I beni paesaggistici inviduati e tutelati in base alla legge
(Nota a Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 4516/2017)

di Massimo GRISANTI


Alcuni giorni or sono la rivista Lexambiente ha pubblicato la sentenza in commento con la quale il Consiglio di Stato ha stabilito che le Zone A ex art. 2 D.M. 1444/1968 individuate negli strumenti urbanistici sono beni paesaggistici ex art. 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Il caso deciso riguarda un intervento nel centro storico di Francavilla Fontana, che, dietro informazioni assunte presso l’ufficio tecnico dell’ente locale, non è vincolato per decreto, né per legge.
In sostanza, il Consiglio di Stato ha affermato che all’indomani dell’approvazione del Codice le zone A sono vincolate in base alla legge a termini dell’art. 136, c. 1, del D.Lgs. 42/2004: e per l’effetto, ai sensi dell’art. 25 del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357, il dirigente comunale non può rilasciare il permesso di costruire “… se non previo favorevole avviso della competente (regia) Soprintendenza …”.
L’affermazione, a parere dello scrivente, è l’approdo finale di un ragionamento che parte dalla seguente statuizione di principio contenuta nell’art. 2 del Codice: “… Sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati all’articolo 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge o in base alla legge”.
Non utilizzando la locuzione “in base alla presente legge”, oppure “in base al Codice”, il legislatore ha voluto affermare che, oltre a quelli indicati all’art. 134, vi sono beni immobili che l’ordinamento dichiara di notevole interesse pubblico, o che lo possono essere, al di fuori delle procedure di cui agli articoli 138 e ss. o di elaborazione del piano paesaggistico: ai quali, ai sensi dell’art. 9 della Costituzione, deve essere accordata adeguata tutela.
Una dichiarazione evidentemente avvenuta, o da farsi dopo l’entrata in vigore del Codice, a mezzo di atti amministrativi generali di natura regolamentare.
E poiché il Codice altro non è che il punto di arrivo di una complessa attività di conservazione del patrimonio culturale nazionale, si ritiene necessario, per comprendere in appieno il ragionamento svolto, ripartire con l’esame dal primo provvedimento legislativo organico ovverosia dalla legge n. 1497/1939.
All’art. 7 della L. 1497 il legislatore dispose che “i proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, dell’immobile, il quale sia stato oggetto di notificata dichiarazione o sia stato compreso nei pubblicati elenchi delle località non possono distruggerlo né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo esteriore aspetto che è protetto dalla presente legge. Essi, pertanto debbono presentare i progetti dei lavori che vogliano intraprendere alla competente Regia Soprintendenza e astenersi dal mettervi mano sino a tanto che non ne abbiano ottenuta l’autorizzazione”.
Siffatto obbligo di autorizzazione, e quindi la tutela paesaggistica dei beni, iniziava a decorrere dal momento di pubblicazione all’albo pretorio comunale dell’elenco delle bellezze individuate dalla Commissione provinciale, a cui, come è noto, seguiva sia il periodo delle opposizioni, sia il provvedimento conclusivo ministeriale con il quale il bene veniva dichiarato di notevole interesse pubblico.
Quindi, l’ordinamento conosce sin dal 1939 l’immediata tutela di beni immobili di notevole interesse paesaggistico in potenza (che possono anche non divenire stabilmente tali a seguito dell’accoglimento delle opposizioni o del rifiuto ministeriale di accogliere la proposta della Commissione).
In termini non dissimili dispone l’attuale art. 146 del Codice: “… i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione …”. Infatti, l’art. 136 del Codice dispone che “… sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico … i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici …”.
Il caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale trova conformità (a termini) nei requisiti richiesti dall’art. 2 del D.M. 1444/1968 affinché il Comune e la Regione – quest’ultima quale Ente preposto, dalle disposizioni di principio fondamentale della legge statale, all’approvazione del P.R.G. a mezzo di apposito decreto del potere esecutivo con il quale, ex art. 10, c. 2, lett. c) della L. 1150/1942 e s.m.i., viene assicurata “… la tutela del paesaggio e di complessi storici, monumentali, ambientali ed archeologici …” – possano legittimamente qualificare parti del territorio comunale quali zone territoriali omogenee A (centri e nuclei storici ed aree contermini) e, per l’effetto, sottoporle a specifica disciplina.
Pertanto, per le parti di territorio ivi individuate Zone A, l’atto approvativo dei piani regolatori generali porta seco la dichiarazione di interesse paesaggistico che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, c. 3, e dell’art. 136, comporta la loro tutela nelle forme previste dagli articoli 146 e 167 del Codice.
Né osta a tale ricostruzione il fatto che all’articolo 143 del Codice niente venga detto in ordine al contenuto del piano paesaggistico, atteso che, per espressa disposizione di legge, il contenuto ivi indicato è quello minimo.
Del resto non si vede perché la Regione possa dichiarare un bene singolo di notevole interesse pubblico a mezzo del procedimento delineato dall’articolo 138 e ss. del Codice, ma ciò non potrebbe avvenire, in base alla legge (artt. 2 e 136 D.Lgs. 42/2004 nonché artt. 7, 10 e 41 quinquies L. 1150/1942 in correlazione all’art. 2 D.M. 1444/1968), a mezzo dell’approvazione dello strumento urbanistico generale, atteso che quest’ultimo viene formato previa partecipazione popolare e contiene le norme di attuazione quali specifiche prescrizioni d’uso (analoghe a quelle ex art. 138 del Codice).
Non si dimentichi che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 379/1994, ha statuito che “… la riferita concezione “dinamica” del paesaggio, e la più ampia apertura del concetto di urbanistica, hanno avuto per risultato una sorta di mutualità integrativa, per effetto della quale la tutela dei valori paesaggistico-ambientali si realizza anche attraverso la pianificazione urbanistica …”.
Pertanto non è così irragionevole che nel delineato sistema pan-paesaggistico il legislatore statale abbia previsto la tutela dei centri e nuclei storici individuati dagli strumenti urbanistici – che fanno dell’Italia il paese più bello al mondo e che costituiscono complessi identitari della popolazione – a mezzo di disposizioni di tutela diretta per legge fino a quando, a mezzo di apposito decreto, venga accertato essere insussistente quel caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale che è il presupposto per la sottoposizione del complesso di beni immobili alle disposizioni di tutela del Titolo I della Parte III del Codice.
Infine, si evidenzia che così come sono sottoposti a tutela i centri e nuclei storici, altrettanto lo sono i beni di cui alle lettere a) e b) del Codice, le cui peculiari caratteristiche sono state accertate a mezzo di disposizioni di legge o atti generali.