Cass. Sez. III n. 33089 del 7 settembre 2021 (CC 15 lug 2021)
Pres. Di Nicola Est. Liberati Ric. PM in proc. Giuliano
Ecodelitti.Traffico di rifiuti BAT e abusività della condotta


La verifica della rispondenza delle autorizzazioni ambientali alle BAT, in relazione al tipo di attività svolta e alla incidenza della eventuale difformità, e, in ogni caso, il rispetto di queste ultime (anche in questo caso tenendo conto del tipo di attività e della rilevanza della eventuale inosservanza delle BAT Conclusions), assume rilievo al fine dell’accertamento della abusività della condotta, in quanto le stesse concorrono a definire il parametro, di legge o di autorizzazione, di cui è sanzionata la violazione e la cui inosservanza, se incidente sul contenuto, sulle modalità e sugli esiti della attività svolta, può determinare la abusività di quest’ultima, in quanto esercitata sulla base di autorizzazione difforme da BAT Conclusions rilevanti ai fini di tale attività o in violazione di queste ultime

RITENUTO IN FATTO

        1. Con ordinanza del 19 febbraio 2021 il Tribunale di Roma ha respinto l’appello cautelare proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma nei confronti dell’ordinanza del 31 agosto 2020 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, con la quale era stata respinta la richiesta di sequestro preventivo avanzata dal pubblico ministero nel procedimento nei confronti di Giuliano Antonio, Giuliano Enrico, Steardo Marco, De Fazio Ruggiero, Rea Felice e Tosini Flaminia, sottoposti a indagini in relazione ai reati di cui agli artt. 452 quaterdecies cod. pen. (capo A), 29 quattordecies d.lgs. n. 152 del 2006 (capo B), 28, commi 1 e 2, d.lgs. n. 105 del 2015 (capo C) e 256, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 (capo D), proposta sia a fini impeditivi sia a fine di confisca in relazione al solo reato di cui al capo A e con riferimento allo stabilimento, alle quote sociali e alla azienda della Centro Servizi Ambientali S.r.l.
Il Tribunale, pur condividendo le censure del pubblico ministero appellante a proposito della sinteticità del provvedimento di rigetto del giudice per le indagini preliminari, ha escluso la sussistenza delle condizioni per poter adottare il provvedimento cautelare richiesto.

2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, affidato a otto motivi.
2.1. Dopo aver premesso che il sequestro preventivo era stato chiesto, sia a fini impeditivi sia a fine di confisca, in relazione al reato di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen., ha lamentato, con il primo motivo, la violazione dell’art. 7 d.lgs. n. 36 del 2003 e della relativa normativa tecnica di attuazione, a causa della erroneità della affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata, secondo cui non vi sarebbe stata una violazione della autorizzazione all’esercizio dell’impianto di trattamento dei rifiuti della CSA S.r.l. conseguente alla mancata stabilizzazione della frazione organica di essi, in quanto si trattava di rifiuti organici a bassa putrescibilità e a bassissimo tenore di umidità, presenti in media in una percentuale del 3,77%, perché, secondo quanto emerso dalle indagini e, in particolare, dalle campagne merceologiche eseguite dall’ARPA Lazio, era emersa la presenza di una percentuale di umidità e, quindi, di putrescibilità, nettamente superiore a quanto previsto dalla legge per escludere la necessità del trattamento prima del conferimento in discarica.
2.2. Con il secondo motivo ha lamentato la violazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen., con riferimento alla abusività della condotta, quale conseguenza della violazione della normativa relativa alla autorizzazione integrata ambientale e della inosservanza delle BAT (Best Available Techniques), o MTD (Migliori Tecnologie Disponibili), di riferimento.
Dopo aver ripercorso l’evoluzione della disciplina relativa alle caratteristiche tecniche che devono possedere gli impianti di trattamento dei rifiuti per essere autorizzati, ha evidenziato che le BAT conclusions per gli impianti di trattamento dei rifiuti emanate con la decisione di esecuzione UE 2018/1147 della Commissione UE del 10 agosto 2018 prevedono che se tra i rifiuti è presente una frazione putrescibile che rende necessario un trattamento biologico si applica la disposizione secondo cui come operazione preliminare è necessario che il rifiuto venga smistato e triturato in un materiale più omogeneo e adatto alla combustione, che non contenga materiale umido putrescibile; la necessità della presenza negli impianti di trattamento di rifiuti di una linea di stabilizzazione della componente organica dei rifiuti trattati era stata confermata nella relazione dell’ARPA Lazio del 2 aprile 2020 (n. 22949), cosicché doveva ritenersi esclusa la possibilità di autorizzare (con autorizzazione integrata ambientale) un impianto di trattamento dei rifiuti finalizzato alla produzione di combustibile senza una linea di stabilizzazione del rifiuto stesso quando si sia in presenza di una frazione putrescibile, con la conseguenza che il mancato rispetto delle BAT e la loro sistematica violazione rendeva abusiva l’attività autorizzata, con la possibilità di revoca del titolo abilitativo, in quanto emanato in violazione di legge.
Tale illegittimità della autorizzazione ambientale avrebbe dovuto essere valutata incidentalmente dal Tribunale, essendo, tra l’altro, evidente, per poter poi adeguatamente valutare la contestata illiceità dell’attività svolta dalla CSA.
2.3. Con il terzo motivo ha lamentato la violazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen. in relazione agli artt. 178 e 179 d.lgs. n. 152 del 2006, a causa della affermazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, della sufficienza del trattamento meccanico dei rifiuti urbani indifferenziati, nonostante la presenza di una frazione organica negli stessi, ossia di materiale putrescibile, che ne avrebbe imposto il trattamento separato.
2.4. Con il quarto motivo ha denunciato una ulteriore violazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen., con riferimento al requisito della abusività della condotta in relazione alla violazione dell’art. 187 d.lgs. n. 152 del 2006.
Ha esposto che l’autorizzazione ambientale rilasciata alla CSA il primo dicembre 2017 la autorizzava a effettuare nel proprio impianto la miscelazione di rifiuti speciali pericolosi, in deroga all’art. 187 d.lgs. n. 152 del 2006.
Ha esposto che tale disposizione stabilisce il divieto di miscelazione di rifiuti pericolosi e di rifiuti pericolosi e non pericolosi, consentendolo solo in deroga, per i rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, e purché siano rispettate le condizioni di cui all’art. 177, comma 4, d.lgs. 152/2006 e non sia accresciuto l’impatto negativo sulla salute umana e sull’ambiente, la miscelazione sia effettuata da un ente o un’impresa autorizzati, l’operazione sia conforme alle migliori tecniche disponibili; ciò richiede la caratterizzazione dei rifiuti in entrata, che nel caso della CSA mancava, con la conseguenza che non erano note le caratteristiche chimico – fisiche dei rifiuti, né era noto se gli stessi possedevano le caratteristiche per essere ammessi alle procedure di recupero o smaltimento, cosicché non era neppure possibile stabilire se fossero corrette le procedure di miscelazione; inoltre lo stesso processo di trattamento dei rifiuti non consentiva né la tracciabilità dei rifiuti né la corretta classificazione delle miscele, neppure in uscita, come invece era onere del produttore o detentore dei rifiuti ammesso a un regime di favore, con la conseguente abusività della condotta, in quanto posta in essere in violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione e della normativa tecnica di riferimento.
2.5. Con il quinto motivo ha lamentato la violazione della normativa relativa alla caratterizzazione dei rifiuti ai fini della loro classificazione, a causa della indebita sovrapposizione della disciplina sui rifiuti con quella sulle discariche, per avere il Tribunale erroneamente escluso la necessità di una caratterizzazione di base del rifiuto ai fini del suo collocamento in discarica, oltre alla caratterizzazione compiuta dal produttore.
2.6. Con il sesto motivo ha denunciato la violazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen. con riferimento all’elemento soggettivo di tale reato, escluso dal Tribunale per il mancato accertamento del conseguimento di un profitto da parte della CSA, omettendo di considerare che l’omesso trattamento biologico della frazione umida si traduce in una maggiore produzione di percolato all’interno della discarica di destinazione, con esposizione a rischio delle matrici ambientali, e non può che essere improntato a risparmi gestionali.
2.7. Con il settimo motivo ha denunciato la violazione dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., con riferimento all’art. 452 quaterdecies, comma 5, cod. pen., per essere stata erroneamente esclusa la sequestrabilità dell’azienda, come strumento del reato, in considerazione della risalenza nel tempo delle condotte, benché l’art. 452 quaterdecies, comma 5, cod. pen. preveda espressamente come obbligatoria la confisca delle cose che servirono a commettere il reato, cosicché l’azienda della CSA doveva essere sequestrata a fine di confisca anche in mancanza di pericolo, richiesto solo per il sequestro a fini impeditivi.
2.8. Infine, con l’ottavo motivo, ha denunciato una ulteriore violazione dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., con riferimento all’art. 452 quaterdecies, comma 5, cod. pen., a causa dell’erroneità del richiamo, da parte del Tribunale, del criterio della proporzionalità per escludere la sussistenza dei presupposti del sequestro, che era stato richiesto in relazione a beni che costituivano lo strumento utilizzato per commettere il reato e per i quali la legge prevede la confisca come obbligatoria, essendo consentito il sequestro anche quando non tutte le fasi della gestione dei rifiuti vengano svolte in modo illecito (si richiama la sentenza n. 43710 del 2019).
3. Con memoria del 9 maggio 2021 Flaminia Tosini, per il tramite del proprio difensore, ha contestato la fondatezza del ricorso del pubblico ministero, negando, in relazione al primo motivo di ricorso, la prospettata valenza normativa del quaderno ISPRA 145/2016, e affermando l’adeguatezza della valutazione del Tribunale a proposito delle percentuali di raccolta differenziata; affermando, in relazione al secondo motivo, la sufficienza dei processi di trattamento meccanico dei rifiuti, e, con riferimento al terzo motivo, la correttezza delle procedure di ingresso dei rifiuti; contestando i rilievi sollevati con il quarto motivo a proposito della miscelazione dei rifiuti e quelli formulati con il quinto motivo; contestando, con riferimento agli altri motivi di ricorso, la configurabilità del delitto di traffico illecito di rifiuti e, comunque, il proprio coinvolgimento nello stesso.

4. Con memoria del 9 luglio 2021 anche Antonio ed Enrico Giuliano, amministratore unico e socio della Centro Servizi Ambientali S.r.l., hanno eccepito l’inammissibilità del ricorso del pubblico ministero, in quanto ripetitivo di argomenti già sottoposti al Tribunale e da questo disattesi con motivazione idonea, censurata sul piano valutativo, oltre che volto a sindacare la legittimità delle autorizzazioni amministrative rilasciate alla CSA, privo della illustrazione del profitto che sarebbe stato ricavato dalle condotte ritenute illecite e anche della indicazione dei presupposti per poter disporre il sequestro preventivo, sia impeditivo sia a fini di confisca.

5. Con memoria del 13 luglio 2021 il difensore di Ruggero De Fazio ha fatto rilevare l’estraneità di quest’ultimo al procedimento cautelare in relazione al quale era stato proposto il ricorso per cassazione, che riguardava esclusivamente il reato di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen. contestato ai soli Antonio ed Enrico Giuliano quali amministratore e socio della Centro Servizi Ambientali S.r.l.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.

2. Il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata la violazione dell’art. 7 d.lgs. n. 36 del 2003 (che stabilisce i criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica), a causa della errata considerazione delle caratteristiche dei rifiuti conferiti nella discarica gestita dalla CSA, che, ad avviso del Tribunale, avrebbero presentato bassa putrescibilità e un bassissimo tenore di umidità (pari, in media, secondo quanto emergente dalla consulenza della difesa, al 3,77% del totale), tale da non richiedere il loro previo trattamento (secondo quanto previsto dall’art. 7 d.lgs. n. 36 del 2003, come modificato dal d.lgs. n. 121 del 2020, in vigore dal 29 settembre 2020), mentre, secondo quanto emerso dalle indagini e dai campionamenti eseguiti dall’ARPA Lazio, posti a fondamento del motivo di ricorso, la percentuale di umidità e quindi di putrescibilità dei rifiuti sarebbe stata nettamente superiore a quella prevista dalla legge per escludere la necessità del trattamento, è inammissibile.
Tale doglianza, infatti, è volta, attraverso la deduzione di una violazione di legge, a censurare un accertamento di fatto del Tribunale, che è pervenuto alla esclusione della violazione di legge denunciata dal pubblico ministero e ribadita con il motivo di ricorso in esame non già sulla base di una errata applicazione della disposizione di legge denunciata e della relativa normativa tecnica di attuazione, bensì sulla base di una diversa ricostruzione dei fatti, in particolare delle caratteristiche dei rifiuti conferiti nell’impianto della CSA, e, nello specifico, della loro percentuale di umidità e di putrescibilità, giudicate dal Tribunale inferiori ai limiti di legge che ne impongono il trattamento, mentre sarebbero superiori ad avviso del pubblico ministero ricorrente: ne consegue l’inammissibilità della censura, che riguarda un aspetto di fatto e, in particolare, le risultanze dei campionamenti, non rivisitabile sul piano delle valutazioni di merito nel giudizio di legittimità (cfr. Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970; Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015, Cammarota, Rv. 262575; Sez. 3, n. 12226 del 22/01/2015, G.F.S., non massimata; Sez. 3, n. 40350, del 05/06/2014, C.C. in proc. M.M., non massimata; Sez. 3, n. 13976 del 12/02/2014, P.G., non massimata; Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).

3. Il secondo motivo, mediante il quale è stata prospettata la violazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen., a causa della abusività della condotta, quale conseguenza della violazione della normativa relativa alla autorizzazione integrata ambientale e delle BAT, è fondato, per avere il Tribunale omesso di considerare tale aspetto della denunciata illiceità della condotta, benché ampiamente illustrato nell’appello cautelare del pubblico ministero.
3.1. Va, in premessa, ricordato che, secondo l’univoca giurisprudenza di questa Corte, la condotta abusiva in materia ambientale, idonea ad integrare il delitto di cui all'art. 452 quaterdecies cod. pen., comprende non soltanto quella svolta in assenza delle prescritte autorizzazioni o sulla base di autorizzazioni scadute o palesemente illegittime o comunque non commisurate alla tipologia di attività richiesta, ma anche quella posta in essere in violazione di leggi statali o regionali – ancorché non strettamente pertinenti al settore ambientale - ovvero di prescrizioni amministrative (Sez. 3, n. 46170 del 21/09/2016, Simonelli, Rv. 268060; Sez. 3, n. 15865 del 31/01/2017, Rizzo, Rv. 269491; v. anche Sez. 3, n. 44449 del 15/10/2013, Rv. 258326, secondo cui la mancanza delle autorizzazioni non costituisce requisito determinante per la configurazione del delitto che può sussistere anche quando la concreta gestione dei rifiuti risulti totalmente difforme dall'attività autorizzata).
3.2. Le BAT, di cui il pubblico ministero ha lamentato l’inosservanza da parte della CSA, con la conseguente abusività della condotta, secondo la definizione che ne è oggi offerta dall’art. 5, comma 1, lett. lter), d.lgs. n. 152 del 2006, rappresentano quelle condizioni, da adottare nel corso di un ciclo di produzione, che sono contemporaneamente idonee ad assicurare la più alta protezione ambientale e sono accessibili a costi ragionevoli (“la più efficiente e avanzata fase di sviluppo di  attività e relativi  metodi  di  esercizio  indicanti  l'idoneità  pratica di determinate tecniche a costituire, in linea di massima, la  base  dei valori limite di emissione e delle altre condizioni di autorizzazione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile,  a  ridurre in modo generale le emissioni e l'impatto sull'ambiente nel suo complesso. Nel determinare le migliori tecniche disponibili, occorre tenere conto in particolare degli elementi di cui all'allegato XI. Si intende per: 1) tecniche: sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto; 2) disponibili: le tecniche sviluppate su una  scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e  tecnicamente idonee nell'ambito del relativo comparto  industriale,  prendendo  in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto  che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché il gestore possa utilizzarle a condizioni ragionevoli; 3) migliori: le tecniche pù efficaci per ottenere un  elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso”).
Dal punto di vista del sistema delle fonti le BAT ambientali si distinguono, all’interno dell’ampia e variegata categoria delle best practices, per l’autorità loro impressa dalla Commissione europea, alla quale sono affidati l’elaborazione, il riesame e l’aggiornamento delle cosiddette conclusioni sulle BAT (o Bat Conclusions).
Il richiamo alle migliori tecniche disponibili è frequente nel d.lgs. n. 152 del 2006. Così, la previsione dell’art. 29 bis (individuazione e utilizzo delle migliori tecniche disponibili) impone di tener conto delle Conclusioni sulle BAT nel rilascio dell’autorizzazione integrata ambientale. Inoltre: in tema di tutela del suolo e delle risorse idriche, l’art. 98 prevede l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili per eliminare sprechi, ridurre consumi, incrementare riciclo e utilizzo; l’art. 100  richiama  le  migliori  tecniche  disponibili  nella progettazione, costruzione e manutenzione delle reti fognarie; l’art. 101 stabilisce che le Regioni possono stabilire valori di emissione diversi e più restrittivi di quelli indicati dall’apposito allegato del Codice dell’Ambiente, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili; in materia di gestione di rifiuti e bonifica dei siti inquinati, l’art. 180 richiama le migliori tecniche disponibili quale strumento per la prevenzione e la riduzione della produzione dei rifiuti; l’art. 187 (miscelazione di rifiuti) prevede che la miscelazione di rifiuti possa essere, a certe condizioni, autorizzata se conforme alle migliori tecniche  disponibili; l’art. 215 impone di  tenere in considerazione le migliori tecniche disponibili nell’attività di smaltimento di rifiuti non pericolosi effettuati nel luogo di produzione; l’art. 237 octies obbliga l’adozione di tutte le misure per ridurre le emissioni e gli odori «secondo le migliori tecniche disponibili». Infine, in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera, l’art. 271 collega l’individuazione dei valori di emissione alle migliori tecniche disponibili.
La verifica della rispondenza delle autorizzazioni ambientali alle BAT, in relazione al tipo di attività svolta e alla incidenza della eventuale difformità, e, in ogni caso, il rispetto di queste ultime (anche in questo caso tenendo conto del tipo di attività e della rilevanza della eventuale inosservanza delle BAT Conclusions), assume rilievo al fine dell’accertamento della abusività della condotta, in quanto le stesse concorrono a definire il parametro, di legge o di autorizzazione, di cui è sanzionata la violazione e la cui inosservanza, se incidente sul contenuto, sulle modalità e sugli esiti della attività svolta, può determinare la abusività di quest’ultima, in quanto esercitata sulla base di autorizzazione difforme da BAT Conclusions rilevanti ai fini di tale attività o in violazione di queste ultime.
3.3. Ora, nel caso in esame, e con particolare riferimento alla denuncia di abusività della condotta a causa della mancanza di una linea di stabilizzazione dei rifiuti organici che presentino una frazione putrescibile, il Tribunale ha omesso di considerare tale aspetto, benché oggetto di ampia illustrazione nell’appello cautelare proposto dal pubblico ministero, con il quale ne era stata prospettata la necessità per poter autorizzare un impianto di trattamento finalizzato alla produzione di combustibile da rifiuti, con la conseguente abusività della condotta a causa della inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione e delle BAT.
Era, in particolare, stata prospettata la abusività della condotta sia perché la CSA era stata autorizzata a svolgere una attività di trattamento esclusivamente meccanizzato di rifiuti urbani indifferenziati, non consentita né per la produzione di combustibile solido secondario (CSS), né per lo smaltimento dei residui di produzione in discarica; sia perché la CSA abitualmente utilizzerebbe rifiuti solidi urbani contenenti materiale putrescibile in percentuali superiori a quelle consentite e in assenza degli altri requisiti previsti per l’esenzione dall’obbligo di trattamento. Tali rilievi, idonei, se confermati, a consentire di ritenere abusiva l’attività svolta dalla CSA, in quanto svolta difformemente dalle prescrizioni della autorizzazione ambientale (da intrepretare e valutare alla luce delle BAT Conclusions) e delle BAT, anch’esse cogenti al pari delle prescrizioni della autorizzazione, e dunque sussistente il fumus del reato di gestione abusiva di rifiuti di cui al capo A, non sono stati considerati dal Tribunale, che ha omesso di esaminare tale profilo delle censure formulate con l’atto d’appello, benché idoneo, se fondato, a consentire di ritenere abusiva, per le ragioni anzidette, l’attività svolta dalla CSA, con la conseguente sussistenza della violazione di legge denunciata dal pubblico ministero, per non essere in alcun modo stato esaminato tale profilo di doglianza.
Il Tribunale, infatti, si è limitato a evidenziare che i dati di raccolta differenziata dei comuni conferitori erano solo di poco superiori ai criteri stabiliti dalla legge, peraltro applicando a condotte del 2017 e del 2019 il criterio di maggior favore introdotto nel 2020, omettendo di considerare quanto esposto dal pubblico ministero nell’atto d’appello a proposito sia della inosservanza delle prescrizioni contenute nella autorizzazione ambientale (di cui anzi lo stesso Tribunale dà atto evidenziando la modestia del superamento delle percentuali consentite), sia delle BAT, con la conseguenza sussistenza sia di un difetto assoluto di motivazione, sia della denunciata errata applicazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen. nella valutazione dei profili di abusività della condotta denunciati, potendo derivare la abusività della condotta non solamente dalla mancanza della autorizzazione, ma anche dalla inosservanza di prescrizioni essenziali della stessa e dal mancato rispetto delle BAT, che la integrano.

4. Analogo ordine di considerazioni può essere svolto a proposito del terzo motivo, mediante il quale è stata denunciata l’errata applicazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen. a causa della affermazione, contenuta nell’ordinanza impugnata, della sufficienza dell’impianto meccanico di trattamento della frazione secca dei rifiuti urbani indifferenziati.
Tale affermazione trascura quanto esposto nell’atto d’appello a proposito della presenza di materiale putrescibile nella frazione organica di tali rifiuti e della conseguente necessità, secondo le migliori BAT (Best Available Tecnhiques) e Bref (Best References) dell’Unione Europea (che, come evidenziato, sono vincolanti in quanto integrative della autorizzazione), della previsione del loro trattamento specifico, pena la illegittimità della autorizzazione allo svolgimento dell’attività di raccolta e trattamento di rifiuti che non la preveda e la conseguente abusività della condotta (anche come conseguenza della inosservanza della BAT e delle Bref): ne deriva un difetto assoluto di motivazione su un punto decisivo devoluto alla cognizione del Tribunale con l’atto d’appello, e anche una errata applicazione dell’art. 452 quaterdecies cod. pen., a causa della esclusione della rilevanza della presenza di materiale putrescibile nella frazione organica dei rifiuti oggetto di trattamento nell’impianto della CSA, che avrebbe richiesto, secondo le migliori BAT (Best Available Tecnhiques) e Bref (Best References) dell’Unione Europea, il trattamento separato.

5. Il quarto motivo, con il quale è stata denunciata la violazione degli artt. 187 d.lgs. n. 152 del 2006 e 452 quaterdecies cod. pen., è anch’esso fondato.
L’art. 187, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce (come il precedente art. 9 d.lgs. n. 22/1997) il divieto di “miscelare rifiuti pericolosi aventi differenti caratteristiche di pericolosità ovvero rifiuti pericolosi con rifiuti non pericolosi”. Il comma 2 della stessa disposizione dispone che “In deroga al comma 1, la miscelazione dei rifiuti pericolosi che non presentino la stessa caratteristica di pericolosità, tra loro o con altri rifiuti, sostanze o materiali, può essere autorizzata ai sensi degli articoli 208, 209 e 211 a condizione che: a) siano rispettate le condizioni di cui all'articolo 177,  comma 4, e l'impatto negativo della gestione dei rifiuti sulla salute umana e sull'ambiente non risulti accresciuto; b) l'operazione di miscelazione sia effettuata da un ente o da un'impresa che ha ottenuto un'autorizzazione ai sensi degli articoli 208, 209 e 211; c) l'operazione di  miscelazione  sia  conforme  alle  migliori tecniche disponibili di cui all'articoli 183, comma 1, lettera nn)”.
La corretta e lecita esecuzione delle operazioni di miscelazione in deroga presuppone che i rifiuti in entrata siano caratterizzati, ne siano, cioè, individuate le caratteristiche chimico – fisiche, per poter stabilire se siano idonei alle operazioni di recupero o smaltimento previste per la miscela che si andrà a formare; le miscele devono essere caratterizzate attraverso l’attribuzione di classi di pericolo e le operazioni di miscelazione devono essere annotate sul registro di miscelazione, allo scopo di garantire la trasparenza delle operazioni di miscelazione, secondo le migliori tecniche disponibili.
La mancanza di tali adempimenti, non considerata dal Tribunale, determina l’abusività della attività di miscelazione, in quanto compiuta in modo difforme dalle prescrizioni dell’autorizzazione e dalle migliori tecniche disponibili (rilevanti per quanto esposto al punto 3), e, con essa, della gestione di rifiuti svolta dalla CSA, con la conseguente erroneità della affermazione contenuta nella ordinanza impugnata circa la correttezza della attività di miscelazione; tale affermazione è stata fondata dal Tribunale sulla generica esistenza di procedure di preaccettazione dei rifiuti e di procedure di accettazione e sulla esecuzione della caratterizzazione dei rifiuti al primo conferimento, ripetute a ogni variazione di processo, o comunque una volta l’anno, che sono però ben diverse dalla necessaria caratterizzazione mediante individuazione delle caratteristiche chimico – fisiche dei rifiuti, onde poter stabilire se questi siano idonei alle operazioni di recupero o smaltimento previste per la miscela che si andrà a formare, dalla caratterizzazione delle miscele attraverso l’attribuzione di classi di pericolo e dalla annotazione delle operazioni di miscelazione nel registro di miscelazione, allo scopo di garantire la trasparenza delle operazioni di miscelazione, secondo le migliori tecniche disponibili.
Ne consegue l’erroneità della esclusione, anche sotto tale profilo, della abusività della attività di gestione dei rifiuti.

6. Il quinto motivo, relativo alla mancanza della caratterizzazione di base, è inammissibile a causa della sua genericità, non essendo stato chiarito dal pubblico ministero ricorrente quali disposizioni di legge penale sarebbero state violate a causa di tale mancanza e, prima ancora, quali ne sarebbero le conseguenze sul piano della liceità della attività di gestione di rifiuti svolta dalla CSA, con la conseguenza che la doglianza risulta priva sia della necessaria specificità intrinseca, ossia della illustrazione delle ragioni che dovrebbero sorreggerla, sia estrinseca, ossia di autentico confronto critico con la motivazione del provvedimento, idoneo a individuarne vizi di portata tale da disarticolarne l’impianto giustificativo o, comunque, a evidenziare violazioni di disposizioni di legge non rilevate dai giudici dell’appello cautelare.

7. Il sesto motivo, relativo alla esclusione del fumus del delitto di cui al capo A) a causa della mancata individuazione del profitto, è anch’esso fondato.
Ai fini della configurabilità del delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di cui all'art. 452 quaterdecies cod. pen., il profitto - che può consistere non soltanto in un ricavo patrimoniale, ma anche nel vantaggio conseguente dalla mera riduzione dei costi aziendali o nel rafforzamento di una posizione all'interno dell'azienda - è ingiusto qualora discenda da una condotta abusiva che, oltre ad essere anticoncorrenziale, può anche essere produttiva di conseguenze negative, in termini di pericolo o di danno, per la integrità dell'ambiente, impedendo il controllo da parte dei soggetti preposti sull'intera filiera dei rifiuti (Sez. 3, n. 16056 del 28/02/2019, Berlingieri, Rv. 275399; Sez. 3, n. 53136 del 28/06/2017, Vacca, Rv. 272097).
Nel caso in esame il Tribunale, nell’evidenziare l’omessa quantificazione del profitto, certamente non indispensabile in fase cautelare, ha del tutto omesso di considerare che l’omesso trattamento biologico della frazione umida presente nei rifiuti trattati nell’impianto della CSA si traduce in una maggiore produzione di percolato all’interno della discarica di destinazione, con esposizione a rischio delle matrici ambientali, e non può che essere improntato a risparmi gestionali, con la conseguente configurabilità, secondo tale prospettazione, di un profitto ingiusto nel senso anzidetto (e cioè sia della riduzione dei costi d’impresa, sia della produzione di conseguenze negative per l’ambiente), che non è stato considerato dal Tribunale, così erroneamente applicando la disposizione di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen., come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità.

8. Il settimo e l’ottavo motivo, esaminabili congiuntamente, in quanto entrambi relativi alla omessa disposizione del sequestro a fine di confisca dell’azienda utilizzata per commettere il reato di cui al capo A della rubrica provvisoria, e cioè quello di cui all’art. 452 quaterdecies cod. pen., sono fondati.
8.1. Come correttamente sottolineato dal pubblico ministero ricorrente, il quinto comma dell’art. 452 quaterdecies cod. pen. prevede come obbligatoria “la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato…..”, con la conseguenza che la disposizione del sequestro di tale cose, quando, come nel caso in esame, costituiscano lo strumento utilizzato per commettere il reato, non richiede un accertamento della loro intrinseca pericolosità, che è presunta dalla legge (v. Sez. 3, n. 43945 del 25/06/2013, Liccardi, Rv. 257418), posto che la valutazione della sussistenza del periculum in mora attiene ai requisiti del sequestro preventivo impeditivo di cui all'art. 321, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 31229 del 26/06/2014, Borda, Rv. 260367; Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263408; Sez. 3, n. 12478 del 17/02/2021, B.).
Risulta, dunque, errato e contrario a quanto stabilito dalle disposizioni denunciate quanto esposto dal Tribunale a proposito della insussistenza dei presupposti per disporre il sequestro dell’azienda a fine di confisca.
8.2. Anche il richiamo al criterio della proporzionalità risulta inconferente, sia perché si versa in una ipotesi di sequestro strumentale alla confisca dello strumento del reato, sia perché ai fini dell'integrazione del reato di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, di cui all'art. 452 quaterdecies cod. pen., è sufficiente che anche una sola delle fasi di gestione dei rifiuti avvenga in forma organizzata, in quanto la norma incriminatrice indica in forma alternativa le varie condotte che, nell'ambito del ciclo di gestione, possono assumere rilievo penale (Sez. 3, n. 43710 del 23/05/2019, Gianino, Rv. 276937).

9. In conclusione l’ordinanza impugnata deve essere annullata, stante la fondatezza del secondo, del terzo, del quarto, del sesto, del settimo e dell’ottavo motivo di ricorso, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Roma.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma, competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Così deciso il 15/7/2021