Cass. Sez. III sent. 7111 del 23 febbraio 2010 (Cc 17 novembre 2010)
Pres. Lupo Est. Fiale Ric. Capasso
Beni ambientali. Compatibilità paesaggistica ed esecuzione della sentenza

Nel caso in cui siano prodotti al giudice dell'esecuzione pareri positivi di compatibilità paesaggistica su tali documenti il giudice dell’esecuzione deve svolgere il suo potere-dovere di sindacato per verificare se sia legittimamente intervenuto accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dei commi 1 ter e quater dell’art. 181 del D.Lgs, n. 42/2004, come modificati dalla legge n. 308/2004 e dal DLgs. n. 157/2006.

 

UDIENZA del 17.11.2011

SENTENZA N. 1413

REG. GENERALE N. 19362/2009


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:



Dott. ERNESTO LUPO Presidente
Dott. MARIO GENTILE Consigliere
Dott. ALDO FIALE Rel. Cons.
Dott. MARGHERITA MARMO Consigliere
Dott. GUICLA IMMACOLATA MULLIRI Consigliere


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:


1) CAPASSO BARBATO ALDO N. IL xx/xx/xxxx
avverso l'ordinanza n. 170/2008 TRIBUNALE di ISERNIA, del 18/02/2009 sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO FIALE;
lette le conclusioni del il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.


FATTO E DIRITTO


A Capasso Barbato Aldo - quale amministratore di fatto della "Società Agricola Venafrana di Capasso & C." - è stata applicata pena concordata (ex art. 444 c.p.p.) dal Tribunale monocratico di Isernia (con sentenza del 2.10.2008, divenuta irrevocabile 31.10.2008), in relazione al reato di cui all'art. 181 D.Lgs. n. 42/2004, per avere eseguito, in un'area del Comune di Sesto Campano assoggettata a vincolo paesaggistico, lavori edilizi in difformità dalla autorizzazione ambientale e, con quella sentenza, a stata ordinata la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell'art. 181, ultimo comma, del D.Lgs. n. 42/2004.


Il Capasso ha proposto incidente di esecuzione, per ottenere la revoca di detto ordine ripristinatorio, producendo:
- nota del 23.2.2007 della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise, avente ad oggetto un richiesto accertamento di compatibilità paesaggistica, in cui si esprime parere positivo ai sensi del comma 5° dell' art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004;
- nota del 4.4.2007della Direzione generale delle politiche del territorio della Regione Molise, avente ad oggetto l'autorizzazione ai sensi dell'art. 146 del Digs. n. 42/2004, in cui, "preso atto del parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Molise", si esprime parere favorevole, sul presupposto che "le parti aggiunte possano essere intese come volumi tecnici e non aumento di superfici e si prescrive che "sia comunque prevista una riqualificazione dell'area";
- permesso di costruire in sanatoria, rilasciato dal Comune di Sesto Campano in data 26.3.2008, ex art. 36 del T.U. n. 380/2001;
- certificato di agibilità, rilasciato dal medesimo Comune in data 1.10.2008.


Il Tribunale monocratico di Isernia, quale giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 18.2.2009, ha rigettato la richiesta, argomentando che:
- la documentazione prodotta è antecedente alla sentenza di applicazione di pena e doveva essere fatta valere nel giudizio di cognizione;
- il permesso di costruire rilasciato ex art. 36 del T.U. n. 380/2001 non sana la violazione paesaggistica.


Avverso tale ordinanza il Capasso ha proposto ricorso per cassazione, ex art. 666, 2° comma, c.p.p., obiettando che il permesso in sanatoria sarebbe valido sia ai fini edilizi che a quelli paesaggistici e che il giudice, nella prospettiva della revoca dell'ordine di restituzione in pristino, avrebbe dovuto comunque valutare tutti gli elementi ancorché preesistenti al giudizio di cognizione offerti dalla difesa.


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Il ricorso merita accoglimento nei limiti di seguito specificati.


1. Ai fini della responsabilità penale, gli elementi di prova preesistenti, non acquisiti nel giudizio di cognizione, possono essere fatti valere solo con il meccanismo della revisione, ma non possono essere valutati nel giudizio di esecuzione, perche altrimenti quest'ultimo diverrebbe una forma di impugnazione della decisione emessa in sede di cognizione.


2. Diverso e, invece, il discorso per l'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi impartito ai sensi dell'art. 181, ultimo comma, del D.Lgs. n. 42/2004, che a una sanzione amministrativa irrogata dal giudice penale con un potere autonomo, che tuttavia deve essere necessariamente coordinato con tutta la normativa di riferimento e con le scelte della pubblica amministrazione.


Secondo la giurisprudenza di questa Corte Suprema - che il Collegio riafferma - detta sanzione è sottratta alla regola del giudicato ed è riesaminabile in fase esecutiva, atteso che spetta al giudice dell'esecuzione valutare la compatibilità dell'ordine ripristinatorio medesimo con i provvedimenti eventualmente emessi dall'autorità o dalla giurisdizione amministrativa, disponendone la revoca in caso di contrasto insanabile o la sospensione se può ragionevolmente presumersi, sulla base di elementi concreti, che tali provvedimenti stanno per essere emessi in tempi brevi, non essendo peraltro sufficiente la mera possibilità di una loro adozione.


Il giudice dell'esecuzione, pertanto, deve revocare l'ordine di rimessione in pristino impartito con la sentenza di condanna o di patteggiamento quando siano già sopravvenuti atti amministrativi del tutto incompatibili con esso e può altresì sospendere tale ordine quando sia concretamente prevedibile e probabile l'emissione, entro breve tempo, di atti amministrativi incompatibili.

3. In relazione alla fattispecie in esame, deve ribadirsi anzitutto l'orientamento costante di questa Corte secondo il quale il permesso di costruire rilasciato ex art. 36 del T.U. n. 389/2001 estingue ai sensi del successivo art. 45 - soltanto i reati di cui all'art. 44 dello stesso T.U.
L'effetto estintivo non si estende, invece, alle violazioni della legge n. 431/1985 (come trasfuse nel T.U. n. 490/1999 e nel D.Lgs. n. 42/2004), poiché, a norma del 3° comma dell'art. 45 del T.U. n. 389/2001, il rilascio del permesso di costruire in seguito ad intervenuto accertamento di conformità "estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti" ed alla nozione di "norme urbanistiche" non può ricondursi la normativa paesaggistica, che pone una disciplina difforme e differenziata, legittimamente e costituzionalmente distinta, avente oggettività giuridica diversa rispetto a quella che riguarda l'assetto del territorio sotto il profilo edilizio (vedi, tra le molteplici pronunzie, Cass., Sez. 20.5.2005, n. 19256; 19.5.2004, n. 23287; 25.10.2002, n. 35864; 11.2.1998, n. 1658).


La Corte Costituzionale, al riguardo - con l'ordinanza n. 327 del 21.7.2000 - ha ritenuto manifestamente infondata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità dell'art. 22, 3° comma, della legge n. 47/1985, nella parte in cui quella norma non prevedeva che il rilascio della concessione in sanatoria ex art. 13 della legge n. 47 del 1985 estinguesse, oltre alle violazioni di natura strettamente urbanistica, anche il reato ambientale, pure nella "ipotesi in cui, nel rispetto dei tempi ristretti di durata del procedimento amministrativo disciplinato dall'art. 13 citato, l’interessato abbia ottenuto anche il provvedimento favorevole di cui all'art. 7 della legge n. 1497 del 1939 da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo".

4. Va rilevato, però, alla stregua delle prospettazioni e delle produzioni documentali del ricorrente, che contrastando con il principio (enunciato dall'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 fino dalla sua formulazione originaria) dell'impossibilità di rilascio di una autorizzazione paesaggistica successiva alla realizzazione dei lavori il comma 36 dell'articolo unico della legge n. 308/2004 [con previsioni trasfuse nei commi 1 ter e quater dell'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004 e, successivamente, anche nei commi 4 e 5 dell'art. 167] ha introdotto (in relazione al reato contravvenzionale contemplato dal 1° comma dell'art. 181 dello stesso D.Lgs.) la possibilità di una valutazione postuma della compatibilità paesaggistica di alcuni interventi minori, all'esito della quale pur restando ferma l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di cui all'art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004 - l'ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi non si applica o deve essere revocato.


Si tratta, in particolare:
- dei lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- dell'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
- dei lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, ai sensi dell'art. 3 del T.U. n. 380/2001.


Nei casi anzidetti l'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento avviene "secondo le procedure di cui al comma 1 quater" dell'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004, introdotto dalla legge 15.12.2004, n. 308: deve essere presentata, in particolare, apposita domanda all'autorità preposta alla gestione del vincolo e detta autorità deve pronunciarsi entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro il termine, anch'esso perentorio, di 90 giorni.


5. Nel caso in esame, il ricorrente ha prodotto pareri positivi di compatibilità paesaggistica e su tali documenti il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto svolgere il suo potere-dovere di sindacato per verificare se sia legittimamente intervenuto accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dei commi 1 ter e quater dell'art. 181 del D.Lgs. n. 42/2004, come modificati dalla legge n. 308/2004 e dal D.Lgs. n. 157/2006.


Tale doveroso accertamento, invece, di fatto è stato omesso.


6. L'impugnata ordinanza, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Isernia, quale giudice dell'esecuzione, per nuovo esame.


P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione,


visti gli ant. 666, 611 e 623 c.p.p.,
annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Isernia quale giudice dell'esecuzione.
Cosi deciso in ROMA, nella camera di consiglio del 17.11.2009


DEPOSITATA IN CANCELLERIA il 23/02/2010