Cass. Sez. III n. 26606 del 13 luglio 2021 (CC 28 mag 2021)
Pres. Sarno Rel. Ramacci Ric. Monaco
Ecodelitti.Luogo di consumazione del reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti

Il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. (già art. 260 d.lgs. 152\06), concretandosi lo stesso nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, va individuato in quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato


RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Messina, con ordinanza dell’8 gennaio 2021 ha rigettato la richiesta di riesame, presentata nell'interesse di Giuseppe Monaco, avverso il provvedimento emesso il 9 dicembre 2020 e con il quale il GIP del Tribunale di Messina lo aveva sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con l'utilizzo di dispositivo di controllo e con divieto di comunicazione perché ritenuto gravemente indiziato di essere partecipe di un'associazione criminale finalizzata alla commissione, tra gli altri, di traffici illeciti di rifiuti e di delitti contro la pubblica amministrazione (capo 25 dell'incolpazione provvisoria), nonché del delitto di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen.
Avverso tale pronuncia il predetto propone ricorso per cassazione tramite i propri difensori di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati.  

2. Con un primo motivo di ricorso deduce la violazione di legge, lamentando che giudici del riesame avrebbero illegittimamente rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale del GIP di Messina, sollevata nel corso dell'udienza, in relazione alle incolpazioni provvisorie di cui ai capi 19 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti)  e 25 ( associazione per delinquere).
Osserva, a tale proposito, che il reato di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen., in quanto compreso tra quelli inseriti nell'art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen., esercita una vis attractiva anche sugli altri reati e risulta commesso in Ramacca ed altrove come da incolpazione.
Richiamata quindi la giurisprudenza di legittimità in ordine all'individuazione del luogo di commissione di tale reato, rileva come il Tribunale avrebbe fondato la propria decisione, nonostante il pubblico ministero avesse indicato i fatti come verificatisi in Ramacca, località situata nel distretto Catania ed altrove, facendo riferimento ad una presunta combustione illecita di plastica servendosi di un capo di incolpazione (numero 17) relativo a fatti contestati ad altri.

3. Con un secondo motivo di ricorso censura la sussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, rilevando come la contestazione trarrebbe esclusiva origine da alcune discrasie riscontrate nei dati riportati nei MUDA (Modello Unico Dichiarazione Ambientale), dai quali si sarebbe desunta, in maniera meramente induttiva, la sussistenza di un illecito smaltimento di rifiuti considerando la differenza tra i quantitativi riportati in tali documenti e quelli dichiarati dalle società alle quali i rifiuti erano stati conferiti.
Rappresenta, a tale proposito, di aver prodotto, in relazione ad ogni singola contestazione, una voluminosa documentazione allegata ad una consulenza tecnica di parte dalla quale risulterebbe, contrariamente a quanto ritenuto nell’ordinanza impugnata, la perfetta coincidenza tra i quantitativi di rifiuti dichiarati e quelli smaltiti e ciò in quanto la differenza sarebbe dovuta ad una diversa modalità  di calcolo, perché anziché sommare i quantitativi indicati in chilogrammi, sarebbe stato convertito il volume dei rifiuti moltiplicandolo per un coefficiente pari a 600 kg per metro cubo.
Vengono, a tale proposito, riportati in ricorso i calcoli relativi a ciascuna annualità evidenziando gli errori in cui sarebbe incorso il Tribunale.
Rileva, pertanto, che in luogo del contestato traffico illecito sarebbe configurabile, nella fattispecie, la violazione amministrativa di cui all'art. 258 d.lgs. 152/2006, dal momento che la documentazione prodotta consentirebbe, attraverso una verifica incrociata dei dati riportati nei registri di carico e scarico e nei formulari di trasporto effettuata dal consulente di parte, di dimostrare la rispondenza tra i quantitativi di rifiuti conferiti dalla sua società ad altre società e quelli da queste effettivamente ricevuti.  
Nel caso specifico si tratterebbe, pertanto, di indicazioni formalmente incomplete ed inesatte  contenenti, però, tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge sui rifiuti gestiti.  Il tribunale non avrebbe considerato tale evenienza, limitandosi a ritenere errate le modalità di calcolo adottate.
Lamenta, poi,  il vizio di motivazione, osservando che il Tribunale avrebbe omesso di rispondere alle obiezioni difensive contenute nella memoria prodotta e di considerare i riscontri documentali offerti facendo esclusivo riferimento ai dati indicati nei MUDA.
Osserva anche che il Tribunale avrebbe fatto riferimento specifico alla combustione di rifiuti plastici presso un impianto situato in Motta Camastra, attività che non è oggetto di contestazione nei suoi confronti e che non riguarderebbe neppure rifiuti plastici, perché in nessun caso verrebbe menzionata la tipologia del rifiuto combusto.
Aggiunge che i giudici del riesame avrebbero anche travisato il contenuto delle conversazioni intercettate e che l’assenza di tracce di combustione sui luoghi sarebbe stata dimostrata anche attraverso le foto satellitari acquisite dal consulente di parte, del quale vengono testualmente riportate le conclusioni.

4. Con il terzo motivo di ricorso deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla partecipazione all'associazione per delinquere, avendo il Tribunale posto in rilievo una serie di condotte che non costituiscono reato e sarebbero del tutto conformi alle normali pratiche imprenditoriali come evidenziato nella memoria difensiva della quale, però, i giudici del riesame non avrebbero tenuto conto.

5. Con un quarto motivo di ricorso lamenta la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, ritenendo che, anche in questo caso, il Tribunale non abbia considerato i rilievi formulati dalla difesa in ordine ai requisiti di attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato posti a fondamento della misura.
In particolare, rileva come, nella richiesta di riesame, si fosse fatto riferimento al tempo trascorso dai fatti contestati, alla chiusura delle attività ed al fallimento della società partecipata “Waste Green s.r.l.”, all'inattività di altra società (“Eco Beach”) dal giorno del sequestro dell'impianto ed al fatto che il coindagato Gaetano Monastra non ricopriva più l'incarico di amministratore della “Eco Ambiente Italia s.r.l.” da prima dell'esecuzione della misura. A fronte di tali rilievi, il Tribunale si sarebbe basato su mere congetture.
Osserva, altresì, che la contestazione della permanenza del reato sarebbe priva concretezza, in quanto i fatti si sarebbero verificati in un contesto temporale limitato, compreso tra il 2016 ed il 2018 e che  l'attività veniva svolta in un settore lecito, quale quello ambientale ed, in ogni caso, egli aveva dismesso la carica di amministratore unico della società, mentre tutte le relazioni intessute erano lecite perché nate e sviluppate nell'ambito lavorativo professionale.
Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.
Il Procuratore Generale, nella sua requisitoria , ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.


CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Occorre premettere, per una migliore comprensione della vicenda, che nel provvedimento impugnato viene dato atto che il ricorrente è stato ritenuto gravemente indiziato di essere partecipe di un’associazione criminale, capeggiata ed organizzata da tale Savio Nerino e finalizzata alla commissione, tra gli altri, dei reati di traffici illeciti di rifiuti e delitti contro la pubblica amministrazione, come la corruzione, all'interno della quale egli era inserito in quanto, pur mantenendo autonomia gestionale (ed anzi venendo particolarmente “rispettato” dai sodali), avrebbe diffusamente contribuito a costituire un modello organizzativo ulteriore, caratterizzato da un patto di mutuo soccorso tra le varie società, finalizzato ad ottenere il risultato di massimizzare i profitti attraverso una considerevole riduzione dei costi.
Il ricorrente è anche ritenuto gravemente indiziato del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti per avere, nella veste di amministratore unico della società “Ofelia Ambiente s.r.l.”, in concorso con Monastra, amministratore della società “Eco Ambiente Italia s.r.l.” e Codevilla, amministratore della società “Waste Green s.r.l.”, al fine di trarre un ingiusto profitto, consistente in un rilevante risparmio di costi e di indebiti guadagni da parte delle società, con più operazioni, consistite nell'allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate - che vanno dal trasporto al conferimento, smaltimento di rifiuti ed alla compilazione di falsi MUDA - esercitato il traffico illecito di rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (CER 19 12 12)  e rifiuti biodegradabili da cucine e mense (CER 20 01 08). In particolare, viene contestato al ricorrente di aver organizzato ed eseguito il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti con modalità illecite, attraverso lo sversamento non autorizzato, l’interramento, l’incendio ovvero il deposito presso impianti di destinazione di imprese compiacenti (quali “Waste Green” ed “Eco Ambiente Italia”), confidando nella collaborazione dei gestori responsabili (Codevilla e Monastra) e con l'ausilio di false dichiarazione MUDA presentate da “Ofelia Ambiente s.r.l.” e da “Eco Ambiente Italia s.r.l.” per attestare falsamente in capo ad “Ofelia Ambiente s.r.l.” la corretta gestione di rifiuti in realtà smaltiti illecitamente. Con l'aggravante di aver commesso il fatto nell'ambito di attività di impresa o comunque di un'attività organizzata (in Ramacca ed altrove, accertato nel dicembre 2016 e sino ad oggi).

3. Fatta tale premessa, occorre rilevare, con riferimento alla competenza territoriale di cui tratta il primo motivo di ricorso, che la giurisprudenza di questa Corte, richiamata anche nel provvedimento impugnato, ha evidenziato che il luogo di consumazione del reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. (già art. 260 d.lgs. 152\06), concretandosi lo stesso nella commissione di una pluralità di operazioni di traffico illecito di rifiuti attraverso l’allestimento di mezzi ed attività continuative organizzate, va individuato in quello in cui avviene la reiterazione delle condotte illecite, in quanto elemento costitutivo del reato (Sez. 3, n. 48350 del 29/9/2017, Perego, Rv. 271798; Sez. 3, n. 29619 del 08/07/2010, Leorati e altri, Rv. 248145; Sez. 3, n. 46705 del 3/11/2009, Caserta, Rv. 245605).
Va anche ricordato che, nei confronti dell'attività investigativa del P.M. della Direzione distrettuale antimafia, in relazione a reati che rientrino nelle sue attribuzioni (e, quindi, nella competenza giurisdizionale del giudice del capoluogo del distretto), non si pongono problemi di connessione nel caso della scoperta di reati che esulino da quelli previsti dall'art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen., ma semplicemente problemi di mantenimento della unitarietà delle indagini. Ciò in quanto a tale magistrato inquirente è attribuita certamente la potestà investigativa in relazione ai reati di cui alla norma anzidetta, ma se, nel corso delle indagini su detti reati, si profili la necessità di perseguire un reato diverso da quelli previsti da detta norma, non v'è disposizione che escluda il delitto dai poteri di indagine dell'organo inquirente del capoluogo del distretto. In tal caso, se si tratta di provvedimento di indagine soggetto a riesame, lo stesso va correttamente proposto al giudice del capoluogo del distretto (così, testualmente, Sez. 6, Sentenza n. 30372 del 16/3/2004, Morelli, Rv. 230442).
Si è ulteriormente precisato che la competenza territoriale del giudice distrettuale presuppone che sia accertato il luogo di consumazione del reato compreso tra quelli indicati nell’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. sulla base delle regole stabilite negli artt. 8 e 9, comma primo, cod. proc. pen. o, quando sia impossibile la loro applicazione, in base a quelle del successivo art. 16, potendosi far ricorso ai criteri sussidiari indicati nei commi secondo e terzo del citato art. 9 solo in via residuale, allorché non possano trovare applicazione quei parametri oggettivi che, garantendo il collegamento tra competenza territoriale e luogo di manifestazione di almeno uno degli episodi che costituiscono la vicenda criminosa, meglio assicurano il principio costituzionale della "naturalità" del giudice, come fisiologica allocazione del processo, fin quando e dove possibile nel "locus commissi delicti" (così, Sez. 1, n. 13929 del 17/3/2010, Confl. comp. in proc. Ye Zhiwei e altri, Rv. 246670).
Va anche considerato che, trattandosi di procedimento ancora nella fase delle indagini preliminari, il luogo del commesso reato potrebbe non essere esattamente circoscritto o non ancora individuato ed è comunque correlato alla sostanziale “fluidità” del procedimento ed, inoltre, che la sua verifica richiede, da parte del giudice del merito, un accertamento in fatto, come correttamente rilevato nel provvedimento impugnato.

4. Ciò premesso, osserva il Collegio che il Tribunale, dopo aver dato ampiamente conto delle condotte poste in essere dagli indagati e degli stretti rapporti intercorrenti tra le diverse società sulla base degli elementi raccolti nel corso delle indagini, ha ritenuto corretta l’individuazione del giudice competente nel GIP di Messina, considerando che gli illeciti smaltimenti di rifiuti avvenivano con regolarità e continuità presso un sito di pertinenza della società “Waste Green” (che si indica, in altra parte dell’ordinanza, come appartenente per il 25% alla Ofelia Ambiente a far data dal 24 maggio 2018 e per una quota pari al 32% alle sorelle Savio, proprietarie anche della società Eco Beach) ubicato in Motta Camastra, rientrante quindi nella competenza del Tribunale messinese, sito indicato come utilizzato per il compimento di attività illecite e come base di appoggio delle società Ofelia ambiente ed Eco Beach.
A fronte di tali considerazioni, fondate su dati fattuali compiutamente analizzati dai giudici del riesame, il ricorrente attribuisce valore determinante all’indicazione del luogo del commesso reato indicata nell’incolpazione provvisoria, laddove il pubblico ministero avrebbe fatto riferimento a Ramacca, comune nel circondario di Catania, non considerando, tuttavia, che nel capo di incolpazione in questione vi è scritto, più esattamente, “in Ramacca ed altrove” sicché tale indicazione non è dirimente a fronte dell’accertamento in fatto effettuato dai giudici del riesame.
Parimenti non determinante è il riferimento alla combustione di rifiuti di plastica, perché dal complessivo tenore dell’ordinanza impugnata si comprende che quello indicato è un episodio tra i molti di smaltimento illecito di rifiuti compiuti nell’ambito delle attività organizzate oggetto di indagine ed è menzionato nell’ordinanza unitamente ad altri elementi ritenuti, con congrua motivazione, indicativi della concentrazione delle illecite condotte poste in essere dagli indagati nel sito di Motta Camastra.  
La decisione del Tribunale sul punto risulta, pertanto, giuridicamente corretta ed adeguatamente motivata.

5. Venendo all’esame del secondo motivo di ricorso, va preliminarmente ricordato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari personali deve riguardare esclusivamente la violazione specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione entro i limiti indicati dalla norma, con la conseguenza che il controllo di legittimità non può riferirsi alla ricostruzione dei fatti o censure che, seppure formalmente rivolte alla motivazione, si concretino in realtà nella prospettazione  di una diversa valutazione delle circostanze già prese in considerazione dal giudice di merito (cfr. Sez. 2, n. 31553 del 17/5/2017, Paviglianiti, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 2/3/2017, Di Iasi, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 8/3/2012, Lupo, Rv. 252178;  Sez. 5, n. 46124 del 8/10/2008, Pagliaro,Rv. 241997).
Con specifico riferimento al  ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame, in merito alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, si è inoltre osservato che  alla Corte “spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie” (Sez. U, n. 11 del 22/3/2000, Audino, Rv. 215828.V. anche Sez. 4,n. 26992 del 29/5/2013, Tiana, Rv. 255460; Sez. 4, n. 22500 del 3/5/2007, Terranova, Rv. 237012 ).
In definitiva, come pure si è osservato, il sindacato di legittimità sulla motivazione del provvedimento cautelare personale è circoscritto alla verifica che il testo dell'atto impugnato risponda a due requisiti, consistenti nell'esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e nell'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine del provvedimento (Sez. 2, n. 27866 del 17/6/2019, Mazzelli, Rv. 276976; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Merja, Rv. 248698 . V. anche  Sez. F, n. 47748 del 11/8/2014, Contarini, Rv. 261400; Sez. 4,n. 26992 del 29/5/2013, Tiana, Rv. 255460, cit.)  
Parimenti, si è specificato che non è richiesto in sede di riesame la confutazione, punto per punto, degli argomenti difensivi di cui sia manifesta l'irrilevanza, in quanto l’obbligo motivazionale del giudice deve ritenersi circoscritto alla disamina di specifiche allegazioni difensive quando siano oggettivamente contrastanti con gli elementi accusatori, poiché nella nozione di "elementi di favore" rientrano solo i dati di natura oggettiva aventi rilievo concludente, mentre restano escluse le mere posizioni difensive negatorie o le prospettazioni di tesi interpretative alternative, che sono assorbite nella complessiva valutazione effettuata dal giudice del riesame (v. Sez. 1, n. 8236 del 16/11/2018 (dep. 2019), Brandimarte Rv. 275053 - 0ez. 6, n. 3742 del 9/1/2013, Ioio, Rv. 254216; Sez. 4, n. 27379 del 22/4/2010, Di Donato, Rv. 247854; Sez. 2, n. 13500 del 13/3/2008, Palermiti, Rv. 239760; Sez. 6, n. 13919 del 28/2/2005, Baccarini, Rv. 232033; Sez. 4, n. 34911 del 10/6/2003, Hernandez, Rv. 226289).  
Sono stati posti, dunque, limiti precisi entro i quali deve svolgersi il giudizio di legittimità che non può sconfinare in un ulteriore valutazione del merito, anche quando, pur alla luce degli  “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, l’intero contesto motivazionale del provvedimento impugnato sia congruo e non venga intaccato dalle specifiche allegazioni del ricorrente.
Di ciò deve temersi conto nel valutare il motivo di ricorso il quale si prospetta come sostanziale proposizione di una lettura alternativa dei dati fattuali considerati dai giudici del riesame che non può avere ingresso in questa sede per le ragioni appena dette.
Per contro, va osservato come l’ordinanza impugnata risulti del tutto immune da censure, avendo dato compiutamente atto della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati oggetto di provvisoria incolpazione.
Invero il Tribunale, attraverso la disamina della documentazione acquisita (in particolare dei MUDA) e degli ulteriori esiti investigativi (quali l’intercettazione di conversazioni e l’attività di osservazione e controllo da parte della polizia giudiziaria), ha posto in evidenza, con riferimento a ciascuna annualità, le evidenti irregolarità nella gestione dei rifiuti da parte della società del ricorrente.
In particolare è stato posto in evidenza, con riferimento ai rifiuti con codice CER 19 12 12, che la società aveva falsamente dichiarato il conferimento di ingenti quantità di tale tipologia di rifiuto per un totale di oltre 700.000 kg, corrispondente alla somma delle  quantità accertate per ciascun anno considerato.
I giudici del riesame analizzano nel dettaglio i singoli conferimenti, dando conto degli specifici dati numerici e non omettono di considerare quanto dedotto dalla difesa con la memoria e la consulenza di parte depositata, confutando  puntualmente le osservazioni formulate.
Ad esempio, in relazione all'equivoco sul calcolo dei quantitativi che, secondo l’assunto difensivo, sarebbe stato determinato dal fatto che l'addetto alla redazione della documentazione anziché sommare i singoli quantitativi, avrebbe fatto ricorso ad un criterio di conversione già utilizzato in precedenza, il Tribunale rileva come tale tesi difensiva non trovi riscontro in atti e non sia neppure logicamente giustificabile, dal momento che il redattore dei modelli, pur avendo a disposizione il dato in chilogrammi, anziché procedere ad una semplice addizione aveva fatto ricorso ad un procedimento di conversione più complesso, che comportava ulteriori calcoli.
Aggiungono i giudici del riesame che il parametro di riferimento utilizzato dal consulente di parte non corrisponde neppure a quello riportato nel documento allegato, che si assume indicativo dell'utilizzazione di tale sistema di calcolo ed anche che risulta una sensibile differenza rispetto all'effettivo peso specifico del prodotto che viene indicato nel dettaglio.  
L'ordinanza impugnata prende dunque in considerazione ogni singolo conferimento analizzandolo alla luce delle valutazioni della difesa.  
Analoghe considerazioni vengono svolte dai giudici del riesame con riferimento ai rifiuti con codice CER 20 01 08 ed all'episodio relativo alla combustione di plastica conferita dalla Ofelia Ambiente presso la Waste Green, evidenziando, anche in questo caso nel dettaglio, ogni risultanza investigativa, analizzando il contenuto delle conversazioni intercettate sempre alla luce delle considerazioni svolte dalla difesa.
Con tali apprezzamenti, tuttavia, il ricorso non si confronta appieno, limitandosi, come già detto, a prospettare una personale valutazione delle emergenze indiziarie la cui disamina è, tuttavia, preclusa a questo giudice di legittimità a fronte, peraltro, di un percorso argomentativo giuridicamente corretto e scevro da cedimenti logici o manifeste contraddizioni.

6. Le medesime osservazioni devono essere effettuate anche con riferimento al terzo motivo di ricorso, stante la medesima impostazione delle censure.
Invero, anche in questo caso il Tribunale non manca di considerare nel dettaglio ogni elemento tenendo conto delle deduzioni difensive.
In particolare, viene dato atto delle finalità del sodalizio criminale, non limitato esclusivamente al traffico illegale di rifiuti, ma anche ad assicurare continuità a tale attività illecita attraverso altre azioni criminose comprendenti delitti contro la pubblica amministrazione, la falsificazione di formulari e registri aziendali oltre alla commissione di reati di falso in atto pubblico.
Il Tribunale, correttamente riconosciuta la possibilità del concorso del reato associativo con quello di cui all'art. 452-quaterdecies cod. pen., prende in considerazione il ruolo del ricorrente e l'attività da questi posta in essere anche al fine di predisporre una strategia per contrastare le attività investigative con l'ausilio di altre  imprese di gestione rifiuti ed alcuni enti pubblici operanti nel settore, esaminando, ancora una volta, gli esiti delle intercettazioni effettuate.
Anche in questo caso il ricorso propone una diversa versione dei fatti, prendendo peraltro in considerazione il provvedimento impugnato non nel suo complesso, ma sulla base di brani singolarmente estrapolati dal contesto, con argomenti che non intaccano comunque la solidità dell'apparato motivazionale del provvedimento impugnato e che non possono essere considerati da questo giudice di legittimità per le ragioni già dette.

7. Per ciò che concerne, infine, il quarto motivo di ricorso, si osserva che il Tribunale, richiamando, quanto al reato di cui al capo 19 dell’incolpazione provvisoria, la presunzione di cui all’art. 275, comma 3 cod. proc. pen., ha posto in evidenza quanto considerato dal GIP in ordine alle modalità dell’agire dei vari indagati, sottolineandone la “allarmante pericolosità e vorticosa ripetitività” e dando altresì conto del fatto che i reati erano stati perpetrati entro un considerevole arco temporale fino ad epoca recente, secondo uno schema collaudato ed avvalendosi di numerosi collaboratori, giungendo alla conclusione che l’organizzazione criminale, considerati i contatti e la ramificazione territoriale, fosse ancora operativa al momento di emissione della misura.
I giudici del riesame valutano poi il ruolo non marginale rivestito dal ricorrente in tale ambito ed il contesto nel quale le condotte addebitate sono state poste in essere quali indici sintomatici di una particolare propensione alla commissione di delitti, chiarendo anche, evidentemente in risposta alle obiezioni della difesa, che il sequestro dell’impianto della società “Eco Beach”, la sottoposizione ad analoghe misure di altri soggetti concorrenti nel reato ed il fallimento della società “Waste Green” non eliminano il rischio di recidiva, così come non rileva il decorso del tempo, considerata la natura permanente del reato e la collocazione dell’indagato in uno specifico contesto professionale e le plurime relazioni intessute, così come il fatto che il coindagato Monastra non sia più l’amministratore della società “Eco Ambiente”.
Tali considerazioni appaiono del tutto sufficienti e perfettamente in linea con la giurisprudenza di questa Corte, che ha affermato come l’effettuazione della prognosi di pericolosità possa riguardare anche le modalità dell’azione (Sez. 2, n. 51843 del 16/10/2013, Caterino e altri, Rv. 258070; Sez. 2, n. 49453 del 8/10/2013, Scortechini e altro, Rv. 257974; Sez. 2, n. 18290 del 12/4/2013, Molisso, Rv. 255755; Sez. 5, n. 35265 del 12/03/2013, Castelliti, Rv. 255763; Sez. 5, n. 21441 del 17/4/2009, Fiori, Rv. 243887; Sez. 6, n. 12404 del 17/2/2005, Genna, Rv. 231323 ed altre prec. conf.), assumendo evidentemente rilevanza anche la quantità dei fatti oggetto dell’imputazione in relazione alla condotta concretamente posta in essere, in quanto indice sintomatico di una tendenza a delinquere.  
Quanto requisito della “concretezza” si è, invece, osservato che esso non va identificato con quello di “attualità” intesa come sussistenza di occasioni imminenti propizie per la commissione di nuovi reati, bensì quale condizione oggettiva della sussistenza di elementi non meramente congetturali e, pertanto, “concreti”, che consentano di ritenere che l’indagato, avendone l’occasione, possa commettere reati contemplati dalla menzionata disposizione (Sez. 5, n. 24051 del 15/5/2014, Lorenzini e altro, Rv. 260143; Sez. 6, n. 28618 del 5/4/2013, Pmt in proc. Vignali, Rv. 255857; Sez. 4, n. 18851 del 10/4/2012, Schettino, Rv. 253864; Sez. 1, n. 25214 del 3/6/2009, Pallucchini, Rv. 244829; Sez. 3, n. 26833 del 26/3/2004, P.M. in proc. Torsello, Rv. 229911;  Sez. 1, n. 10347 del 20/1/2004, Catanzaro, Rv. 227227).
L’ordinanza impugnata, dunque, ha fornito una motivazione ancora una volta coerente e logica, fornendo risposta alle censure difensive, che il ricorrente si limita a ribadire.

8. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità  consegue l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 3.000,00.          


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 (tremila) in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 28/5/2021