Cass. Sez. III n. 30383 del 18 luglio 2016 (Ud 30 mar.2016)
Pres. Grillo Est. Riccardi Ric. Mazzoccoli ed altro
Beni Culturali. Omessa denuncia della scoperta di cose d'antichità o d'arte

Nonostante l'apparente natura di reato comune, indiziata dall'uso del pronome "chiunque", la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 175, lett. b, d.lgs. 42\2004  delinea, in realtà, un reato omissivo proprio, connesso alla posizione di garanzia individuata dall'art. 90, comma 3, cit.; l'autore del reato, pertanto, può essere individuato nel solo "detentore" di cose scoperte fortuitamente, sul quale gravano gli obblighi di conservazione e custodia, ed il connesso obbligo di immediata denuncia, il cui inadempimento integra la fattispecie omissiva di cui all'articolo citato.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 2 luglio 2015 il Tribunale di Brindisi condannava M.G. e D.C.N. alla pena di Euro 3.000,00 di ammenda per il reato di omessa denuncia del rinvenimento fortuito di beni culturali (un affresco del XV secolo) di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 175, lett. b), pronunciando sentenza di proscioglimento con diverse formule (per prescrizione, per insussistenza del fatto o per non averlo commesso) in ordine agli altri reati paesaggistici contestati.

2. Avverso tale provvedimento il difensore dell'imputato M. G., Avv. Viola Messa, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo il vizio di violazione di legge e di motivazione, per avere la sentenza individuato in capo all'imputato la qualità di responsabile dell'omessa denuncia: secondo quanto emerso dall'istruttoria, l'affresco era stato già rinvenuto nel febbraio 2008, mentre la Adrema s.r.l., della quale M. era amministratore, ha assunto la gestione dell'immobile solo il 11/06/2010; su lui incombevano solo gli obblighi di conservazione e custodia, non anche di denuncia. Lamenta, inoltre, la qualità di bene culturale dell'affresco, in ordine al quale non è stato disposto alcun intervento di tutela, nè alcuna ricerca sulla datazione.

3. Ricorre per cassazione anche il difensore dell'imputato D.C. N., Avv. Rosario Almiento, deducendo il vizio di violazione di legge e di motivazione, per non avere la sentenza dichiarato l'estinzione per prescrizione del reato, il cui dies a quo andrebbe individuato nel momento dell'esecuzione dei lavori.

Lamenta inoltre la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione della richiesta di applicazione dell'istituto della particolare tenuità del fatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso di M.G. è fondato.

Il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 175, lett. b), punisce con l'arresto fino ad un anno e l'ammenda da Euro 310 a Euro 3.099 "chiunque, essendovi tenuto, non denuncia nel termine prescritto dall'art. 90, comma 1, le cose indicate nell'art. 10 rinvenute fortuitamente o non provvede alla loro conservazione temporanea".

La norma extrapenale richiamata, l'art. 90 del medesimo codice dei beni culturali, concernente le "scoperte fortuite", recita: "1. Chi scopre fortuitamente cose immobili o mobili indicate nell'articolo 10 ne fa denuncia entro ventiquattro ore al soprintendente o al sindaco ovvero all'autorità di pubblica sicurezza e provvede alla conservazione temporanea di esse, lasciandole nelle condizioni e nel luogo in cui sono state rinvenute. (...) 3. Agli obblighi di conservazione e custodia previsti nei commi 1 e 2 è soggetto ogni detentore di cose scoperte fortuitamente".

Nonostante l'apparente natura di reato comune, indiziata dall'uso del pronome "chiunque", la fattispecie incriminatrice contestata delinea, in realtà, un reato omissivo proprio, connesso alla posizione di garanzia individuata dall'art. 90, comma 3, cit.; l'autore del reato, pertanto, può essere individuato nel solo "detentore" di cose scoperte fortuitamente, sul quale gravano gli obblighi di conservazione e custodia, ed il connesso obbligo di immediata denuncia, il cui inadempimento integra la fattispecie omissiva di cui al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 175, lett. b.

Al riguardo, la sentenza impugnata ha affermato la responsabilità penale nei confronti non soltanto del "detentore" dell'affresco al momento del rinvenimento ( D.C.N.), ma altresì del detentore della cosa al momento dell'accertamento.

Nondimeno è stato accertato che M.G., in qualità di amministratore della società (Adrema s.r.l.) che ha assunto la gestione dell'immobile dove è stato rinvenuto l'affresco, è entrato nella disponibilità giuridica e materiale del bene in data 11/06/2010, allorquando i lavori erano già terminati.

Va evidenziato che il D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 175, lett. b), individua due condotte alternative, consistenti nell'omessa denuncia e nell'omessa conservazione temporanea; mentre la posizione di garanzia a tutela dell'obbligo di denuncia entro ventiquattro ore è individuata dall'art. 90, comma 1, cit. in capo a colui che "scopre", la posizione di garanzia a salvaguardia degli obblighi di conservazione e custodia è individuata dall'art. 90, comma 3, cit.

in capo a "ogni detentore".

Vi è, dunque, una asimmetria tra lo scopritore dei beni di rilevanza culturale, sul quale grava l'obbligo di denuncia e, fino al momento della detenzione, gli obblighi di conservazione e custodia, ed il 'detentorè dei medesimi beni, sul quale gravano soltanto gli obblighi di conservazione e custodia.

Peraltro, mentre la scoperta del bene denota un fatto la cui rilevanza, anche naturalistica, si esaurisce istantaneamente, la detenzione denota una situazione di disponibilità che si protrae nel tempo; ne deriva che mentre la posizione di garanzia dello scopritore incombe soltanto sul titolare originario della stessa, non potendo essere trasferita ad altri, per l'esaurimento della "situazione tipica" di fatto (la scoperta), la posizione di garanzia del detentore può essere trasferita dall'originario scopritore (in quanto anche 'detentorè) ad altro soggetto che assuma la disponibilità, giuridica e materiale, del bene.

La sentenza impugnata ha affermato che la fattispecie contestata "ha carattere omissivo permanente, per cui se è vero che l'obbligo sorge con la scoperta o con il ritrovamento fortuito, è altrettanto vero che perdura anche nel detentore che non abbia rinvenuto l'oggetto, per tutto il tempo in cui continua a sussistere il rapporto con la cosa" (p. 3).

Tuttavia, occorre discernere il perimetro della qualificazione della permanenza, nel senso che se la fattispecie omissiva - sia di omessa denuncia, sia di omessa custodia e conservazione - integra un reato permanente, tuttavia la "situazione tipica" che fonda l'assunzione della posizione di garanzia è, nel caso dello scopritore, istantanea, e dunque insuscettibile di trasferimento; laddove la "situazione tipica" che fonda l'assunzione della posizione di garanzia del detentore è permanente, dipendendo dalla disponibilità materiale e giuridica del bene; invero, nei reati omissivi propri la tipicità è costituita dalla "situazione tipica" che fonda l'obbligo di agire, dalla possibilità di adempiere e dall'omissione della condotta doverosa; allorquando manchi la fonte dell'obbligo, la "situazione tipica", non può ritenersi operante l'obbligo di agire.

Nel caso dello scopritore, pertanto, l'obbligo di denuncia permane fino al momento in cui non venga adempiuto ovvero non venga accertata l'omissione (in tal senso, Sez. 3, n. 1214 del 28/11/1996, dep. 1997, Rizzo, Rv. 207070: "Il reato di omessa denuncia della scoperta di cose d'antichità o d'arte è reato omissivo permanente e perciò la prescrizione non comincia a decorrere se non dalla avvenuta denuncia o dal momento in cui l'omissione viene accertata. Perciò la distruzione non definitiva degli oggetti ritrovati, o la loro dispersione o occultamento non determinano la cessazione della permanenza. Trattandosi inoltre di reato di pericolo presunto, l'obbligo dell'informativa all'autorità e della temporanea conservazione del bene scaturisce dallo stesso rinvenimento e prescinde dal danno arrecato al bene"), ma non può essere trasferito ad un successivo detentore del bene, sul quale graverà soltanto l'obbligo di custodia e conservazione, perchè la "situazione tipica" della "scoperta" del bene si esaurisce istantaneamente.

Nel caso in esame, il reato contestato concerne esclusivamente l'omessa denuncia della scoperta dell'affresco, non anche l'omessa custodia e conservazione; alla stregua delle considerazioni che precedono, dunque, l'obbligo di denuncia deve ritenersi gravare soltanto sullo scopritore dell'affresco, non anche sul successivo detentore del bene, il quale, peraltro, ha assunto la disponibilità dell'immobile ove era ubicato il bene culturale allorquando i lavori erano già terminati e l'affresco era stato già danneggiato; in tal senso non potendosi neppure ragionevolmente individuarsi una omissione dell'obbligo di custodia e conservazione (comunque non contestata).

La sentenza impugnata va dunque annullata senza rinvio nei confronti di M.G. perchè il fatto non sussiste.

2. Il ricorso di D.C.N. è parzialmente fondato.

2.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto, come si è rilevato, "il reato di omessa denuncia della scoperta di cose d'antichità o d'arte è reato omissivo permanente e perciò la prescrizione non comincia a decorrere se non dalla avvenuta denuncia o dal momento in cui l'omissione viene accertata" (Sez. 3, n. 1214 del 28/11/1996, dep. 1997, Rizzo, Rv. 207070).

Pertanto, la consumazione del reato non può coincidere con l'esecuzione dei lavori (in ragione della scoperta del bene), come sostenuto dal ricorrente, bensì con la cessazione della permanenza, che, in assenza di adempimento dell'obbligo di denuncia, va individuata nel momento in cui è stata accertata l'omissione.

2.2. Il secondo motivo è fondato.

Invero, come si evince dal verbale dell'udienza del 02/07/2015, nonchè dalle stesse conclusioni riportate nell'intestazione della sentenza impugnata, la difesa di D.C. aveva chiesto il proscioglimento per la particolare tenuità del fatto.

Sul punto, tuttavia, la sentenza del Tribunale di Brindisi non ha fornito alcuna motivazione.

Al riguardo va ribadito che l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui all'art. 131-bis cod. pen., ha natura sostanziale ed è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28, ivi compresi quelli pendenti in sede di legittimità; tuttavia alla Suprema Corte è precluso l'apprezzamento dei presupposti per il riconoscimento della causa di non punibilità allorchè si renda necessaria una valutazione complessiva di profili di fatto (Sez. 6, n. 39337 del 23/06/2015, Di Bello, Rv. 264554; ex multis, Sez. 3, n. 15449 del 08/04/2015, Mazzarotto, Rv. 263308), potendo rilevare di ufficio ex art. 609 c.p.p., comma 2, la sussistenza delle condizioni di applicabilità del predetto istituto, dovendo peraltro limitarsi, attesa la natura del giudizio di legittimità, ad un vaglio di astratta non incompatibilità della fattispecie concreta (come risultante dalla sentenza impugnata e dagli atti processuali) con i requisiti ed i criteri indicati dal predetto art. 131 bis (Sez. 2, Sentenza n. 41742 del 30/09/2015, Clemente, Rv. 264596).

Nel caso in esame, essendo cessata la permanenza del reato, che avrebbe impedito l'astratta configurabilità della causa di non punibilità (Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, Sarli, Rv. 265435: "In tema di reati permanenti, è preclusa l'applicazione della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto finchè la permanenza non sia cessata, in ragione della perdurante compressione del bene giuridico per effetto della condotta delittuosa"), ed avendo la sentenza impugnata espresso una valutazione di "modestia oggettiva del fatto", va disposto l'annullamento per l'omessa motivazione sul punto, con rinvio al giudice del merito per la valutazione della ricorrenza dei presupposti.

Giova evidenziare che nel caso di annullamento con rinvio da parte della Corte di Cassazione, limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti per l'applicazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, il giudice di rinvio non può dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, maturata successivamente alla sentenza di annullamento parziale (Sez. 3, n. 50215 del 08/10/2015, Sarli, Rv. 265434).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di M.G. perchè il fatto non sussiste.

Annulla con rinvio la medesima sentenza nei confronti di D.C. N. limitatamente alla applicabilità della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen. e rinvia al Tribunale di Brindisi. Rigetta il ricorso nel resto.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2016