TAR Emilia Romagna (BO) n. 791 del 27 luglio 2016
Caccia e animali. Divieto di impiego di strumenti di comunicazione radio o telefonica nell'esercizio dell'azione di caccia

Legittimità della previsione contestata che limita il divieto dell’utilizzo degli strumenti di comunicazione strettamente alla fase dell'esercizio dell'azione di caccia, volendo regolamentare una modalità di caccia (segnalazione Avv. M. Balletta),



N. 00791/2016 REG.PROV.COLL.

N. 00511/2016 REG.RIC.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 511 del 2016, proposto da:
Federazione Italiana della Caccia della Provincia di Ravenna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Fabio Fanelli C.F. FNLFBA57B24H501I, domiciliato ex art. 25 cpa presso la Segreteria Tar in Bologna, Strada Maggiore 53;

contro

Regione Emilia Romagna, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Marina Michelessi C.F. MCHMRN67M52A462K, Claudia Menini C.F. MNNCLD66C57F461Y, domiciliata presso gli uffici dell’avvocatura regionale in Bologna, via Aldo Moro 52;

per l'annullamento

della deliberazione della Giunta Regionale Emilia Romagna n. 497 del 11 aprile 2016 "Calendario Venatorio Regionale stagione 2016 - 2017 - al punto 13 ove è vietato l'impiego di strumenti di comunicazione radio o telefonica nell'esercizio dell'azione di caccia, salvo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 22 del R.R. 1/2008 e nei casi in cui risulti di primaria importanza tutelare la salute personale";


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Emilia Romagna;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 luglio 2016 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori Fabio Fanelli, Marina Michelessi e Claudia Menini;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’associazione ricorrente impugnava il Calendario Venatorio Regionale stagione 2016 – 2017 relativamente ad una previsione contenuta nel punto 13 che vieta l'impiego di strumenti di comunicazione radio o telefonica nell'esercizio dell'azione di caccia.

Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 1 L. 689/1981 in quanto sarebbe stata creata un’ipotesi di illecito amministrativo senza che vi sia una previsione normativa in tal senso.

Il secondo motivo contesta la violazione degli artt. 18 L. 157/1992 e 50 L.R. 8/1994 poiché in virtù di tali norme gli unici divieti che possono essere imposti tramite il Calendario Venatorio sono quelli relativi alle specie cacciabili, mentre per il resto ci si deve rifare alle leggi indicate secondo il principio di gerarchia delle fonti.

Il terzo motivo eccepisce il difetto di motivazione poiché nel provvedimento non è indicata alcuna ragione per porre il divieto contestato.

Il quarto motivo lamenta una mancanza di istruttoria che ha avuto come conseguenza l’illogicità della disposizione contestata; non si capisce per quale ragione debba essere vietato l’uso di dispositivi che sono ormai entrati nell’uso comune, dal momento che l’unica ragione plausibile e cioè il divieto di usare tali strumenti come richiami e già sancita da altra norma.

La Regione Emilia Romagna si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente il difetto di legittimazione attiva e la carenza di interesse, e nel merito concludeva per il rigetto.

Si può prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari poiché il ricorso è infondato.

In relazione al primo motivo, il principio della riserva di legge fissato nella materia delle sanzioni amministrative della L. 689/1981, all'art. 1, impedisce che l'illecito amministrativo e la relativa sanzione siano introdotti direttamente da fonti normative secondarie: la norma non esclude, tuttavia, che i precetti della legge, sufficientemente individuati, siano eterointegrati da norme regolamentari, allorché la materia sia caratterizzata da un particolare tecnicismo e sia necessario, pertanto, rinviare a provvedimenti amministrativi espressione di discrezionalità tecnica, e purché venga dalla norma primaria circoscritto l'ambito in cui tale discrezionalità può operare.

Mentre relativamente all’irrogazione della sanzione la riserva di legge è stata considerata assoluta.

La disposizione contestata ha, infatti, come riferimento l’art. 61, comma 3, L.R. 8/1994 che stabilisce l’entità della sanzione per le violazioni alle disposizioni contenute nei regolamenti regionali e negli altri atti di attuazione della presente legge, tra cui non può non essere ricompreso il Calendario venatorio.

Passando all’esame del secondo motivo, va premesso che l'art. 18 della L.n. 157/1992 individua, standard minimi e uniformi di tutela della fauna sull'intero territorio nazionale, garantendo il rispetto degli obblighi comunitari.

Una volta stabilito il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica in modo uniforme in ogni Regione, lo stesso art. 18, comma 4, consente quindi un intervento regionale allo scopo di modulare, in modo confacente ai singoli territori, l'impatto delle previsioni generali recate dalla normativa statale. Residuano quindi alle Regioni poteri dispositivi che possono essere esercitati, nei propri calendari venatori, in senso più rigoroso e diverso rispetto a quanto previsto dalla normativa statale.

Sul piano della legislazione regionale, l'art. 50 della L.R. 8/1994, demanda alla Giunta regionale la regolamentazione dell'esercizio della caccia, indicando alle lettere a), b), c) e d) le previsioni minime e obbligatorie del contenuto del calendario, senza escludere che il calendario venatorio possa contenere ulteriori divieti e disposizioni regolative delle modalità di caccia.

Il terzo ed il quarto motivo parimenti non colgono nel segno; è un fatto notorio che gli strumenti di comunicazione radio-telefonici possono essere utilizzati dai cacciatori per agevolare la ricerca della fauna selvatica e per azioni di caccia congiunta.

Anche quando è stata ammessa la caccia in forma collettiva al cinghiale, l'uso degli strumenti di comunicazione è stato consentito limitatamente al momento organizzativo dell'azione di caccia o per garantire l'incolumità delle persone, rimanendo comunque vietato durante l'esercizio della caccia.

La previsione contestata limita il divieto dell’utilizzo degli strumenti di comunicazione strettamente alla fase dell'esercizio dell'azione di caccia volendo regolamentare una modalità di caccia, peraltro anche i calendari venatori provinciali già prevedevano analoghe disposizioni che non sono mai state oggetto di impugnazione.

Il Calendario venatorio è un atto amministrativo generale che non necessita di puntuale motivazione di ogni sua previsione. Peraltro la mancanza di una motivazione è compensata dall’iter procedimentale che porta all’emanazione dell’atto quando esso è portato all'attenzione delle varie categorie e associazioni interessate, fra cui anche l'odierna ricorrente, le quali hanno potuto presentare le proprie osservazioni, di cui il Calendario ha preso atto.

Non vi è, infine, alcuna irragionevolezza: il divieto non vuole limitare il diritto di comunicazione, non è imposto per qualsivoglia motivo, anche solo per riferire ad un proprio familiare o amico un semplice ritardo, come affermato dall’associazione ricorrente, ma nel momento in cui il cacciatore sta esercitando la sua attività venatoria.

Il ricorso, in conclusione, è infondato e va respinto con condanna dell’associazione ricorrente alle spese di giudizio secondo il principio di soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.000,00 oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bologna nella camera di consiglio del giorno 27 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:

Giuseppe Di Nunzio, Presidente

Maria Ada Russo, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere, Estensore

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Ugo De Carlo        Giuseppe Di Nunzio
         
         
         
         
         

IL SEGRETARIO