ma non dimostrata nemmeno in via indiziaria – attribuita agli Uffici provinciali, che non avrebbero reso disponibili gli atti rilevanti, non giustifica il comportamento comunale che è stato assolutamente inerte e passivo: si sarebbe dovuta prima ottenere la documentazione rilevante e poi approvare il P.G.T., oppure non recepire affatto le prescrizioni provinciali, in tal modo evitando di adeguarsi al buio a delle prescrizioni poco o per nulla intellegibili.

4.2. Ciò determina il rigetto anche della predetta doglianza.

5. Con la quinta doglianza si assume l’abnormità della previsione di inedificabilità sostanziale e della misura di compensazione ambientale, in relazione al contenuto di indirizzo delle disposizioni della Rete ecologica regionale e della mancata verifica dell’effettivo valore ambientale degli ambiti interessati.

5.1. La doglianza è infondata.

A prescindere dal parziale intervenuto annullamento dell’art. 31 da parte di questa Sezione con diverse sentenze (ex aliis, T.A.R. Lombardia, Milano, II, 23 settembre 2016, n. 1700), va evidenziato che la parte ricorrente tende a contestare nel merito la valutazione effettuata dalla Provincia, con ciò ponendosi in contrasto con il consolidato orientamento giurisprudenziale che riconduce tutte le attività pianificatorie ad un’ampia discrezionalità tecnica di cui l’Amministrazione dispone e dalla quale discende la loro sindacabilità solo nei ristretti imiti costituiti dalla manifesta illogicità ed evidente travisamento dei fatti (ex plurimis, Consiglio di Stato, IV, 27 dicembre 2007, n. 6686); e che, nel caso di specie, non sono stati evidenziati macroscopici profili di illogicità nelle scelte operate dalla Provincia, non apparendo, al contrario, illogica la decisione di porre rimedio all’eccessivo consumo di suolo ormai posto in essere in una parte del territorio provinciale (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 27 maggio 2014, n. 1355), peraltro adeguandosi agli indirizzi forniti dalla Regione che, seppure non impongono un adeguamento puntuale, comunque non possono essere disattesi dagli Enti sottordinati senza una specifica e particolarmente pregnante motivazione.

In ogni caso va sottolineato come gli ambiti denominati “D” nel Sistema rurale-paesistico-ambientale del Piano Territoriale Regionale (P.T.R.), siano destinati alla promozione della realizzazione della Rete Verde Regionale e della Rete Ecologica Regionale (P.T.R. – Piano Paesaggistico, norme art. 24), quali Infrastrutture Prioritarie per la Lombardia da articolare obbligatoriamente sia a livello provinciale che comunale, nei rispettivi strumenti di pianificazione. Per questo, dopo l’individuazione delle parti di territorio inizialmente escluse dalla perimetrazione della Rete verde, come da richiesta regionale, si è proceduto al collegamento delle aree così delimitate, attraverso l’individuazione delle aree libere atte a svolgere la funzione di corridoi in base ai criteri dettati dalla Regione, escludendosi dalla rete solo le aree già urbanizzate e ormai prive di valide funzioni ecologico-paesaggistiche; oltretutto, essendosi la Provincia adeguata agli indirizzi regionali, la decisione non richiedeva una particolare motivazione (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 19 giugno 2015, n. 1432).

5.2. Di conseguenza, anche la predetta censura va respinta.

6. In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

7. Quanto alla domanda di risarcimento del danno, la stessa è infondata, in ragione dell’affermata legittimità sia degli atti impugnati che del comportamento della Provincia, anche in considerazione della circostanza che il Comune in vista dell’approvazione del proprio P.G.T. ha recepito integralmente e senza riserve le prescrizioni provinciali contenute nella valutazione di compatibilità, pur non avendone compreso l’effettiva portata.

8. In relazione alle peculiarità anche fattuali della controversia, le spese di giudizio possono essere compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso indicato in epigrafe, unitamente alla domanda risarcitoria.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 31 gennaio 2017 con l’intervento dei magistrati:

Mario Mosconi, Presidente

Antonio De Vita, Consigliere, Estensore

Floriana Venera Di Mauro, Referendario

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Antonio De Vita        Mario Mosconi