Nota a TRIBUNALE DI BENEVENTO – SEZIONE DISTACCATA DI AIROLA- Ordinanza 16 Luglio 1999 di Maurizio BALLETTA
Tutela del Paesaggio - Riduzione in pristino
TRIBUNALE DI BENEVENTO – SEZIONE DISTACCATA DI AIROLA-ORDINANZA EMESSA IN SEDE DI INCIDENTE DI ESECUZIONE DELL’ORDINE DI REMISSIONE IN PRISTINO DELLO STATO DEI LUOGHI CONTENUTO NELLA SENTENZA n. 150/94 DI CONDANNA PER IL REATO DI CUI ALL’ART. 1 SEXIES DELLA LEGGE 8/8/1985, n. 431.
Il Giudice dott.ssa Silvana Clemente ha emesso la seguente
ORDINANZA
sulla
richiesta di incidente di esecuzione, proposta dal Procuratore della Repubblica
presso la Pretura Circondariale di Benevento, in merito all’ordine di
remissione in pristino dello stato dei luoghi, disposto dal Pretore di Airola,
con la sentenza n.15O/94 (divenuta irrevocabile), . con la quale veniva .
applicata agli imputati Izzo Carmelo ed Izzo Vincenzo la pena concordata ai
sensi degli artt. 444 e ss. c.p.p.
SVOLGIMENTO DELLA PROCEDURA
Con
atto dell’ 9/8/99 e Pubblico Ministero presso la Pretura di Benevento avanzava
al Pretore di Airola, nella qualità
di giudice dell’esecuzione,
istanza di fissazione di udienza
per.stabilire le modalità ed i
tempi, per la esecuzione dell’ordine di ripristino disposto con la
sentenza n. 150/94.
Produceva,
a corredo della domanda,:
-
la richiesta di accertamenti, trasmessa alla Stazione Carabinieri di Airola, in
ordine all’adempimento dell’ordine impartito dall’autorità giudiziaria;
-la
missiva, trasmessa dai Carabinieri, nella quale si dava atto della mancata
ottemperanza all’ordine detto, da parte dell’Izzo;
-la
richiesta , inviata dall’Izzo al Comandante della Stazione CC, al fine di
ottenere chiarimenti in merito alle modalità di esecuzione dei lavori detti,
dal momento che i progetti depositati erano stati oggetto di esame da parte
della Provincia, la quale li aveva autorizzati, mentre non erano stati ancora
approvati dall’Ufficio del Genio Civile;
-la diffida , intimata all’Izzo dal Procuratore della Repubblica, in data 24/3/1998, a provvedere nel termine di giorni sessanta, all’immediato ripristino dello stato dei luoghi;
-la successiva istanza, avanzata in data 11/5/98, da parte dell’Izzi, alla Procura, al fine di ottenere la concessione di un termine di due anni per la esecuzione dei lavori. con pedissequo decreto di autorizzazione;
-la segnalazione del 15/6/98 dei Carabinieri di Arpaia, relativa all’esecuzione di lavori, da parte dell’Izzo, rappresentati da un ulteriore scavo a monte, che deturpa ulteriormente lo stato dei luoghi;
Il
Pretore fissava udienza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 666 c.p.p. e
ne faceva dare avviso alle parti e ai difensori.
All’udienza
del 14/10/98, su istanza del difensore di fiducia degli imputati, il quale
rappresentava di essere impedito, sentito il parere favorevole del P.M., che
nulla opponeva, il Pretore rinviava all’udienza del 17/11/98;
in
tale data il P.M. rilevava che, nonostante la concessa proroga, l’Izzo non
aveva ancora dato inizio ai lavori necessari per eseguire l’ordine di
remissione in pristino;
Il
difensore chiedeva che fosse confermata la proroga concessa dal P.M.; chiedeva
inoltre che fosse disposta la consulenza tecnica di ufficio, al fine di
verificare se il progetto, depositato dall’Izzo, fosse idoneo ad eseguire i
lavori detti;
Il
Pretore accoglieva l’istanza e nominava quale perito l’Ing. Cacciola
Gennaro, fissando, per il conferimento dell’incarico, l’udienza del
16/12/98;
In
tale data veniva affidato l’incarico all’ingegnere nominato (mediante la
formulazione dei quesiti di cui al verbale d’udienza) il quale dichiarava di
avvalersi dell’opera di un esperto di geologia e indicava il prof. Damiano
Stanzione dell’Università degli Studi di Napoli.
Il
28/1/99, in accoglimento della richiesta di proroga, avanzata avanzata dal
perito, di deposito della relazione, il • Pretore
rinviava all’udienza del 23/3/99; in tale data, il difensore produceva
nuovo progetto esecutivo delle opere di ripristino dello stato dei luoghi ed il
Pretore, ritenuta la opportunità di affidare ai periti, ad integrazione dei
precedenti, altri quesiti, rinviava al’udienza
dell’8/6/99, che di ufficio, veniva ,poi,
da questo Giudice, fissata per il 29/6/99.
All’udienza
detta, non compariva il difensore di fiducia, benchè regolarmente avvisato; il
Pubblico Ministero chiedeva che fosse recepita la relazione stilata dal perito,
il Giudice su richiesta del difensore, nominato di ufficio, si riservava di
decidere, concedendo il termine di dieci giorni per il deposito di note
illustrative.
Veniva
quindi acquisita la memoria, scritta nell’interesse di Izzo.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
La
questione che ci occupa riguarda l’ordine di remissione in pristino della cava
sita in Arpaia , disposta dal Pretore di airola con la sentenza n. 150/94, in
seguito alla condanna inflitta all’Izzo.
Il
problema, sollevato dal P.M., è quello relativo alle modalità di esecuzione
dell’ordine predetto, dal momento che il giudice penale si è limitato a
condannare l’Izzo al ripristino dello “status quo ante”, senza fornire
alcuna indicazione circa le opere da eseguire.
Lo
espletamento della perizia ( con il relativo supplemento) nel corso del
procedimento di esecuzione, disposta al fine di ottenere una valutazione tecnica
in ordine alla idoneità del progetto, presentato dall’Izzo, ad assicurare il
ripristino in relazione allo stato dei luoghi, l’affidamento di un successivo
incarico agli stessi periti, allo scopo di esaminare un secondo progetto
presentato dal condannato, hanno consentito di ottenere una visione completa
della vicenda in esame.
Ritiene
questo Giudice che le risultanze, cui è pervenuto il perito, sono pienamente
attendibili e vanno, quindi, condivise; le due relazioni scritte dal tecnico, il
quale si è avvalso anche del contributo di un geologo, appaiono immuni da
censure e prive di vizi, tenuto conto delle normative richiamate e dello stato
di fatto della cava.
Ed
invero , così come evidenziato dal perito, la situazione dei luoghi, nel
momento della redazione della seconda perizia, ha subìto modifiche morfologiche
tali, rispetto allo “status2 riscontrato all’epoca della prma relazione, da
impedire la realizzazione del primo progetto presentato.
“Il
sito, infatti, non risulta più compatibile con il modellamento del versante in
gradonate ed il nuovo progetto di recupero ambientale, presentato dall’Izzo,
in realtà è finalizzato allo sfruttamento dell’area, con asportazione di
volumi di roccia pari a 2.000.000 mc.
Quindi
a causa di quanto appena evidenziato, il primo progetto, pur valutato
positivamente dai tecnici nella prima relazione, non è più attuabile.
In
relazione al secondo progetto, depositato dall’Izzo, si ritiene che esso non
possa essere accolto, dal momento che mira, come riferito dai periti, al
recupero ed allo sfruttamento della cava e comporta, quindi, un ulteriore
deturpamento dell’ambiente, che subirebbe, in caso di esecuzione di quel
progetto, una modifica “in peius”, per essere esso finalizzato allo
sfruttamento della cava.
Va
quindi recepita la relazione, stilata dal perito nel secondo progetto
depositato, negli allegati “d” ed “e”, anche nella parte in cui prevede
l’utilizzo di materiale esplosivo per la realizzazione dei lavori.
La
proposta predisposta dai periti è condivisa da questo giudice, perché mira a
salvaguardare lo stato dei luoghi, evitando ulteriori sfruttamenti della
montagna, che ha subito già ingenti danni, e ad assicurare una idonea
piantumazione, che garantisce lo sviluppo della flora.
La
proposta detta sarà eseguita dall’Izzo , a sua cura e spese, mediante lo
sviluppo dei calcoli necessari per la realizzazione, nella osservanza delle
altezze e delle misurazioni evidenziate, nello schema progettualeagli atti (
cfr. allegati d ed e)
P.Q.M.
Il
Giudice dichiara che l’Izzo dovrà eseguire i lavori relativi all’ordine di
remissione in pristino dello stato dei luoghi, mediante l’attuazione della
proposta progettuale elaborata dal perito nella perizia depositata in data
29/6/99, nel rispetto della indicata cubatura e dello schema planimetrico
riportato negli allegati D ed E, ai quali il condannato dovrà scrupolosamente
attenersi.
Fissa
il termine di mesi sei, a decorrere dalla comunicazione della presente
ordinanza, per la ultimazione dei lavori indicati.
Manda
alla Cancelleria di dare comunicazione del presente provvedimento al P.M., alle
parti ed al difensore di fiducia.
Delega
i Carabinieri di Airola per lo svolgimento dei dovuti controlli.
Airola 16/7/99.
IL
GIUDICE
SILVANA
CLEMENTE
NOTA:
L’ordinanza pubblicata è innanzitutto importante per la tutela di un luogo sacro per la storia del mondo: il valico delle Forche Caudine, nei Comuni di Arpaia ed Airola,in Provincia di Benevento, luogo in cui avvenne lo storico scontro tra Romani e Sanniti del 321 A.C.., posto tra i neoistituiti parchi naturali regionali del Taburno Camposauro e del Partenio, scempiato da un’enorme cava calcarea che ha illecitamente sconvolto l’ambiente del “Monte Tairano”.
Con sentenza 150/94 il Pretore applicava agli imputati la pena concordata ex art. 444 c.p.p. disponendo, ai sensi dell’art. 1 sexies della Legge 8/8/85, n. 431 ( c.d. “Legge Galasso”) la rimessione in pristino dello stato dei luoghi a spese del condannato.
Il 24/12/97 il WWF regionale segnalava alla Procura Circondariale la mancata esecuzione dell’ordine predetto da parte del condannato, invitando il Procuratore ad avviare l’esecuzione ex art. 666 c.p.p.
Dal testo del provvedimento scaturiscono varie considerazioni in ordine alla:
1) lentezza con la quale nel nostro Paese vengono eseguiti ( se vengono sempre eseguiti !!) i provvedimenti giudiziari di ripristino ambientale;
2) estrema complessità con la quale lo stesso giudice, che pure è titolare di un potere ripristinatorio ex art. 1 sexies della Legge 431/85 - potere qualificabile come esclusivo ed autonomo rispetto a quello della P.A. ex art. 15 della Legge 29/6/39, n. 1497- riesce ad assicurarne l’osservanza, dovendo spesso avvalersi di supporti tecnici specialistici. Ciò perché tale ordine, a differenza di quello impartito in materia di abusivismo edilizio ex art. 7 della legge 28/2/1985, n. 47, non è a contenuto tipico e predeterminato ( la demolizione dell’immobile realizzato illegalmente), ma dev’essere concretamente puntualizzato al fine di assicurare il ripristino dell’ambiente e, perciò, può avere, caso per caso, il contenuto più vario ( ad es. piantumazione di alberi nel caso di un taglio boschivo illegale), fino a opere complessissime consistenti nel ripristino di un’intera montagna e di quasi tutti i suoi elementi naturali ( substrato geologico, suolo e flora) come nell’ordinanza pubblicata,.
3) possibile continuazione dell’alterazione ambientale che può essere causata, nelle more dell’esecuzione penale, sia dall’inosservanza dell’ordine di ripristino da parte del condannato, sia da comportamenti positivi attuati dallo stesso, come nel caso in esame (“ulteriore scavo a monte, che deturpa ulteriormente lo stato dei luoghi “) , che dovrebbero dar luogo a nuovi procedimenti penali;
Questo caso dimostra che nell’Italia zeppa di “Mostri del Fuenti”, forse, è giunto finalmente il momento di garantire agli ordini di ripristino ambientale certezza e rapidità, in assenza delle quali ai reati ambientali – già puniti con sanzioni più che blande- non potrà essere attribuita alcuna funzione preventiva generale e speciale.
Maurizio
Balletta - Responsabile settore legale
WWF Campania